ISSN 2039-2656
I/II 2016
Editoriale | Lubiana, moderna nella tradizione | Lubiana verso una città sostenibile | Edvard Ravnikar: Piazza della Rivoluzione a Lubiana - L'illusione poetica delle Metropoli | via Slovenska, il Lubiana cours Mirabeu | Gli spazi della Lubiana fluviale e I progetti di atelier arhitekti | Sistemazione del fiume Ljubljanica di Vesna e Matej Vozlič | La storia di Lubiana dalla preistoria ai tempi moderni | Architettura Contemporanea di Lubiana | Architettura giocosa | Lubiana - giovane e creativa | Sostenibilità e innovazione tecnologica nella progettazione dell’ambiente urbano | Recuperare le periferie urbane degradate. L’esperienza delle ricerche del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara | Riqualificazione urbana tra resilienza e sostenibilità | Verificare la visibilità dell’inserimento di tecnologie da F.E.R. in ambienti urbani sensibili. Proposta per uno strumento grafico semplificato | Scenari di recupero e manutenzione per il paesaggio produttivo | Ricerca e sperimentazione per i Distretti tecnologici | Morfogenesi computazionale e manifattura digitale nell'architettura temporanea per la musica | Paesaggio italiano. Viaggio nel paese che dimentica | Abitare il costruito. Riflessioni di architettura e filosofia sul tempo presente | Oltre la siepe. Scenari di ricerca per il progetto ambientale
Questo numero di EcoWebTown conclude la prima fase di vita della rivista, orientata soprattutto a esplorare le ricadute sul progetto dei valori di sostenibilità che ormai permeano (o meglio dovrebbero permeare) ogni atto di trasformazione dell’esistente. Abbiamo a lungo riflettuto sulla problematicità del modo d’intendere la sostenibilità, tanto più sfuggente quanto più vengano effettivamente messe in gioco le sue dimensioni costitutive, che intrecciano la complessità dei metabolismi naturali urbani con le dinamiche dell’economico e del sociale, fino a includere il biopolitico, dimensione guattariana dei territori esistenziali, che rinvia al nostro modo di abitare e di percepire il mondo da noi stessi costruito.
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Lubiana è una di quelle rare città che conserva, impresso nella struttura urbana, il segno forte dell’architettura che l’ha generata. Una città che porta con se, tracce indelebili della creatività e della originalità di uno dei grandi maestri della modernità mitteleuropea Jože Plečnik, una modernità altra, che non ha mai rinunciato alla tradizione ed ha stabilito un dialogo concreto con l’architettura dei luoghi...
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Lubiana è la capitale della Slovenia con 283.000 abitanti ed una conurbazione regionale metropolitana di circa 650.000 abitanti, una porta tra l’Adriatico e l’Europa centrale. Una città verde con oltre il 50% del territorio adibito a culture rurali, boschi e parchi. La città è racchiusa tra due ecosistemi naturali, la piana e la palude ed in mezzo il fiume Lubianica. Una configurazione urbana a stella con cunei di aperta natura e dense ramificazioni urbane...
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La vittoria per il concorso di piazza della Rivoluzione a Lubiana (oggi piazza della Repubblica) da parte di Edvard Ravnikar, apre le porte della città alla rivoluzione urbanistica della seconda metà del XIX secolo. Si pensi a tale proposito che la Lubiana di Plecnik (all’inizio del suo lavoro sulla città nel 1921) era di appena 40.000 abitanti e quando nel 1970 il concorso per il complesso di piazza della Rivoluzione veniva pubblicato, la città aveva 130.000 abitanti (circa tre volte tanto).
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L'architettura non è fatta solo da edifici e progetti, ma anche da idee e circostanze, in cui sono stati creati e modificati e, ciò che è più importante, la vita, che avviene in essi.Questo è il motivo principale per la comprensione della città e dell'architettura: la cultura, la storia e la politica sono il loro corso e l'obiettivo. Se si intende analizzare l'edificio contemporaneo e lo spazio pubblico urbano a Lubiana, si dove partire dalle soluzioni urbanistiche e architettoniche in prospettiva storica e nel contesto politico per definire una chiara visione critica.Lo sviluppo della città si svolge come un triangolo, di cui un angolo rappresenta l'amministrazione comunale e la politica, un altro angolo gli architetti e urbanisti, e alla terza piega i residenti.
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Il rapporto tra il fiume Lubianica e la città è un rapporto molto antico fin dai tempi preromani ed ancora per tutto il medioevo quando le acque venivano utilizzate per il commercio. Con la introduzione della ferrovia nel XIX secolo, il fiume perde la sua originaria importanza commerciale trasformandosi, poco a poco, in un luogo di piacere. Un importante momento di riqualificazione dei suoi argini si è avuto in seguito al terremoto del 1895 ed all’aiuto Reale viennese che contribuì alla realizzazione di nuovi edifici lungo il suo percorso urbano.
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Nel 2012 la città di Lubiana ha ricevuto il Premio Europeo per lo Spazio Pubblico Urbano, un premio prestigioso per la sistemazione del centro città e degli spazi lungo il suo fiume, un premio al quale i progettisti Vesna e Matej Vozlic hanno dato un contributo di grande rilievo. Un lavoro a più tappe, iniziato già nel lontano 1991 (nel 1994 hanno ricevuto la Medaglia Plecnik per la sistemazione dell’argine Cankar). Un lavoro che li ha visti misurarsi con l’impianto urbano lasciato in eredità da Plecnik, con il quale si sono dovuti confrontare, nel rispetto della tradizione del grande maestro e con la necessità di traghettare oltre le sue idee.
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Il testo elabora un percorso storico della formazione della città dalle sue origini ad oggi a partire dalla sua formazione preistorica, passando dall’insediamento romano di Emona allo sviluppo medievale con la costruzione del Castello, attraverso la città barocca e quella napoleonica fino all’epoca dei primi sviluppi industriali.
Lo sviluppo moderno della città nel XX secolo è strettamente collegato con tre architetti chiave e tre periodi di pianificazione urbana: quello di Max Fabiani (1865-1962), quello di Jože Plečnik (1872-1957) e quello di Edvard Ravnikar (1907-1993). I loro nomi sono spesso usati per riferirsi a singole fasi di sviluppo moderno della città.
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Qual è il modo migliore per presentare gli ultimi anni di architettura contemporanea a Lubiana? Una possibilità è quella di selezionare un numero di architetture che hanno maggiormente segnato questo ultimo periodo, una sorta di guida sintetica dell’architettura degli ultimi anni. Un'altra opzione è quella di selezionare solo alcune opere, pietre miliari architettoniche che hanno lasciato una impronta significativa nella città. Abbiamo optato per la seconda possibilità e, allo stesso tempo, abbiamo deciso di non partire da Fabiani, Vurnik, Plečnik, Ravnikar o Mihevc - gli architetti che hanno lasciato un segno importante sulla città - ma presentare alcune opere recenti a partire dalla fine degli anni ’70.
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Lo sviluppo delle conoscenze spaziali e il livello di consapevolezza di uno spazio di qualità dipendono dall'esperienza che una persona fa nei suoi primi anni di vita. Pertanto è ragionevole partire con l’educare già i più giovani, e con loro il pubblico più in generale, per essere in grado di costruire una maggiore partecipazione ai processi decisionali futuri per quanto riguarda la progettazione dello spazio urbano. Tale istruzione ha effetti a lungo termine sullo sviluppo dell'alfabetizzazione spaziale. L’istruzione e l’educazione all’ambiente, all’architettura ed alla qualità dello spazio per uno sviluppo sostenibile è stato promosso da più parti nella maggioranza dei paesi europei a partire dagli anni ’80. Da allora, questo è stato un argomento di crescente importanza come strumento per le politiche ambientali. Nel 1999 l'Unione Internazionale degli Architetti (UIA), su iniziativa di alcuni paesi, ha istituito un programma di lavoro denominato Architettura e bambini. Il programma opera in paesi che condividono obiettivi educativi comuni nel campo dell'architettura e dell'ambiente.
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Lubiana, la capitale della Slovenia, con poco meno di 300.000 abitanti potrebbe essere descritta come una città giovane. Il numero degli abitanti è stato lentamente ma in costante aumento negli ultimi 10 anni. Circa un quarto dei suoi abitanti sono giovani, appartenenti al gruppo dei 18 - 35 anni di età. Inoltre la città è anche la sede della più grande università della Slovenia, con oltre 40.000 studenti attirando così nuovi studenti ogni anno. I giovani sono soggetti alla mancanza di posti di lavoro stabili e quindi hanno meno autonomia economica.
Le innovazioni tecniche sono certamente entrate a far parte a pieno titolo nelle dinamiche di mantenimento, recupero e trasformazione delle città. Basta pensare alla diffusione dei dispositivi di monitoraggio, interazione, comunicazione, autoregolazione e di sicurezza con cui si tende, forse anche con un approccio di eccessiva semplificazione, a rideclinare le città contemporanee come entità insediative sempre più smart, globalizzate, connesse e vivibili. Il rischio che però può delinearsi dall’applicazione senza progetto dei prodotti dell’ultima grande rivoluzione tecnico-informatica è dato dalla tentazione del trasferimento asettico nell’ambiente costruito urbano di dispositivi che, spesso, risultano estranei ai codici comunicativi e alle prassi funzionali e percettive del vivere insieme la città.
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Tra gli anni 2003 e 2012 il Dipartimento di Architettura ha coordinato e preso parte ad un filone di ricerche sia in campo europeo che nazionale sul recupero delle periferie urbane.Si tratta delle Azioni Europee COST C 16 “Improving the quality of urban building envelopes” (2003 -2007) e COST TU0701 (2008-2012) “Improving the quality of suburban building stocks” e del progetto di ricerca nazionale PRIN “Riqualificazione, rigenerazione e valorizzazione degli insediamenti di edilizia sociale ad alta intensità abitativa realizzati nella periferie urbane nella seconda metà del ‘900” .
Il potenziale di ricerca di un paese incide in maniera determinante sulla sua competitività nella società della conoscenza, se misurata come la capacità di produrre innovazione e, quindi, rispondere in maniera adeguata ai bisogni espressi dalla comunità.Un sistema di ricerca ben congegnato ed efficiente, strategicamente orientato, genera benessere economico così come forte coesione sociale; questa partita si gioca sia a livello nazionale che a livello internazionale, dove la capacità di un paese di competere sui mercati, dipende dal suo sistema di innovazione e della ricerca: fattori che incidono fortemente ai fini delle sua crescita economica.
L’integrazione architettonica di tecnologie da f.e.r. in ambienti sensibili, deve rispondere al doppio requisito della conservazione del patrimonio urbano e del paesaggio e del risparmio energetico negli edifici. Il conflitto che si può generare nel rispondere a queste esigenze si può evitare anche grazie all’utilizzo di strumenti semplici e di facile impiego da parte di singoli, progettisti e amministratori che possano valutare l’impatto visivo di ogni singolo intervento. Lo strumento grafico descritto nel paper può risultare utile per verificare contemporaneamente la visibilità di un sistema solare in copertura al variare della sua inclinazione, dell’altezza dell’edificio e della distanza dell’osservatore che si trovi in posizione frontale rispetto all’elemento integrato per esempio in un edificio sottoposto a tutela.
L’indagine conoscitiva dell’ambiente costruito ha fatto riferimento ad un solido orientamento della cultura tecnologica dell’architettura (Ciribini, 1984), costituito dall’approccio sistemico. Quest’ultimo consente lo studio e l’analisi di processi di configurazione di elementi interagenti non solo in relazione alla componente organizzativa e strutturale, ma anche in relazione alla definizione di specifiche dinamiche di un sistema nel tempo, al fine di individuarne i comportamenti attuali e prefigurarne futuri1.
Tra le attività di ricerca condotte negli ultimi anni dall’Unità di ricerca Tecnologia e Ambiente del DiARC, la tematica relativa alla Progettazione tecnologica e ambientale per la rigenerazione urbana ed edilizia è stata affrontata con particolare riferimento a tecnologie, processi e metodologie per l’incremento della capacità di resilienza e adattabilità dell’ambiente costruito, la riduzione dei consumi e dei fabbisogni energetici degli edifici, l’uso razionale delle risorse ambientali, la riduzione degli impatti, l’innovazione di prodotto, la sperimentazione progettuale.
Dal 1982 (anno di uscita della prima versione di Autocad) a oggi il mondo della produzione dell’architettura ha completato il suo passaggio dalle attrezzature analogiche agli strumenti digitali. «I primi mainframe commerciali sostituirono alcune funzioni di bilancio e statistica nelle grandi aziende e nelle istituzioni governative; i primi PC IBM sostituirono alcune funzioni di segreteria. Nessuno di questi cambiò il mondo» (Anderson, 2013). Analogamente l’introduzione dei software per ufficio, di quelli per la computazione e i programmi di CAD non hanno rivoluzionato l’Architettura: hanno solo reso più veloce e più comoda la procedura per la redazione di un progetto.
Lo stretto rapporto esistente tra la pratica del viaggio e la percezione del paesaggio è stato da lungo tempo all’origine di opere letterarie che hanno sollecitato la nostra immaginazione descrivendoci i caratteri naturali, storico-archeologici, architettonici, monumentali e culturali di territori vicini o di aree geografiche più recondite e lontane. Nella cultura occidentale il racconto di viaggio ha conservato sempre una sua essenziale natura rigorosamente ‘tendenziosa’ nella narrazione delle qualità dei paesaggi attraversati: il punto di vista dell’autore fissa le presenze benefiche nel paesaggio, le perigliosità ed eventualmente le tracce residuali di un passato più o meno remoto. Anche nelle opere in cui si raccontano i paesaggi italiani, il senso del viaggio, inteso come esplorazione, fuga, evasione, avventura, conoscenza o confronto/scontro con le alterità, ha assunto sempre un valore documentale centrale nell’indirizzo educativo e formativo della collettività dei lettori. Dal viaggio eroico-mitologico di Enea, al Viaggio in Italia di Goethe, per arrivare alle descrizioni degli Atlanti del Touring Club o agli ultimi viaggi di transumanza narrati da d’Annunzio, le emozioni dell’autore – fra le tante possibili – diventano comunque modelli quasi assoluti per la godibilità delle bellezze dei luoghi. In questo senso, sono spesso all’origine di specifiche ‘istantanee’ che hanno alimentato e ancora oggi continuano a diffondere suggestioni per la fruizione turistica di un territorio anche se a volte, accidentalmente, quelle stesse immagini non sono più reali o presenti.
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L’incontro tra un architetto e un filosofo. Un’occasione che diventa momento di riflessione sul senso del progettare e del costruire nella contemporaneità: scambi di vedute sulle finalità dell’architettura, reinterpretazioni dei significati dell’abitare, esempi paradigmatici di realizzazioni che hanno rivoluzionato la cultura del progetto negli ultimi decenni, segnando il progressivo superamento dell’architettura della modernità.Con una prefazione di Pierluigi Nicolin e una postfazione di Gianni Vattimo, il volume Abitare il costruito. Riflessioni di architettura e filosofia sul tempo presente – degli autori Roberto Bianchi, architetto ed Enrico Garlaschelli, docente di filosofia – riassume gli esiti di questa riflessione come un’indagine sulle nuove forme di sperimentazione architettonica.
Lo fa attraverso la pratica del dialogo. Un dialogo che in prima battuta è articolato intorno alle questioni emergenti dal confronto tra le discipline filosofiche e quelle tecnico-progettuali e che, progressivamente, s’indirizza ad avviare un necessario e più ampio confronto aperto con le componenti sociali, economiche e culturali che costituiscono il terreno di coltura di qualsiasi progetto.
Le relazioni inter-disciplinari e inter-istituzionali che possono instaurarsi intorno alle tematiche progettuali per la sostenibilità urbana e del territorio, in Italia, risentono spesso degli effetti indotti da barriere burocratiche e tecnologiche che scaturiscono sia dalle discontinuità scalari prodotte dalla concezione normativo-procedurale degli interventi “per singoli settori”, sia dall’interruzione del dialogo fra istituzioni amministrative, di ricerca, formative e professionali che genera logiche di intervento “per singole competenze”.Questo scenario operativo costituisce una delle principali cause del ritardo italiano nell’implementazione progettuale delle direttive comunitarie sulla sostenibilità, ma anche della mancata ricaduta e visibilità sul territorio delle sperimentazioni di eccellenza maturate nei nostri organismi istituzionali.Il volume Oltre la siepe. Scenari di ricerca per il progetto ambientale, curato da Marina Rigillo, propone uno sguardo di là di queste barriere per esplorare proprio il nodo cruciale del superamento delle relazioni interrotte tra università, enti amministrativi, ordini professionali, organismi di ricerca e realtà economiche del territorio.