Le agende urbane delle principali città europee hanno da tempo imboccato percorsi di programmazione strategica a partire da asset materiali e immateriali che ne definiscono riconoscibilmente le fisionomie e ne rafforzano le potenzialità latenti. Con riferimento a compendi immobiliari dismessi in attesa di essere riconvertiti grazie all’apporto di risorse private, esse si sono dotate di politiche che coniugano ‘certezza’ (ossia le regole connesse all’assegnazione di usi e diritti), e ‘flessibilità’ (connaturata a un disegno strategico piuttosto che ad un land use plan), nelle quali le prestazioni attese si collocano in posizione di preminenza rispetto alle verifiche di conformità.
Nel nostro Paese il dibattito disciplinare ha spesso opposto (più raramente composto) dimensione strategica, orientata alla costruzione di scenari di richiamo per attività ad alto valore aggiunto, e dimensione strutturale, che identifica il possibile telaio di supporto per i caratteri costitutivi e prestazionali delle risorse essenziali: i valori operanti della natura, quelli patrimoniali, e il sistema infrastrutturale.
Nel caso di Roma Capitale, che presenta una sovradeterminazione dell’orizzonte strutturale su quello strategico, soltanto parzialmente abbozzato, sin dalle fasi di preparazione del Nuovo Piano urbanistico generale comunale (PUGC), approvato nel 2008, il pianificar facendo ha informato i processi di trasformazione in itinere a più esigenti principi di sostenibilità ambientale e sociale; le politiche di contenimento insediativo sono state fatte discendere da esigenze di tutela ambientale, esito del progressivo riconoscimento di valori, anche diffusi e di recente formazione.
In questo contesto teorico e operativo si colloca la riflessione che Luca Montuori, già assessore all’Urbanistica nella Giunta Raggi, ha consegnato nel bel volume Anello verde. Roma, paesaggio con figure, corredato da un apparato illustrativo di grande efficacia.
Anello verde è una figura territoriale di scala intermedia – 750 ettari, due terzi dei quali occupati da spazi naturali – che si estende tra Pietralata e Trastevere a ridosso della cintura ferroviaria individuata come Ambito strategico nel PUGC, incorporando ampi lembi di paesaggio originariamente destinati allo sviluppo del cosiddetto “Sistema direzionale orientale”: un’assialità di nuovo impianto lungo viale Palmiro Togliatti che sfidava il pattern radiocentrico della Città eterna e la recente espansione a macchia d’olio inscritta nel suo codice genetico.
Il fallimento di quel programma urbanistico ed edilizio, che non considerava tra le numerose controindicazioni anche la inveterata resistenza al decentramento delle attività di maggiore peso simbolico per la Capitale, è evidente nel grande cretto perimetrato dalla Giunta Raggi attraverso un esercizio di inversione tra forma e figura:
il riconoscimento del valore strutturante di luoghi e paesaggi è posto come precondizione per ipotizzare ragionevoli densificazioni in adiacenza alle stazioni della cintura ferroviaria mediante il ricorso a compensazioni di programmi urbanistici collocati in ambiti più periferici o inidonei dal punto di vista della continuità ambientale, con una riduzione complessiva dei volumi edificabili.
Il saggio di Montuori, che si dispiega lungo tre assi portanti – la permanenza del tema del paesaggio; il metodo e i limiti nella capacità di leggere, interpretare e narrare i luoghi dell’urbano; il ruolo strategico del progetto di scala intermedia nella nuova dimensione della città – si sofferma sui passaggi cruciali dell’iter politico e amministrativo che hanno reso possibile l’approvazione dello Schema di Assetto Generale, a valere quale atto-strumento di indirizzo programmatico per la riqualificazione sostenibile dell'anello ferroviario del settore orientale del territorio di Roma Capitale1. L’ultima sezione è dedicata a progetti che realizzano per parti gli obiettivi racchiusi nello Schema all’interno dei quattro quadranti interessati: Tiburtina, Pietralata: Polo Est; Termini, San Lorenzo; Tuscolana, San Giovanni; Ostiense-Trastevere.
Anello verde incorpora un mosaico di programmi urbanistici e un’area di influenza legata alle dirette correlazioni con i vicini contesti e affida allo sguardo progettuale possibili composizioni a partire dalle ibridazioni di strumenti gestionali noti e definiti dalle attuali norme di piano NTA e applicando alcune innovazioni normative di recente approvate che guardano proprio alla rapidità dei tempi delle trasformazioni.
Gli apparati illustrativi che accompagnano il lettore nell’approfondimento del metodo restituiscono lo stato dei luoghi attraverso letture analitico-descrittive – stato di fatto e di diritto – , insieme a forme di conoscenza-contatto derivanti dalla ricognizione delle attività formali e informali e delle iniziative della cittadinanza attiva in termini di sussidiarietà, associazionismo e impegno civico: si tratta di un vero e proprio scavo stratigrafico che porta alla luce le differenti ragioni e razionalità sottese alla persistenza nello spazio aperto di segni materiali (tracciati, maglie interpoderali di diversa grana, recinti); segni solo in parte confermati dalle linee di demarcazione immateriali, come i confini proprietari e i perimetri delineati dagli strumenti attuativi, per il resto espressione di sconfinamenti e compenetrazioni che attengono a registri di uso che convivono fianco a fianco spesso ignorandosi.
Anello verde aderisce convintamente ad una archeologia della storia che interpella il binomio permanenza-mutamento sotto il profilo delle morfologie, delle funzioni e dei significati, e si riconnette idealmente alla tradizione del progetto urbanistico fondativo della scuola romana: si pensi al disegno dell’anello di parchi immaginato già nel 1916 da Marcello Piacentini comprensivo delle ville storiche risparmiate all’espansione edilizia e dei nuovi giardini di San Giovanni e Santa Croce in Gerusalemme, integrati e collegati da un sistema di grandi viali alberati e dai viali panoramici di Monte Mario e del Gianicolo; o ancora, al sistema di aree verdi proposto da Luigi Piccinato nel 1931 per la connessione degli spazi esistenti o previsti, effettivi o potenziali in grado di elaborarne le caratteristiche fisiche e storiche, determinando limiti al costruito e condizionando le strutture di collegamento.
Come già accennato, rispetto alle precedenti esperienze pesano nella vicenda attuale i diritti maturati attraverso gli atti formali di pianificazione che hanno richiesto una convergenza tra disciplina degli assetti e governo dei processi nella prospettiva di un equilibrio sostenibile anche in termini di qualità della forma.
Anello verde convoca i discorsi e le pratiche attorno ad una particolare declinazione del rapporto pacificato tra cultura e natura con cui il dibattito internazionale si cimenta da qualche tempo, lavorando su un livello teorico e operativo alla creazione di un vocabolario aggiornato del progetto urbano che permetta di interpretare le trasformazioni in corso derivandone strumenti gestionali adeguati agli spazi da modificare. Allo stesso tempo vuole costruire uno scenario di confronto tra i diversi soggetti che in questi spazi agiscono tra public engagement e trasferimento scientifico, culturale e tecnologico coinvolgendo investitori e comunità, professionisti e ricercatori, in uno scambio di informazioni, proposte, sperimentazioni e buone pratiche. Questo esercizio nel corpo vivo della città, che ‘mette a terra’ possibili forme di integrazione città-campagna e di ibridazione tra dinamiche locali e globali, si distingue dalle sperimentazioni di altre metropoli europee che hanno affrontato programmazioni di lungo periodo rimuovendo generalmente ogni forma di spontaneismo. Esso è anche una risposta in cui la Forma Urbis viene sovradeterminata con una forma residuo, o forma memoria di una modernità incompiuta – nel senso etimologico di ammonimento (memento) –, che attende di essere risignificata responsabilmente come ‘quotidiano urbano’ di decine di migliaia di abitanti.
Note
1 Le premesse alla delibera di approvazione del 2020 sono state poste da alcuni atti politici e amministrativi, tra cui quelli relativi all’abbattimento della Tangenziale EST, inscritto nel 2017 nel bilancio di Roma Capitale, e alla realizzazione della nuova sede ISTAT nel PP. Pietralata SDO, e dal Verbale d’Intesa tra Roma Capitale, RFI SpA e FS Sistemi urbani s.r.l. per la definizione e sottoscrizione degli interventi da realizzare all’interno del Nodo ferroviario di Roma finalizzati al potenziamento del sistema ferroviario metropolitano e regionale ed alla riqualificazione delle aree ferroviarie dismesse.