Parole chiave: Digitalizzazione, sostenibilità, circolarità, processi decisionali, rigenerazione urbana
Keywords: Digitalization, sustainability, circularity, decision-making, urban regeneration
Abstract:
IT) Il contributo illustra parte degli esiti della ricerca PROSIT - “Progettare in Sostenibilità”, condotta dal Dipartimento di Architettura e dal Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura dell’Università di Napoli “Federico II” con il consorzio pubblico-privato STRESS scarl e in collaborazione con il Comune di Napoli. Oggetto della ricerca è la messa a punto di un protocollo decisionale per interventi di rigenerazione urbana basato sull’impiego delle tecnologie digitali e delle piattaforme BIM-based. Obiettivo del protocollo è anticipare e prevenire gli esiti delle scelte progettuali per indirizzare in chiave eco-orientata e circolare le decisioni, per verificare la fattibilità tecnica e normativa delle ipotesi e per coadiuvare la collaborazione interdisciplinare.
EN) The contribution discusses part of the outcomes of the research PROSIT - Designing in Sustainability, carried by the Department of Architecture and the Department of Structures for Engineering and Architecture of the University of Naples “Federico II” with the public-private consortium STRESS scarl and in collaboration with the Municipality of Naples. Scope of the research is the development of a decision-making protocol for urban regeneration interventions based on the use of digital technologies and BIM-based platforms. Aim of the protocol is to anticipate and prevent the outcomes of design choices in order to direct decisions in an eco-oriented and circular way, to verify the technical and regulatory feasibility of hypotheses and to assist interdisciplinary collaboration.
Introduzione
«Definiamo innanzitutto che cosa intendiamo per gestione: a nostro parere, gestione è il comportamento conoscitivo ed operativo tramite il quale si trasforma l'informazione in azione […] Si parla spesso di innovazione ma […] il comportamento innovativo è un atto di gestione, di gestione orientata a tener sotto controllo il rischio e a misurarne le conseguenze» (Maldonado, 1970).
La crescente complessità dei requisiti e dei vincoli del progetto urbano e delle relazioni che intercorrono tra i diversi attori chiamati a cooperare candida l’efficace gestione delle modalità decisionali a un ruolo cruciale all’interno dei processi progettuali. Soprattutto nel caso di interventi di rigenerazione urbana, è infatti necessaria l’assunzione di precise strategie d’azione, tali da scongiurare i rischi di insuccesso dovuti al disequilibrio tra costi e benefici, alla luce del valore economico, sociale e ambientale che tali operazioni rivestono (Caterina, 1985).
Ulteriore elemento a cui il progetto è chiamato a confrontarsi deriva dalle indicazioni provenienti dai recenti indirizzi europei per la “creazione di un ambiente costruito sostenibile” (CEC, 2020), che fanno particolare riferimento proprio agli interventi sul patrimonio costruito e fissano tre obiettivi principali: la digitalizzazione del settore delle costruzioni; l’adozione di principi di circolarità in tutta la catena del valore; l’approvvigionamento sostenibile di materie prime, soprattutto mediante una gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione che favorisca il riuso e il riciclo.
In questa direzione, il progetto di ricerca PROSIT - “Progettare in Sostenibilità”1 (PO FESR 2014-2020), condotto dal Dipartimento di Architettura e dal Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura dell’Università di Napoli “Federico II” con il consorzio pubblico-privato STRESS scarl e in collaborazione con il Comune di Napoli, ha inteso mettere a punto una metodologia decisionale per il progetto di rigenerazione urbana, che impiega tecnologie e piattaforme data-driven per fornire a progettisti e Pubbliche Amministrazioni uno strumento collaborativo di supporto alle decisioni.
Obiettivo del protocollo è anticipare e prevenire gli esiti delle scelte progettuali per indirizzare in chiave eco-orientata e circolare le decisioni, per verificare la fattibilità tecnica e normativa delle ipotesi e per coadiuvare la collaborazione interdisciplinare. In particolare, il protocollo fa riferimento a due livelli di compliance normativa: il primo, più ampio, che pertiene agli obblighi in materia di digitalizzazione e circolarità, stabiliti dal codice degli appalti (D.lgs. 50/2016) e dai Criteri Ambientali Minimi - CAM (DM 23/6/2022); il secondo, specifico dei contesti di attuazione, relativo al quadro normativo vigente in materia di edilizia.
Gli esiti del lavoro di ricerca sono stati sperimentati e validati all’interno di un intervento pilota per l’aggiornamento del PFTE del Comune di Napoli per l’area ex-industriale Corradini, nel quartiere orientale di San Giovanni a Teduccio, che versa in stato di abbandono, inquinamento e degrado.
Definizione e caratteristiche del protocollo decisionale
Il protocollo decisionale costituisce una vera e propria piattaforma di Information Management, finalizzata a offrire uno strumento decisionale basato sulla raccolta e interpolazione di dati riferibili al contesto, alle caratteristiche dei luoghi e dei fabbricati oggetto di riqualificazione, alle esigenze delle amministrazioni e alle normative vigenti.
Il metodo è stato elaborato per essere “tailor-made”: scalabile e replicabile nella sua impostazione; specifico, rispetto ai casi di intervento, nella sua applicazione. In fase di avvio, infatti, il protocollo necessita di una preliminare raccolta di dati, da svolgere secondo le seguenti fasi:
L’implementazione del protocollo per la formulazione degli scenari di progetto prevede una concatenazione di azioni che riguardano simultaneamente scale, livelli di approfondimenti e discipline differenti, secondo quattro aspetti principali (fig. 1):
Per ognuno di questi aspetti, il protocollo delinea 6 piani d’azione (fig. 2):
Applicazione del protocollo al caso studio
L’applicazione sperimentale del protocollo è avvenuta nel contesto del PFTE predisposto dal Comune di Napoli nel 2014 per il versante orientale (Lotto 1) dell’area ex-industriale Corradini di Napoli2, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, al centro di un più ampio quadro di riqualificazione e oggetto di sperimentazione della ricerca PROSIT.
Il sito (fig. 3), compreso tra i fasci ferroviari a nord e dalla linea di costa a sud, è da tempo abbandonato e inaccessibile per ragioni di sicurezza e di inquinamento da amianto. Nonostante il vincolo apposto dalla Soprintendenza nel 1990, i fabbricati ricadenti nel perimetro descritto dal piano sono ridotti in buona parte a stato di rudere e non ne esistono rilievi aggiornati.
Gli edifici, in totale 14, sono prevalentemente ad unico livello, talvolta a doppia altezza, con strutture verticali in tufo e coperture, delle quali non restano che poche tracce, in struttura lignea rivestita da tegole di laterizio e sorretta da capriate metalliche (del tipo Polonceau) o in legno.
Il progetto di recupero promosso dal Comune di Napoli ha originariamente previsto una destinazione culturale e ricettiva, attraverso la realizzazione di biblioteche, sale convegni e alloggi universitari e turistici, con attività di ristorazione e direzione dedicate (fig. 4). Tuttavia, parte delle premesse su cui era basato il progetto sono state disattese dalla mancata realizzazione di alcuni interventi, come nel caso del porto turistico, e dal completamento, invece, di strutture con destinazioni analoghe nel vicino campus federiciano.
Obiettivo condiviso dall’Amministrazione e il gruppo di ricerca è stato perciò l’aggiornamento del PFTE, attraverso l’applicazione di una processualità che consentisse una più efficace gestione dei rischi di insuccesso dell’intervento di riqualificazione del patrimonio costruito, soprattutto in termini di sotto-utilizzo degli spazi e di compatibilità tecnico-giuridica, anche considerata l’impossibilità di accedere a un adeguato quadro conoscitivo del sito. L’occasione è stata colta per una sperimentazione completa del protocollo PROSIT, che ha previsto un approccio per scenari di progetto, dalla scala urbana fino a quella dell’elemento tecnico, comprensivi di ipotesi di riciclo dei rifiuti derivanti dalle demolizioni.
Alla scala del quartiere e del complesso, la sperimentazione ha prodotto tre scenari funzionali, elaborati dal confronto tra la ricognizione del quadro normativo, le informazioni ottenute dalle analisi su base GIS del contesto urbano e la modellazione scan-to-BIM dei fabbricati, e confluiti in uno scenario “di sintesi” condiviso con l’Amministrazione (Rigillo et al., 2021).
Alla scala dell’edificio, i dati geometrici ottenuti dalla precedente modellazione, completati dalle informazioni ottenute dalla documentazione del PFTE, sono stati impiegati per la formulazione di alternative distributive, avvalendosi di strumenti e procedure semi-automatizzate di Model e Code Checking nel medesimo ambiente BIM che, unitamente alle valutazioni emerse dalla sperimentazione di algoritmi generativi, hanno fornito un supporto decisionale di confronto all’attività progettuale (Russo Ermolli & Galluccio, 2021).
Infine, alla scala dell’elemento tecnico è stata approfondita la ri-progettazione di alcune chiusure orizzontali dei fabbricati, impiegando tool di valutazione del ciclo di vita integrati allo strumento BIM e, a partire dalle quantità e delle caratteristiche dei componenti oggetto di rimozione opportunamente restituite nel modello digitale, sono stati definiti scenari di demolizione e riciclo delle macerie, coerentemente con gli indirizzi dei CAM.
L’applicazione del protocollo al caso studio ha offerto la possibilità di effettuare una prima validazione del metodo e di riflettere su potenzialità e limiti, in entrambi i casi utili a successive implementazioni. In particolare, i punti individuati come di maggiore criticità per l’adozione del protocollo da parte dei soggetti destinatari sono relativi alla complessità e dispendiosità delle operazioni previste, soprattutto relativamente agli strumenti impiegati, e alle barriere culturali riscontrate nell’avvalersi di procedure basate sull’interpolazione di dati secondo processi semi-automatizzati e, pertanto, difficilmente ripercorribili e confermabili in maniera “analogica”.
Scala del quartiere e del complesso: scenari funzionali
La formulazione degli scenari funzionali, basata sulle verifiche di compliance BIM, ha previsto lo sviluppo di alternative progettuali che, tenendo conto dell’attuale incertezza delle informazioni sulla condizione degli edifici, sono state implementate come proiezioni basate sull’interpolazione tra un “set” di funzioni e i possibili spazi all’interno dei quali collocarle.
A partire dal programma funzionale elaborato dal Comune, le possibili destinazioni d’uso sono state confrontate con le analisi GIS alla scala del quartiere, che hanno restituito l’immagine di un ambito essenzialmente residenziale e privo di spazi di aggregazione o di servizi adeguati, abitato da una popolazione eterogenea per età e livello di istruzione. Rispetto alle funzioni originarie e coerentemente con il PRG, ciò ha suggerito l’inserimento nell’area di attività rivolte ad una fascia possibilmente ampia di utenti, che in generale garantissero l’attrattività del sito durante un arco temporale giornaliero. In generale, perciò, in sostituzione delle sale convegni ed espositive previste è stata ipotizzata la progettazione di una ludoteca, riconvertibile in teatro nelle ore serali, una piscina sportiva e una palestra.
Per queste nuove funzioni, così come per quelle lasciate invariate rispetto al PFTE, la modellazione BIM dello stato dei luoghi a seguito di rilievo fotogrammetrico tramite drone ha permesso di verificare l’effettiva capacità degli edifici di ospitare le attività ipotizzate. Tale confronto è stato ulteriormente supportato sottoponendo un modello di progetto “di massima” dei fabbricati a Model e Code Checking, ossia procedure semi-automatizzate di controllo normativo che, attingendo a una libreria di standard normativi, permettono di comparare le effettive dimensioni e caratteristiche degli spazi ai limiti previsti dai regolamenti (superfici minime, altezze di piano, ampiezza di porte e corridoi, presenza e dimensioni di uscite d’emergenza, ecc.) (fig. 5). In caso di incompatibilità tra edificio e funzione prevista, è stata valutata la riassegnazione della destinazione ad altri fabbricati. Le possibilità di ricollocazione delle funzioni sono state tradotte in tre scenari funzionali che, successivamente a interlocuzioni con l’Amministrazione, sono confluite in uno scenario “di sintesi” (figg. 6-7).
Scala dell’edificio: scenari distributivi
Sulla scorta della modellazione e delle analisi effettuate alla scala urbana, è stato possibile approfondire la modellazione di progetto dei fabbricati e sottoporre, nel medesimo ambiente BIM, le soluzioni architettoniche a ulteriore e più dettagliata verifica di conformità normativa (rapporti aeroilluminanti, flussi, dotazioni minime, ecc.). L’elaborazione di scenari distributivi è stata avviata dall’analisi delle caratteristiche dei fabbricati oggetto di intervento, in termini di perimetro, altezza, superficie di pavimento, posizione e ampiezza degli accessi e delle aperture (per ogni livello del fabbricato). In secondo luogo, sono state definite le caratteristiche dimensionali degli spazi da organizzare, a partire dal programma funzionale (fig. 8).
L’attività ha incluso l’impostazione di una metodologia di supporto alle decisioni per l’elaborazione di schemi distributivi alternativi mediante processi computazionali basati sullo sviluppo di algoritmi generativi (fig. 9). Tale approccio è definito a partire da un set di parametri di base comprendenti requisiti dimensionali e ambientali (ad esempio, CAM) attraverso la connessione tra ambiente di modellazione BIM e strumenti computazionali integrati (Autodesk Dynamo). Gli esiti sono stati impiegati come elemento di confronto per la progettazione, aiutando ad allargare il campo delle opzioni da poter valutare e sviluppare in termini progettuali.
Scala dell’elemento tecnico: scenari tecnologici
In merito agli scenari tecnologici, la sperimentazione ha previsto l’analisi LCA comparativa per la scelta del materiale isolante, all’interno di una casistica comprendente i principali prodotti abitualmente adoperati in interventi analoghi e prodotti in Italia. Tale analisi ha permesso di confrontare i prodotti rispetto alle categorie di impatto ambientale previste dalla EN 15804:2012+A2:2019 (fig. 10). Successivamente, lo studio ha incluso l’intero sistema di copertura, con l’obiettivo di verificare le principali criticità della soluzione prevista dal PFTE, integrata con il materiale isolante selezionato (in questo caso, in sughero). Tali operazioni sono state effettuate sui modelli BIM precedentemente realizzati, a seguito di ulteriori di dettaglio, avvalendosi del plug-in Tally, sviluppato per il software di BIM Authoring Autodesk Revit dallo studio canadese KieranTimberlake (Cays, 2007; Giorgi et al., 2020).
Pur se tramite approssimazioni, essenzialmente dovute alla reperibilità e qualità dei dati di inventario, il test ha confermato la relativa semplicità del sistema di analisi, oltre che i vantaggi dichiarati in merito alla possibilità di ottenere feedback in tempo reale durante il processo di progettazione.
Scala dell’elemento tecnico: scenari di gestione dei flussi di materia da demolizione
L’attività è stata orientata a definire un processo metodologico per la valutazione ex ante della gestione dei flussi di rifiuti provenienti da azioni di demolizione selettiva, con l’obiettivo di distinguere e stimare in via preliminare le quantità di rifiuto da destinare al riciclo/riuso in loco, quelle da conferire in discarica, e quelle che possono essere indirizzate verso la produzione di un repertorio di elementi tecnici da reinserire nelle filiere del settore delle costruzioni (fig. 11).
In particolare, le informazioni già raccolte e modellate in ambiente digitale hanno consentito di ottenere un inventario ragionato dei sistemi costruttivi oggetto di demolizione, permettendo di qualificare l’analisi preventiva dei materiali utilizzati nella costruzione e delle caratteristiche fisico-chimiche di questi ultimi al fine di orientarne il flusso verso lo smaltimento, o piuttosto il riciclo/riuso (Ge et al., 2017; Chen et al., 2022).
Conoscendo quantità e tipologia dei materiali, prevalentemente inerti di calcestruzzo, sono state ipotizzate le possibilità di reimpiego come componenti non strutturali (frangisole, arredi esterni e interni) da realizzare mediante stampa 3D direttamente a piè d’opera (fig. 12), secondo processualità di tipo file-to-factory (Xiao et al., 2020; Bai et al., 2021; Rigillo et al., 2022).
Discussione dei risultati e conclusioni
Il lavoro ha inteso riflettere sulle modalità di introduzione dei principi del BIM fin dalle prime fasi del progetto di riqualificazione del patrimonio costruito, attraverso un approccio simulativo strategicamente basato sull’uso di strumenti operativi avanzati e informazioni digitalizzate, volto ad agevolare la collaborazione tra gli attori coinvolti nei processi decisionali per la riduzione dei rischi di insuccesso di interventi complessi di rigenerazione urbana.
Tale obiettivo, in particolare, è stato perseguito secondo un approccio progettuale per scenari, diversi ma tutti compatibili con il sistema di regole prefissato all’interno della cornice di informazioni in possesso. L’ambiente digitale ha permesso di gestire tutte le fasi del processo operando approfondimenti geometrici e informativi su una stessa base derivante dalla fase di rilievo, aprendo all’impiego di software specialistici o plug-in in grado di dialogare attraverso lo scambio di formati interoperabili, minimizzando in questo modo la perdita di dati tra i diversi avanzamenti. Ciò è apparso rilevante soprattutto in merito alla possibilità di disporre di dati in uscita in grado di integrare successive e differenti scale e livelli di studio.
Considerata la spinta proveniente dalle recenti disposizioni normative in materia di appalti pubblici, la sperimentazione condotta ha permesso di evidenziare punti critici che necessitano senz’altro di approfondimento, specialmente nell’attuale contesto di trasformazione delle procedure in direzione top-down.
I sistemi software necessari all’applicazione del protocollo risultano ancora numerosi e complessi, specialmente nella loro interazione. In tal senso, comunque, sono evidenti gli sforzi delle aziende software verso piattaforme sempre più integrate e semplificate.
In merito alle valutazioni Life Cycle – oriented (espressamente richiamate nei CAM) il problema della reperibilità e affidabilità dei dati di inventario rimane cruciale. Infine, l’impiego di processualità digitali sempre più tendenti all’automatizzazione ha richiamato l’attenzione sull’effettiva attendibilità e verificabilità di alcuni esiti, seppur lasciando intravedere interessanti possibilità di ampliamento e trasformazione della dimensione creativa e gestionale del progetto.
Riferimenti bibliografici
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Note
1 La ricerca è stata finanziata dalla Regione Campania, nell’ambito del progetto di ricerca PROSIT – PROgettare in SostenibilITà – Qualificazione e Digitalizzazione in Edilizia’, PO FESR 2014-2020 – Obiettivi specifici 1.2.1 – Manifestazione di interesse per la ‘realizzazione di piattaforme tecnologiche nell’ambito dell’accordo di programma – Distretti ad alta tecnologia, aggregazioni e laboratori pubblici privati per il rafforzamento del potenziale scientifico e tecnologico della Regione Campania’, assegnato a STRESS s.c.a.r.l. L’attività vede coinvolti tra i partner di progetto il Dipartimento di Architettura e il Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’, il Consorzio pubblico-privato STRESS s.c.a.r.l. e il Comune di Napoli.
2 Informazioni dettagliate sono presenti al sito comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/25678