Dieci anni di EWT

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Interdisciplinarità del progetto urbano: anticipazioni e sfide aperte da EcoWebTown
Filippo Angelucci PDF




Parole chiave: Dialogo disciplinare, Interdisciplinarità, EcoWebTown Design
Keywords: Disciplinary Dialogue, Interdisciplinarity, EcoWebTown Design

 

Abstract:
IT) Il dialogo fra discipline intorno alle sfide del Progetto urbano è stato più volte trattato da EcoWebTown. Attraverso una selezione critica di saggi pubblicati nelle sezioni Opinioni, Posizioni e Punti di vista, si vuol contribuire a ricostruire il dibattito che la Rivista ha alimentato in dieci anni, affrontando importanti anticipazioni sulle sfide dell’interdisciplinarità e sulle complessità del processo di riorientamento del Progetto urbano in senso multiculturale, plurale e aperto.
Emergono da questa rilettura due stagioni di questo dibattito: la prima riguarda lo sviluppo di una cultura del Sustainable and Smart Urban Design; la seconda apre alla confluenza fra Sustainability Sensitive Urban Design, Land Smart Approach e Progettazione Architettonica, Paesaggistica e Ambientale orientata al contesto.
EN) The dialogue between disciplines on the challenges of Urban design has been addressed several times by EcoWebTown. Through a critical selection of essays, published in the Opinions, Positions and Points of view sections, the aim is to synthetize the debate that the journal has focused in ten years, about important anticipations on the interdisciplinarity challenge and on the complex re-direction process to rethink the Urban design in multicultural, plural, and open sense.
Two seasons of this debate emerge from this reading: the first concerns the development of a culture of Sustainable and Smart Urban Design; the second opens to the convergence between Sustainability Sensitive Urban Design, Land Smart Approach and context-oriented Architectural, Landscape and Environmental Design.

 

 

Interdisciplinarità e progetto urbano: una sfida ancora aperta

La ricorrenza del decennale di EcoWebTown e le prospettive di sviluppo espresse nel contributo “Alcuni indirizzi per il futuro di EWT” presente in questo stesso numero 26, delineano anche l’occasione per affrontare una riflessione aperta su un tema che ha caratterizzato fino a oggi l’orientamento scientifico e editoriale della Rivista. Si tratta della sfida che riguarda i margini operativi, le implicazioni propositive e le ricadute spaziali conseguenti da un approccio alla pratica del progetto urbano a partire dal paradigma dell’interdisciplinarità.
Tematica certamente non nuova nell’ambito delle discipline dell’architettura e dell’urbanistica, l’interdisciplinarità sta tornando ad assumere una particolare centralità nel progetto dell’ambiente urbano soprattutto nella fase storica che stiamo attraversando.
Contribuiscono infatti ad alimentare l’esigenza di un dialogo fra le discipline coinvolte nel progetto della città almeno tre condizioni manifestatesi nel corso del tempo, ma non ancora del tutto pervenute a una piena integrazione di obiettivi e finalità.
In primo luogo, si è assistito a una progressiva erosione delle certezze settoriali scientifico-disciplinari fondate sui princìpi enciclopedici e addizionali illuministici, sulle quali si era costruito l’impalcato ideologico, politico e operativo della modernità. Condizione questa che entra in crisi quando la cieca fiducia nell’ideale moderno dello sviluppo infinito non è più sufficiente per affrontare la complessità strutturale e fenomenologica delle emergenze e crisi ambientali che, dagli anni ’70, affiancano il passaggio alle città-territorio della postmodernità e alle relative dinamiche socioeconomiche post-industriali (Sennett, 2018; Ceruti e Bellusci, 2020; Butera, 2021; Scandurra et al. 2021).
Una seconda condizione si è riscontrata nell’evoluzione degli statuti delle discipline che operano nella progettazione dell’ambiente urbano. L’apparente debolezza delle settorializzazioni delle scienze urbanistiche ha sempre costituito un’importante risorsa per governare confronti, conflitti e dialoghi fra differenti livelli d’intervento (Quaroni, 1977) discipline (Zucconi, 1989) e attori (Secchi, 2000) che connotano il progetto urbano. Si è così delineata quell’apertura ad approcci, contaminazioni e apporti extra-disciplinari (Angrilli, Clementi e Russo, 2014) necessaria per attivare processi trasformativi multidimensionali e soddisfare una domanda di qualità che assume caratteri non solo spaziali, ma anche ecosistemici, tecnologici e socioeconomici (Dierna e Orlandi, 2005).
Una terza condizione può essere rintracciata nell’aumentata eterogeneità delle dinamiche di produzione e gestione delle trasformazioni della città. Essa coincide, per alcuni aspetti visibili, con la diffusione delle tecnologie informatiche e l’ampliamento, in senso interattivo, del panel degli attori coinvolti. In realtà, si sviluppa anche con l’acuirsi dell’allontanamento delle politiche urbane dalle pratiche di utilizzo della città, in cui agiscono non più solo cittadini ma anche semplici consumatori. L’interdisciplinarità e la riconferma della natura eteronoma dell’architettura e del progetto urbano (Faroldi, 2021) diventano allora fondamentali per indagare quelle dimensioni ‘non visibili’ con le quali costruire equilibri aperti ed evolutivi culturali, educativi e partecipativi fra utenti e abitanti e rispettive esigenze di progetto.
Queste tre condizioni, determinatesi in un arco di tempo esteso, risultano oggi aperte e con evidenti gradi di irrisolutezza e indeterminazione. Di conseguenza, possono considerarsi ancora non del tutto esplorati gli ambiti d’indagine da percorrere per ridefinire in senso interdisciplinare il progetto urbano, soprattutto quando con il termine interdisciplinare si continua spesso a intendere una semplificativa coesione temporanea di interessi sotto la regia “forte” di una componente disciplinare prevalente.
Ed è proprio considerando tale quadro aperto che EcoWebTown, in questi dieci anni, ha voluto contribuire nell’individuare anticipazioni e lanciare sfide1, alimentando il dibattito intorno ai temi dell’interdisciplinarità.  È un dibattito che può essere riassunto in due fasi. Una prima fase (2011-2016) ruota intorno allo sviluppo di una nuova cultura del Progetto urbano, sostenibile e supportato anche dalle innovazioni digitali, inteso come Sustainable and Smart Urban Design; una seconda fase (2017-2022) apre invece alla confluenza fra Sustainability Sensitive Urban Design, Land Smart Approach e progettazione architettonica, paesaggistica e ambientale orientata al contesto. 

Dal progetto monosettoriale al Sustainable and Smart Urban Design (2011-2016)

Nella prima fase di sviluppo di EWT, ripercorrendo l’evoluzione dell’interpretazione del concetto di ecologia a partire dagli apporti di studiosi quali Reyner Banham, Gregory Bateson, Felix Guattari, si delinea la necessità di riformulare anche la nozione di sostenibilità all’interno della pratica del progetto urbano. L’esigenza di dare risposte che coinvolgono non solo gli aspetti ecologico-ambientali, ma si estendono alle dimensioni economiche, sociali e mentali, stabilisce un primo importante punto di ridefinizione del “Progetto urbano”, stabilendone la sua valenza strategica e operativa come strumento con cui indirizzare, innestare e intrecciare ecologie relazionali. In questo processo di riorientamento relazionale del fare progettuale, la città sostenibile andrebbe ripensata come uno spazio complesso entro cui far «corrispondere ai diversi contesti modalità specifiche di uso riproduttivo delle risorse locali, di funzionamento ambientale, di stile di vita, di benessere della popolazione, di uso delle infrastrutture, di costruzione delle forme insediative, di rappresentazione sociale e di elaborazione dei linguaggi architettonici» (Clementi, 2011a).
Da questa istanza di reinterpretazione ampliata della nozione di ecologia emerge quale elemento di principale criticità l’accezione stessa di sostenibilità nell’ambito della cultura architettonica. Troppo ancora focalizzata sugli oggetti e non sui processi, concentrata sulla densificazione degli apporti specialistici ingegneristici, tecnico-edilizi e tecnologico-impiantistici, l’obiettivo della sostenibilità denota una preoccupante carenza di convergenze inter-disciplinari, quando è messo alla prova dalle complessità del progetto urbano. Invece di tendere verso una sintesi tra flussi metabolici, prospettive di sviluppo economico-ambientali e aspetti socio-comportamentali connotanti i contesti paesaggistici in cui si interviene, la cultura del progetto sostenibile urbano sembra riproporre la fin troppo consolidata dicotomia tra l’interpretazione tecnico-scientifica, oggettivabile e quantitativa del progetto e le declinazioni soggettive, a volte anche convergenti, fra opinioni e argomentazioni sulle qualità della città (Clementi, 2011b). Del resto, come precisa Fabrizio Paone, una certa deriva tecnocratica si rileva non solo per gli aspetti cosiddetti “eco” della progettazione urbana, ma anche per quanto riguarda gli sviluppi dei nuovi traguardi riconducibili alle capacità smart delle città contemporanee. La città e di conseguenza anche la progettualità urbana appare ridotta sempre più a mero sfondo da cui estrapolare numeri, sondaggi, rilevazioni che ne snaturano la consistenza fisico-materica e insediativa, riconducendola a essere un grande archivio di dati che, grazie alla pervasiva diffusione dei processi di digitalizzazione, si presume possa garantire la sussistenza o la nascita della tanto auspicata smartness. Si pone quindi un problema di accesso a tali dati, da chi li genera e aggiorna in input a chi li governa, monitora e utilizza in output. Questa indeterminatezza, in assenza di un’appropriata misura di coordinamento fra conoscenze, saperi esperti e discipline, può essere considerata un prima causa scatenante del graduale impoverimento dello strumento del progetto urbano; se da un lato aumenta la numerosità degli attori che possono interagire con il progetto, per altri aspetti indebolisce gli organismi istituzionalmente preposti all’indirizzo del governo della progettualità su scala urbana, facendo entrare in scena nuovi player quali «grandi imprese transnazionali dell’energia, del cibo, del trasporto e della finanza, i fondi d’investimento» (Paone, 2012). Analizzata da questo punto di vista, la seconda componente trasformativa in atto nei sistemi urbani, relativa alla smartness, assume una connotazione limitante tecnologico-informatica. Rischia cioè di tradursi in sovrastruttura di dispositivi tecnici a esclusivo servizio degli attori che operano nel processo di progressiva automatizzazione della realtà.
Il confronto interdisciplinare anche sulle questioni legate all’avanzare della transizione digitale, trasferito nella pratica del progetto urbano potrebbe invece determinare due importanti innovazioni: definire opportunità per tradurre le innovazioni digitali in processi di “disautomatizzazione” dei flussi di produzione ed elaborazione di risorse, energie e conoscenze (Stiegler, 2019); trasformare la generazione degli output immateriali dell’universo informatico in atti “documediali” (Ferraris, 2021), in cui l’informazione può essere utilmente posta a servizio del miglioramento della qualità della vita di individui e comunità. Si prospetta quindi la possibilità di attuare gli scenari auspicati da William Mitchell fin dalle prime fasi di ricerca sulle cosiddette “city of bits” per migliorare le performance dei sistemi organizzativi che sono vitali per la città. La smartness può assumere molteplici sfumature che richiedono il coinvolgimento di diverse discipline per attribuire senso e significati qualitativi ai dati informatici, indirizzandoli in modo più inclusivo verso un progetto fondato sulle tre dimensioni ecologiche della sostenibilità. Sotto il profilo ambientale, per ridurre consumi e attivare processi di recupero e riciclaggio delle risorse. Dal punto di vista sociale per innalzare la capacità di includere popolazioni eterogenee nei processi decisionali e trasformativi riguardanti la città. In merito agli aspetti economici per migliorare l’attrattività degli investimenti e le chance di occupazione (Clementi, 2012).
È proprio intorno a questa doppia convergenza disciplinare sugli aspetti transizionali ecologici (eco) e quelli digitali (web) che si definisce la necessità di un primo livello di dialogo fra le componenti disciplinari che operano sulla città, secondo diversi presupposti ontologici, approcci metodologici e strumentazioni progettuali. In sostanza, si ri-perimetrano confini meno demarcati e più permeabili fra quelle discipline che possono riorientare il progetto urbano verso un Sustainable and Smart Urban Design che non appartiene solo agli architetti, urbanisti e tecnologi. Un progetto urbano che si apre a funzionare secondo più registri d’innovazione.
Rispetto alle sfide della qualità ecosistemica e insediativa, integrando le azioni mirate alla riqualificazione energetica e statica del patrimonio edilizio, alla sicurezza della città e alla diminuzione delle vulnerabilità del territorio, allo sviluppo delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e alla riorganizzazione strategica di competenze, responsabilità e gradi di intervento di soggetti istituzionali e attori pubblici e privati (Zanchini, 2012).
Attraverso una re-immaginazione del sistema città, in senso metamorfico, ripartendo da un approccio olistico al progetto urbano per ricomporre i metabolismi funzionali, sociali e culturali del territorio. Perseguendo quindi una visione integrata tra sostenibilità e smartness mirata a superare le fratture tra pianificazione, urbanistica e progettazione architettonica con azioni multisistemiche su flussi e cicli di risorse, differenziazioni funzionali, creatività istituzionali e spontanee (Carta, 2014).
Riorientando il progetto dell’architettura, del quartiere e della città in senso a-scalare e integrato, secondo le nozioni di sistema ed ecosistema che sono alla base dei metodi e degli approcci della progettazione ambientale. Considerando quindi la città come complesso di materia-energia, elementi e condizioni correlati e interagenti in una regione spazio-temporale e, nello stesso tempo, come ecosistemi, totalità organiche in cui non è possibile separare le parti dal tutto (Tucci, 2013).
Ristabilendo attraverso il progetto urbano legami fra sostenibilità e costruzione dell’architettura: a livello urbano, come sistema di interventi che riguardano i princìpi e le strategie per attribuire alla forma urbana profili climate-proof; a livello territoriale, per comprendere gli impatti dei fenomeni urbani sul territorio e sul paesaggio; a livello culturale, per reintegrare il patrimonio ambientale e culturale nei processi di trasformazione urbana e dei suoi paesaggi ordinari (Muñoz, 2014).
Riconoscere nella logica del progetto urbano quali siano i pesi, i gradi di misurabilità, le responsabilità degli attori coinvolti, nonché i molteplici interessi e le utilità coinvolte dagli interventi presuppone una visione olistica dei diversi campi di indagine, ma anche una capacità critica per scegliere e definire, di volta in volta, fra le diverse dimensioni e variabili messe in gioco. Si rende quindi necessaria non semplicemente un’interazione fra discipline – quale potrebbe essere quella delle giustapposizioni di tipo multidisciplinare e/o pluridisciplinare intorno a uno stesso sistema di oggetti, problemi o interessi2 (Welsh, 1996; Rossi e Biondi, 2014; Di Giovanni, 2019) – e neanche un’elementare contaminazione fra di esse, come nel caso delle condivisioni empatiche (co-disciplinarità) e operative (cross-disciplinarità) tra saperi.
L’interdisciplinarità del progetto urbano, auspicata da EWT in questa prima fase d’indagine, contiene già in nuce gli elementi di un successivo passaggio da compiere verso il dialogo fra discipline che dovrà confrontarsi con aspetti ancor più operativi. Per preparare il campo d’azione di questo nuovo livello di dialogo interdisciplinare, la rivista EWT, con il suo Comitato scientifico e editoriale, si fa promotrice anche di un’importante iniziativa, svolta nel 2015 presso l’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara, il seminario nazionale “Progetto urbano. Un’attualità in discussione”, dove prendono parte le società scientifiche SIU, ProArch e SITdA, per avviare i lavori di elaborazione di una Carta del Progetto Urbano3. Con questo quadro programmatico ci si avvia verso la seconda fase percorsa negli ultimi cinque anni.


Dal progetto integrato alla sfida interdisciplinare dell’EcoWeb Urban Design (2017-2022)

Con la seconda stagione di EcoWebTown che si compie dal 2017 a oggi, i nodi dell’evoluzione del Progetto urbano raggiungono un ulteriore livello di complessità. Emergono nuove e ricorrenti tematiche all’interno del dibattito che si conduce nella Rivista. Il quadro di riferimento economico e sociale è in effetti cambiato rispetto all’avvio dei lavori del 2011. Soprattutto in Italia, l’ipotesi di una costruzione di convergenze interdisciplinari intorno al Progetto urbano sconta difficoltà in parte indotte dal prolungarsi degli effetti della crisi economica iniziata con la Grande Recessione del 2008; per altri versi è acuita dalla sempre tendenziale burocratizzazione delle procedure che riguardano lo sviluppo e l’implementazione dei contenuti delle strumentazioni urbanistiche e anche da un certo disinteresse manifestato dagli attori politici, amministrativi e imprenditoriali che, di fronte a proposte di trasformazione per i quali si richiedono tempi di attuazione lunghi, preferiscono interventi più immediatamente cantierabili e comunicativamente spendibili nei rispettivi ambiti di pertinenza (Schiaffonati, 2017).
Il Progetto urbano, per come lo si è auspicato, promosso e comunicato secondo la comunione di intenti, approcci e metodi fra discipline dell’urbanistica, dell’architettura e della tecnologia, inizia a mostrare segnali di debolezza che ne presuppongono un quasi totale ripensamento (Clementi, 2016); non nei suoi obiettivi, contenuti e scenari, bensì nelle sue dimensioni di processo che vanno quasi radicalmente riarticolate per renderne attuativi i vantaggi della pratica interdisciplinare ed efficaci le sue ricadute sulla città, il paesaggio e il territorio.
Da questi presupposti emerge la nuova declinazione del Progetto urbano secondo la «prospettiva più realistica dei progetti declinati al minuscolo, con una molteplicità disgiunta d’interventi di piccole e medie dimensioni, costruiti dal basso, piuttosto che progetti ambiziosi per grandi opere e pezzi di città promossi dal centro oppure dal capitale finanziario globale» (Clementi, 2017). Secondo questo nuovo punto di vista si modifica anche la natura del Progetto urbano che rinuncia alle proiezioni predittive totalizzanti e rigide, trasformandosi in strumento di visione processuale, condiviso, flessibile e adattabile con cui orientare le dinamiche di modificazione dell’ambiente urbano.
La nuova forma del Progetto urbano si avvia così a evolvere verso una confluenza operativa fra approcci, metodologi e processi del Sustainability Sensitive Urban Design e del Land Smart Approach. In sintesi, si configura come un EcoWeb Urban Design che incorpora criticamente le sue diverse dimensioni disciplinari costitutive, andando oltre le istanze affrontate nella precedente stagione di EWT con le quali ci si era concentrati sui due vettori principali della transizione ecologica e sostenibile e della transizione tecnologica e digitale.
L’ambito d’azione del progetto è chiamato quindi a riarticolarsi integralmente fino a prevedere: interventi concepiti secondo la logica di area e di rete per evitare il cosiddetto effetto ‘isola’; prospettive di autobilanciamento locale basate su network di infrastrutture integrate con le quali riconnettere ricerca scientifica, sperimentazioni progettuali e flussi di conoscenze e informazioni; soluzioni di armonizzazione di processi, metodi e strumenti caratterizzanti le diverse componenti disciplinari coinvolte, per ricomporre le diverse accezioni della qualità integrata della città, riannodare le relazioni tra le risorse disponibili e le capacità progettuali top down e bottom up (Clementi, Angelucci, Di Girolamo e Zazzero, 2017).
Rispetto a questa ridefinizione degli ambiti d’azione, si modifica anche la struttura della Rivista. Pur soffermandosi ancora su progetti in grado di esemplificare le problematiche legate alle nuove sfide del Progetto urbano, emerge ora la necessità di muoversi dentro alcune aree tematiche fringe (esplorate nelle sezioni Opinioni, Posizioni e Punti di vista) in cui le nuove relazioni interdisciplinari possono o iniziano a manifestare le loro reali potenzialità innovative.
Una prima area concerne la rimodulazione delle visioni e delle prospettive del Progetto urbano secondo il paradigma dell’interdisciplinarità. Si parte dall’assunto che le diverse discipline coinvolte non possono più ridursi a fornire apporti settoriali e specialistici, ma devono confrontarsi con la costruzione di un’architettura complessa di sistema che permetta al progetto stesso di assumere una sua consistenza di significati, spazi e funzioni variabile e passibile di modificazioni anche sensibili nel tempo.
È l’ipotesi di costruzione di un progetto della città che muta la sua natura istituzionalizzata mirata alla realizzazione di un prodotto e si apre invece a trasformarsi in un’investigazione aperta sul futuro. Una prospettiva che ridefinisce il Progetto urbano innanzitutto come un “progetto civile”, proteso a riconnettere urbs e civitas attraverso una sperimentazione continua di luoghi in divenire che capacitano le diverse componenti sociali ed economiche in un agire comune e democratico di costruzione della città (Barbieri, 2017). Questa idea di progetto dovrà fondarsi sull’adattamento sincronico del piano e delle sue parti con il mutare delle condizioni di contesto, tornando a ragionare sulle dimensioni collettive e ponendole in relazione alle nuove instabilità e incognite della contemporaneità. Ciò comporta un lavoro progettuale che si concentrerà su nuove sfide quali: la multiscalarità, la visibilità del cambiamento, la partecipazione e l’inclusione, le diverse temporalità e ciclicità del progetto, le dinamiche ecologiche, le nuove cartografie in grado di restituire le variabilità dei contesti (Russo, 2017). Ma è anche una visione che porta con sé la riconsiderazione delle incidenze delle tematiche ambientali sul progetto della città, in cui non è possibile disgiungere l’artificiale dal naturale, le tecnologie dall’ambiente, il materiale dall’immateriale. Lo spazio stesso del Progetto urbano diventa un più ampio “spazio” ambientale, inserito in un contesto in cui individuare e sviluppare saldature e complementarità intorno alle molteplici azioni di riuso, riciclo, riduzione dei consumi, recupero dei patrimoni, progetto di spazi pubblici, sistemi, reti e infrastrutture (Losasso, 2017).
Una seconda area d’indagine riguarda i nuovi ruoli a cui è chiamato il Progetto urbano nella definizione dei suoi campi d’intervento che non possono più essere circoscritti a piani predittivi sui futuri della città, tanto meno limitarsi ad azioni isolate o estendersi all’illusorietà delle grandi trasformazioni estensive. La nuova modalità d’azione del Progetto urbano dovrà concentrarsi sull’individuazione di sistemi areali e reticolari sui quali intervenire per attivare quei processi di innovazione ambientale, economica, sociale e tecnologica di cui le città hanno bisogno.
Seguendo questa nuova declinazione del progetto si delinea una modalità d’intervento che agisce soffermandosi sulle sedimentazioni e stratificazioni delle città. Una strategia progettuale che quasi trasferisce nello “già scritto” del tessuto urbano quella capacità che fino a oggi sono state adottate soltanto per progettare le città storiche. E proprio attraverso la “riorganizzazione e il ripensamento” di testi e tracce (Desideri, 2017), oppure mediante il “ridimensionamento”, il “riconoscimento” e la reinvenzione di spazi frammentari (Amirante, 2018) pervenire alla costruzione di un nuovo quadro di senso e coerenze che abbia capacità di rispondere ai nuovi bisogni della città.
L’agire su aree, sistemi e reti può assumere almeno una duplice fisionomia. Nelle città come nei piccoli borghi, si può lavorare sul concetto dei progetti declinati al minuscolo, ma senza cadere nelle tentazioni formalistiche del minimalismo, bensì tornando a intervenire sulle entità essenziali e strategiche sulle quali si fondano i processi dell’urbanità e quindi: sugli spazi pubblici della struttura urbana, sulle centralità dei quartieri e i quartieri stessi che poi costituiscono le unità organizzative anche delle piccole città (Colarossi, 2017; Mussinelli, 2018). Nello stesso tempo non si preclude la possibilità di sviluppare nuove categorie d’intervento necessarie per il miglioramento integrale della qualità ambientale e abitativa della città e, quindi, anche su tipologie infrastrutturali in cui integrare le componenti naturali e tecnologiche che permettono di riequilibrare gli scompensi ambientali legati alla produzione di energia, alla riduzione dei gas climalteranti, alla diminuzione dei livelli di rischio idrogeologico (Pavia, 2017; Lucarelli, 2018). 
La terza area d’azione che chiede modalità d’approccio interdisciplinari fa riferimento allo sviluppo di quelle prospettive di autobilanciamento che si rendono necessarie per attribuire all’ambiente urbano nuove capacità reattive, rigenerative e riproduttive per fronteggiare le instabilità delle città antropoceniche. Tracce, frammenti e segni della città costituiscono anche gli elementi di una memoria comportamentale dell’ambiente urbano nel suo contesto. Essi vanno compresi nelle loro regole di funzionamento intersistemiche, nelle loro forme, organizzazioni e prestazioni con le quali attivare sistemi di relazione sociale, abitativa e comportamentale in armonia con i sistemi ambientali e climatici (Tucci e Baiani, 2020).  Ed è proprio da queste molteplici relazioni che, nel corso della storia, si sono intessute quelle capacità adattive fra comunità urbane e contesto che oggi dovrebbero essere riscoperte o reinventate attraverso il Progetto urbano. Una ipotesi che oggi configura la possibilità di operare sulla città anche nel senso dell’Exaptive Urbanism; un’urbanistica dell’adattamento con cui prospettare la variazione creativa delle funzioni urbane, il consolidamento collaborativo tra attori ed entità che interagiscono nella città, per quindi procedere verso la possibilità di salti evolutivi, producendo le condizioni per la formazione e il mantenimento di nuovi ecosistemi urbani (Carta, 2021). Tutto questo prospetta un incardinamento del Progetto urbano sul governo dei cicli di vita della città, sul riequilibrio dei metabolismi territoriali, sulla rivisitazione dei processi di produzione e consumo di risorse e beni, secondo un’idea di adattività che recupera il concetto di architettura come processo generativo dello spazio abitabile (Rigillo, 2021).
Un’altra area d’azione interdisciplinare rilevante è da individuarsi nell’orientamento del Progetto urbano verso l’armonizzazione dei processi amministrativi, procedurali e attuativi delle azioni urbanistiche, ma anche verso la risoluzione di quelle conflittualità che si ereditano dai fallimenti della cultura urbanistica moderna o che si attivano con la comparsa di nuove emergenze, criticità ed esigenze a seguito delle continue mutazioni ambientali, socioeconomiche, sanitarie e tecnologiche in atto. Per quanto riguarda la nozione di armonizzazione, essa sarà tenuta a confrontarsi con molteplici aspetti che comportano un’interazione continua fra varie discipline. Il fattore tempo è uno di essi. Le condizioni di accelerazione e imprevedibilità dei bisogni iniziano a introdurre un ripensamento del progetto non solo muovendosi nel dominio degli spazi ma anche esplorando le diverse ragioni, modalità e pratiche con le quali lo spazio è prodotto, abitato e modificato nel tempo; imponendo quindi un ragionamento che coinvolge anche le temporalità d’uso della città (Palazzo, 2018), le analogie e diversità tra culture che si confrontano nell’ambiente urbano, i dissidi e i conflitti che si consumano fra politiche e popolazioni urbane e che rendono ormai inutile qualsiasi interpretazione del progetto soltanto in esiti estetizzanti (Ilardi, 2017). Altro aspetto è poi costituito dalle relazioni che la città contemporanea stabilisce o nega con le eredità storiche. Tema che prospetta interessanti orizzonti di sviluppo se si riflette sulla differenza di significato fra il termine ‘storia’, intesa come fatto culturale espressivo di una determinata creatività intellettuale, tecnica e scientifica e il concetto di ‘memoria’ che rimanda invece a una più ampia dimensione che mette in gioco aspetti percettivi, emozionali e relazionali. (Varagnoli, 2020). Un aspetto, quest’ultimo, con il quale il Progetto urbano potrebbe trasformarsi in strumento attuativo che va oltre la nozione conservativa tradizionale, o la ricostruzione dell’assoluto dov’era com’era. E questo sia muovendosi verso l’attivazione di interventi con i quali riannodare e armonizzare in nuove configurazioni integrate spaziali, narrative sociali e prestazionali (Ricci, 2018) i significati, le connessioni e i processi tra parti e tutto, tra quello che è stato fino a oggi e quello che potrebbe essere.

Attraverso la trattazione di questi ambiti d’azione, si chiude con il numero 26 la seconda fase esplorativa di EWT, prospettando per il Progetto urbano una transizione verso l’EcoWeb Urban Design che presuppone una robusta caratterizzazione interdisciplinare. Interdisciplinarità che, tornando ai presupposti dai quali tutta questo percorso ha inizio nel 2011, non potrà che costruirsi su una consistente interazione fra conoscenze e saperi, contestualizzata in senso pertinente (Morin, 1999) rispetto a variabili ambientali, economiche, sociali e mentali.

Sfide per la prossima stagione

Usando la chiave di lettura del concetto di interdisciplinarità, il percorso finora ricostruito apre già a ulteriori sfide che saranno al centro della prossima stagione della Rivista secondo le traiettorie delineate nel saggio di indirizzo di Alberto Clementi in questo stesso numero.
Tuttavia, i nodi dell’interdisciplinarità dovranno essere contestualizzati non solo rispetto al problema del dialogo fra diversi saperi, più o meno attivabile nelle sedi delle ricerche scientifiche dipartimentali o delle sperimentazioni progettuali più coraggiose. Come per qualsiasi altra esperienza progettuale, restano sempre quelle imprevedibilità, discrezionalità, indifferenze ed effetti collaterali che Pier Carlo Palermo ha voluto inquadrare tra le “ambiguità e ipocrisie” che saranno comunque parti integranti del Progetto urbano (Palermo, 2017). È presumibile pensare che anche la sfida dell’interdisciplinarità dovrà sicuramente confrontarsi con queste variabili ignote.
Tre principali questioni possono essere però già prese in considerazione per affrontare questa sfida, perché fanno riferimento a quei processi di globalizzazione in cui siamo immersi e con i quali si sono intensificati gli scambi di saperi, le contaminazioni fra culture e le ibridazioni fra conoscenze. Processi per i quali si invoca da tempo la transizione verso l’interazione multi e pluri-disciplinare (Ceruti e Bellusci, 2020) e il confronto dialogico tra più culture anche nelle esperienze progettuali.
•      la prima questione pone il problema del superamento delle tradizionali chiusure disciplinari e infra-disciplinari “nel progetto” che, come è stato già precisato, nel Progetto urbano, non potrà essere ridotta alla sommatoria di più eterogeneità, tanto meno allo scambio temporaneo fra una disciplina pilota e un compendio parcellizzato di discipline ancillari;
•      la seconda questione rimanda all’idea di multiculturalità che non significa ricondurre il Progetto urbano all’accumulazione indeterminata di dati e conoscenze e al coinvolgimento non governato di attori, istituzioni, progettualità e creatività senza un’adeguata attività regolativa, mirata a stabilire connessioni, relazioni e processualità tra fattori, agenti e contesti messi in gioco;
•      la terza questione è da individuare rispetto alle implicazioni che il confronto dialogico e l’approccio interdisciplinare potranno comportare sugli statuti del Progetto urbano nell’affrontare le complessità del progettare l’habitat antropizzato, le architetture e i paesaggi urbani, gettando le basi anche per un ulteriore salto qualitativo di tipo trans-disciplinare.

Sono questioni per le quali oggi non si possono ancora dare risposte certe e che, anche per queste ragioni, fanno immaginare il prosieguo dei lavori di EcoWebTown ancora più culturalmente interessante e scientificamente importante.




Riferimenti bibliografici generali

Angrilli M., Clementi A., Russo M. (2015), “Concetti nomadi e trasmigranti in urbanistica”. In Balducci A., Gaeta L., a cura di, L’urbanistica italiana nel mondo. Donzelli Editore, Roma.
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Ceruti, M., Bellusci, F.  (2020), Abitare la complessità. La sfida di un destino comune. Mimesis, Milano.
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Dierna, S., Orlandi, F. (2005), Buone pratiche per il quartiere ecologico. Linee guida di progettazione sostenibile nella città della trasformazione. Alinea Editrice, Firenze.
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Ferraris, M. (2021), Documanità. Filosofia del mondo nuovo. Editori Laterza, Bari.
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Riferimenti bibliografici e sitografici ad articoli pubblicati in EcoWebTown

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Note

1 EcoWebTown, indicizzata come rivista scientifica ai sensi del “Regolamento per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche” approvato dall’ANVUR il 20.02.2019, a fianco alla propria struttura di strumento editoriale a servizio delle discipline non bibliometriche di Area 08a, ha sempre voluto conservare la sua originaria natura di cultural network, ponendo particolare attenzione critica e creativa alla ricerca, alla sperimentazione e alla progettazione sostenibile delle città.

2 Il concetto di “giustapposizione” fu usato nel corso del Convegno organizzato dal CERI-OCSE, nel 1972 a Nizza, sul tema “Interdisciplinarità: problemi di insegnamento e di ricerca nell’Università”, per definire i termini “multi-disciplinary” e “pluri-disciplinary” e distinguerli da “inter-disciplinary” e “trans-disciplinary”.

3 Il Seminario Nazionale di Pescara, organizzato dal Dipartimento di Architettura con il concorso delle società scientifiche del progetto SIU (Società Italiana degli Urbanisti), Pro-Arch (Società scientifica nazionale dei docenti di Progettazione Architettonica) e SITdA (Società Italiana di Tecnologia dell’Architettura) ha approfondito la riflessione sul tema del Progetto urbano, con la prospettiva di discuterne l’attualità e riaffermarne l’utilità nella convergenza tra le diverse tradizioni disciplinari coinvolte. https://www.unich.it/news/seminario-nazionale-progetto-urbano-unattualita-discussione-promosso-dal-dipartimento-di.