Alcuni indirizzi per il futuro di EWT

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Il progetto della città come strumento di innovazione sociale
Marica Castigliano PDF




L’approccio alla trasformazione del territorio continua a modificarsi nel tempo in sintonia con i valori sociali e culturali posti al centro delle agende politiche. Rispecchiando progressivamente nuove conoscenze e strumenti, il progetto dello spazio risponde alla complessità e alla fragilità dei sistemi urbani intervenendo nel cambiare il modo in cui le persone vivono e percepiscono i luoghi. Fin dal secondo dopoguerra, a partire dal discorso di Lewis Mumford tenuto alla prima delle conferenze in materia di urban design, ad Harvard nel 1956, si fa largo la consapevolezza che la struttura urbana non è un oggetto meramente funzionale da poter drasticamente alterare in nome dello sviluppo economico e industriale (Krieger & Saunders, 2009). Al contrario, le città sono soprattutto espressione di un capitale sociale intangibile che emerge dalle pratiche spaziali quotidiane ovvero dal modo in cui le persone usano e modificano lo spazio per rispondere ad esigenze di benessere individuale e collettivo rendendo, dunque, la forma urbana e i comportamenti sociali aspetti complementari della stessa disciplina. In una relazione d’influenza reciproca, lo spazio urbano che orienta le principali attività dell’uomo – in che modo spostarsi, dove allocare servizi ed attività, che tipo di ambienti favorire (ariosi e tranquilli o densi e rumorosi, ad esempio) – diviene attivatore di dinamiche umane – incontrarsi, passeggiare, giocare, fare sport, shopping, ecc. –, gli spazi della città, a loro volta, acquisiscono carattere e significato in relazione agli usi collettivi che essi incentivano – concerti, mercati, spazi per sport all’aperto, ecc. – (Gehl, 2010) siano essi programmati o informali, dando valore all’idea di città come “sistema aperto” dove cioè la flessibilità degli spazi, insieme all’indeterminatezza e alla molteplicità di funzioni, stimola le persone a partecipare al cambiamento (Sennett, 2006) intrecciando il progetto della città con il sistema di valori, bisogni e desideri espressi dalla collettività.
Riconoscendo ai cittadini il ruolo di attori della trasformazione piuttosto che fruitori di un paesaggio già predefinito e inalterabile, si è a lungo demandato al campo delle politiche urbane l’elaborazione di forme di partecipazione sociale nei processi di trasformazione del territorio. In nome dell’applicazione di principi democratici nei processi decisionali, la partecipazione urbana ha aperto ad una nuova stagione della pianificazione basata sulla creazione di un dialogo tra soggetti diversi e sulla condivisione di saperi (Tidore, 2008). Sebbene il concetto di partecipazione sia incontestabile per il suo elevato valore etico che abbraccia i principi di equità e inclusione, non resta immune dal rischio di vestirsi di retorica quando il dialogo è limitato ad una ricerca di consenso nei confronti di una proposta già delineata e che cerca di convincere più che di mediare tra prospettive divergenti (Magnaghi, 1998). Sfuggire alla banalizzazione della partecipazione come mera fase amministrativa di un processo decisionale sembra oggi essere una delle nuove sfide con cui il progetto della città contemporanea è chiamato a confrontarsi. Come dimostrano gli interventi di tactical urbanism, la creazione di coalizioni con i cittadini diviene, infatti, un’opportunità per attuare il progetto, per renderlo operativamente inclusivo della dimensione sociale e più preparato a superare gli ostacoli posti da macchine amministrative locali spesso complicate e depotenziate. 
Per un efficace ripensamento del ruolo dei cittadini nelle trasformazioni urbane occorre, quindi, non separare le politiche dai progetti ovvero non guardare alla sola implementazione dei processi pubblici a supporto della normativa – si pensi alle fasi partecipative introdotte dal TUEL (Testo Unico degli Enti Locali) sulla base di direttive europee per i piani e i programmi in materia ambientale – ma usare i temi del progetto urbano come strumenti di un dialogo collettivo attraverso cui discutere del futuro della città e del suo sviluppo. Significa, dunque, coinvolgere i diversi attori in una fase di conoscenza del territorio e di costruzione di immaginari in cui i diversi saperi, quello dei decision-makers, dei tecnici e degli “esperti del quotidiano” si completano reciprocamente e collaborano nella creazione di uno spazio relazionale in cui utilizzare un linguaggio comune e costruire rapporti di fiducia. Nell’ideazione e creazione di questo spazio collaborativo, la grammatica della città fatta di strade, edifici, parchi e piazze interviene nel porre interrogativi su concetti spaziali complessi come densità abitativa, bonifica dei suoli, benessere ambientale, cui il progetto sapiente e sensibile cerca di dare risposta proponendo nuove organizzazioni spaziali.
In questi termini, il progetto urbano può divenire strumento di innovazione sociale poiché in grado di orientare lo sviluppo sostenibile agendo sul benessere di individui e comunità basandosi su un cambiamento concettuale, organizzativo e di processi (United Nations, 2015).
In Italia, esperienze di questo genere sono state incentivate da programmi come Habitat e Urban e dai Contratti di quartiere: iniziative che si inseriscono nel contesto della sperimentazione di politiche avviate negli anni ‘90 volte ad avviare progetti di trasformazione della città a partire da aree socialmente fragili e in attesa di una riorganizzazione spaziale (settori urbani incompiuti, aree dismesse, quartieri pubblici). Il successo di queste pratiche (Marchigiani, 2009) ha individuato una promettente traiettoria che sembra però essersi indebolita degli anni, probabilmente perché sovrascritta da azioni puntuali di trasformazione degli spazi pubblici (ad esempio l’esperienza delle “piazza aperte” a Milano) o dalle cosiddette azioni bottom-up o “do-it-yourself” in cui la trasformazione degli spazi pubblici è stata demandata a gruppi di cittadini (nella maggior parte dei casi guidati da artisti e architetti) in assenza di piani e adeguata disponibilità finanziaria.
Alcune esperienze europee (De Blust et al., 2021) mostrano che un cambio di paradigma nell’approccio alla partecipazione urbana non solo è necessario ma è già in atto ed ha una forte incidenza nella democratizzazione del concetto di trasformazione urbana – intesa come processo che appartiene e interessa tutti i membri delle comunità – senza trascurare o delegittimare l’insieme di saperi tecnici necessari alla progettazione e alla realizzazione della trasformazione.
La transizione verso una partecipazione attiva richiede riflessione e ricerca sperimentale in particolare sugli strumenti e i metodi da utilizzare per avviare ed incentivare il dialogo multi-attoriale. I laboratori d’ascolto, infatti, sempre più spesso lasciano spazio a nuovi metodi che siano “divertenti e d’ispirazione” (Rojas & Kamp, 2022) come workshop di co-creazione di modelli tridimensionali e passeggiate esplorative.
Il ruolo attivo di investitori, associazioni, amministrazione pubblica, residenti, pianificatori e progettisti è sicuramente un tema rilevante nel dibattito contemporaneo sulla città futura e sul suo progetto. La possibilità di attivare interessi di trasformazione urbana provenienti da prospettive differenti – coordinate dall’architetto-planner come mediatore del dialogo – offre logiche che stimolano, caricandola di nuova energia propositiva, una pianificazione spesso debole o obsoleta, aprendo così ad un nuovo modo di intendere e costruire il progetto di città.




Riferimenti bibliografici

De Blust, S., Schaeben, C., & Persyn, F. (2021), Design in Dialogue (1st edition), Ruby Press, Berlin.
Gehl, J. (2010), Cities for People, Island Press, Washington D.C.
Krieger, A., & Saunders, W. S. (Eds.) (2009), Urban Design (NED-New edition), University of Minnesota Press. Minneapolis.
Magnaghi, A. (1998), Il territorio degli abitanti. Società locali e autosostenibilità, Zanichelli, Bologna.
Marchigiani, E. (2009), “Percorsi di Welfare locale attivo”, in Alberio G., Di Biagi P., Marchigiani E. (a cura di), Città pubbliche: linee guida per la riqualificazione urbana, Mondadori, Milano.
Rojas, J., & Kamp, J. (2022), Dream Play Build: Hands-On Community Engagement for Enduring Spaces and Places, Island Press, Washington D.C.
Sennett, R. (2006), The Open City. Urban Age. Consultabile in: https://urbanage.lsecities.net/essays/the-open-city.
Tidore, C. (2008), Processi partecipativi nel governo del territorio. Metodi per conoscere e decidere, FrancoAngeli, Milano.
United Nations. (2015). Transforming our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development. Consultabile in: https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N15/291/89/PDF/N1529189.pdf?OpenElement.