Alcuni indirizzi per il futuro di EWT

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Programmi e progetti di continuità ecologica
Anna Laura Palazzo PDF




Parole chiave: Rigenerazione urbana, sostenibilità, transizione ecologica
Keywords:Urban Regeneration, Sustainability, Green Transition

 

Abstract:                  
IT) Nell’arco dell’ultimo decennio, l’affermazione delle tematiche ambientali ha indirizzato le agende urbane verso alleanze non episodiche tra discipline territoriali e scienze della natura: se il contrasto al consumo di suolo come prassi pone alla rigenerazione urbana questioni di adeguamento e rinnovo dello stock edilizio, gli obiettivi connessi alla transizione ecologica hanno sollecitato una specifica considerazione del contributo fornito dalla natura nelle sue varie forme alle strategie di adattamento e mitigazione degli impatti generati dal cambiamento climatico. In tale cornice, città e territori metropolitani sono inquadrati e trattati come sistemi capaci di assorbire perturbazioni e riorganizzarsi mantenendo proprietà e prestazioni compatibili con un quadro di vita appagante per le comunità urbane.
EN) Over the last decade, environmental issues have directed urban agendas towards non-episodic alliances between spatial planning and life science. Soil consumption reduction spurs urban regeneration practices dealing with adaptation and renewal of the building stock, whereas targeting ecological transition claims for the contribution from nature in its various forms towards adaptation and mitigation strategies. Both in theory and in practice cities and metropolitan regions are being framed and dealt with as systems capable of absorbing disturbances and reorganizing themselves while maintaining properties and performances ensuring a satisfying living environment.

 

 

Nodi problematici della rigenerazione

Nel 2011 EcoWebTown inaugurava il proprio percorso ponendo al centro del progetto della città e per la città una cultura della sostenibilità come prospettiva obbligata per l’urbanistica e l’architettura dei nostri tempi caratterizzati da una fase di generalizzata crisi dell’ispirazione universalistica del servizio pubblico. Successivamente, la rivista dedicava una serie di numeri al ruolo del progetto urbano in una prospettiva fortemente rivisitata rispetto alle formulazioni assertive che ne avevano determinato il successo sullo scorcio degli anni ottanta e decretato la crisi agli inizi del nuovo secolo: alcuni difetti costitutivi, quali l’eccessiva rigidità, farraginosità e formalismo, sono emersi con particolare evidenza negli anni di prolungata stagnazione economica che ha scoraggiato gli investimenti urbani a medio e lungo termine (Clementi, 2011; Clementi, 2016).
Nelle turbolenze che hanno caratterizzato l’ultimo decennio, dall’efficacia calante delle filiere produttive alla delocalizzazione delle imprese e alle fluttuazioni dei mercati urbani, città e territori hanno portato a convergenza ambizioni di miglioramento nell’orizzonte della rigenerazione sociale, economica e ambientale che si sono rivelate potenti fattori di resilienza. EcoWebTown ha indagato in profondità iniziative e sperimentazioni poste in essere da agende urbane che hanno predisposto con lungimirante tempismo misure socially sensitive e azioni sul versante dell’ambiente che hanno fatto registrare uno slittamento dell’orizzonte delle rivendicazioni dai diritti soggettivi agli interessi diffusi. Il ripensamento nei modi di intervenire per le scelte di fondo e per quelle legate al quotidiano ha dato per esito espressioni originali anche in termini di morfologie e usi del suolo, inaugurando filoni di ricerca-azione sull’adattamento e mitigazione climatica e sulla transizione ecologica.
I nuovi orizzonti strategici di una biopolitica della sostenibilità allo snodo tra disciplina degli assetti e governo dei processi hanno suscitato complesse roadmap organizzate per problemi, misure e traguardi multiscalari e multiattoriali, forzando le tradizionali attribuzioni per competenze degli apparati amministrativi e le filiere delle expertise tecniche.
E’ inoltre emerso che soltanto una cultura radicata nella fiducia e basata sul valore insostituibile della sussidiarietà di cui le città sono vessillo consente alle loro cabine di pilotaggio di gestire le principali emergenze: tra queste, le politiche di housing imperniate sul ciclo della produzione/riproduzione edilizia e urbana per fare fronte alla acuta crisi abitativa attraverso la rifunzionalizzazione di ambiti afflitti da imponenti fenomeni di declino, la definizione di progetti di suolo in grado di coniugare dimensione paesaggistica e ambientale e, più recentemente, strategie di contrasto al cambiamento climatico.
Insieme, queste componenti sono chiamate a ridefinire caso per caso i traguardi del ‘diritto alla città’ attraverso riformulazioni delle soglie di prestazioni e dei sistemi di garanzie per la cittadinanza.


Rigenerazione a dominante ambientale. L’Europa e l’Italia

Nelle pratiche di rigenerazione urbana, la natura tende ad occupare uno spazio di assoluto rilievo, intercettando ogni singola dimensione della sostenibilità e del benessere umano traguardabili attraverso lo spazio aperto. La Convenzione Europea del Paesaggio (2000) ha fornito uno stimolo essenziale in tal senso – paesaggio come contesto di vita delle comunità – dando avvio a forme concrete di azione collettiva a partire dal riconoscimento del portato identitario dei valori che orientano la convivenza e le pratiche di riproduzione sociale, ma anche degli elementi di un’identità materiale e figurativa inserita nel flusso della storia.
Mentre i ‘paesaggi del quotidiano’ stimolavano una vivace riflessione all’interno degli Osservatori del Paesaggio istituiti in diversi contesti del nostro paese, le tematiche della biodiversità sollevate dalle discipline ambientali approdavano nelle agende urbane. Una pietra miliare è rappresentata dalla Strategia Europea per le Infrastrutture Verdi, intese come “una rete strategicamente pianificata di aree naturali e seminaturali con altre caratteristiche ambientali progettata e gestita per fornire un'ampia gamma di servizi ecosistemici, che sono i benefici che fluiscono dalla natura alle persone, come la purificazione dell'acqua, qualità dell'aria, spazio per la ricreazione e mitigazione e adattamento climatico. Questa rete di spazi verdi (terra) e blu (acqua) può migliorare le condizioni ambientali e quindi la salute dei cittadini e la qualità della vita” (CE, 2013).
Di fatto, alcune sperimentazioni territoriali nel segno di drastiche operazioni di bonifica ambientale conoscevano l’avvio ben prima della codifica delle IV, tenendo a battesimo riconversioni funzionali in ambiti segnati da imponenti fenomeni di dismissione industriale. Tra queste, la più impressionante per dimensioni e proporzioni ha avuto corso nella Germania degli anni Novanta con la partecipazione delle comunità interessate. Nella regione della Ruhr, a vocazione estrattiva e siderurgica, l’organizzazione della Internationale Bauaustellung Emscher Park (Mostra internazionale di Architettura Emscher Park) gestita da una struttura mista funge da evento catalizzatore per il rilancio del modello policentrico preesistente su nuovi presupposti racchiusi nel neologismo Rückbau: dismissione delle attività industriali e riconversione come fattore di richiamo per la residenza e nuovi settori della produzione e del terziario avanzato grazie al ripristino degli equilibri ecologici e alla definizione di nuove reti culturali e del tempo libero (Fig. 1).
In anni recenti, la continuità ecologica si è ricavata uno spazio concettuale e operativo entro gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore con funzione di contrasto ai fenomeni di frammentazione degli habitat. La nuova Strategia sulla Biodiversità per il 2030 (CE, 2020), componente essenziale del Green Deal, afferma la priorità della protezione della biodiversità e degli ecosistemi per affrontare le sfide del cambiamento climatico, evidenziando come le IV contribuiscano al raffrescamento delle aree urbane, alla mitigazione degli impatti dei disastri naturali, alla tutela o ripristino della biodiversità e del paesaggio a diverse scale. Lo scenario di una rete naturale transeuropea coerente e resiliente ha come precondizione la realizzazione di corridoi ecologici per prevenire l’isolamento genetico delle specie, consentendone la mobilità e mantenendo o migliorando gli ecosistemi (CE, 2020).
Le ricadute di queste assunzioni sui territori urbani sono significative in termini di stili di pianificazione e governance, mobilitando le politiche ambientali delle amministrazioni più resilienti su una nozione di ecologia urbana come ingrediente essenziale, talvolta un prius, nei procedimenti di rigenerazione, entro pratiche discorsive e sperimentazioni che abbracciano l’orizzonte comune della trasformazione e non più soltanto traguardi speciali. Poiché orientamenti e obiettivi di matrice ambientale debbono trovare un terreno di confronto con le istanze della pianificazione spaziale, che pone in tensione valori di forma e memoria, uso e innovazione, lo strumentario a disposizione delle discipline del territorio dovrà essere in grado di fare interagire in maniera non episodica strategie territoriali con strategie di conservazione-riproducibilità delle risorse fortemente improntate dalle scienze ambientali entro schemi del tipo stato-pressione-risposta (indicatori ottimali e critici di consumo di suolo, aria, acqua, energia, che determinano limiti quantitativi allo sviluppo ai fini di una loro rigenerazione). Indubbiamente queste dichiarazioni di intenti dovranno individuare caso per caso efficaci procedimenti di confronto e forme di compromesso tra valori identificati da expertise differenti.
Negli Stati Uniti, le Green Infrastructure vengono esplicitamente menzionate sin dagli anni novanta con un accento particolare sulla gestione economica e resiliente delle acque in ambito urbano: stando alla definizione fornita dall’Environmental Protection Agency (EPA), agenzia del governo federale incaricata della protezione ambientale e della salute, esse ricomprendono «the range of measures that use plant or soil systems, permeable pavement or other permeable surfaces or substrates, stormwater harvest and reuse, or landscaping to store, infiltrate, or evapotranspirate stormwater and reduce flows to sewer systems or to surface waters» (Section 502 of the Clean Water Act). L’insistenza su questa accezione di infrastrutture verdi che comprendono sistemi, tecniche e procedimenti sostenibili di drenaggio urbano indica l’interfaccia terra-acqua come oggetto privilegiato di sperimentazioni nel campo dell’urban design e del progetto di paesaggio. Progressivamente, le IV si sono ricavate un ambito di manovra più esteso nell’ambito di quadri di programmazione che assumono la centralità della dimensione ambientale, delineando «hubs, links and spots, and setting aside areas of core environmental function ahead of encroaching development» (Benedict & McMahon, 2006).
In ambiente europeo, il processo è risultato speculare: si sostiene la derivazione delle IV dalle reti ecologiche, che presidiano le condizioni di idoneità e la funzione di distribuzione degli ecosistemi vegetali e animali (Jongman & Pungetti, 2004). Queste considerazioni, che si sviluppano a scale geografiche, puntano alla continuità tra aree naturali e rurali, mentre nello spazio urbano e di prossimità, le IV assumono la doppia valenza di connessioni socio-ecologiche e paesaggistiche: qui le funzioni puramente legate alla biodiversità locale risultano meno rilevanti degli effetti diretti e indiretti sul comportamento umano e sulla salute (Clergeau & Blanc, 2013).
Già prima della enunciazione di questi capisaldi, diverse città europee hanno indicato gli ambiti di pertinenza fluviale e le aree umide come dorsali privilegiate delle reti ecologiche e contesti di accoglienza per nuove pratiche di fruizione, individuando valide alternative alla mobilità su gomma in adiacenza agli enbankments e tematizzando nuove relazioni terra-acqua a partire da estese operazioni di bonifica ambientale, con progetti e accordi tra istituzioni pubbliche e operatori privati che hanno spesso rimesso in gioco il tradizionale verticalismo della pianificazione (Hölzer & Wiethüchter, 2008; Clementi, 2020). Alle declinazioni strutturali e formali della continuità cui i progetti urbani annettono priorità annodando green e grey infrastructure, si sono progressivamente affiancate le tematiche dell’adattamento climatico che hanno modificato gli stili della progettazione di paesaggio, accettando l’insorgenza di specie spontanee o introducendo elementi vegetali più resistenti al calore e alla siccità. Nella linea del tempo, a forme di ‘design with nature’ fortemente influenzate da metriche artificiali e da soluzioni ‘minerali’ si sono affiancate esperienze in cui paesaggio e ambiente trovano modi di interazione apparentemente più spontanei (Figg. 2-9).
L’Italia affronta con il consueto ritardo questi temi che interpellano fortemente anche le numerose istituzioni preposte al trattamento dello spazio fluviale. Qui, i tradizionali disallineamenti tra poteri, expertise e strumentazioni costituiscono una pesante ipoteca anche per l’attuazione delle misure del Piano Nazionale per la transizione ecologica di maggiore impatto sull’ambiente urbano (Tabella 1), dove le misure per il ripristino e rafforzamento della biodiversità appaiono tra le più significative ed urgenti.

1. Decarbonizzazione: perseguire l’obiettivo di portare avanti a tappe forzate il processo di azzeramento delle emissioni di origine antropica di gas a effetto serra fino allo zero netto nel 2050. Al 2030 viene riportato l’obiettivo del taglio delle emissioni del 55% in conformità al target europeo.
2. Mobilità sostenibile: identificare soluzioni per incrementare i livelli di appetibilità e fruibilità del servizio di trasporto pubblico, creando tutte le condizioni che assicurino un effettivo shift modale verso l’utilizzo del mezzo pubblico.
3. Inquinamento dell’aria: portare l’inquinamento sotto le soglie di attenzione indicate dall’Organizzazione mondiale della sanità, verso un sostanziale azzeramento, per portare benefici alla salute umana e agli ecosistemi, con riferimento al piano di azione zero inquinamento dell’Ue. 
4. Contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico: obiettivi stringenti di arresto del consumo di suolo, fino a un suo azzeramento netto entro il 2030, dall’altro migliorare sensibilmente la sicurezza del territorio e delle comunità più vulnerabili, al fine di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico del Paese. E cita in proposito l’art.9 della Costituzione.
5. Il miglioramento della gestione risorse idriche e delle relative infrastrutture: le strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, anche in considerazione del probabile aumento di frequenza e intensità degli eventi di siccità, riguardano anche l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse idriche (a scopo civile, industriale e agricolo). Si prevede che l’opera di efficientamento e potenziamento delle infrastrutture idriche sarà conclusa entro il 2040.
6. Il ripristino e il rafforzamento della biodiversità: la crisi della biodiversità è accentuata dal sovrasfruttamento delle risorse, in termini di minore assorbimento di carbonio da parte dei sistemi naturali (suolo, foreste, zone umide) e di maggiore vulnerabilità alle anomalie climatiche ed eventi estremi. Tra le misure è incluso il rafforzamento delle aree protette dall’attuale 10,5% al 30% della superficie, e dal 3 al 10% di protezione rigorosa entro il 2030.
7. La tutela del mare: il Pte indica gli stessi target minimi di tutela al 2030 anche per il mare, e misure più incisive di contrasto alla pesca illegale. Inoltre, evidenzia la necessità di costruire un'alleanza tra le politiche di protezione dell’ambiente marino e le politiche che disciplinano le attività marittime, in particolare per quanto riguarda i trasporti e la pianificazione dello spazio marittimo, la pesca, l’acquacoltura e la produzione offshore di energia.
8. La promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e della agricoltura sostenibile: passare da un modello economico lineare a un modello circolare, con il fine ultimo di creare entro metà secolo un modello additivo e non sottrattivo di risorse. 

Tabella 1. Misure del Piano Nazionale per la transizione ecologica


Considerazioni conclusive

La biodiversità convoca le discipline della pianificazione e del progetto trattando le continuità ecologiche in termini di spazi, morfologie e usi del suolo dedicati o compatibili.
In Inghilterra ciò ha comportato l’impegno, trascritto nello Environmental Act del 2021, a subordinare l’approvazione di nuovi strumenti di pianificazione alla condizione che essi assicurino un incremento di almeno il 10% in biodiversità. Il biodiversity net gain è il concetto chiave per attività di gestione e sviluppo che comportino miglioramenti misurabili con indicatori attendibili (Trillo, 2022). In tale cornice, la tutela degli habitat va assicurata per una durata minima di 30 anni attraverso reciproci impegni e patti per la conservazione. Un meccanismo analogo a quello impiegato a livello internazionale per i diritti di emissione di CO2 equivalente consente, attraverso l’istituzione di un registro nazionale, lo scambio tra biodiversity units dei rispettivi crediti. In parallelo, con il drastico impiego delle metriche della biodiversità per la pianificazione degli usi del suolo, il governo nazionale ha commissionato un rapporto scientifico sugli impatti redatto sotto l’egida di Sir Partha Dasgupta (The Economic Biodiversity. The Dasgupta Review). Il documento inquadra la biodiversità nel più ampio concetto di equilibrio degli ecosistemi che incorpora sia aspetti ambientali che valori socio-economici come la fiducia, la cooperazione, il capitale sociale. Alcune sperimentazioni portate avanti dalle autorità locali, dalle organizzazioni non profit e dalle istituzioni universitarie per soddisfare il requisito del 10% di biodiversity net gain hanno indicato la necessità di rivedere ruoli e responsabilità delle figure coinvolte nei processi di piano, includendo gli ecologi, di garantire che il ricorso al meccanismo dei crediti non costituisca un facile alibi nel caso di aree urbanizzate sottoposte a impatti rilevanti per acquistare o scambiare crediti con ambiti ricchi in biodiversità ma inaccessibili.
Le agende di città accessibili e inclusive, sane e accoglienti dovranno essere plasmate da alleanze non episodiche tra discipline territoriali e scienze del vivente portando a convergenza istanze di pianificazione e gestione territoriale (connettività, multifunzionalità, multiscalarità, integrazione grey-green infrastructure) con gli obiettivi più impegnativi dell’agenda europea (biodiversità, servizi ecosistemici, adattamento ai cambiamenti climatici, economia verde, salute umana, coesione sociale) (Grădinaru & Hersperger, 2019).
Augurabilmente il principio della continuità ecologica, trascritto nel dominio dello spazio aperto entro progetti di suolo (Secchi, 1986), darà corso a sperimentazioni di pattern e morfologie insediative più sostenibili incrementando le prestazioni dei sistemi urbani e aggiornando la tradizione figurativa dell’urban design. 
In queste sperimentazioni place-specific associate ad un'idea di sostenibilità dove il tempo diventa storico e non più metafisico non sfugge il rischio di una cultura del risultato, spesso affidata a scenari del cambiamento poco realistici che sottostimano le condizioni ambientali di partenza per attribuirsi meriti indebiti. Per arginare queste tentazioni, è altrettanto chiaro che la flessibilità invocata da modelli procedimentali risulta imprescindibile da una ‘idea di città’ da traguardare attraverso un Quadro dinamico di coerenza dei Progetti urbani prioritari (Clementi, 2016), come insieme organico di provvedimenti a carattere strategico concatenati e sinergici.

 

Riferimenti bibliografici
Benedict, M.A., McMahon, E.T. (2006), Green infrastructure: Linking landscapes and communities, Island Press.
Clementi, A. (2011), Biopolitica della sostenibilità, “EcoWebTown”, 1.
Clementi, A. (2016), Nuove prospettive per EWT, “EcoWebTown”, 13. 
Clementi A. (2020), Fiume come progetto urbano, “EcoWebTown”, 21.
Clergeau, P., Blanc N. (eds.) (2013), Trames vertes urbaines. De la recherche scientifique au projet urbain, Le Moniteur Editions.
Council of Europe (2000), European Landscape Convention, Florence 20.10.2000. European Treaty Series, No. 176.
Davies, C., McGloin, C., MacFarlane, R., Roe, M. (2006), Green Infrastructure Planning Guide Project, North East Community Forest.
European Commission Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions (2013), Green Infrastructure (GI) – Enhancing Europe’s Natural Capital.
European Commission, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions (2020), EU Biodiversity Strategy for 2030. Bringing nature back into our lives.
Grădinaru, S.R., Hersperger, A.M. (2019), Green infrastructure in strategic spatial plans: Evidence from European urban regions, “Urban Forestry & Urban Greening”, 40: 17-28.
Jongman, R., Pungetti, G. (2004), Ecological Networks and Greenways Concept, Design, Implementation, Cambridge University Press.
Mc Harg, I. (1969), Design with Nature, Wiley.
Secchi, B. (1986), Progetto di suolo, “Casabella”, 520: 14-17.
Trillo, C. (2022), Biodiversity impact on plans and Projects. Insight from England, “Urbanistica Informazioni”, 304: 34-36.

 










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