La teoria dei fatti urbani elaborata da Aldo Rossi (1931-1997) negli anni Sessanta concepisce la città come un manufatto architettonico in continua evoluzione nel tempo, la cui lettura può essere affidata principalmente a due macrocategorie: gli elementi primari e le aree-residenza. Gli elementi primari sono i segni della “volontà collettiva”, punti fissi e ordinatori, mentre le aree-residenza assolvono il ruolo principale della città, ossia l’abitare. I due aspetti interagiscono determinando così lo sviluppo urbano.
La lettura spaziale e temporale dell’evoluzione dell’immagine urbana di Lubiana, ripercorsa mediante l’indagine dello sviluppo dei principali insediamenti residenziali degli ultimi sessant’anni, si serve di tre filoni di indagine: cronologico, morfologico e tipologico, mettendo in evidenza la matrice di elementi primari che continua a tramandarsi tra le generazioni di progettisti sloveni. Inserire un nuovo progetto di qualità in un contesto consolidato richiede infatti un’attenta comprensione delle interazioni, fisiche e immateriali, che l’hanno generato. Nella capitale slovena se pur è nota e riconoscibile l’apertura alle tendenze occidentali del linguaggio architettonico, si preserva ancora, nella definizione delle nuove dinamiche urbane, il segno di appartenenza alla tradizione.
Dal primo Novecento il nucleo storico di Lubiana, racchiuso dalla “piccola circonvallazione” che individua la ring city descritta dall’architetto Max Fabiani1, rendeva riconoscibile nella città un modello di sviluppo concentrico. Quando nel Secondo Dopoguerra, con l’avvento di nuove aree a destinazione industriale e la crescita demografica, aumenta notevolmente la richiesta di abitazioni, i nuovi alloggi completano il tessuto urbano del centro della città ribadendone la centralità. È più che altro a partire dagli anni Sessanta che l’immagine urbana di Lubiana conosce un’interessante ed ordinata espansione con la presentazione del Generalni Plan urbanisticnega razvoja Ljubljane (GUP) del 1965 (Fig.1), preparato con la collaborazione di un gruppo di giovani studenti dell’architetto sloveno E. Ravnikar (1907-1993). La città inizia a prendere forma riconoscendo nella morfologia del territorio e nelle infrastrutture esistenti le direttrici principali dello sviluppo futuro: emerge per la prima volta la forma “a stella” in cui il tessuto costruito si alterna a cunei verdi, al tempo incontaminati dalla pressione antropica.
Il piano delimita con precisione le aree da destinare a quartieri di edilizia residenziale pubblica. L’edificato si infittisce rispetto a strutture lineari, la cui trama negli anni successivi diventa sempre più densa servendosi di ramificazioni secondarie dei tracciati e permettendo l’ulteriore espansione della città.
Negli anni tra il 1965 e il 1980 i progetti delle aree insediative sono numerosi, incentivati dalla spinta delle riforme dell’housing, che promuovono i finanziamenti agevolati per le nuove costruzioni, e segnati dalla fervida sperimentazione urbanistica ed architettonica di progettisti locali, tra cui Ilija Arnautović, France e Marta Ivanšek e V.B. Mušič.
L’innovazione riguardava l’articolazione dei progetti nel loro carattere urbano di relazione con il resto della città, la configurazione morfologica dell’insediamento e la definizione delle tipologie sia di aggregazione delle unità abitative che degli alloggi stessi. Gli studi dei progettisti sloveni del tempo avevano tra le finalità principali quella di conformare il modello dell’abitare collettivo noto come neighbourhood, espressione comunemente tradotta in italiano come “quartiere”. Nella nostra lingua il termine è ereditato dalla divisione in quattro parti della città in epoca medievale, secondo una struttura adottata in alcuni casi anche in nuclei fondati dagli antichi Romani. I quartieri progettati negli anni Sessanta a Lubiana sono concepiti però non solo come porzioni di espansione della città ma soprattutto come vere e proprie entità di sviluppo autonome, dotate di servizi di necessità e di grandi aree di verde pubblico per la comunità residente.
L’ordine lineare dell’ampliamento della città negli anni Sessanta e Settanta e la realizzazione dei progetti subiscono una fase di arresto durante la crisi tra gli anni Ottanta e Novanta, anni nei quali la precarietà economica e politica della Jugoslavia non sono di supporto al settore edilizio. Gli interventi residenziali sono esito di finanziamenti privati, con una collocazione eterogenea all’interno della trama urbana della capitale, distinti per altro da una minore attenzione nella progettazione degli spazi ad uso pubblico. A partire dagli anni Duemila, a distanza di un decennio dalla proclamazione di indipendenza della Slovenia, e con l’adesione del paese all’Unione Europea (2004) il numero di progetti censiti sul territorio di Lubiana documentano la ripresa dello sviluppo ancora in atto, che sta delineando un’immagine urbana diversa da quella del passato. Con l’aumento della popolazione e la maggiore industrializzazione non è possibile pensare di espandere la città solo lungo i radiali del piano a stella, subentra dunque il modello di città di rete, che non si riconosce in un unico centro urbano ma in una molteplicità di centri connessi tra di loro. (Fig.2)
La morfologia insediativa di complessi quali il Soseska Fužine (B.Navok, S.Stor, M. Macarol) e Stepanjsko Naselje (V. Brezar, J. Goriček, T.Namek, M. Šenk) (Fig.3), dimensionalmente tra i maggiori realizzati a Lubiana negli anni Settanta, così come gli interventi di scala minore di Šišeska Soseska 6 (I. Arnautović) e Bezigrajska soseska 7 (V.B. Mušič, M. Bežan, N.Starc), rivelano scelte e riflessioni progettuali affini a quelle che tornano ad esser prese in considerazione nelle aree periferiche individuate dalla Municipalità per il nuovo sviluppo espansionistico della città. La dislocazione del traffico carrabile sul limite dei lotti, in favore di trame di percorsi interni completamente pedonali, il principio della mixité non solo funzionale ma anche tipologica adottata nella conformazione dei volumi residenziali, emergono anche nei nuovi complessi insediativi dell’ultimo ventennio. Emblematici risultano i casi dei distretti residenziali di recente formazione a Brdo e Polje, rispettivamente agli estremi ovest ed est della capitale, al cui progetto hanno contribuito noti architetti come Bevk Perović Arhitekti, Juri Kobe e Janez Koželj, tornando a riconoscere una significativa priorità all’articolazione degli spazi aperti collettivi, ultimati ed attrezzati ancor prima della conclusione dei manufatti architettonici (Fig.4-5).
Non si tratta di un anacronistico e nostalgico ritorno al passato. I siti di nuova espansione della Lubiana del XXI secolo dimensionalmente ridotti, la smaterializzazione degli involucri degli edifici legata alle scelte tecnologiche odierne e ai progressi nel campo della prefabbricazione, ma soprattutto le nuove esigenze della società contemporanea, sono le nuove variabili rispetto a cui si delineano i progetti e l’immagine urbana che ne deriva.
Gli elementi di continuità sono stati approfonditi durante il Laboratorio di Tesi in Progetto e Contesto svolto da Giulia Clementi e Lia Fedele2, un lavoro in cui ricerca e progetto sono stati risorse attive di un processo di arricchimento e scambio vicendevole. L’indagine attenta di interessanti esiti urbanistici ed architettonici delle fasi temporali descritte ha evidenziato lo stretto legame tra le diverse generazioni di progettisti, portando alla luce i tratti metodologici comuni di fertili sperimentazioni.
L’esplorazione progettuale di tesi è stata riferita ad un’area della città prossima alla trasformazione, concordata di intesa con il Dipartimento di Urban Planning della Municipalità di Lubiana3 e con il prof. J. Koželj (Fig.6). Questa sezione del laboratorio ha rappresentato un fertile esercizio di applicazione, confronto e verifica delle invarianti e delle categorie tematiche ricostruite a partire dalla fase analitica e interpretativa del lavoro. Nel nuovo progetto di housing per Lubiana è stata ricercata la sensibilità sperimentale compositiva precedentemente indagata, considerando più elementi di lettura: l’impianto urbano, l’articolazione dello spazio pubblico e dei servizi, lo studio della tipologia e dell’involucro in qualità di dispositivo d’interfaccia tra la dimensione privata e pubblica.
Ricostruire le stratificazioni dei principali insediamenti residenziali si è configurato come un’efficace chiave interpretativa del contesto consolidato della città, in grado di rivelare i processi evolutivi dell’immagine urbana. L’esempio fertile della capitale slovena, protagonista di una grande produzione architettonica negli ultimi anni, si allontana dall’espressione spesso omologata e autoreferenziale del linguaggio contemporaneo, ponendo le radici nella tradizione di qualità del passato e servendosi delle opportunità del presente, in particolar modo legate alle innovazioni in ambito materico e tecnologico.
Bibliografia
M. Čelik, Š. Vidmar, Modernist Neighbourhood of Ljubljana, MAO, Lubiana (2015)
N. Koselj, Architecture of the 60ies in Slovenia, in “ab Arhitektov bilten/Architect’s Bulletin” vol. 128-130, Lubiana (1995)
V. Kulić, M. Mrduljaš, Unfinished modernisations, Between utopia and pragmatism, Udruznje Hrvatskih Arhitekata, Zagabria (2012)
A. Mercina, Arhitekt Ilija Arnautović, socializem v slovenski arhitekturi, Viharnik, Lubiana (2006)
A. Rossi, L’architettura della città, Il saggiatore, Milano (2018)
L. Skansi, Streets and Neighbourhoods, Vladimir Braco Mušič and large-scale architecture, MAO, Lubiana (2018)
Note
1 Dopo il terremoto che ha colpito Lubiana nel 1895, l’architetto Fabiani (1865-1962) elabora la sua proposta di piano urbanistico per la città. La piccola circonvallazione è stata completata fisicamente nel 2012 con la realizzazione del ponte Fabiani.
2 La tesi intitolata “Nuovo progetto di Housing a Lubiana. Continuità con la sperimentazione architettonica e urbanistica degli anni Sessanta” è stata discussa nell’a.a. 2018/2019 presso il Dipartimento di Architettura di Pescara (Università degli Studi “G. d’Annunzio”). Relatore: prof. arch. D. Potenza, correlatore: prof. arch. J. Koželj.
3 La ricerca illustrata è stata resa possibile dall’attività di mobilità internazionale concordate dal Dipartimento di Architettura di Pescara e la Facoltà di Architettura di Lubiana, in collaborazione con il Dipartimento di Urban Planning.