Parole chiave: Fattori di Rischio, Cambiamento Climatico, Esaptazione, Rigenerazione Urbana, Biodiversità
Introduzione di Lorenzo Pignatti
Il lavoro di Andrea di Cinzio spazia su due diversi piani di indagine.
Da una parte il lavoro è un bel viaggio nel Mediterraneo e nei Balcani dove si vanno ad indagare situazioni di criticità ma dove soprattutto si analizza lo stupendo paesaggio concentrato lungo le linee di costa e lungo i fiumi della regione alla ricerca di luoghi identitari dove esista un fragile equilibrio tra terra ed acqua, dove quest’ultima spesso esondi sopra la terra e dove la terra ed i suoi insediamenti si affidino alla loro propria resilienza per resistere alla loro scomparsa.
Il lavoro propone una serie di casi-studio legati ai cambiamenti climatici che sono in realtà delle piccole narrazioni di microcosmi (per scomodare Claudio Magris) di luoghi particolari della regione mediterranea. Vengono considerate diverse condizioni di studio: 5 relative alle isole, 5 relativa alla costa lungo la terraferma e, infine, 5 condizioni di entroterra, lungo un fiume.
Il progetto, infine, affronta il grande protagonista dell’entroterra della regione balcanica, il Danubio. Si tratta del bacino fluviale più ampio in Europa, un fiume che attraversa dieci nazioni e lambisce cinque capitali europee, tra cui Belgrado oggetto di questo studio. A Belgrado si crea una situazione particolare dove la Sava entra nel Danubio e dove una serie di isolotti creano un paesaggio naturalistico di grande rilevanza, con la fortezza del Kalemegdan che sovrasta questo bellissimo luogo. Qui il delicato rapporto tra acqua e terra fa si che, durante le piene del Danubio, l’acqua vada a ricoprire vaste porzioni della riva sinistra della Sava, lungo la parte di Novi Beograd, la porzione di città realizzata da Tito negli anni Cinquanta e Sessanta.
Di Cinzio ha quindi effettuato un vasto viaggio “tematico” nei luoghi più rappresentativi della regione mediterranea e balcanica. Luoghi che hanno una forte valenza evocativa e paesaggistica ma che sono testimoni della fragilità nel rapporto tra terra ed acqua, messo sempre più a repentaglio dai cambiamenti climatici, dall’innalzamento delle acque e dall’erosione della linea di costa.
Ma c’è un seconda ed importante agenda nella tesi di Andrea Di Cinzio. La tesi si basa su un approccio analitico e documentale su tutti i dati scientifici rilevanti per poter impostare un progetto di sostenibilità ambientale legato ai cambiamenti climatici. Sono stati analizzati i dati legati alle temperature medie, alle precipitazioni, all’umidità, alle emissioni di CO2 annue e relativamente alle specie endemiche a rischio, il tutto per creare un quadro di insieme il più possibile esaustivo. Il lavoro ha anche studiato esperienze analoghe svolte in altri paesi da importanti figure del mondo architettonico ed urbanistico, per meglio capire come il progetto di architettura (sia paesaggistico sia urbano) possa risolvere alcune di queste problematiche.
Di “progetto”, infatti si tratta. La tesi intende recuperare all’ambito della progettazione urbana e paesaggistica la soluzione dei problemi che vengono attivati dai cambiamenti climatici. Scienziati, meteorologici, climatologi ed altri sono in grado di offrire proposte metodologiche, ma è solo l’architetto-urbanista che può dare forma ad un vero e proprio progetto che possa dare delle soluzioni.
Come dice Di Cinzio, “fondamentale è stato comprendere come le diverse azioni da intraprendere siano in grado di mitigare i differenti fattori di rischio e come ogni tipologia di azione di intervento si metta in relazione con le diverse scale del progetto”.
La tesi proposta vuole quindi mettere in relazione tutte le possibili azioni identificando nel “progetto” il momento in cui mettere in coerenza le azioni stesse. Non saranno i contributi di scienziati sul clima a risolvere la questione, ma sarà un progetto urbano di carattere sostenibile, ambientale e paesaggistico a dare delle risposte ai problemi legati ai cambiamenti climatici.
Il progetto di Di Cinzio è un parco urbano, nella migliore tradizione della progettazione urbana/paesaggistica delle grandi capitali europee, soprattutto quelle che si affacciano sull’acqua. Un parco che conterrà tutte le componenti di vita collettiva e ricreativa per i cittadini di Belgrado ed anche le “infrastrutture” necessarie per il contenimento delle acque di esondazione del Danubio.
Gli atlanti del cambiamento climatico
È il 24 Giugno del 1988 quando sul “The New York Times” viene pubblicato un articolo dal titolo “Global Warming Has Begun, Expert Tells Senate”; per la prima volta nel mondo si parla di riscaldamento globale su una testata giornalistica e per la prima volta gli scienziati si riuniscono con il Senato degli Stati Uniti per parlare della problematica del cambiamento climatico.
La testimonianza viene portata al Senato da James Hansen, astrofisico e climatologo statunitense, che mostra tre possibili scenari futuri, prevedendo che le temperature sarebbero aumentate nel periodo tra il 1988-2017 di 0,8 °C.
A più di trent’anni di distanza è evidente che ciò che aveva previsto Hansen era vero e oggi l’intero pianeta si trova a dover far fronte alle conseguenze del cambiamento climatico.
La produzione e il consumo incontrollato di risorse ha generato un’innalzamento del valore di CO2. Tra gli innumerevoli responsabili va menzionato anche l’architetto come figura alla quale poter imputare scelte che vanno da una possibile transizione ecologica delle città all’utilizzo di materiali ed energie impiegati per costruire nuovi edifici.
Altro fattore antropico è la deforestazione, come sottolinea “l’Atlante del suolo”. Ogni anno circa 13 milioni di ettari di foresta vengono distrutti causando la diminuzione del numero di alberi presenti sul Pianeta Terra e il conseguente aumento di concentrazione di CO2 in atmosfera. Questa condizione che è causa dell'effetto serra, determina un conseguente aumento delle temperature.
Tra gli effetti più evidenti ci sono: lo scioglimento dei ghiacciai; l'aumento del volume degli oceani; le inondazioni e le esondazioni fluviali; la siccità e gli eventi meteorologici estremi, come le temperature anomale che producono effetti di bolle di calore nelle città; la generazione e diffusione di nuovi virus; l'estinzione delle specie animali e vegetali.
Il cambiamento climatico è quindi, una delle principali cause di disequilibrio degli ecosistemi, a scala globale e locale.
Norman Myers definisce una classificazione dei diversi “hotspot di biodiversità” nel Mondo attraverso l’individuazione di regioni biogeografiche la cui biodiversità è minacciata in maniera significativa e ne evidenzia l’importanza di preservazione in quanto la biodiversità è fattore fondamentale per l’equilibrio naturale tra le specie animali, specie vegetali e l'uomo.
Bacino Mediterraneo e la Regione Balcanica
Il bacino Mediterraneo, il secondo hotspot al Mondo per grandezza, è una delle zone più importanti per la biodiversità mondiale. Composto da sei differenti biomi, all’interno dei quali si trovano 27 differenti Eco-regioni, presenta un’elevata percentuale di endemismo vegetale e animale.
La condizione preziosa del bacino Mediterraneo è data anche dalla morfologia, unica nel suo genere, che va dalla quota più alta del Monte Bianco (4809m s.l.m.) alla profondità massima dei fondali di Capo Matapan (-5020m) e dall’importante sistema fluviale.
L'analisi sul cambiamento climatico si è poi concentrata nell'area Europea meridionale.
Per Europa Meridionale si intende, dal punto di vista geografico e politico-culturale, la parte d'Europa che si affaccia sul Mar Mediterraneo, per convenzione separata dal resto dei continenti dai Pirenei e dalle Alpi, formata dalla penisola iberica, la penisola italiana e la penisola balcanica.
Secondo “Climate change, impacts and vulnerability in Europe” del 2016 le diverse nazioni dell’Europa meridionale si troveranno ad affrontare nuove ed imminenti sfide.
L’interpolazione dei dati analizzati, relativi a questa specifica area geografica, ha permesso di notare la forte presenza di differenti fattori di rischio. Il costante aumento delle temperature provoca ondate di calore sempre più forti, che causano un incremento della temperatura media nelle città fino a +3,5°C e la presenza di siccità in differenti zone dell’entroterra e sulle coste.
In previsione di un innalzamento del livello del mare di +2m, molte città e isole rischiano dunque di essere sommerse. Inoltre, a causa dell’aumento di fenomeni meteorologici estremi, molte aree nell’entroterra, site nei pressi dei principali corsi d’acqua, sono a rischio esondazione.
La relazione tra il sistema ambientale e i differenti fattori di rischio ha messo in evidenza 15 aree studio, suddivise per morfologia, che sono caratterizzate da un'importante patrimonio culturale e di biodiversità:
Microcosmi
La ricerca è proseguita individuando, tra le diverse aree di studio, quella che presentava la criticità più elevata rispetto alle questioni legate al cambiamento climatico con lo studio in particolare di:
Dall’interpolazione dei dati e dal confronto dei fattori di rischio sono emerse le aree con criticità maggiore: Delos, per le isole; Missolungi, per le coste; Belgrado, per l’entroterra. Evidenziando però in Belgrado l’area studio più interessante per la presenza di un più alto numero di fattori di rischio.
A questo punto della ricerca è stato necessario chiedersi: cosa può fare l’architetto per contrastare il cambiamento climatico? Quali sono le azioni, le strategie e i dispositivi da considerare per rendere gli edifici, il tessuto urbano e i territori più resilienti?
Fondamentale è stato comprendere come le diverse azioni siano in grado di mitigare i differenti fattori di rischio e come ogni tipologia d'intervento si relazioni alle diverse scale.
Sono state considerate:
Una parte della ricerca è stata supportata dall’aiuto dei casi studio di architetti che hanno avuto modo di sperimentare diverse soluzioni progettuali per contrastare fattori di rischio.
Le esperienze di progetto di esaptazione e adattamento climatico analizzate sono state diverse. OMA ad Hobooken, nel 2013, interviene sulla città attraverso una “Comprensive Urban Water Strategy” un progetto che non altera gli assetti stradali ma li trasforma in una infrastruttura ecologica multifunzionale. Lo studio NLÉ, in Nigeria, nel 2013, reinterpreta le classiche architetture su palafitte di Makoko come architetture anfibie in grado di adattarsi alla variabile delle acque della laguna in Lagos. Philippe Rahm, a Taichung, nel 2016, interviene stravolgendo il ruolo della strada, che da pista aeroportuale diventa parco urbano verde in grado di ospitare un nuovo paesaggio atmosferico sensoriale.
Le diverse azioni e strategie utilizzate nei casi studio sono diventate riferimento e ispirazione per proporre, anche a Belgrado, soluzioni in grado sia di rigenerare la città che di mitigare e contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
Belgrado
La città di Belgrado originariamente, era composta da due insediamenti: Zemun a est e Grad a ovest. Dalla loro espansione è poi nata la città, diventata nodo di scambio commerciale tra oriente e occidente grazie alla posizione centrale nella penisola Balcanica. La figura di Tito è stata di grande rilevanza, per aver promosso un’importante campagna di urbanizzazione a Novi Grad (area tra i due insediamenti principiali iniziali) realizzando, così, un nuovo tessuto urbano suddiviso in “Block”.
La proposta progettuale di cui si è occupata la tesi riguarda un’area a ridosso del Sava e del Danubio che occupa un grande ambito di Novi Beograd. L'area, dalla superficie totale di 120 ettari, è composta da diverse condizione urbane: un'area industriale in disuso, un'area composta da piccoli insediamenti abitativi e il parco di “Ušće”, dove si trovano il Museo d'Arte Contemporanea e il Palazzo di Serbia. L'idea è quella di rigenerare il lungofiume attraverso la creazione di un parco in grado di connettere il tessuto urbano di Novi Beograd al Sava e che sia in grado di accogliere le esondazioni fluviali in situazioni di pericolo. Il nuovo assetto prevede la presenza di un bioswale, che attraversa tutta l'area garantendo la sicurezza e la vitalità del parco.
Il Bioswale è un'infrastruttura verde/blu in grado di strutturare il parco lineare all’interno del tessuto urbano e che in caso di innalzamento delle acque fluviali, sia invaso, così da evitare l’inondazione delle aree urbane interne.
Il sistema si basa prevalentemente su quattro fasi:
La stategia insediativa prevede di ridurre al minimo il consumo di suolo concentrando il programma funzionale in condensatori urbani. In questo modo: parte dalle aree industriali, vengono rigenerate attraverso il riutilizzo di alcune strutture preesistenti a scopo commerciale, abitativo e innovativo; la Darsena, diviene il nuovo polmone verde e spazio a protezione della biodiversità della nuova Belgrado; il “Block18” caratterizzato da piccoli insediamenti nel tessuto urbano, viene riqualificato e ampliato attraverso opere puntuali di “infill urbano”, il parco “Ušće” di Novi Beograd viene implementato attraverso una serie di attrezzature e dispositivi anti-inondazione.
La realizzazione del parco, delle sue infrastrutture ed edificazioni è scandito da un cronoprogramma che prevede l’inserimento di specifiche specie vegetali in ogni singola fase di realizzazione.
E’ previsto inoltre l’utilizzo di un abaco di piante, fiori ed essenze che permettono di contrastare l’inquinamento, gli effetti di isole di calore e l’umidità.
Un'ulteriore discesa di scala ha approfondito un ambito della Darsena dove la struttura del parco si sviluppa attraverso tre trasversali tematiche suddivise in: area residenziale, caratterizzata da un grande edificio a corte dotato di uno spazio pubblico per instaurare nuove relazioni, area culturale, caratterizzata dall’edificio pontile ibrido con servizi pubblici e commerciali ed infine, il terzo asse, area della ricerca, in cui l’elemento circolare si innesta all’interno del bosco urbano nel nuovo parco.
Il progetto si configura quindi come una sequenza di spazi dedicati alla natura e all’uomo, in cui il sistema ambientale diviene l’elemento generatore di una nuova vita sul lungofiume in grado di contrastare l’inondazione del Sava e del Danubio.
La tesi ambisce a essere sintesi di un approccio multidisciplinare dove il progetto di paesaggio, quello urbano e quello architettonico lavorano in sinergia per stabilire una strategia adattiva che permetta di immaginare un nuovo rapporto con i cicli naturali abbracciando una democrazia di persone, animali, microrganismi e minerali, in grado anche di contrastare le problematiche del cambiamento climatico di cui Belgrado, come altre città, è, oggi, palcoscenico.
Riferimenti Bibliografici
Manigrasso M. (2019), La città adattiva. Il grado zero dell'urban design. Quodiblet Studio, Macerata, IT Gemenne F., Rankovic A. (2021), Atlante dell'antropocene. Mimesis, Milano, IT.
European Environment Agency (2017), Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2016, EEA Report No 1/2017, available at https://www.eea.europa.eu/publications/climate-change-impacts-and- vulnerability-2016
Pignatti L. (2019), Modernità nei balcani, da Le Corbusier a Tito., LetteraVentidue, Siracusa, IT.
Pignatti L. (2020), Territori Fragili, Saggi ed approfondimenti dopo IFAU 2018, Gangemi Editore, Roma, IT
Il presente articolo fa riferimento alla tesi di Laurea svolta presso il Dipartimento di Architettura dell'Università Gabriele d'Annunzio Chieti – Pescara. A.A. 2019/20 III° Sessione straordinaria di Giugno 2021.
Relatore: Lorenzo Pignatti
Correlatori: Zoran Djukanovic, Stefania Gruosso, Maura Mantelli.