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Towards est.
Spazio pubblico e cambiamenti climatici nelle città balcaniche.
Stefania GruossoPDF




Parole chiave: Balcani, spazio pubblico adattivo, filter space, up-down space, on-off space.

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Abstract:                 

Nel ventennio tra l’anno 2000 e oggi, le città balcaniche d’occidente si sono contraddistinte per una fase altamente produttiva di interventi sugli spazi pubblici, alcuni dei quali si sono caratterizzati per le modalità di risposta alle questioni poste dai cambiamenti climatici. Le esperienze del Sea Organ (Zara, Croatia), di Promenada Velenje (Velenje, Slovenia) e del Sava Installation (Zagabria, Croatia) offrono un interessante contributo alla narrazione dello spazio pubblico adattivo, permettendo di definire alcune delle sue declinazioni: filter space, up-down space e on-off space. Volgendo lo sguardo toward east, verso est, le strategie per l’adattività permettono di restituire allo spazio pubblico il ruolo di luogo della memoria individuale e collettiva e di rappresentante dell’immagine complessiva della città contemporanea.

 

 

Towards est. Spazio pubblico e cambiamenti climatici nelle città balcaniche.

Il ruolo dello spazio pubblico è ormai ampiamente riconosciuto dalle Agende che, a livello globale, si impegnano per supportare le città in progetti attuati per raggiungere obiettivi quali: inclusività, sicurezza, resilienza e sostenibilità.  Le necessità dettate dalle nuove emergenze, prima tra tutte quella climatica, hanno rimesso in discussione il ruolo dell’architetto, ma hanno anche scardinato paradigmi sulle modalità di fare progetto che risultano oggi obsoleti.

Il cambiamento climatico è una sfida globale che interessa tutte le nazioni, che richiede soluzioni coordinate a livello internazionale e cooperazione tra le parti, come definito dal punto 13 dell’Agenda 2030. Le comunità stanno già sperimentando gli impatti significativi del cambiamento climatico, quali ad esempio il mutamento delle condizioni meteorologiche, l’innalzamento del livello del mare, le piene dei fiumi e altri fenomeni ancora più estremi; così se da una parte si interviene con soluzioni per ridurre il surriscaldamento, dall’altra si agisce attraverso azioni per prevenire il cambiamento rendendolo parte attiva di nuove strategie. 

Cosa sta succedendo alle nostre città?

Le città si trovano a dover affrontare uno stato di alta vulnerabilità. La crisi ambientale determina, infatti, inevitabilmente, una crisi economica e urbana.
L’immagine nella (fig. 1) ritrae la piazza di Piran, cittadina slovena che deve alla sua posizione strategica il fascino e la notorietà, ma anche la sovraesposizione alle inondazioni causate dall’innalzamento del livello del mare, ormai sempre più frequenti. Le sfide legate ai cambiamenti climatici hanno spinto i responsabili politici e la comunità a intraprendere azioni decisive per salvare la loro città. Piran è diventata partner di SCORE, Smart Control of the Climate Resilience of European Coastal Cities, un progetto della Comunità Europea che supporta le città costiere nella battaglia contro eventi meteorologici estremi come l’erosione costiera e l’innalzamento del livello del mare. Piran è una delle 10 città europee coinvolte in qualità di “live labs”, ovvero come laboratorio in cui poter definire e sperimentare buone pratiche in risposta alle sfide più urgenti legate al clima. La parola chiave è, in questo caso, prevenire.

L’immagine della piazza di Piran è rappresentativa di un’emergenza che molte città, oggi, si trovano a contrastare. Gli spazi pubblici come luoghi di incontro vedono infatti sempre più in crisi il loro ruolo, già duramente segnato dalla crisi pandemica. Piran non è però la sola città della ex Jugoslavia ad essersi distinta per l’impegno nel contrastare la crisi climatica. Alla necessità di prevenire, per tutelare, si è infatti affiancata quella di ripensare lo spazio pubblico attraverso strategie in grado di stabilire diversi gradi di adattamento: uno spazio pubblico adattivo.

Quando parliamo di ex Jugoslavia facciamo riferimento ad un contesto in cui, fino agli anni ’80 dello scorso secolo, lo spazio pubblico ha avuto un carico ideologico fortissimo come potente trasmettitore di significati politici e rappresentativi dell’era del dittatore Josip Broz Tito, tanto da essere diventato, oggi, centro di dibattiti e di controversie. A Zagabria, per esempio, piazza Tito, luogo dell’eredità simbolica della Jugoslavia socialista, viene ribattezzata, dal consiglio comunale, nel 2017, come “Piazza della Repubblica Croata”, una scelta politica accolta da molti e contestata da altri.  Tutto questo è manifesto di un binomio ancora esistente negli Stati della disgregazione jugoslava, dove coesistono la nostalgia titina, e quindi della volontà di tramandare una memoria storica, e la necessità di superare un passato che si vuole lasciare alle spalle.

Lo spazio pubblico come luogo di commemorazione della memoria collettiva si è trasformato poi, negli anni ’90, in teatro delle guerre nazionaliste che hanno duramente segnato alcuni dei Paesi della ex congregazione. La fine dei conflitti ha visto insieme alla necessità di ricostruire le città anche quella di ridefinire un’identità, e lo spazio pubblico è stato riconosciuto come il luogo della città che meglio si candidava a rappresentare l’intera comunità.
Non è probabilmente un caso se, nel ventennio tra l’anno 2000 a oggi, le città della regione balcanica d’occidente si siano contraddistinte per una fase altamente produttiva di spazi pubblici come luoghi simbolo di una nuova identità collettiva in cui ogni individuo possa riconoscersi.  Alcuni di questi spazi sono più noti di altri perché vincitori di premi e riconoscimenti internazionali, altri si sono contraddistinti per la capacità di sovvertire gli approcci e le modalità di fare progetto. Questo contributo si concentra in particolar modo su tre interventi che sono stati in grado di promuovere una nuova cultura del progetto, rispettoso degli spazi e dei ritmi della natura, e in grado di "riscrivere" il paesaggio urbano: Sea Organ, a Zara, in Croazia; Promenada Velenje, a Velenje, in Slovenia; Sava Installation, a Zagabria, in Croazia.


Sea Organ

Era il 2004 quando le autorità decisero di intervenire su parte del lungomare di Zara, in Croazia, per adeguare il molo alla fruizione delle navi da crociera e per rigenerare un’area fortemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, prima, e nei più recenti conflitti, poi, e lasciata in stato di abbandono dalla ricostruzione post-bellica. Così, nel 2005, dall’estro creativo di Nikola Bašić, nasce Sea Organ (Organo Marino), con l’intento di creare qualcosa di unico che potesse rilanciare Zara anche a scala internazionale. (fig. 2) Il Sea Organ, Morske Orgulje in croato, si ispira e funziona come l’antichissimo Hydraulis, un organo a canne realizzato dai greci, ed è considerato come il più grande aerofono del mondo. Il progetto modella circa 70 metri di lungomare attraverso un sistema costituito da una serie di gradoni sfalsati tra loro che si avvicinano lentamente al mare, fino a lasciarsi invadere dalle onde.
La composizione dei vari podi, oltre a essere dettata dalla topografia del terreno, è definita dall’organizzazione di tubi di lunghezza variabile che, disposti nelle diverse altezze della struttura, permettono di ottenere note differenti in base a come il mare decide di suonarle. I salti di quota, tra loro paralleli, sono in tutto sette. Ad ogni salto di quota si ha un cambio di passo. La sagoma della struttura mostra dei gradoni sfalsati tra di loro che richiamano proprio la silhouette di un organo. (fig. 3) Quando onde e vento infrangono contro la barriera marmorea, spingendo acqua e aria all’interno della struttura, generano, attraverso dei sensori, suoni sempre diversi, che fuoriescono attraverso le aperture che si trovano sull’alzata delle scale e sul camminamento. Si tratta di un progetto unico nel suo genere, uno spazio pubblico che “suona”, che dialoga con la natura e che ne segue i ritmi.1  Il nuovo assetto riavvicina le persone al waterfront e offre ai visitatori un’occasione preziosa per rallentare, fermarsi e contemplare l’infinito mare, ascoltando la musica che esso stesso produce. (fig. 4) Quella di Bašić è una delle intuizioni più poetiche nella definizione di uno spazio pubblico contemporaneo, in cui il suono del mare Adriatico viene tradotto in musica per l’orecchio umano, mettendo in scena un concerto che non avrà mai fine. Grazie a questo progetto che a un anno dalla sua inaugurazione, nel 2006, riceve l’European Prize for Urban Public Space, gli abitanti di Zara hanno re-imparato ad amare il loro porto.

Promenada Velenje

Velenje, in Slovenia, viene ridisegnata nel dopoguerra, seguendo gli ideali modernisti della città- giardino, ribattezzata alla morte del presidente iugoslavo Josip Broz Tito come Titovo Velenje (lett. Velenje di Tito) e torna al nome originale dopo l’indipendenza della Slovenia, nel 1990. La figura di Tito impone ancora oggi la sua presenza con una grande statua che domina la piazza principale, a lui dedicata. Non lontano da qui si sviluppa Promenada Velanje, (fig. 5) il cui progetto nasce in risposta a due diverse necessità: ridonare alla città un’identità nuova e ridefinire il ruolo del fiume Paka, un fiume torrenziale che si gonfia in modo significativo alcune volte l'anno, ma che presenta una portata d’acqua relativamente scarsa in tutti gli altri periodi. La risistemazione riguarda un percorso che era già stato pedonalizzato e ripavimentato trent’anni prima, ma che, per l’ampiezza della sezione stradale, e per la mancanza di programmi, risultava monotono e incapace di attrarre i cittadini. Queste condizioni avevano trasformato la Promenada, uno degli assi più importanti della città, in un grande vuoto urbano. Il progetto dello studio sloveno Enota ridisegna, nel 2014, un nuovo paesaggio urbano, costituito da una sequenza di “micro-ambienti”, così gli stessi progettisti li hanno definiti, collocati lungo un asse principale e strettamente legati al contesto. Quello che prima era un percorso rettilineo diventa articolato e ramificato e garantisce la ricucitura urbana di diversi ambiti. (fig. 6) La Promenada diventa lo starter per la riqualificazione dell’intero centro cittadino, dove si alternano condizioni urbane sempre diverse come: stretti sentieri immersi nel verde, una serie di ponti pedonali che collegano le due sponde, una sequenza di piccole piazze, una varietà di spazi verdi e ampi gradoni che ridefiniscono la riva del fiume, permettendo di entrare in contatto diretto con esso. Fulcro di tutto il sistema è il suggestivo anfiteatro, che degrada lentamente sul fiume e che diventa una nuova attrattiva urbana. (fig. 7) Una delle testate del percorso è occupata da un parcheggio multipiano interrato, che fuori terra si presenta come parte integrante del paesaggio, grazie alla sua forma irregolare costituita dalla ripetizione di elementi leggeri.

Promenada Velenje è un esempio riuscito di landscape design con approccio multi-scalare, in cui la qualità e il rispetto dell’ambiente partono dalla scala ampia per arrivare a quella del dettaglio dell’arredo urbano. Il risultato è una nuova natura urbana che è in grado di rafforzare l’identità della città-giardino attraverso la convivenza di due esigenze che potrebbero sembrare in contrasto tra loro: avere più verde e, contemporaneamente, una varietà di programmi in grado di creare un ambiente accogliente, confortevole e attraente. Il progetto riceve il premio “Iconic awards 2017” per l’approccio innovativo al landscape design.

 

Sava Installation

Quello lungo la riva del Sava, a Zagabria, è il progetto più recente nonché quello con maggiore estensione, visto che prevede di coprire una superficie di circa 105.000 m2. Sava Installation, firmato da Openact Architecture e da Sara Palomar Studio, nel 2015, nasce in risposta alle condizioni create dalle piene del fiume e con l’ambizione di reintrodurre il Sava nella vita di una città che si è sviluppata con la tendenza ad allontanarsi da esso. (fig. 8) Il tema principale è quello dell’adattabilità, visto che, in questo ambito di città, l'aumento del livello dell'acqua, che si verifica più volte all'anno, non permette di collocare alcuna struttura od oggetto permanente. La rivitalizzazione riguarda circa 7km di lungofiume e nel dettaglio 4 siti critici. Si tratta di un progetto pluriennale e implementabile, interamente basato su installazioni pop-up che si adattano alla transitorietà del luogo. Gli interventi proposti lavorano a diversa scala e comprendono 9 strutture principali, considerate come attivatori di processo, che consistono in: padiglioni con programmi diversi, cluster di strutture in grado di ospitare eventi e piccoli interventi sul paesaggio. Nonostante la loro natura effimera, queste  installazioni riescono a offrire un’interessante varietà di programmi che riguardano lo sport, la cultura e l’intrattenimento. 

La costruzione della prima fase, nell’estate del 2019, ha riguardato interventi nelle aree in prossimità di tre ponti molto frequentati a Zagabria, dove sono stati montanti i primi padiglioni, realizzati in tubi innocenti, che hanno rianimato le sponde del Sava da Giugno a Settembre e che sono stati poi completamenti smontati. (fig. 9-10) Sava Installation è un progetto ambizioso che vuole creare uno spazio pubblico che possa persistere nel tempo, grazie al suo essere temporaneo, e che sia capace di rivitalizzare un contesto di grande scala, mediante interventi relativamente piccoli. Il progetto è la proposta vincitrice del concorso internazionale Europan 13 – “Adaptable City”, che premia giovani professionisti under 40.

 

Strategie per lo spazio pubblico adattivo.

I tre progetti precedentemente descritti ci mostrano quanto diverse possano essere le strategie progettuali in grado di far sopravvivere uno spazio pubblico e come il fattore di rischio non sia necessariamente un limite ma, al contrario, possa tramutarsi in una fonte di ispirazione. In questo quadro, le esperienze balcaniche si contraddistinguono per la loro capacità di coniugare gli obiettivi di rigenerazione urbana e resilienza climatica, attraverso progetti in grado di innescare assetti variabili in grado di fronteggiare il cambiamento. Per sua natura lo spazio pubblico adattivo è uno spazio mutevole e plurale, che sdogana la radicata visione di spazio pubblico stanziale e definisce visioni di medio-lungo periodo in grado di affrontare le sfide urbane future. In questo specifico contesto geografico, quello della ex congregazione jugoslava, questa aggiornata visione dello spazio pubblico offre alle città l’opportunità di intervenire dove non si potrebbe e di ridefinire un’identità cittadina contemporanea slegata dalla memoria storica.

Essendo il progetto dello spazio pubblico adattivo una risposta a condizioni complesse e sempre diverse, risulta difficile definire un paradigma dello stesso. Nonostante tutto, i casi studio presentati, ci permettono di poter identificare alcune delle modalità con cui il progetto dello spazio pubblico risponde all’adattamento.

FILTER SPACE Per molto tempo il carattere antropico del progetto è stato caratterizzato dalla ridefinizione di limiti tra natura e città attraverso linee di separazione costituite da confini, muri, recinti, etc… La configurazione di Sea Organ dissolve completamente il concetto di limite, creando uno spazio adattivo in-between, che è continuamente modellato e modificato dalle onde del mare, un filtro che si lascia attraversare senza porre limitazioni.

UP-DOWN SPACE Anche uno spazio pubblico strutturato su più livelli è resiliente al cambiamento. Questo è il caso di Promenada Velenje, dove sono i regimi di portata del fiume a determinare le diverse modalità di vivere lo spazio. Durante i periodi di piena è possibile usufruire solo degli upper spaces, gli spazi posizionati nella quota più alta; quando il Paka è poco profondo, riemerge e torna a essere fruibile tutto il sistema di gradoni e di piccole piazze sull’acqua.

ON-OFF SPACE Adattarsi può voler dire, a volte, letteralmente accendere e spegnere uno spazio pubblico, come nel caso di Sava Installation, dove durante la piena del fiume non è possibile definire strategie di negoziazione tra la terra e il regime dell’acqua, e l’unica alternativa è quella di installazioni effimere da rimuovere e ricollocare ciclicamente.

In sintesi, volgendo lo sguardo toward east, verso est, è possibile definire alcune delle condizioni di uno spazio pubblico adattivo, ovvero: filter space, up-down space e on-off space. Volendo sintetizzare le modalità di adattamento dello spazio pubblico, possiamo distinguere due grandi categorie: adattivo-passivo, quella condizione in cui lo spazio non altera la sua configurazione, ma è predisposto ad accogliere modifiche imposte dall’ambiente, come nel caso di Zara e Velenje, e adattivo-attivo, la condizione in cui è lo spazio pubblico a doversi modificare o, in casi estremi, come a Zagabria, a doversi destituire nei periodi di maggiore criticità.

Al di fuori delle condizioni site-specific e delle strategie di sopravvivenza al cambiamento climatico, ci sono due aspetti particolarmente interessanti che accomunano le diverse esperienze nelle città balcaniche: il ritorno ad una centralità dell’esperienza umana e la visione aggiornata di spazio pubblico come spazio problem-solver, che ambisce a rispondere alle necessità di un determinato tempo, talvolta senza la necessità di proiettarsi nel futuro. Le esperienze di Zara, Velenje e Zagabria dimostrano che, nonostante la complessità delle condizioni che si trova ad affrontare, lo spazio pubblico può, e deve, tornare ad essere l’essenza della città contemporanea come luogo di memoria individuale e collettiva, e come rappresentante di un’identità rinnovata.

 

 

Riferimenti bibliografici

Anglés, M., (2010), “In favour of public space. Ten Years of the European Prize for Urban Public Space”, Actar, Barcelona, SP.
Aymonino, A., Mosco, (2006), “Spazi pubblici contemporanei. Architettura a volume zero. Contemporary public spaces. Zero volume architecture”, Skira, Milano, IT.
Corrado, M.,Lamberti, M., (2011), “Atlante delle nature urbane. Centouno voci per i paesaggi quotidiani”, Editrice Compositori, Bologna, IT.
Garau, P.,Lancerin, L., Sepe, M., (2015), “The charter of public space”, LIStLab,Trento, IT.
Gruosso S (2017). “West Balcan Cities Viaggio a Est. Alla scoperta di una nuova identità europea”. In: (a cura di): Pignatti L, Gruosso S, “Crossing sightlines traguardare l’adriatico”. vol. 35, p. 62-83, Aracne Editrice, Ariccia, Roma, ISBN: 9788825502688



Sitografia

https://www.publicspace.org/works/-/project/d078-morske-orgulje
https://www.enota.si/filter/projects/2016052609011997/
https://www.archdaily.com/929536/sava-installation-openact-architecture-plus-sara-palomar-studio



Note

1 Anglés, M., (2010), “In favour of public space. Ten Years of the European Prize for Urban Public Space”, Actar, Barcelona, SP. Pag 108-114