Parole chiave: vulnerabilità, incertezza, adattabilità, sostenibilità, resilienza
vulnerability, uncertainty, adaptability, sustainability, resilience
Abstract:
Il paper restituisce parte di uno studio sul tema della rigenerazione e riqualificazione sostenibile dell’esistente, approfondendo le implicazioni che sussistono tra l’esigenza di rigenerazione adattiva per garantire adeguati livelli prestazionali e di funzionalità allo spazio urbano, all’edificio e ad ogni suo componente/materiale e l’altrettanto urgente esigenza di concepire tali azioni adattive in chiave circolare. La raccolta, revisione e sistematizzazione della letteratura sul tema della rigenerazione adattiva e circolare ha portato all’individuazione di un framework di strategie/azioni alla scala micro (il singolo componente), meso (l’edificio) e macro (lo spazio pubblico) e alla loro sperimentazione su un caso studio nella città di Roma.
The paper is part of a study on the topic of sustainable regeneration and redevelopment of existing buildings and urban areas. It explores the implications between the need for adaptive regeneration to ensure both the adequate levels of performance and functionality of the space (indoor, outdoor space ) with its components/materials, and the equally urgent need to conceive such adaptive actions in a circular way. The collection, review and systematisation of the literature led to the identification of a framework of adaptive/circular strategies at the micro (the single component), meso (the building) and macro (the public space) scales, and to the verification of the model in a design experiment on a neighbourhood in Rome.
Introduzione
La sostenibilità, sin dai suoi documenti fondativi, ha riconosciuto nel benessere collettivo e nella tutela dell’ambiente la chiave di sviluppo della società (WCED, 1987) e nelle relazioni tra le attività dell’uomo e le limitate capacità degli ecosistemi di sostenerle, la principale sfida. Per lungo tempo si è creduto che i sistemi naturali e antropici rispondessero alle perturbazioni in modo graduale attraverso un lento processo adattivo. Oggi, sappiamo che la vulnerabilità (economica, sociale, ambientale e sanitaria) ci proietta in una condizione di discontinuità improvvisa, accadimenti immersivi imprevedibili e non controllabili, in cui ogni singola fragilità è in relazione con il “tutto” e ogni singola azione produce un eco o un effetto a cascata sul benessere degli utenti e sulla salute del pianeta.
Gli scenari di global crisis, le condizioni di incertezza e complessità del reale, la limitatezza delle risorse e la variabilità del quadro esigenziale mostrano il fallimento di una concezione-organizzazione “rigida” dell’ambiente costruito spesso costretto a riorganizzarsi in conseguenza degli eventi stressanti per raggiungere accettabili livelli di efficienza o a mostrare la sua fragilità (sismica, idro-geologica, climatica, sociale) facendo saltare i concetti di stabilità (sicurezza ambientale, economica e sociale) cui siamo abituati (Taleb, 2008).
Proprio in ambito urbano, contesto in cui le relazioni human health-planetary health esprimono più che altrove i loro effetti, occorre intercettare nuove soluzioni e regole per far fronte alle conseguenze dirette (deterioramento dei materiali superficiali, delle strutture, riduzione delle prestazioni energetiche) e indirette (perdita di identità, interruzione delle attività socio-economiche, perdita di vivibilità e di condizioni di benessere) del cambiamento climatico sui centri urbani.
Sebbene la letteratura riconosca la necessità di strumenti di previsione degli impatti, appare sempre più importante affiancare strategie volte a incrementare l’adattabilità intesa come una caratteristica del sistema progettato che ne permette la trasformazione/modificazione, incrementandone le qualità prestazionali e la durata della sua vita utile. In questo senso l’adattabilità è uno dei requisiti fondamentali per una rigenerazione e riqualificazione in chiave olistica-circolare di quartieri e architetture, pensati come prodotti non “usa e getta” ma “error-friendliness” ovvero “predisposti verso l’errore” (Manzini, 2012) e strutturati per “rigenerarsi” a seguito di un danno o di uno scompenso attraverso azioni di trasformazione, riparazione, manutenzione, riuso, ricondizionamento etc.
Occorre un cambio di paradigma nell’interpretazione dell’intervento adattivo come “processo rigenerativo”, inteso non solo come soluzione per il ripristino/mantenimento di condizioni prestazionali accettabili – in una visione lineare del ciclo di vita del sistema progettato – ma momento di “reset/restart” in cui l’azione (di trasformabilità, manutenibilità, sostituibilità, reversibilità, mitigazione/compensazione etc) sottende un set di strategie strutturate in un processo circolare (Refuse, Rething, Reduce, Re-use, Repair, Refurbish, Remanufacture, Repurpose, Recycle, Recover) (Kirchherr, et al., 2017). In questo senso gli interventi sull’ambiente costruito costituiscono un’occasione per traghettare le città verso una transizione ecologica, se considerati sia come azioni adattive elle vulnerabilità esterne (ambientali, sociali ed economiche) e interne (variabilità legate alle esigenze dell’utenza) ma anche come interferenze (di micro processi circolari) al processo lineare con cui le città sono state concepite e si sono evolute, per costituire un passo verso la definizione di un ambiente costruito potenzialmente rigenerativo e resiliente.
Il saggio si inserisce all’intero di questo quadro e restituisce un’articolata attività di ricerca volta ad approfondire le implicazioni che sussistono tra l’esigenza di rigenerazione adattiva per garantire adeguati livelli prestazionali e di funzionalità allo spazio urbano, all’edificio e ad ogni suo componente/materiale e l’altrettanto urgente esigenza di sostenibilità ambientale.
Partendo da una raccolta e sistematizzazione della letteratura e di casi studio sul tema dell’adattabilità di contesti e artefatti urbani alle condizioni di vulnerabilità il paper propone un modello di riqualificazione/rigenerazione di quartieri/edifici residenziali basato su un framework di strategie adattive/circolari alle diverse scale (componenti, edifici e spazi aperti). Tale modello è stato verificato in una sperimentazione progettuale su un quartiere/edificio campione a Roma con caratteristiche tecnologiche, strutturali, spaziali e di contesto diffuse nella città che rendono tale modello replicabile.
Riferimenti teorici e pratici nell’applicazione di azioni adattive
Le politiche comunitarie e nazionali hanno da tempo posto attenzione sulla molteplicità delle problematiche interconnesse al raggiungimento dell’obbiettivo generale di indirizzare gli insediamenti urbani verso una condizione di equilibro con l’ambiente e di salute e benessere dei suoi abitanti. Si tratta di soluzioni di adattamento delle città soprattutto ai cambiamenti climatici attraverso l’uso di:
La stessa letteratura scientifica ha, negli ultimi anni, posto attenzione ai “sistemi progettati” (spazi aperti, chiusi, oggetti) come sistemi aperti, facilmente aggiornabili, con l’obiettivo di adeguarne le prestazioni a rinnovati quadri esigenziali (Antonini et al., 2012).
La revisione della letteratura in merito alla rigenerazione adattiva in chiave circolare ha portato a individuare diverse strategie, che procedono per successive approssimazioni tra un orizzonte esterno (i rapporti del sistema progettato con le proprie parti costituenti e con il suo ambiente contestuale) e un orizzonte interno (tutte le sue determinazioni in relazione all’uomo), classificabili rispetto ai seguenti livelli: micro (singolo componente), meso (edificio), macro (spazio pubblico) (fig.1).
Livello micro
Questo livello è caratterizzato da azioni finalizzate alla scelta di materiali e sistemi di assemblaggio in grado di conferire ai manufatti comportamenti adattivi attraverso la reattività degli elementi tecnici di cui sono costituiti rispetto alla variabilità delle sollecitazioni esterne (vulnerabilità ambientale) e/o interne (variabilità del quadro esistenziale). Questo livello pone al progetto una duplice sfida. La prima riguarda il rapporto tra la dimensione materiale e il progetto che valuta il componente non più soltanto dal punto di vista delle prestazioni tecniche e ambientali legate al contingente ma anche alla capacità di reattività alle sollecitazioni. Sono emblematiche le ricerche condotte in questi anni sul versante dei materiali: dai bio-based ispirati a sistemi biologici (biodegradabili, compostabili, riciclabili) con “capacità resilienti” in termini di ottimizzazione del processo di produzione rispetto al consumo delle risorse e agli impatti prodotti (Brownell, 2010), ai react-based integrati con nanotecnologie funzionali all’attivazione di processi di autoregolazione (Phase Change Material) che riducono la dipendenza da fonti manutentive/energetiche esterne (Tucci, 2014). A seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere gli interventi possono essere puntuali o sull’intero edificio e strutturarsi secondo un approccio di Circular Supply Chain Management (Lacy, 2015). La seconda sfida riguarda il rapporto tra sistema costruttivo e progetto e il trasferimento in edilizia delle logiche di Design for Disassembly ormai ampiamente collaudate in molti settori industriali e da tempo teorizzate e sperimentate nell’Industrial Design (Manzini e Vezzoli, 2008), che incidono sull’adattabilità alle sollecitazioni esterne/interne in termini di facilità di manutenibilità, smontabilità, riparabilità.
A supporto di queste azioni è determinante l’attivazione di modelli di business innovativi che considerino nuovi tipi di relazione/scambio di materiali/componenti tra diversi operatori, attraverso reti di collaborazione (loop economy, industrial ecology, industrial symbiosis processes), piattaforme di condivisione (sharing economy, product-service systems, re-manufacturing platform) e metodologie quali il Design for Manufacture and Assembly, il Design for Deconstruction o Disassembly, che facilitano la recuperabilità, riusabilità, ricondizionabilità, riciclabilità dei materiali arrivati a fine vita utile e degli scarti di produzione (Tingley, 2011).
Livello meso
Questo livello riguarda l’edificio e la sua dimensione funzionale/architettonica ed è caratterizzato da azioni volte ad aumentare la durata del prodotto edilizio attraverso soluzioni di recycling del patrimonio abitativo residenziale in termini di adaptive customization, ovvero di personalizzazione di spazi, attrezzature, arredi ed elementi impiantistici attraverso un ciclo continuo di upgrade/downgrade. Ne consegue che il valore dello spazio costruito perde la sua centralità di artefatto immodificabile in grado di rispondere a esigenze standardizzate e necessariamente limitate al breve/medio periodo per assumere valore dalla capacità di garantire, nel lungo periodo, progressivi adattamenti ed evoluzioni prestazionali spaziali e tecnologiche. L’implementazione dell’adattabilità è esprimibile alla scala dell’edificio attraverso opzioni spaziali e tecnologiche che considerino le relazioni dei requisiti relativi alle caratteristiche morfologiche-distributive (versatilità, convertibilità dello spazio, evolutività, ampliabilità, estensibilità), all’integrabilità impiantistica e costruttiva (reversibilità dei sistemi di partizione/arredo in una logica di manutenibilità, smontabilità, modularità/componibilità) con i sub-requisiti di circolarità relativi a prodotti/componenti (Refuse, Rethink, Reduce), a processi rigenerativi (Reuse, Repair, Refurbish, Remanufacture, Repurpose) e applicazioni smart (Recycle, Recover).
A supporto di queste azioni, risulta determinante l’attivazione di strumenti di prefigurazione capaci di interagire con scenari (Generative Architectural Design, Design Optioneering, etc) che fanno della variabilità e dell'incertezza non più limiti ma caratteristiche, nuove opportunità per la trasformazione dell’ambiente costruito.
Livello macro
Questo livello riguarda lo spazio pubblico e la sua dimensione sociale e ambientale ed è caratterizzato da azioni che riattivano la tradizionale alleanza tra componenti umane e naturali come forze coagenti al fine di ottenere un riequilibrio tra densificazione ed ecologizzazione.
Le principali sfide riguardano, in primo luogo, l’attivazione di soluzioni nature based finalizzate a migliorare la salute degli ecosistemi e la resilienza al cambiamento utilizzando azioni di mitigazione, adattamento e ripristino in modo “reciprocamente rinforzante” (Pedersen Zari and Jenkin, 2012). Si tratta di azioni adattive/mitigative:
Oltre a ripristinare le idrologie naturali, tali azioni creano nuovi cicli ecologici naturali, favoriscono la biodiversità, la formazione di corridoi e filiere produttive ecologiche. Tali soluzioni trovano appoggio in politiche di welfare volte a garantire lavoro/servizi per le comunità radicate sul territorio e maggiore competitività turistica, giocando su parametri di qualità, vivibilità e benessere abitativo (Pileri, 2015).
In secondo luogo l’attivazione di soluzioni community based di co-progettazione e co-gestione degli spazi collettivi sono finalizzate a determinare nell’habitat, capacità di reagire ai cambiamenti in modo condiviso e inclusivo alimentando meccanismi di apprendimento collettivo (soluzioni di Empowerment by Design).
Una valutazione di queste esperienze ha confermato che l'approccio tradizionale di realizzare interventi volti a rispondere a singole problematiche – relative all’edificio, al contesto o al singolo componente – non è del tutto efficace in termini di riformulazione delle caratteristiche edilizie, architettoniche e urbane mostrando la necessità di un approccio integrato che tenga conto dell’oggetto edilizio e del contesto nel suo insieme e utilizzi tutti gli elementi a disposizione per valorizzarne le potenzialità.
Un primo risultato di questo studio è la messa a punto di un quadro di riferimento di requisiti e strategie progettuali che supportano valori ambientali, e rispondono alle attuali istanze di adattabilità ai cambiamenti ambientali, di vita degli utenti e/o all’uso che questi ne faranno nel tempo.
Sperimentazione del modello interpretativo su un caso studio
Alcune delle strategie progettuali individuate sono state sperimentate nella rigenerazione del quartiere di Villa Gordiani a Roma. Le strategie adattive micro, meso, macro sono state applicate con l'obiettivo di elaborare un valido approccio alla riqualificazione di una tipologia di edificio di edilizia residenziale e di spazi aperti con caratteristiche comuni a diversi contesti urbani.
La necessità di individuare quartieri e edifici omogenei per caratteristiche identitarie e deficit prestazionali ha comportato la mappatura dei quartieri della città di Roma e delle caratteristiche tipologico-formali e tecnologico-costruttive di edifici di edilizia residenziale sociale.
Sulla base di macro indicatori (caratteristiche demografiche, sociali, economiche, ambientali) si è definita la mappatura della città in sei aree omogenee: la città campagna, la città dell’automobile, la città ricca, la città compatta, la città del disagio e la città storica (K.Lelo, 2020) (fig.2). L’osservazione diretta delle specifiche abitudini d’uso nello spazio e le numerose esperienze sul modello di città inclusive dell’utente nello spazio urbano (modelli di città da 15/20 minuti) ha suggerito un ulteriore livello di lettura a partire dal punto di vista dell’utente (fruitore dalla città e dei suoi servizi) e alla valutazione delle aree omogenee rispetto a dei fattori qualificanti, necessari per configurare un ambiente vivibile (fig.3).
Successivamente, è stata scelta l’area omogenea della “città compatta” come contesto di sperimentazione, per la prossimità al centro storico della città e per la presenza di qualità (spazi verdi e/o vuoti da riqualificare, comunità eterogenea e coesa, attività significative identitarie dello spazio) da potenziare rispetto ai requisiti di inclusione, sicurezza, accessibilità fisica e sociale, comfort ergonometrico e antropometrico dello spazio e degli oggetti che lo configurano, benessere psico-fisico dell’utente. Un secondo livello di indagine ha riguardato la mappatura dei quartieri di edilizia residenziale sociale e delle loro caratteristiche morfologiche/tecnologiche all’interno dell’area omogenea della “città compatta”.
Il modello interpretativo appena descritto è stato sperimentato su un caso studio specifico, Villa Gordiani a Roma, selezionato per la sua conformazione di quartiere con ampi spazi di pertinenza residenziale non caratterizzati e incompleti; per l’uso di tecnologie costruttive in opera umida (struttura a telaio in cls armato, solai latero-cementizi, tamponature in laterizio) che rendono il modello ripetibile su diversi edifici residenziali del dopoguerra e infine per la presenza di episodi di degrado antropico e abuso edilizio. Il rilievo fotografico, l’indagine di archivio ha permesso il ridisegno dei manufatti e dell’intero quartiere, mentre l’analisi territoriale, spazio/funzionale, energetico/ambientale e tecnologica/costruttiva di individuare le principali criticità e le conseguenti azioni progettuali applicabili (fig.4).
A livello meso, le principali criticità riguardano la qualità ambientale dello spazio residenziale, la fruibilità e la personalizzazione dello spazio in base alle specifiche esigenze degli utenti. In questo livello le principali azioni progettuali consistono nel miglioramento delle caratteristiche strutturali e l’ampliamento della volumetria delle unità abitative attraverso l’addizione di un involucro all’edificio esistente. Si tratta di un sistema intelaiato in acciaio, adiacente al corpo di fabbrica che consente sia di migliorare le prestazioni strutturali che di valorizzare l’edificio dal punto di vista funzionale ospitando “protesi edilizie” prefabbricate che introducono nuovi ambienti personalizzabili attraverso l’uso di arredi adattabili alle diverse esigenze degli utenti.
In questo livello le azioni sono guidate da una visione di “circolarità a monte” (prima dell’uso) che riguarda le gestione efficiente delle risorse, il miglioramento nei processi di produzione e consumo, la riduzione al minimo degli sprechi e il contenimento dei costi dei prodotti, attraverso la progettazione di un involucro rispondente ai requisiti di reversibilità, riconfigurabilità, modularità, espandibilità, scalabilità.
A livello micro, le principali criticità riguardano la scarsa efficienza energetica degli ambienti riconducibile a fenomeni di dispersione delle chiusure verticali opache e trasparenti.
In questo livello, l’involucro metallico addizionato all’edificio esistente diventa il supporto per:
In questo livello le azioni progettuali proposte consistono nella scelta di componenti/materiali in un’ottica futura di “circolarità a valle” (alla fine del ciclo d’uso) intesa come conservazione del loro valore economico e d’uso attraverso la rispondenza ai requisiti di riusabilità, interoperabilità, smontabilità, modificabilità (fig.5).
A livello macro, le principali criticità sono l’assenza di spazi identitari per la comunità locale (costituita da anziani e giovani coppie), spazi pubblici discontinui a causa della capillare presenza di automobili, la scarsa qualità di arredi urbani e percorsi ciclo/pedonali. In questo livello le azioni progettuali sono orientate verso:
In questo livello le azioni progettuali sono caratterizzate da una forte “circolarità di processo” intesa come interazione con gli abitanti, attraverso pratiche di gestione basate sulla cooperazione, collaborazione e coordinamento di diversi utenti/stakeholders.
Conclusioni
Le principali barriere all’implementazione del modello interpretativo sono: barriere tecniche relative alla rigidità dei processi edilizi che per attuare strategie di circolarità dovrebbero essere rivisti e orientati verso nuovi modelli di business e nuove relazioni tra gli operatori che interagiscono lungo il processo e nella gestione dei flussi di materiali; barriere normative esageratamente rigide e farraginose che non lasciano margini di creatività e di invenzione progettuale. Nonostante l’apparente complessità, la sperimentazione ha consentito di verificarne l’operabilità del modello interpretativo su un caso studio, selezionato per la sue caratteristiche edilizie e urbane, che lo rendono facilmente replicabile all’interno dell’area omogenea individuata. Se pur l’individuazione delle strategie micro, meso e macro ha il limite di una revisione di letteratura condotta attraverso i database (che potrebbe aver portato a escludere contributi e soluzioni rilevanti), i risultati suggeriscono spazi di ricerca promettenti e molteplici scenari operativi di utilizzo: come strumento di supporto alla PA per indirizzare gli interventi di rigenerazione/riqualificazione sostenibile dell’esistente, come linee guida nella redazione di bandi innovativi per la rigenerazione delle periferie o per la realizzazione di progetti finanziabili nell’ambito dei programmi europei.
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Note
1 Tra le politiche internazionali: l’Agenda Urbana Europea del 2016, Green Deal del 2019, Just Transition Fund del 2021 e Climate City Mission introdotta nel Programma Horizon Europe 2021-2027. Tra quelle nazionali: la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici del 2014 e il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici del 2017.