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PINQUA: periferia urbana tra inclusione e marginalità
Francesco Alberti
Università di Ferrara - Dipartimento di Architettura
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parole chiave:          progetto urbano; rigenerazione urbana delle aree dismesse;
inclusione; qualità dell’abitare; periferia urbana

Key words:               urban design; urban regeneration of areas disused; inclusion;
quality of living; urban suburbs




Abstract

La ricerca affronta il tema della rigenerazione urbana e si propone di valutare criticamente l’esperienza dei programmi innovativi per la qualità dell’abitare (PINQUA), introdotti dalla L. 160/2019, nonché di verificare la capacità di tali programmi di incidere sui reali processi di cambiamento della città, valutandone le proposte progettuali avanzate sia in termini di adeguamento dell’esistente e/o sia di avvio dei processi di trasformazione dell’assetto urbano. Oltre ad anticipare i capisaldi del PNRR - inclusione sociale e rigenerazione urbana - il PINQUA per dell’ex centro-direzionale pubblico denominato “Palazzo degli Specchi” a Ferrara si è focalizzato su alcuni elementi innovativi come l’accessibilità, la sicurezza e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici in un’ottica di coesione sociale e di sostenibilità ambientale.

 

Prove di innovazione urbanistica

In Italia la nascita della programmazione complessa avviene nei primi anni novanta con l’istituzione della L. 179 del 1992, dei Programmi integrati di intervento: è l’inizio di una nuova stagione della pianificazione finalizzata all’integrazione di una pluralità di funzioni e tipologie di intervento, all’interno di un programma di portata tale da incidere sia sulla dimensione urbana che territoriale, e che per la prima volta prevede la possibilità di ricorrere ad operatori e risorse finanziarie private per la realizzazione di opere di interesse pubblico. In pochi anni il passaggio dalla prima alla seconda generazione di programmi complessi evidenzia una significativa evoluzione dei contenuti innovativi di questi strumenti verso una maggiore accentuazione dei caratteri di integrazione tanto dei temi ambientali, sociali ed economici, quanto dei soggetti che concorrono alla definizione e all’attuazione del programma stesso. Se, infatti, il primo ciclo della programmazione complessa, attraverso i Programmi integrati di intervento, i Programmi di Recupero e i Programmi di Riqualificazione urbana, si attua con il mantra della riqualificazione fisica di parti di città, dalla seconda metà degli anni novanta vengono ideati nuovi strumenti - Contratti di Quartiere I e II, Prusst - ispirati ad una maggiore complessità del principio di integrazione (Palermo, 2009). Il tema della riqualificazione urbana viene affrontato, quindi, in maniera più strutturale: se si assume ilpresupposto che il degrado fisico della città è la dimensione manifesta di condizioni di disagio che determinano situazioni di decadimento (Calafati 2014), l’efficacia di un programma di intervento dipenderà implicitamente dalla capacità di intercettare aspetti di riqualificazione fisica a politiche settoriali, progettualità e attori delle trasformazioni. Nel processo evolutivo dalla riqualificazione fisica alla rigenerazione urbana, si sostanzia il carattere innovativo della programmazione complessa, non solo rispetto agli strumenti di prima generazione, ma soprattutto a confronto con le capacità di trasformazione dei processi e degli strumenti di pianificazione tradizionali. In antitesi alla rigidità strutturale dei piani urbanistici, settoriali e gerarchici, i programmi di rigenerazione urbana propongono una riorganizzazione del territorio fondata su forme concertative e di partenariato, flessibili e snelle per l’integrazione di risorse pubbliche e private per l’accesso a fondi pubblici. La crisi del modello della città industriale, la dismissione delle aree produttive che hanno esaurito il proprio ciclo, i nuovi ruoli che le città assumono negli scenari della globalizzazione, favoriscono questi modelli di riorganizzazione e ristrutturazione (Viganò, 2012). Non più una crescita economica fondata sul consumo di suolo ma sulla cura delle città, sulla rigenerazione urbana e sulla riqualificazione energetica e sismica degli edifici pubblici e privati.
L’urbanistica e l’architettura sono oggi portate necessariamente a porre l’attenzione sugli ambiti territoriali dismessi, su luoghi abbandonati, sugli spazi anche costruiti che nelle città hanno perso la loro funzione storica e che oggi richiedono una nuova luce per generarne una nuova vita. Questa scelta rigenerativa strategica dovrà essere primaria per l’insediamento dei servizi necessari allo sviluppo e al soddisfacimento dei nuovi bisogni che la vita di oggi ci richiede (Zukin, 2015). Per chiudere un’epoca e aprire un nuovo scenario, economico e sociale, basato sullo sviluppo sostenibile e sulla lotta ai cambiamenti climatici era necessario porre un freno al consumo di suolo. In un quadro di programmazione in cui le risorse per lo sviluppo possono facilmente spostarsi da un luogo all’altro, diviene necessario che le realtà urbane sappiano mettere in atto forme di coesione sociale e visioni strategiche condivise. La pianificazione concertata eleva e valorizza la costruzione di un partenariato in grado di sostenere nel tempo l’azione di riqualificazione del programma, valorizzando il ruolo di strumento strategico dei programmi di rigenerazione a favore della capacità di innovazione e di attrazione della città del futuro (Indovina, 2014). Questa lettura a ritroso sui programmi complessi attuati negli ultimi anni è utile perché permette di verificare la ricorrenza di alcune key words cruciali - come qualità dell’abitare e periferia urbana  - e perché mette in evidenza come esista un denominatore comune nelle politiche di rigenerazione urbana; allo stesso tempo, rimarca la specificità del programma PINQUA nell’incardinare quelle politiche sul tema dell’abitare e, più specificatamente, sui servizi abitativi pubblici e sociali. Il “Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare” (PINQUA) di cui alla legge 160/2019 (art. 1, commi 437 e seguenti) si propone, quindi, di concorrere alla riduzione del disagio abitativo e insediativo - con particolare riferimento alle periferie - e all'incremento della qualità dell'abitare di parti di città, promuovendo processi di rigenerazione di ambiti urbani specificatamente individuati. Data, infatti, la particolare condizione del patrimonio edilizio italiano, nel Piano nazionale per la ripresa e resilienza (PNRR) non potevano mancare importanti risorse per la rigenerazione urbana delle città italiane. Tra valorizzazione in chiave green del patrimonio pubblico edilizio e interventi di riduzione di fenomeni di emarginazione e degrado sociale, la rigenerazione urbana gioca un ruolo chiave per avere città più sostenibili ed inclusive. Tre le linee di investimento previste sul tema dal Recovery plan - su una quota di oltre 9 miliardi destinati alla rigenerazione urbana - 2,8 miliardi sono stati destinati al Programma innovativo per la qualità dell’abitare (PINQUA), che vede nel 31 marzo 2026 la dead line per il completamento delle opere, rispetto alla scadenza originaria del 2033. Si tratta di progetti di rigenerazione urbana ed edilizia residenziale pubblica finanziati con un investimento articolato in due linee di intervento, da realizzare senza consumo di nuovo suolo do not significant harm “DNSH” (Next Generation EU): a) riqualificazione e aumento dell’housing sociale, ristrutturazione e rigenerazione della qualità urbana, miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza, mitigazione della carenza abitativa e aumento della qualità ambientale, utilizzo di modelli e strumenti innovativi per la gestione, l’inclusione e il benessere urbano; b) interventi sull’edilizia residenziale pubblica ad alto impatto strategico sul territorio nazionale.
Le politiche territoriali in Emilia Romagna - normate dalla nuova L.R. n. 24/2017 - nascono dalla crisi, della precedente L.R. 20/2000, e dalla consapevolezza che si doveva innovare e cambiare pragmaticamente approccio e atteggiamento culturale, passando dal governo del territorio, alla tutela e riuso del territorio, a significare che il territorio non doveva essere oggetto di trasformazione ma di tutela, come risorsa non rinnovabile. Infatti, lo scopo della Legge era quello di ridurre il consumo di suolo e innescare processi di rigenerazione, che si riferissero ad organismi viventi come le città, potendo essere ripensate, in una sfida molto più ambiziosa della semplice riqualificazione con nuovo approccio innovativo alle problematiche ambientali per la resilienza urbana. Un cambiamento culturale che presuppone che le strategie siano integrate e non ci si limiti solo all’innovazione delle norme (Ave, 2020); per questo sono state messe in campo attività parallele che hanno consentito l’avvio concreto di una nuova stagione di sviluppo del territorio, orientato alla riduzione del consumo di suolo e alla rigenerazione urbana.  L’Emilia Romagna, inoltre, si è dotata di un altro strumento importante, i bandi di rigenerazione urbana per la stipula di contratti specifici di intervento con le amministrazioni comunali (prima tornata nel 2018, seconda tornata nel 2021), che meritano di essere richiamati per la forte innovazione amministrativa e procedurale che li ha caratterizzati. L’innesco del processo rigenerativo è, dunque, incentrato su una strategia per la qualità urbana ed ambientale (Squea) a regia pubblica che punta ad un incremento netto della resilienza urbana e territoriale, ad una forte riqualificazione dello spazio pubblico e delle sue reti quale contesto per rivalorizzazione la città privata, a partire dall’incremento della sicurezza statico-sismica e dell’efficienza energetica. Si vuole evitare, quindi, al nuovo piano di essere il tradizionale generatore di rendita anticipata: perché da un lato le funzioni che potranno riconsumare suolo devono essere ritenute strategiche per lo sviluppo territoriale, dall’altro perché nella città costruita e dunque già conformata, ogni nuova previsione urbanistica dovrà essere collegata al progetto di resilienza che la strategia pubblica si sarà data. In questo modo la strategia pubblica consente, quindi, di riprocessare il progetto escludendo comunque la prassi delle continue varianti cui era spesso costretto il piano tradizionale. Allo stesso modo il nuovo piano contempla la fase degli usi temporanei quale ambito di sperimentazione ed incubazione di nuove trasformazioni, cercando dunque di non perdere di vista quanto di irrisolto si muove e si produce in ambito urbano; inoltre apre alla necessità di confrontarsi con la struttura della proprietà che per larghissima parte è anche cittadinanza, per coinvolgerla in processi di trasformazione che possono anche recuperare una dimensione sociale dei loro esiti finali. Una dimensione sociale che è certamente fatta di innovazione, di inclusione, di nuova abilitazione o “riabilitazione” di reti di welfare non solo pubbliche e non solo tradizionali (Munarin, Tosi 2014).


Ferrara 2030

Il comparto ex-direzionale pubblico denominato Palazzo degli Specchi di circa 48.000 mq - ubicato in via Beethoven nella zona sud-ovest di Ferrara in fregio al palasport cittadino completato alla fine degli anni ’80 e sorto come Centro Polifunzionale Integrato mai attivato - è stato oggetto di un primo intervento effettuato dal Fondo immobiliare Ferrara Social Housing (Investire Sgr SpA), nel periodo 2017-2020 con l’acquisizione delle aree per la realizzazione di un recupero e riqualificazione in ottica di housing sociale, secondo le previsioni contenute nel piano di recupero del comparto ex direzionale pubblico di via Beethoven definito dal Comune di Ferrara. Queste iniziative hanno realizzato consistenti quote di patrimoni residenziali in molte parti di quella che oggi appare come una vasta e discontinua periferia urbana, di iniziativa e di proprietà privata. In molti casi, però, questi quartieri, pensati per un diverso modo di abitare e realizzati con caratteri morfo-tipologici e localizzativi che dovevano esprimere un’idea di urbanità persino antitetica rispetto a quella tradizionale dei contesti prossimi, sono andati incontro a fallimenti più o meno clamorosi e immediati. Le storie di ciascuno di questi quartieri sono diverse, ma quasi sempre è corrisposto - a una diminuzione delle loro qualità percepita dagli abitanti d’origine e al loro conseguente abbandono da parte di questi ultimi - l’innesco di una fase di deprezzamento e svalutazione del patrimonio abitativo che ha riposizionato ciascuno di questi quartieri rispetto a un diverso segmento della domanda abitativa.
La prima parte dell’intervento - denominata Corti di Medoro - è consistita nel recupero di immobili esistenti, completati e mai utilizzati e in stato di degrado, tramite riqualificazione in alloggi sociali (Farinella, Dorato, Nani, 2021), oltre a servizi di vicinato, con ampio mix tipologico e un’offerta abitativa relativa alla locazione a lungo termine e vendita a canoni e prezzi convenzionati con il Comune. Nel contesto dell’operazione il Fondo immobiliare ha trasferito al Comune l’edificio “ex albergo” destinato ad accogliere la nuova sede della Delegazione Comunale e della Polizia Municipale oltre alle risorse - circa 4 milioni di euro - necessarie per la ristrutturazione. L’intervento ha interessato la riqualificazione di quattro corpi di fabbrica a destinazione residenziale - circa 188 unità immobiliari - una piastra commerciale al piano terra con 14 negozi di vicinato oltre ad uno spazio polivalente di circa 150 mq a servizio della residenza, ed un quinto edificio destinato a residenza per studenti con 155 posti letto. Il progetto ha permesso la realizzazione di un ampio parco attrezzato a servizio del quartiere, circa 10.000 mq, e una piazza a corte privata ed asservita ad uso pubblico, di circa 6.000 mq. Il secondo stralcio dell’intervento di rigenerazione, invece, denominato Corti di Angelica, è stato oggetto di un protocollo di intesa tra il Comune e i soggetti, pubblici e privati, per la presentazione del progetto di valorizzazione dell'area, candidato al bando ministeriale Pinqua (Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare), e ammesso a contributo nel luglio 2021 (132esmio posto su 271). La proposta progettuale avanzata dal Comune di Ferrara, parte dall'idea di rigenerare l'intero complesso secondo precise linee guida: zero consumo di suolo, riqualificazione degli edifici esistenti, spazio al verde e valorizzazione degli spazi dedicati allo sport e alla socialità: in particolare, il Fondo Ferrara Social Housing prevede senza ulteriore consumo di suolo, la riqualificazione di un immobile degradato con l'utilizzo soluzioni ecosostenibili e il miglioramento sicurezza sismica per la realizzazione di 48 alloggi di housing sociale, la demolizione di tre fabbricati, aree da destinare come spazi polivalenti all'aperto e la realizzazione di due nuove piste ciclabili una con il nuovo polo fieristico ampiamente utilizzato dall'Università di Ferrara; e l’implementazione degli spazi dedicati all'attività sportiva indoor-outdoor con campi di allenamento, spogliatoi, uffici e aree servizi per complessivi mq 2.000. L’utilizzo dei protocolli di certificazione energetico-ambientale - a partire dai criteri ambientali minimi (CAM) veri paradigmi della sostenibilità urbana - è il punto di partenza per costruire politiche e strategie per una decisa transizione ecologica in grado di aumentare concretamente le capacità di resilienza, sostenibilità e salubrità dell’ambiente costruito. La complessità dell’ambiente urbano richiede una valutazione “sistemica” della sostenibilità declinata in un set di criteri misurabili, verificabili e certificabili e per questo trasparenti (Clementi, 2016). Il comparto dell’edilizia sostenibile, sostenuto dal Next Generation EU, è chiamato, quindi, ad una trasformazione culturale epocale delle nostre città per raggiungere gli obiettivi del Green Deal. Gli esiti scaturiti dal bando dei programmi Pinqua sono dunque quelli di avere interventi di rigenerazione urbana dotati di un senso maggiormente qualificante rispetto alla tradizionale riqualificazione urbana, caratterizzandosi per un più complessivo rilancio dei territori e dei contesti urbani, partendo dalle opportunità offerte soprattutto dal patrimonio edilizio dismesso e inutilizzato e dalle necessità della riqualificazione fisica di alcuni ambiti e dei relativi spazi pubblici; contemporaneamente avendo come orizzonte la promozione sociale di quei quartieri nel loro complesso, sviluppando le iniziative culturali e sociali, le economie locali, la riappropriazione degli spazi, il coinvolgimento degli abitanti, l’innovazione sociale, l’attenzione ai cicli naturali. E’ necessario, quindi, assumere un approccio integrato mirato allo sviluppo locale integrale del quartiere, soprattutto per la sua posizione periferica. Tale approccio non può essere sviluppato se non attraverso l’interdisciplinarità, il lavoro sul campo, le forme collaborative di riconoscimento e valorizzazione delle organizzazioni di abitanti e dei soggetti sociali che da tempo lavorano sui territori (Cellamare, Montillo, 2020). Assodata ormai la necessità di superare la logica della semplice valorizzazione immobiliare, è evidente, infatti, che la rigenerazione urbana non può essere limitata ad interventi sulle componenti fisiche, sia perché questo non è sufficiente, sia perché questo si perde rapidamente nel tempo; perché i quartieri - soprattutto quelli di edilizia residenziale pubblica e sociale - e i relativi abitanti si trovano ad affrontare problematiche sempre più rilevanti - desertificazione commerciale, inclusione sociale, carenza di servizi - che vanno oltre quelli solo legati allo spazio fisico, e che richiedono progetti duraturi in quei campi: sostegno alle economie locali, contrasto alla disoccupazione, sviluppo dei servizi, e della mobilità sostenibile. Il PNRR, chiamato a finanziare gli interventi previsti dal Pinqua, non sviluppa una vera e propria politica dell’abitare, limitando fortemente l’impegno sulla rigenerazione urbana intesa in maniera integrata, ma concentrandosi piuttosto sulla rigenerazione edilizia, investendo fortemente sul super bonus 110% e quindi sull’efficientamento energetico, oltre che sul tema della messa in sicurezza degli edifici. Si intenderebbe, quindi, veicolare, nelle migliori intenzioni, la rigenerazione urbana attraverso gli interventi di riqualificazione edilizia, al fine di realizzare interventi coerenti con il contesto urbano.


Conclusioni


Il tema delle periferie urbane è oggi strategico perché la città contemporanea si definisce proprio a partire da quei luoghi in cui vive la gran parte della popolazione, con situazioni di marginalità e di degrado ma anche di forte partecipazione e creatività. E’ possibile, dunque, evidenziare come nella rifunzionalizzazione delle aree dismesse sia prevalsa una logica incrementale, che ha favorito negli ultimi vent’anni l’individuazione di soluzioni puntuali in luogo di una visione strategica della città. Il Pinqua proposto per l’ex centro direzionale pubblico Palazzo degli Specchi è senz’altro un’intervento importante e molto ambizioso, perché punta a riqualificare e incrementare il patrimonio di edilizia residenziale sociale, rigenerare il tessuto socio-economico, incrementare l’accessibilità, la sicurezza dei luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici. Il miglioramento della coesione sociale e della qualità della vita dei cittadini, deve essere programmato in un’ottica di sostenibilità e densificazione, senza consumo di nuovo suolo e secondo il modello urbano della città intelligente, inclusiva e sostenibile (Smart City). Al netto dei ragionamenti su contraddizioni e punti critici, è evidente che il Pinqua dichiara un coraggioso ed esplicito no al consumo di suolo e lo fa nell’ambito del progetto della residenza, affermando che il progetto della città pubblica - servizi abitativi di quartiere, e reti di prossimità - è il campo di lavoro prioritario per la rigenerazione urbana, superando la logica dei grandi contenitori di servizi, da una parte, e i programmi per il rammendo delle periferie, dall’altra, confermando - in piena emergenza pandemica - la necessità che la qualità dell’abitare per essere generativa di nuove opportunità di benessere degli abitanti, debba essere integrata con la dimensione del welfare territoriale. (Munarin, Tosi 2014).




Riferimenti bibliografici

Farinella R., Dorato E., Nani M. (2021) Ferrara Acer 100. Per una storia della casa pubblica. Studi e documenti Iacp 1920/2020, L’Altralinea, Firenze
Ave G. (2020) Città e interesse pubblico. Analisi e proposte per le città italiane 1989-2020, Gangemi, Roma
Cellamare C., Montillo F.(2020) Periferia. Abitare Tor Bella Monaca, Donzelli, Roma
Clementi A. (2016), Forme imminenti. Città e innovazione urbana, List Lab,Trento
Zukin S. (2015), La gentrification è questa, in Semi G. “Gentrification”, il Mulino, Bologna
Calafati A. (2014), Città tra sviluppo e declino, Donzelli, Roma
Indovina F. (2014), La metropoli europea. Una prospettiva, F. Angeli, Milano
Munarin S. Tosi M.C. (2014), Welfare Space, List Lab, Trento
Viganò P. (2012), The Contemporary European Urban Project: Archipelago City, Diffuse city and Reverse City, in Greig Crysler C, Cairms S. and Heymen H., “The Sage Handbook of Architectural Theory”, Sage, London
Palermo P.C. (2009) I limiti del possibile. Governo del territorio e qualità dello sviluppo, Donzelli, Roma.




 

 







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