Lubiana è una delle più piccole capitali europee, la sua popolazione residente non supera i 300.000 abitanti, ma presenta una grande attitudine al miglioramento della qualità della vita dei suoi residenti. Negli ultimi 15 anni, la città è stata sottoposta ad una straordinaria riqualificazione delle sue aree centrali, con un progetto ampio di pedonalizzazione e rigenerazione dei suoi spazi pubblici principali e della mobilità lenta.
Nel 2012 la città si aggiudica il Premio per il miglior Spazio Pubblico Urbano d’Europa e, subito dopo nel 2016, viene nominata Capitale verde d’Europa. Una trasformazione repentina che ha mutato le sorti della città in meno di dieci anni.
Il progetto di riconfigurazione urbana, proiettato ad una vision del 2025, non si è ancora del tutto esaurito e, proprio in questi anni, si apre al coinvolgimento delle aree più periferiche (e forse più problematiche) fino al grande anello infrastrutturale che la circonda.
Una sorta di fase due dell’iniziale strategia di riqualificazione di cui si vuole dare conto in questo testo, anche a partire da alcune considerazioni fatte da Alberto Clementi nell’editoriale del n°13-142015 di EWT e da un’intervista con Janez Koželj, uno dei principali responsabili di queste trasformazioni.
Lubiana, un laboratorio di sviluppo sostenibile
Nel numero 13-14/2015 di Eco Web Town Alberto Clementi (direttore della rivista) scriveva un editoriale significativo per la storia, pur giovane, della rivista, provando a segnare un punto di svolta nell’orientamento della stessa, in ragione della conclusione di una prima fase del suo percorso scientifico. Nel testo si evidenziava la difficoltà, sulla quale a lungo la rivista aveva riflettuto, ad intendere il concetto di sostenibilità tanto più sfuggente quanto più sottoposta alle verifiche della sua dimensione costitutiva, che interseca la complessità delle trasformazioni urbane con le dinamiche economiche e sociali.
In particolar modo il testo sottolineava come nel tempo «[...] siamo diventati sempre più consapevoli di quanto la linearità dei procedimenti cognitivi e progettuali di stampo positivista che inonda la letteratura sulla sostenibilità sia del tutto inadeguata rispetto alla fertile laboriosità che deve caratterizzare il processo della progettazione, chiamato a contemperare criticamente le ragioni della sostenibilità con quelle del senso, della qualità e della fattibilità degli interventi per la città e il territorio».1
Sempre nello stesso numero del 2015 la rivista presentava gli esiti di una interessante trasformazione urbana in corso a Lubiana (piccola città capitale della Slovenia) che iniziava a restituire i primi frutti di una programmazione strategica fondata sull’implementazione di un piano di sostenibilità avanzato da una Vision proiettata al2025. Una programmazione coraggiosa, quella della municipalità di Lubiana, per una gestione integrata dell’ambiente urbano e un cambiamento radicale nel sistema dei trasporti; la città si avviava verso alternative ecocompatibili che, proprio in quegli anni, producevano riconoscimenti importanti per l’azione determinata di trasformazione radicale, distinta nei progressi concreti raggiunti (in breve tempo) sia in termini di materia ambientale che di qualità della vita.
Una testimonianza diretta di come il progetto «[...] sia chiamato a declinare le diverse modalità attraverso cui si realizza concretamente il principio di sostenibilità dello sviluppo, contemperando le esigenze di sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle trasformazioni, e valorizzando in modo riflessivo la sua coerenza rispetto agli obiettivi ultimi di qualità insediativa e paesaggistica delle trasformazioni urbane».2
Quel punto di svolta di cui parlava Alberto Clementi (ancora oggi alla guida della rivista) si rifletteva, quasi, nella presentazione dell’ampio dossier sulla città di Lubiana, testimoniato dalla concretezza di quella azione programmatoria e dall’esito che produceva sulla qualità della città, dell’ambiente urbano, della vita dei residenti e dei visitatori in transito.
L’anno successivo (siamo nel 2016) Lubiana viene proclamata Capitale verde d’Europa. Nella scelta dell’assegnazione di quell’importante riconoscimento, la commissione giudicatrice apprezzava in particolare il peso rilevante affidato alle misure adottate per la riduzione del traffico, il coinvolgimento delle principali aree verdi e la creazione di nuove centralità restituite con il recupero di aree degradate e di zone industriali dismesse, oltre ai progressi ottenuti nello smaltimento dei rifiuti, con l’ambizioso obiettivo di raggiungere la fatidica soglia a “zero rifiuti”.
Sono trascorsi ormai più di sei anni dalla pubblicazione di quel dossier .... «Da quando Lubiana è considerata una città dal cuore green, luogo in cui le foreste urbane rappresentano la risorsa verde per eccellenza e le questioni legate alla protezione e alla gestione delle aree urbane hanno acquistato nuova linfa».
Io stesso, (in qualità di curatore di quel dossier) osservavo come il progetto urbano messo a punto dalla governance della città, si concretizzasse a partire da un’incessante opera di progettazione architettonica nella quale gli interventi di risistemazione immaginati dal programma, sembrano ogni volta rimandare ad un disegno più ampio pensato per la città; come fossero parti autonome di un grande progetto urbano alla continua ricerca di un suo complessivo equilibrio. Era questa una prova della possibilità di percorrere la via indicata dalla rivista EWT, «[...] quella di una cultura progettuale capace – come scriveva Clementi - di coniugare la qualità dell’architettura con l’attenzione alle nuove domande sociali di sostenibilità ambientale. Quella indicazione diventa concretamente praticabile per riannodare i fili di una storia secolare di visioni e idee sulla città tuttora attuali, nonostante la profonda metamorfosi della città contemporanea. E che infine il rapporto tra le visioni d’insieme e i singoli interventi non è affatto scontato con la derivazione unidirezionata degli uni rispetto alle altre, ma può diventare occasione per sperimentare inedite relazioni di interdipendenza reciproca, che arricchiscono entrambi».3
I progressi compiuti dalla capitale slovena, testimoniano che anche le città di dimensioni ridotte con mezzi più modesti delle grandi capitali europee, possono regalare insegnamenti preziosi. Tutto questo – dice Janez Koželj, prinicpale artefice di quella programmazione – «[...] dimostra inoltre che in materia di sostenibilità le piccole città sono in grado di apportare una quantità di cambiamenti straordinari in un breve periodo di tempo. La sostenibilità è un percorso che nel tempo offre opportunità di miglioramento continuo a beneficio dei cittadini, a loro volta in continua evoluzione e pronti ad attuare le modifiche necessarie per raggiungere i propri obiettivi».4
Lubiana oggi ha riqualificato gran parte delle aree urbane del centro recuperando il degrado e la dismissione di molte sue parti; la rete di aree pedonali nella sua perimetrazione storica si è estesa ad oltre dodici ettari. Il piano di riqualificazione ha restituito una nuova configurazione alla cintura interna più prossima alla parte consolidata della città, con il collegamento ai grandi parchi urbani, ai giardini ed ai residui di aree rurali, elevando di molto il rapporto tra verde pubblico e residenti. Tutto questo ha contribuito in larga misura al miglioramento della qualità dell’aria ed al benessere diffuso in gran parte delle aree residenziali, anche quelle ormai a ridosso del grande scorrimento veloce che perimetra lo sviluppo urbano.
L’intero centro urbano è oggi una sorta di laboratorio attivo in cui vengono testate nuove forme di sviluppo sostenibile come azione pragmatica nel contesto della quotidianità urbana. Il programma delle trasformazioni immaginate sul lungo termine, attraverso l’introduzione di progetti pilota, è arrivato ad includere l’intera estensione della città, dal centro fino agli insediamenti residenziali periferici. Tra le principali azioni che hanno letteralmente sostenuto le simulazioni sul campo, la più importante è quella della dotazione diffusa di spazi condivisi: una delle più significative misure di sostenibilità. «Lo spazio condiviso è ciò che unisce le persone fuori dalle loro abitazioni: col tempo la comunità impara ad essere sempre più responsabile, tollerante e sensibile favorendo in questo modo la sostenibilità sociale della città».5
In questa stessa direzione Alberto Clementi concludeva il suo editoriale, sottolineando la necessità di cambiare l’urbanistica convenzionale, impantanata com’era in procedure e concezioni burocratiche e farraginose, che deprimono la progettualità e soprattutto si dimostrano incapaci d’infondere attese e speranze per il futuro che incombe.
«La nuova urbanistica dovrà diventare l’espressione di una strategia di sviluppo sostenibile che guarda con fiducia all’avvenire della città, promuovendo in modo possibilmente condiviso pochi progetti urbani di valenza al tempo stesso urbanistica, paesaggistica, sociale ed economica, e assicurando nel contempo una gestione sostenibile del patrimonio esistente, con poche regole ben comprensibili e facili da rispettare sia nella impostazione che nella valutazione degli interventi in gioco»6.
Una conversazione con Janez Koželj*
Ho incontrato Janez nel suo ufficio della municipalità, spiegandogli il senso del lavoro che stavo facendo, nel tentativo di ricostruire una sorta di genealogia dei progetti e delle architetture che dai primi interventi di Plečnik, negli anni ’20 e ’30, hanno portato Lubiana ad essere una delle più belle città d’Europa, premiata in più occasioni per la qualità degli spazi pubblici urbani (2012) e per la sostenibilità ecologica ed ambientale (2016)7.
La conversazione si apre sulle immagini di un reportage fotografico realizzato da Luigi Ghirri per l’Electa nel 1988, che ritraggono una città densa di architetture, di edifici, ponti e spazi pubblici che si distribuiscono lungo la Ljubljanica in un rapporto stretto tra l’artificio delle pietre e la natura dell’acqua e degli argini alberati che l’accompagnano. Ghirri fissa nelle foto una città che di lì a poco muterà significativamente la sua condizione, a partire dalla dichiarazione di indipendenza del 1991 e dalla progressiva apertura delle frontiere ai mercati della Unione Europea, fino a diventarne parte ufficiale nel 1994.
DP_Cosa succede in quegli anni? la città sembra cambiare destino, il centro si svuota dei suoi residenti e le periferie si riempiono di nuovi insediamenti commerciali che, distraggono la città dal suo nucleo originario, invertendo un processo costruito sull’equilibrio miracoloso tra residenti, attività, e spazi pubblici urbani.
JK_In realtà in quegli anni la città fa una sorta di salto mortale (in avanti), provando a cercare la sua nuova dimensione di città capitalista, senza aver mai del tutto metabolizzato la sua vecchia condizione socialista che da poco aveva aperto le porte all’Europa.
Il centro storico si svuota, non solo e non tanto di persone ma di contenuti e quindi anche della qualità dell’architettura che fino a quel momento l’aveva distinta; inverte lo sguardo verso altri obiettivi senza tuttavia curarsi della fragilità di quell’equilibrio miracoloso, come lo chiami tu, stratificatosi nel tempo.
Strade, piazze, ponti, sono invasi dal traffico veicolare, ed ogni spazio libero piccolo o grande che sia, diventa occasione di sosta selvaggia e di parcheggio diffuso. È questa la situazione che abbiamo trovato quando ci siamo insediati in occasione del nostro primo mandato; senza alcuna eredità da portare avanti, senza un programma definito, senza risorse, senza un’idea di futuro.
Janez guarda le immagini di Sergio Camplone, immagini realizzate solo qualche mese prima, che testimoniano di una città ritornata al suo splendore originario, le sfoglia e le dispone aperte su tutto il tavolo e indicandole una ad una dice … ecco vedi, tutti questi progetti non c’erano8.
DP_Siamo nel 2006 se non sbaglio, l’anno in cui vieni eletto nel Consiglio Comunale della città, insegnavi ancora alla Facoltà di Architettura; subito dopo ti viene affidata la delega alla pianificazione urbana, è in quel momento che nasce il programma di interventi per una nuova visione della Lubiana futura.
JK_Si, è questo forse il primo ed il più importante atto prodotto per il rilancio della città, una scommessa per il futuro, dici bene, ma in continuità con la tradizione. Un programma che non è solo un elenco di buone intenzioni, ma la concretezza di un nuovo sviluppo urbano. Una sorta di utopia fondata sulla realtà, nella quale la parte principale della visione è rappresentata dai progetti. Non solo orientamenti o riferimenti a qualcosa …ma progetti.
DP_Progetti che poi apriranno la stagione dei concorsi di architettura necessari per realizzarli; se non sbaglio, solo nell’area centrale della città, sono stati banditi oltre cinquanta confronti pubblici, aperti a tutti i professionisti, con la partecipazione delle istituzioni e dei residenti.
JK_Si, proprio così, sono progetti che si trasferiranno in azioni, piani, esplicitazioni particolareggiate di un quadro generale per la riqualificazione della città. Abbiamo iniziato a lavorare su questo programma senza avere alcuna priorità precisa, consapevoli di operare all’interno di una visione complessiva, nella quale a poco a poco ciascuna realizzazione avrebbe contribuito, con la sua funzione, alla totalità del disegno finale.
DP_Un disegno d’insieme nel quale si collocano i singoli progetti.
JK_I progetti si avviano a mano a mano che si recuperano le risorse per realizzare questo nuovo sguardo generale, questa grande figura. La parte più importante di questa figura non è solo il disegno, ma l’elenco dei progetti utili a realizzarlo, nel quale abbiamo messo al primo posto la riqualificazione degli spazi pubblici urbani.
DP_Ed è questa la ragione per il primo importante riconoscimento del premio europeo per lo spazio pubblico urbano.
JK_Come sai Lubiana è una città con una elevata qualità architettonica, alla quale hanno contribuito architetti come Max Fabiani, Jože Plečnik, Edvard Ravnikar, per cui abbiamo scelto di lavorare sulla qualità dello spazio pubblico urbano, come fosse uno sfondo, indispensabile per godere della bellezza di queste opere.
Per raggiungere l’obiettivo abbiamo combattuto contro l’espansione degli insediamenti commerciali, che in quegli anni attraevano gran parte dei turisti e dei consumatori in genere (sia sloveni che soprattutto stranieri). Abbiamo messo in campo tutta la nostra abilità politica, tutte le nostre risorse economiche e le migliori intelligenze creative a disposizione.
DP_Tutto questo chiaramente, ha anche avvicinato l’investimento dei capitali privati, che hanno progressivamente creduto in questo progetto ed hanno ingaggiato con voi la battaglia contro lo svuotamento del centro in favore del ridimensionamento delle periferie, attratte come non mai, dalla globalizzazione delle nuove forme di consumo. È come se l’impegno sulla riqualificazione dello spazio pubblico, fosse da voi utilizzato come uno strumento di sviluppo socio-economico e culturale per il centro della città; e la qualità dell’architettura come merce di scambio per gli investimenti dei privati sulla rigenerazione urbana.
JK_Esatto, abbiamo innescato una sorta di effetto catalizzatore. Si veda, ad esempio, il risultato della riqualificazione privata sulla Slovenska cesta, a partire dalla risistemazione dei suoi spazi, delle pavimentazioni e dell’illuminazione pubblica9. Tutto questo ha rimesso in moto il turismo, le economie commerciali e quelle sociali. L’esito più importante, tuttavia, rimane quello della riqualificazione della vita pubblica nella città.
Abbiamo iniziato dalla riqualificazione degli argini della Ljubljanica per poi, a poco a poco, passare agli spazi più prossimi al fiume e poi ancora a quelli più interni fino ad inoltrarci nella città consolidata … ed ora stiamo lavorando sulla cinta periferica, quasi a chiudere il ciclo di opere originariamente indicato in quella visione. Il centro e le periferie, finalmente ritroveranno quella dimensione coerente di rapporti e di relazioni tra le parti.
DP_Ma tutto questo coincide in gran parte con l’originario obiettivo messo a punto da Plečnik. Fu lui il primo ad investire il fiume di un ruolo fondamentale, una sorta di nuova centralità urbana, lo spazio pubblico per eccellenza, lungo il quale affacciare gli spazi e gli edifici pubblici più importanti, collegati dal sistema di ponti che non servivano solo da ricucitura delle rive ma anche come vere e proprie piazze sull’acqua.
JK_Certo anche se il nostro lavoro è meno evidente dell’opera straordinaria di Plečnik, sui ponti abbiamo lavorato a partire dall’adeguamento tecnico dei sottoservizi, dotandoli anche di cavedi per il cablaggio delle nuove telecomunicazioni. Sempre nella direzione dell’idea ereditata da Plečnik, abbiamo anche attrezzato gran parte delle rive con un sistema organizzato di approdi per rendere il fiume navigabile, non solo per le imbarcazioni turistiche (oggi perfettamente funzionati) ma anche per un futuro trasporto pubblico, come accade con i vaporetti a Venezia.
DP_Finalmente Plečnik potrebbe vedere realizzato il suo sogno di trasformare la Ljubljanica nel nuovo Canal Grande, con i palazzi più belli che vi si specchiano e con le rive animate dai residenti e dai turisti che le percorrono sia lungo gli argini che sull’acqua.
Siete comunque riusciti ad andare oltre quell’idea di monumentalizzazione dello spazio pubblico immaginata da Plečnik, investendo sull’adeguamento tecnico delle sue trasformazioni, capace di adeguare la dimensione storica dell’architettura alla contemporaneità del suo uso. Una sorta di nuovo layer che offre all’architettura l’occasione per stabilire nuove relazioni con il sistema delle infrastrutture ambientali.
JK_Proprio così, ma questa, al di là della sua architettura, del suo linguaggio e della sua capacità visionaria, era la qualità principale di Plečnik, una lezione che abbiamo saputo cogliere per alimentare la nostra strategia, riportando il suo modo di vedere in ogni intervento, come parte fondamentale di un disegno complessivo.
DP_Una strategia che lavora, per piccoli passi, a grandi trasformazioni, ma tutta interna alla dimensione compiuta di un’idea precisa di città. La costruzione di singoli personaggi che appartengono alla trama, già scritta, di un racconto unitario che li vede come protagonisti.
JK_Come puoi immaginare, il mio principale dovere è stato quello, oltre al coordinamento generale dei tanti progetti realizzati, di preservare lo spirito e l’opera di Plečnik, senza rincorrere il suo personale linguaggio, ma dando spazio ai suoi modi di intervenire sulla città. Avevamo addosso gli occhi di tutti, storici, architetti, studiosi e cultori del grande maestro sloveno, ma abbiamo lavorato soprattutto interpretando le sue idee… e questa è oggi, la sua contemporaneità.
Note
1 CLEMENTI A, Nuove prospettive per EWT, editoriale del n° 13-14/2015, edizioni SUT Università Chieti-Pescara, Pescara 2015
2 CLEMENTI A, Nuove prospettive per EWT, editoriale del n° 13-14/2015, edizioni SUT Università Chieti-Pescara
3 CLEMENTI A, op. cit.
4 Koželj J., La rigenerazione sostenibile di Lubiana, Capitale verde europea, in MARTINELLI N., MININNI M., (a cura di), Città Sostenibilità Resilienza, Donzelli Editore, Roma 2021, p. 100
5 Koželj J., La rigenerazione sostenibile di Lubiana, Capitale verde europea, in MARTINELLI N., MININNI M., (a cura di), Città Sostenibilità Resilienza, Donzelli Editore, Roma 2021, p. 101
6 CLEMENTI A, op. cit.
7 in realtà sono tanti i riconoscimenti di rilievo ricevuti dalla città in questi ultimi anni: il premio da parte del Consiglio Europeo degli Urbanisti, nel 2011, per il progetto di riqualificazione delle sponde sulla Ljubljanica, il Premio Europeo per lo Spazio Pubblico 2012, il Premio Max Fabiani nel 2013, ovvero uno dei maggiori riconoscimenti per l’eccellenza nella pianificazione territoriale ed urbanistica, ma il riconoscimento più importante è proprio quello del 2016, anno in cui Lubiana è nominata Capitale Ecologica d’Europa, superando nelle valutazioni della commissione, competitor importanti e di eccellenza come Essen, candidata per la Germania, Nijmegen per l’Olanda, Oslo per la Norvegia e Umea per la Svezia.
Si veda in proposito il sito www.architetturaecosostenibile.it/architettura/progetti/in-europa/lubiana-capitale-2016-384/
8 Sergio Camplone è il fotografo invitato a raccontare della Ljubljana attuale ed ha realizzato una serie di scatti che documentano della qualità degli spazi pubblici urbani, con particolare riferimento agli ambienti, agli edifici, ai ponti ed agli spazi pubblici urbani lungo il fiume.
9 Il progetto di ristrutturazione per la Slovenska è uno dei più importanti progetti realizzato negli ultimi anni a Lubiana, un progetto che intende restituire la strada ai pedoni per ricreare uno spazio alla scala urbana (prima percorsa unicamente dal traffico veicolare pubblico e privato). Come già aveva fatto Plečnik per la via Vegova, si tratta di regolamentare lo spazio in relazione alle nuove modalità d’uso della città, sostituendo la mobilità veloce privata, con quella lenta e pubblica per la rinascita dello spazio collettivo.