Abstract:
Il progetto di ricerca nazionale “Adattamento e mitigazione ai Cambiamenti CLIMAtici: intervenTI urbani per la promOzioNe della Salute – CLIMACTIONS” si occupa, con sguardo multidisciplinare, di temi relativi alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico in ambiente urbano.
La città è ormai sempre più diffusamente considerata come “habitat naturale” dell’uomo. L’impatto sul clima delle attività antropiche che si svolgono nelle città è devastante: le città sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di CO2 e sono soggette a un più elevato rischio di subire eventi meteorologici estremi (caldo, precipitazioni, ecc.), con impatti negativi sulla salute, in particolare delle fasce più fragili di popolazione.
Il coinvolgimento di ricercatori specializzati sui temi del progetto architettonico e urbano parte dalla consapevolezza che molto si può fare in termini di prevenzione, agendo sui contesti ambientali delle città; muove dalla volontà di approfondire gli aspetti tecnici e tecnologici per una revisione delle strategie di mitigazione, ma anche dalla necessità di confrontare le azioni e le strategie con la complessità dei contesti urbani contemporanei e dalla volontà di costruire, anche attorno alle questioni di adattamento e mitigazione, immaginari e visioni per il futuro dei nostri habitat.
Introduzione
Di Francesca de’ Donato
Nelle aree urbane vive oltre il 50% della popolazione mondiale. In termini di impatto sul clima le città consumano oltre i due terzi dell’energia totale e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di gas serra. Le aree urbane sono anche ad elevato rischio di subire gli effetti più devastanti dei cambiamenti climatici a causa degli eventi meteorologici estremi attesi (ondate di calore, uragani e inondazioni, incremento del livello del mare) (IPCC 2021). Pertanto le città devono essere in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici e devono svolgere un ruolo guida nelle strategie per identificare interventi di adattamento e mitigazione.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità il contrasto ai cambiamenti climatici e agli effetti sulla salute che ne derivano rappresenta la più importante sfida del XXI secolo e implica l’identificazione di politiche inter-settoriali di adattamento per migliorare la risposta e la resilienza nel breve termine e la mitigazione dei cambiamenti climatici con benefici per la salute immediati e a medio-lungo termine. La recente COP26 non ha soddisfatto, in quanto l’accordo finale firmato dai 197 paesi è stato definito debole e le misure tardive e insufficienti per contrastare la situazione emergenziale. Alcuni aspetti importanti del trattato vanno segnalati: l’accordo che impone di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale, cosa che implica il rafforzamento delle politiche climatiche e definisce un piano per ridurre l’utilizzo del carbone (phase out e non eliminazione come proposto inizialmente); la decisione di raddoppiare i fondi internazionali per le azioni di adattamento, soprattutto nei paesi più vulnerabili, attraverso un programma di lavoro “Global Goal on Adaptation”, finalizzato a definire gli indicatori per monitorare le azioni di adattamento; l’aumento dei finanziamenti per constatare i cambiamenti climatici a supporto dei paesi in via di sviluppo e la finalizzazione del “Paris Rulebook” che rende pienamente operativo l’Accordo di Parigi.
Le ricadute positive sulla salute di molte misure di mitigazione possono aiutare ad affrontare priorità sanitarie globali, come la mortalità per cause respiratorie o cardiovascolari nella popolazione anziana, la riduzione di incidenza di patologie croniche non trasmissibili (es. malattie ischemiche cardiache, diabete). L’approccio dei cosiddetti “co-benefici” di salute considera infatti i vantaggi per la salute associati ad interventi di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici che rappresentano al tempo stesso interventi di sanità pubblica. In questo contesto il progetto CLIMACTIONS (fig. 1) finanziato dal Ministero della Salute, con bando CCM, è finalizzato ad identificare strategie e interventi di mitigazione dell’isola di calore urbano (ICU) e dell’inquinamento atmosferico che promuovano benefici per la salute della popolazione nel contesto urbano di 6 città (Torino, Genova, Bologna, Roma, Bari e Palermo).
Le principali attività del progetto sono:
Il progetto è coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio- ASL ROMA 1, che con la collaborazione interdisciplinare di 9 enti partner di 6 regioni e diversi sub-contractor di enti locali sta sviluppando le diverse linee tematiche e le attività del progetto. Il partenariato comprende l’Istituto superiore di sanità (ISS), l’Agenzia Regionale Sanitaria ARES Puglia, il Dipartimento di Salute e servizi sociali - Regione Liguria, l’Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale Emilia-Romagna, il Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASLTO3, Il servizio epidemiologico della Regione Sicilia, l’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica (IRIB) del CNR di Palermo, e la Facoltà Architettura -Università Roma Tre.
Il progetto si propone di realizzare strumenti innovativi a supporto del processo di decision-making, fornendo agli stakeholder locali un importante elemento per la promozione di misure di adattamento e mitigazione ai cambiamenti in ambito urbano con particolare enfasi sui benefici per la salute e una maggiore vivibilità nel contesto urbano.
Spazio pubblico e adattamento: costruire visioni di città
Il coinvolgimento del Dipartimento di Architettura nell’ambito di questo progetto di ricerca è stato accolto dal gruppo di lavoro (un gruppo afferente al Laboratorio di ricerca permanente “progetto e contesti” guidato dal prof. Paolo Desideri1) con grande entusiasmo; non solo per l’indiscutibile rilevanza dei temi trattati e delle sfide poste, ma anche perché spinge coloro che si occupano di progetto e di città a costruire visioni future che includano, o meglio che siano orientate, dalle questioni della sostenibilità e dell’adattamento attraverso uno sguardo più radicale.
Dal punto di vista dell’adattamento ai cambiamenti climatici, la città merita un discorso specifico; è ormai noto infatti che il microclima alla scala urbana presenta un fenomeno del tutto particolare, quello della cosiddetta “Isola di Calore Urbana” (ICU). L’ICU descrive quella particolare condizione per cui le temperature misurate nelle aree urbane risultano significativamente superiori rispetto a quelle misurate nelle aree rurali circostanti (Oke 1982). Negli ultimi decenni questa differenza di temperatura è arrivata a superare i 10°C. Se è vero, dunque, che la città è uno dei sistemi antropici con impatto maggiore sul cambiamento del clima, è vero anche che è il luogo in cui gli effetti di questo cambiamento si fanno sentire in modo più significativo, in forme più estreme, con impatti talvolta devastanti. Peraltro, all’interno delle aree urbane, l’ICU non si distribuisce in modo omogeneo; alcune aree possono essere molto più calde di quelle limitrofe, in ragione di caratteri morfologici, geografici e anche tipologici. Il progetto Climactions ha scelto di concentrare il suo lavoro sull’ambiente urbano: approfondire la comprensione dei diversi aspetti di questo fenomeno consente non solo di affrontare la questione della mitigazione del calore ma anche di ampliare il discorso sull’adattamento a tutti gli altri fattori che influenzano la salubrità e la vivibilità dello spazio urbano.
Molti dei partner di progetto hanno già al loro attivo diverse ricerche sui temi dell'impatto dei cambiamenti climatici sulla salute: che un primo importante step di prevenzione riguardi le trasformazioni dell'ambiente abitato, e non solo di quello domestico ma anche e soprattutto di quello “pubblico”, è ormai convincimento diffuso. Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Architettura è stato dunque coinvolto proprio per affrontare gli aspetti che riguardano le trasformazioni dello spazio urbano necessarie per l'applicazione di quelle che vengono definite "strategie di mitigazione". Riguardare e integrare, alla luce di questa necessità di ampliamento dello sguardo, le strategie sperimentate e consolidate in letteratura è la richiesta formulata al gruppo di ricerca di Architettura. La sfida non si riduce però a una valutazione quantitativa degli effetti che alcune best practice possono produrre o all’“invenzione” di nuove tecniche. Il progetto di ricerca mira ad affrontare il tema dell’urban health da un punto di vista più ampio che prova a includere, nella costruzione di nuove visioni per la città, gli aspetti qualitativi e, più in generale, di abitabilità degli spazi; in particolare degli spazi pubblici urbani.
Il contributo che i ricercatori che si occupano di progetto e di sviluppo urbano possono offrire chiama in gioco uno sguardo e una sensibilità più specifiche e competenti rispetto alle necessarie articolazioni richieste dall'applicazione delle strategie di mitigazione. È evidente infatti che non è sufficiente individuare le azioni capaci di migliorare la salubrità dello spazio: bisogna saper riconoscere le specificità e le complessità dei molti e variegati scenari urbani che disegnano la città contemporanea al cui interno queste azioni prendono forma. E non solo: la ricerca ha l'obbiettivo di dimostrare che una progettazione dello spazio pubblico attenta ai temi del benessere e della salute, ma anche a quelli che riguardano la qualità architettonica e spaziale, può rappresentare (e in tempi post-pandemici questo è ancor più vero) un elemento di valorizzazione veramente significativo nei processi di rigenerazione urbana e di recupero dei patrimoni edilizi, individuati tra le principali linee di azione dal PNRR.
Alla luce di queste considerazioni, la risposta viene affidata a due prodotti: la definizione di un sistema di linee guida, applicabili a diverse tipologie di struttura urbana e capaci di orientare la progettazione in tema di climate resilience, e l’individuazione di un caso-studio all’interno della città di Roma, segnato da caratteri specifici e per certi versi contraddittori rispetto alla casistica, su cui viene sviluppato un progetto pilota. La logica ermeneutica che tiene insieme i due prodotti allude naturalmente all’apertura della ricerca a futuri sviluppi: è proprio nella complessa relazione tra i parametri che consentono di definire gli “insiemi urbani” e gli elementi di volta in volta “emergenti” che mettono in discussione quelle stesse casistiche (questa volta non solo sul piano tecnico-scientifico ma anche in vista di più ampie ipotesi di rigenerazione) che la ricerca può trovare i suoi esiti più fertili.
La prima fase: comprensione del fenomeno ICU, caratteri e fattori rilevanti
La prima fase del progetto si è dunque concentrata sulla comprensione del fenomeno ICU e dei fattori (fisici, morfologici, di contesto, ecc) che ne influenzano l’emersione e la permanenza.
La maggior parte dell’energia termica che investe l’ambiente urbano deriva dalla radiazione solare (che si divide in tre componenti principali: diretta, diffusa, riflessa) che viene immagazzinata dalle superfici del costruito durante il giorno e re-irraggiata nell’ambiente circostante, come radiazione infrarossa, di notte. È infatti nelle ore notturne che la differenza di temperatura tra le aree rurali e quelle urbane è maggiore.
Dall’altra parte le attività antropiche contribuiscono in maniera sensibile all’innalzamento della temperatura in ambiente urbano: la mobilità, le emissioni degli edifici e tutte le attività produttive generano effetti diretti (riscaldano direttamente l’ambiente) e effetti indiretti.
Come già accennato, l’isola di calore non si distribuisce uniformemente sul territorio urbano: esistono evidentemente delle relazioni tra le caratteristiche ambientali dei luoghi e l’intensità con cui il fenomeno si manifesta. I principali fattori di influenza identificati sono (D’Olimpo 2008):
L’individuazione dei fattori che influenzano il fenomeno ICU consente di comprendere quali sono i principali elementi con cui è necessario confrontarsi nella redazione di progetti che sappiano affrontare la questione della mitigazione del caldo.
Tra i punti di partenza della ricerca grande rilievo hanno avuto le esperienze già compiute in questo ambito d’azione a livello internazionale. Tra i molti casi studio individuati, tre sono stati considerati particolarmente significativi, per la prima fase della ricerca, perché capaci di rappresentare le varie scale a cui è possibile pensare un intervento di mitigazione (fig. 2):
La seconda fase: l’ICU a Roma
Nel passaggio successivo il gruppo di ricerca ha sviluppato i primi ragionamenti progettuali a partire dall'osservazione e dall'analisi del fenomeno ICU a Roma. Questa osservazione muove dall'elaborazione di due sistemi di dati: i dati satellitari NASA MODIS che forniscono una descrizione del fenomeno ICU a Roma nel periodo dal 2001 al 2010 attraverso una media estiva annua delle temperature in una griglia di 1Kmx1Km (dati forniti dal DEP Lazio). L’elaborazione di questi dati ha consentito di produrre una mappa di calore che mostra la distribuzione e l’intensità dell’isola di calore sul territorio comunale, mettendo in evidenza le porzioni di territorio più interessate dal fenomeno. Quello che è immediatamente possibile osservare (e che peraltro si osserva anche nelle altre città) è che il fenomeno tende a intensificarsi progressivamente dai margini esterni verso il centro, con alcune significative eccezioni. A partire da questa osservazione a grande scala è stato possibile formulare le prime ipotesi per la scelta delle aree su cui sviluppare il progetto pilota. Per le aree selezionate tra quelle che presentavano maggiori criticità, è stato possibile sviluppare un approfondimento tramite l'elaborazione del secondo sistema di dati, i dati Copernicus2, che danno informazioni sulla temperatura dell'aria con maggiore definizione spaziale (una griglia di 300X300 metri) e temporale (descrivono le variazioni di temperatura di ogni ora, ogni giorno e non più una media) in un periodo più recente (2010-2017). Confrontando i dati delle zone interessate, elaborati tramite software Mathematica, con i dati di temperatura rilevati da stazioni meteorologiche presenti in aree rurali circostanti (nello specifico è stata scelta l'area di Castel Porziano) è possibile avere una descrizione piuttosto accurata dell'andamento del fenomeno ICIU (Isola di Calore Intra urbano).
Ma questa scelta, questa prima selezione di aree per lo sviluppo del caso studio, non è stata guidata solo dalla elaborazione e dalla comprensione dei dati numerici. La volontà del gruppo di ricerca era infatti quella di includere in questa prima elencazione un campionario sufficientemente eterogeneo di spazi urbani che fosse capace di rappresentare le diverse “sfide” e i diversi elementi di complessità che la città offre oggi ai progettisti; un campionario eterogeneo, dunque, sia sul piano della morfologia (quindi del tipo di tessuto), che sul piano degli interventi che è possibile pensare per quei luoghi (quindi degli aspetti normativi e vincolistici). L’intersezione di questi due piani disegna uno schema in cui la città è divisa in quattro settori concentrici che contengono le diverse aree selezionate; per semplicità, possiamo dire che i settori individuati corrispondono alle categorie tipiche delle zonizzazioni tradizionali (fig. 3).
Il primo settore coincide orientativamente con il centro storico della città: tessuto denso e limitate possibilità di intervenire sugli aspetti fisici dei luoghi. Questa porzione di città è quella in cui si registrano i picchi massimi di ICU, con valori medi che sfiorano i 3°C, ma andando poi ad osservare l’evoluzione del fenomeno nelle diverse ore della giornata e nei diversi giorni grazie all’elaborazione dei dati Copernicus (nello specifico l’approfondimento ha riguardato un’area che include piazza Montecitorio e i suoi immediati dintorni per il mese di Luglio 2017) è possibile notare che la massima differenza di temperatura con la zona rurale presa a riferimento (Castel Porziano) si registra il 14 Luglio intorno all’1:00 di notte e che questo picco supera i 5°C. Paradossalmente è proprio in questo tipo di contesti, quelli più “fragili” dal punto di vista del comportamento microclimatico, che è più complesso realizzare interventi di mitigazione: è necessario immaginare azioni che tengano insieme piccoli interventi materiali poco impattanti (quando sono possibili) con azioni strategiche e immateriali (che possono comunque essere significativamente efficaci) che riguardano gli usi e le modalità di attraversamento di questi luoghi (fig. 4).
Il secondo settore riguarda le porzioni di città consolidata interessate da espansioni otto-novecentesche con caratteri morfologici non dissimili dal settore precedente (tessuti densi) ma che consentono di immaginare un più ampio ventaglio di interventi che, seppur senza intaccare i caratteri strutturali del tessuto, possano prevedere forme più o meno impattanti di modificazione fisica degli spazi; a questo settore, proprio perché capace di intrecciare caratteri diversi relativi ad ambiti urbani diversi, appartiene l’area che è stata poi selezionata per lo sviluppo del progetto pilota. Si tratta in particolare dell’area di Piazza Mancini, nella zona del Flaminio. Anche qui, una più approfondita osservazione del fenomeno, grazie ai dati Copernicus, ha rivelato dei picchi molto alti di ICU (6,34°C alle ore 16.00 del 31 Luglio 2017) (fig. 5).
Il terzo settore comprende aree periferiche più o meno dense; per la posizione che queste occupano, e assumendo che il fenomeno ICU ha un andamento che cresce all’avvicinarsi del centro città, verrebbe naturale aspettarsi che il fenomeno presenti qui valori meno significativi; è tuttavia possibile riscontrare in alcune di queste aree periferiche dei valori di picco molto prossimi a quelli massimi, tipici delle zone più centrali. È il caso del quartiere Centocelle, una delle porzioni più densamente popolate della città anche se piuttosto distante dal centro, che a valle dell’elaborazione dei dati Copernicus, rivela un picco di 5,37°C alle 16.00 del 31 Luglio 2017. Per le aree appartenenti a questo settore è possibile prevedere modificazioni fisiche anche molto significative; è verosimile dunque aspettarsi che siano gli ambiti in cui le azioni di mitigazione potrebbero produrre i migliori risultati, oltre che rappresentare delle ottime occasioni per confrontarsi con le questioni più generali che non di rado interessano questo tipo di contesti (e che riguardano servizi, mobilità, assenza di aree verdi ecc.) (fig. 6).
Il quarto settore è quello più “esterno”; riguarda zone di espansione mediamente caratterizzate dalla presenza di vaste aree non edificate (e quindi di struttura urbana non densa). Effettivamente, come ci si potrebbe aspettare, i valori medi di ICU che vi si riscontrano sembrano essere più bassi; l’interesse del gruppo è stato perciò attirato da alcune aree destinate a importanti interventi di edilizia pubblica. Quello che ha orientato l’attenzione verso questi luoghi è stata l’ipotesi che osservarli più da vicino avrebbe potuto rivelare delle variazioni molto più significative tra le aree costruite e quelle lasciate vuote. In effetti, osservando il comportamento microclimatico dell’area che ospita il grande complesso residenziale di San Basilio, l’ipotesi si è rivelata corretta: anche a San Basilio, il 31 Luglio del 2017 intorno alle ore 16.00 la differenza con la temperatura rilevata a Castel Porziano è di 6,34°C. Anche questi luoghi, per motivi analoghi a quelli descritti per il settore precedente, rappresentano dei campi di sperimentazione molto interessanti per un ragionamento sulla mitigazione del caldo (fig. 7)
La terza fase: il progetto pilota
L'ultima fase della ricerca, quella ancora in corso, riguarda la redazione del progetto pilota. In questa fase il gruppo si è esteso, coinvolgendo alcuni ricercatori appartenenti al Dipartimento di Ingegneria Roma Tre3 e già impegnati in progetti e ricerche sui temi della mitigazione dell'ICU.
Il "nuovo" gruppo di ricerca ha, come si accennava, individuato l'area di Piazza Mancini, al Flaminio, come luogo di particolare interesse per un approfondimento e una sperimentazione progettuale; i motivi della scelta non sono esclusivamente quelli già accennati sopra (la capacità di intersecare caratteri diversi e appartenenti ad ambiti urbani diversi), ma riguardano anche le condizioni ambientali e la morfologia specifica di quest’area e alcuni elementi “contraddittori” che la distinguono (fig. 8). Se è vero infatti che la piazza sorge sulle sponde del Tevere (e la presenza di una così importante fonte di acque nelle vicinanze dovrebbe costituire di per sé un elemento di mitigazione, e invece sembra in questo caso non lo sia) è vero pure che oggi si presenta come una grande spianata di asfalto destinato a terminal per gli autobus, peraltro fortemente sottoutilizzata: l’area è dunque piuttosto “vulnerabile” sul piano degli effetti del caldo e parallelamente, ben si presta a ipotesi di risistemazione e riorganizzazione.
Nell'estate 2021 (nel periodo tra il 21 Luglio e il 2 Agosto) sono state effettuate sull’area le misurazioni di temperatura, umidità relativa e ventilazione, tramite l'istallazione di due stazioni meteorologiche; parallelamente sono stati misurati i valori di albedo dei principali materiali presenti sull'area. I dati sono stati poi elaborati tramite software ENVI-met: lo strumento consente di visualizzare tramite mappe termiche le condizioni microclimatiche più dettagliate dell'area di interesse. Modificando poi i parametri del modello secondo le scelte progettuali effettuate, sarà possibile misurare e visualizzare i benefici prodotti dagli interventi ipotizzati (fig. 9).
Il progetto di sistemazione dell'area (la fase della ricerca tutt'ora in corso) prevede, come azioni principali:
Gli effetti di ognuna di queste azioni verranno misurati singolarmente tramite simulazione del software, così che se ne possa valutare l'efficacia; l'ultimo step sarà poi la costruzione di diversi scenari, in cui le singole azioni si "montano" tra di loro in due o tre diverse configurazioni. Anche gli scenari complessivi saranno poi inseriti nel modello per misurare gli effetti della strategia complessiva (fig. 10).
Conclusioni e prospettive
Il progetto su Flaminio-Piazza Mancini e la narrazione della metodologia messa in campo per realizzarlo, saranno il punto di arrivo del gruppo di ricerca per il progetto Climactions. Ma non la conclusione della ricerca. L'idea, infatti, è che questa sperimentazione possa rappresentare un “caso 0” a partire dal quale sarà possibile valutare le strategie e i risultati attesi anche su eventuali altri interventi, anche su aree appartenenti a gruppi diversi. Se infatti questo progetto di ricerca ha rappresentato un'occasione eccellente per approcciare il complesso tema della mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici in ambito urbano, resta ancora del tutto aperto il campo di ricerca che il gruppo ha tracciato nel corso di questo progetto e le interrogazioni sulle questioni fondamentali che questi temi pongono alla disciplina del progetto.
Le sfide aperte e le possibili strade su cui proseguire sono tante: lo sviluppo di una tassonomia di possibili azioni che sappiano confrontarsi con i diversi contesti; il confronto con la dimensione strategica e normativa; la dimostrazione di una relazione di interdipendenza tra progetti di mitigazione che sappiano migliorare l'abitabilità degli spazi, in particolare dello spazio pubblico, e l'efficacia dei processi di rigenerazione urbana.
Numerose esperienze di successo europee e internazionali di rigenerazione urbana sono fondate sulla centralità dello spazio pubblico come motore della trasformazione. Il progetto dello spazio pubblico nella città contemporanea è sempre progetto complesso, gli attori coinvolti nei processi sono sempre numerosi e spessissimo in conflitto tra loro. Non si può dunque pensare il progetto dello spazio pubblico in termini di mitigazione e di adattamento come isolato rispetto alla complessità di questioni che investono lo spazio pubblico e che rappresentano la sfida per i progettisti che si occupano di città. È necessario invece provare a rendere “strutturale” in qualsiasi programma o processo di rigenerazione urbana l’attenzione ai temi legati al benessere climatico e ambientale, agendo sugli apparati normativi (alcuni comuni italiani lo hanno già fatto, cfr. RE di Bolzano), costruendo degli indicatori che consentano di prevedere e valutare gli effetti degli interventi in termini di urban health, dotandosi di nuovi strumenti e metodi per la gestione dei processi, costruendo nuove alleanze tra gli attori che popolano questo grande palcoscenico.
Principali riferimenti bibliografici
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[online] Disponibile alhttps://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52009DC0147&rid=8
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IPCC (2021) AR6 Climate Change 2021:The Physical Science Basis [online] Disponibile al: https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/#SPM
Musco F., Zanchini E. (2013) (a cura di) Le città cambiano il Clima, Atti della Conferenza 23-24 Maggio 2013, Università IUAV di Venezia; Venezia: Corilia.
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Disponibile al: https://cittaclima.it/wp-content/uploads/2020/11/CC_Rapporto_2020-def.pdf
Note
1 Al gruppo di ricerca coordinato dal prof. Paolo Desideri hanno partecipato: Enrico Nigris, Alessandro Gabbianelli, Giorgia De Pasquale, Roberto D’Autilia, Maria Pone, Matteo Staltari, Francesca Romana Cattaneo.
2 https://cds.climate.copernicus.eu/cdsapp#!/software/app-health-urban-heat-islands-current-climate?tab=app
3 In particolare: prof. Roberto De Lieto Vollaro, prof. Emanuele De Lieto Vollaro, ing. Gabriele Battista, Marco Formiconi