Parole chiave: Economia circolare, metabolismo urbano, wastescapes, paesaggi in transizione.
Keywords: Circular economy, urban metabolism, wastescape, transitional landscapes.
Abstract:
IT: Il territorio dell’economia circolare è la città esistente. Il ricorso ai principi dell’economia circolare definisce un nuovo paradigma per l’urbanistica, fornisce metodologie, materiali e strategie per affrontare le sfide della contemporaneità in considerazione dei limiti ecologici del pianeta. Un caso di studio rilevante è la città costiera a est di Napoli, per la sua stratificazione storica, la densità insediativa e la presenza di una molteplicità di aree e di edifici alla fine del loro ciclo di vita: un mosaico di wastescapes che rappresentano criticità e al contempo ricche occasioni di progetto per la rigenerazione in chiave circolare della città. Un territorio alla continua ricerca di un nuovo equilibrio che consenta di ristabilire un rapporto adeguato con lo spazio aperto pubblico e con le attrezzature, per una pianificazione in grado di ricostruire un paesaggio urbano attualmente profondamente discontinuo e frammentato. Il caso di studio viene analizzato in base ai principi di un’“urbanistica circolare”, sulla scorta dei materiali prodotti nella ricerca “EcoRegen. Economie circolari e rigenerazione dei territori periurbani”, condotta dal Dipartimento di Architettura di Napoli.
1. Economia circolare per un’urbanistica metabolica e rigenerativa.
Sin dagli ultimi decenni del Novecento, i temi della crescita e della concentrazione urbana sono stati posti in discussione da un’importate riflessione sulla città, con la messa in crisi del paradigma della crescita illimitata, causa di un’espansione del territorio costruito e dei nuclei urbani consolidati con un’occupazione progressiva di aree libere, agricole e naturali, per la produzione di funzioni, insediamenti e urbanizzazioni alimentate dalla propulsione delle economie espansive. Sin dai primi anni ‘80, in seguito ai grandi cambiamenti globali – la crisi energetica, la transizione post-fordista, il degrado degli equilibri ecologici – l’approccio alla pianificazione del territorio e delle città ha segnato il passaggio progressivo dall’espansione alla trasformazione, alla luce dei mutamenti in atto in relazione alle economie della produzione su base territoriale e dell’affermarsi di nuovi valori culturali e socioeconomici sentiti dalla pubblica opinione, capaci di condizionare l’orientamento delle politiche pubbliche. La diffusione della città nelle aree agricole si intreccia ai fenomeni di dismissione nelle aree centrali: un progressivo arresto della crescita urbana lascia spazio ad un’espansione irrazionale e caotica per parti del territorio.
La dismissione è stata in quegli anni trattata con un approccio produttivo, cioè come rilancio di economie localizzative e immobiliari incentrate sulla rivitalizzazione di edifici e di insediamenti in abbandono (Fig.1).
L’approccio ecologico all’urbanistica non era maturo: i casi europei di recupero delle aree dismesse1 risultavano improntati a processi di espansione trasformativa degli immobili in abbandono, progettati con l’obiettivo di ripristinarne il valore economico e il valore d’uso e non necessariamente per rigenerare la continuità dei valori ambientali dei contesti. La quota di progetto paesaggistico e ambientale nelle azioni di recupero delle aree dismesse degli anni ’80 e ’90, era incentrata sulla realizzazione di interventi puntuali (parchi, giardini, spazi aperti pubblici etc.) tuttavia non necessariamente inquadrati in una visione di insieme delle relazioni eco-sistemiche attivabili in tali processi rigenerativi. Dunque, l’ecologia, sembrava quasi un’attenzione relegata alla produzione di un sistema di spazi accessori dei grandi interventi di rinnovamento degli edifici dismessi, ovvero come una sommatoria di interventi isolati e circoscritti che, in definitiva, rischiava di rappresentare una opzione aggiuntiva di grandi operazioni di sviluppo immobiliare, non sempre improntata ad un necessario approccio olistico e sistemico.
La crisi del concetto di crescita2ha condotto alla transizione verso un modo di pianificare diverso, capace cioè di rilanciare e sostenere l’intima connessione tra territorio, paesaggio e ambiente, entro un progetto consapevole del ruolo dell’ecologia come struttura di riferimento. Una transizione percepita a livello internazionale da studiosi e istituzioni3, ma non ancora radicata nei processi di governance multilivello alla scala locale, almeno in Italia. Possiamo considerare la pianificazione in regime di economia circolare un naturale sviluppo evolutivo di un modello sensibile alle relazioni tra città ed ecologia, che comporta l’esigenza di osservare il territorio nelle sue componenti sistemiche, ambientali ed ecologiche (suoli, acqua, aria, copertura vegetale, etc.). Il territorio come organismo è una metafora che consente di assimilarne la struttura ad un campo complesso di relazioni ecologiche, luogo di transito dei flussi metabolici in un incerto equilibrio eco-sistemico. Tale equilibrio va ricercato e poi reso stabile, attraverso strategie adattive e trasformative, minimizzando dunque ogni possibile impatto sul territorio e sull’ambiente degli effetti del modello di consumo lineare, dissipativo, che accumula cioè scarti a danno del territorio. In questo senso, l’economia circolare ha la possibilità di ribaltare radicalmente il paradigma della crescita illimitata, di una crescita cioè estrattiva e inconsapevole dei limiti ecologici dell’ambiente, affermandosi come la sua antitesi, sulla base di un’idea di territorio come organismo vivente e a più dimensioni, costituito “da fitte reti socio-ecologiche intrecciate”4. In altre parole, il territorio può considerarsi come un paesaggio in continua evoluzione, soggetto all’andamento dei cicli di vita, dove insediamenti, spazi e luoghi di scarto e di abbandono convivono spesso in una geografia complessa che reclama cura, rigenerazione e riequilibrio dei flussi eco-sistemici e dei bilanci input-output. Applicare una logica rigenerativa al territorio vuol dire trattare la città in termini metabolici. Il metabolismo urbano consente di guardare al territorio da una prospettiva non convenzionale, legata al suo funzionamento in relazione ai flussi che vi si generano, che transitano attraverso differenti cicli di vita, definendone l’assetto spaziale oltre che sistemico. Se si considera l’equilibrio metabolico di questi flussi come bilancio di input e output, si può comprendere come la drastica riduzione di un’economia lineare, dissipativa ed estrattiva, consente una prospettiva di rigenerazione collegata alla continuità dei valori ecologici ed eco-sistemici: un bilanciamento tra flussi proteso cioè a minimizzare gli scarti e a sovvertire il perdurare di un sistema lineare di consumi che produce dissipazione di risorse non riproducibili.
Metabolismo urbano5 è una nozione che pone in evidenza la crisi ecologica del territorio contemporaneo sulla base delle trasformazioni degli organismi biologici in equilibrio tra crescita e riproduzione delle forme di vita: un equilibrio tra flussi di energia e di materiali che attraversano la città come sistema aperto6. Inteso come mutazione, trasformazione dei nutrienti che consentono la vita, il metabolismo interagisce con i flussi di materiali e di energia e con i processi della loro produzione, trasformazione, uso e dissipazione, e può orientare i processi di consumo che alla scala globale interessano le società urbane contemporanee. Queste mutazioni, pur sostenendo i sistemi umani, innescano una catena di sottoprodotti negativi7: consumo, produzione e scarti, sono i capisaldi dei processi di crescita dell’urbano, fino a quando le relazioni squilibrate tra questi cicli di base producono rilevanti impatti sugli ambienti naturali e urbani, sulla continuità delle loro strutture ecologiche con forti ricadute sull’abitabilità anche in considerazione dei crescenti impatti climatici nei territori urbanizzati (fig.2). Gli aspetti ecologici del metabolismo richiedono una visione olistica della città come “ecosistema”8 costituito dalla somma di più metabolismi e non semplicemente come organismo biologico individuale. Ciò pone l'accento sul processo di scambio e sulla relazione tra le diverse parti del sistema, per una migliore comprensione del funzionamento complesso e dinamico della città.
Metabolismo urbano5 è una nozione che pone in evidenza la crisi ecologica del territorio contemporaneo sulla base delle trasformazioni degli organismi biologici in equilibrio tra crescita e riproduzione delle forme di vita: un equilibrio tra flussi di energia e di materiali che attraversano la città come sistema aperto6. Inteso come mutazione, trasformazione dei nutrienti che consentono la vita, il metabolismo interagisce con i flussi di materiali e di energia e con i processi della loro produzione, trasformazione, uso e dissipazione, e può orientare i processi di consumo che alla scala globale interessano le società urbane contemporanee. Queste mutazioni, pur sostenendo i sistemi umani, innescano una catena di sottoprodotti negativi7: consumo, produzione e scarti, sono i capisaldi dei processi di crescita dell’urbano, fino a quando le relazioni squilibrate tra questi cicli di base producono rilevanti impatti sugli ambienti naturali e urbani, sulla continuità delle loro strutture ecologiche con forti ricadute sull’abitabilità anche in considerazione dei crescenti impatti climatici nei territori urbanizzati (fig.2). Gli aspetti ecologici del metabolismo richiedono una visione olistica della città come “ecosistema” costituito dalla somma di più metabolismi e non semplicemente come organismo biologico individuale. Ciò pone l'accento sul processo di scambio e sulla relazione tra le diverse parti del sistema, per una migliore comprensione del funzionamento complesso e dinamico della città.
Un metabolismo inadeguato determina la sovrapproduzione di scarti non riciclabili con una forte impronta sui territori, aumentando i rischi e gli effetti di frammentazione e di marginalità sui contesti di vita delle società locali e delle comunità insediate (cfr. l’esempiodella “terra dei fuochi” nell’hinterland napoletano come simbolo del degrado ambientale e sociale)9. Ripristinare l’equilibrio ambientale è un obiettivo della pianificazione che agisce direttamente sul metabolismo attraverso un progetto capace di gestire i flussi di waste, per minimizzarne la produzione, sostenerne la riduzione e il riciclo, rigenerare il territorio, facendo ricorso al paradigma dell’economia circolare10.
Economia circolare non vuol dire solo capacità di riciclare aree o edifici che hanno terminato il proprio ciclo di vita: vuol dire coniugare una razionalità nella gestione dei flussi di scarto con la finalità di creare sviluppo socioeconomico e di sostenere processi di rigenerazione territoriale. Bisogna ripensare la gestione complessiva dei cicli di waste non esclusivamente in termini di limitazione dell’impatto degli scarti, dei rifiuti e della loro gestione sul territorio, quanto piuttosto – ribaltando la prospettiva – di produzione di “valore aggiunto” da reinvestire sulla trasformazione. Il valore può essere prodotto in due modi. Da una parte, applicare la logica dell’economia circolare al territorio può significare considerare parti di territorio abbandonato o anche i prodotti dei processi di riciclo, in forma di “materie prime-seconde”: materie cioè da riciclare o da reimpiegare nei processi di trasformazione. Ad esempio, il riciclo dei flussi da demolizione consente di ottenere materiali di reimpiego nel ciclo edilizio; oppure i prodotti del compostaggio dei flussi di rifiuti organici, terreni ad esempio, con caratteristiche adeguate da essere impiegati nella riconfigurazione dei nuovi suoli in aree di trasformazione paesaggistica. Dall’altra parte, trattare flussi in termini di economia circolare consente di ridurre i costi di gestione della trasformazione stessa (come, ad esempio, per gli oneri di demolizione in un accurato processo di riciclo dei flussi CDW), dunque di generare profitto, di produrre valore economico, risorse cioè da reinvestire sulla rigenerazione del territorio. L’impatto dei residui dovuti al modello lineare di consumo, agli scarti in eccedenza dei flussi di waste, ai suoli inquinati, sollecitano correttivi e rimedi che, in una logica circolare, possono rappresentare nuovi valori e nuove prassi del progetto di territorio, agendo su modelli, strumenti, analisi, razionalità valutativa. In altre parole, l’economia circolare applicata al territorio modifica gli orientamenti e i processi, incluse le forme di interazione sociale nella decisione pubblica e di costruzione di scelte condivise e collaborative, le pratiche di governance multi-attore, l’ascolto dei soggetti più vicini allo spazio abitato, cioè degli abitanti, dei cittadini. In definitiva, l’economia circolare definisce un nuovo paradigma per l’urbanistica, cioè metodologie, materiali e strategie per affrontare le sfide della contemporaneità in considerazione dei limiti ecologici del pianeta. Lavorare sull’esistente, basare ogni scelta sulla conoscenza approfondita del territorio, selezionare le potenzialità trasformative dei luoghi, valorizzare l’ecologia, seguire i flussi del metabolismo urbano, sono azioni resistenziali e adattive per garantire continuità al territorio, ai suoi valori, alle sue risorse. Rischi, minacce, cambiamenti climatici, inquinamento, metabolismo patologico sono effetti dei comportamenti di una società che non ha mostrato capacità di tutelare i propri patrimoni, di valorizzarli per trasmetterli al futuro, con l’adeguata consapevolezza dei limiti. L’economia circolare fornisce alla pianificazione gli strumenti interpretativi per razionalizzare i processi di consumo “nel” territorio e “del” territorio, per indirizzare i comportamenti entro uno spazio sicuro, interposto tra i limiti socio-ecologici del sistema urbano11, in cui sia possibile definire nuovi equilibri nell’uso delle risorse e nelle innovazioni del progetto contemporaneo, fondato su sostenibilità ed equità, sulle istanze sociali, sulla capacità di promuovere innovazione in forma di continuità ecologica. Un’“urbanistica circolare”, cioè rigenerativa e capace di trattare le strutture urbane esistenti in base ai loro caratteri, al tempo dei processi, alle condizioni di vita, si basa necessariamente su un approccio interpretativo alla conoscenza della realtà. Lavora cioè su una lettura e intenzionale delle strutture urbane per un “progetto di riciclo” dei materiali della città sensibile ai comportamenti delle persone, nel tentativo di limitare il consumo e il trattamento quantitativo del territorio, in modo da rilanciare la continuità e l’equilibrio tra storia, comunità e geografie urbane. Valori che configurano identità sociale, qualità dello spazio abitato, stabilità delle ecologie e delle forme di convivenza, compatibilità delle infrastrutture urbane: si tratta di condizioni strategiche per rendere la città contemporanea più abitabile, sostenibile, inclusiva e sicura.
2. Il sistema urbano a est di Napoli: l’economia circolare come prospettiva di sviluppo
L’area costiera - compresa tra la linea di costa e le pendici del Vesuvio - che da Napoli est si estende fino a Castellammare di Stabia rappresenta un territorio paradigmatico per la commistione e l’intreccio di fenomeni urbani e processi insediativi che hanno profondamente alterato l’equilibrio ecologico e naturale dei luoghi. Un mosaico di wastescapes – paesaggi di scarto – che puntellano il territorio della costa orientale rappresentano occasioni di progetto per la rigenerazione della città esistente. Sono spazi in attesa di un nuovo ciclo di vita - ex edifici scolastici, industrie dismesse e parchi abbandonati - spesso immersi nelle maglie del tessuto insediativo che si alternano ai recinti dei comparti di edilizia residenziale pubblica e delle industrie ancora attive, disposti prevalentemente lungo le principali linee infrastrutturali (fig.3). Sono aree di potenziale innesco per nuove forme di welfare, per il ripristino di una continuità ambientale, sociale ed urbana, che ricomposte in una visione sistemica d’insieme possono strutturare e definire relazioni inedite. A partire da queste considerazioni il progetto di ricerca “EcoRegen”12, in corso di elaborazione presso il Dipartimento di Architettura di Napoli, guarda alla dimensione dello scarto, nella sua accezione più ampia di spazio-risorsa, come possibile tema da indagare e approfondire per comprendere la spazializzazione del metabolismo e valutarne gli impatti territoriali al fine di promuovere una rigenerazione in chiave circolare.
Il territorio costiero e le aree periurbane, individuate entro un’area più ampia di riferimento e di approfondimento interpretativo (focus area), rappresentano le soglie territoriali più fragili, risultato di processi insediativi ibridi in cui la commistione critica tra reti ecologiche e infrastrutturali, insieme ai fenomeni di abbandono e di depauperamento delle risorse naturali, lascia spazio a fenomeni di marginalità urbana e sociale. Il paesaggio urbano, attualmente frammentato e caratterizzato dalla presenza intermittente di valori ambientali ed ecologici, risulta esito di un lungo processo di selezione cumulativa tuttora in corso, ove la compagine di tracce, segni, azioni e progetti si stratificano, si sovrappongono e si contraddicono definendo il carattere proprio di città esistente in questo territorio ricco anche di valori storico-architettonici, archeologici e ambientali. Con l’esaurimento dei cicli di vita e in assenza di strategie di riattivazione, non solo puntuali ma sistemiche, questi paesaggi oggetto di una delicata potenziale transizione, rischiano di trasformarsi rapidamente in scarti del metabolismo urbano: aree inquinate, abbandonate, degradate e inaccessibili. Da una prospettiva metabolica, è possibile porre in stretta relazione i principi dell’economia circolare con il territorio per orientare la sua pianificazione, sulla base di alcuni temi critici quali la fine dei cicli di vita e la trasformabilità dei territori. L’area oggetto di studio rappresenta dunque il territorio per una fertile sperimentazione di analisi e di costruzione di vision territoriali eco-sostenibili e resilienti, ove si alternano frammenti di storia e brani di città contemporanea, fenomeni di densità e dispersione, spazi naturali e rurali, che danno luogo alla produzione di uno territorio altamente fragile. Si tratta di un territorio critico dal punto di vista infrastrutturale, ecologico ed insediativo (fig.4). La presenza di una fitta rete infrastrutturale inclusiva delle strutture portuali e degli approdi, numerosi in questo tratto di costa, rende l’area accessibile e di contro determina una forte cesura, fisica e percettiva, tra entroterra e fascia costiera, caratterizzata in molti tratti dalla massiccia presenza di manufatti industriali, in gran parte dismessi (fig.5). Un sistema infrastrutturale ampiamente ramificato si intreccia alla dimensione insediativa e diviene propulsore dell’espansione urbana. Sin dalla fine dell’Ottocento la presenza della prima linea ferroviaria italiana, la tratta Napoli-Portici, ha determinato la trasformazione in chiave industriale, lungo la linea di costa, di quest’area, rafforzata poi dalle previsioni del piano del ’39 di Luigi Piccinato, che individuava nell’area orientale di Napoli il nuovo polo industriale. Verso l’entroterra l’espansione urbana ha assunto i caratteri monofunzionali del sistema residenziale, prima intorno ai nuclei storici, sorti lungo l’asse storico del “Miglio d’oro” – un tratto di costa che vede la presenza di splendide ville settecentesche – poi nelle frange del tessuto agricolo ed infine lungo le pendici del Vesuvio con i dilaganti fenomeni di abusivismo edilizio nelle aree più fragili a rischio sismico e vulcanico. Nelle maglie della diffusione insediativa ha trovato posto anche la città pubblica, che comprende non solo i grandi comparti di edilizia residenziale sociale, lascito del Moderno (Bianchetti, 2016), ma anche attrezzature collettive, servizi comuni, spazi aperti e un insieme di dotazioni esito di politiche pubbliche degli ultimi decenni del Novecento, risultato di una pianificazione settoriale fondata sul modello di “spazio isotropo, omogeneo e frammentato” (fig.6). Da sempre considerate parti dure della città, questi quartieri hanno perso la loro forza ed appaiono luoghi fragili, sospesi, vuoti (Gabellini, 2018). La dimensione infrastrutturale intimamente legata a quella insediativa compromette dunque irrimediabilmente quella ecologica, attraverso la definizione di rischi antropici connessi ai modi di costruire ed infrastrutturare le città: dai rischi idrogeologici a quelli connessi al consumo di suolo, all’inquinamento di acqua e aria, ai rischi connessi al microclima e all’impoverimento eco-sistemico.La ricerca, in questo contesto complesso, individua tre focus tematici su cui porre l’attenzione: a) il patrimonio ERP e le possibili forme di rigenerazione del suo spazio e della sua abitabilità; b) i wastescapes, paesaggi di scarto come catalizzatori del processo di rigenerazione; infine c) i flussi territoriali – in particolare quello relativo al Construction and Demolition Waste (CDW) – come risorsa strategica per lo sviluppo di azioni circolari e per il riutilizzo degli scarti di materia nella progettazione di scenari sostenibili.
Pensare ad una rigenerazione territoriale in chiave circolare, a partire dai tre temi individuati, vuol dire riflettere sul ciclo di vita di questi spazi in ogni loro fase. Il patrimonio esistente dei quartieri ERP, come sequenza di spazi e attrezzature ad uso pubblico, rappresentazione di un’importante eredità di dotazioni collettive, può essere considerato sia come stock potenziale di materiale da demolizione e costruzione al termine del proprio ciclo di vita, sia come spazio capace di rispondere a nuove domande di welfare materiale e occasione di nuovi progetti di rigenerazione. Anche i flussi di CDW possono costituire una risorsa rigenerativa per il miglioramento della qualità dell’abitare. È fondamentale costruire un rinnovato quadro di conoscenze, per comprendere a fondo la consistenza materiale, spaziale e sociale di questi brani di città, attraverso un’attenta mappatura e schedatura dei comparti edilizi afferenti al patrimonio pubblico. La compagine eterogenea dei wastescapes rappresenta un patrimonio già disponibile alla trasformazione, che consente di intervenire sul sistema degli spazi aperti rivitalizzandone i caratteri ecologici ed ambientali. Il paesaggio può essere considerato come sistema di spazi aperti a cui restituire continuità topologica, morfologica e infrastrutturale: come forma potenziale di spazio pubblico e infrastruttura collettiva di riequilibrio della città. Il recupero e la bonifica dei suoli inquinati sono azioni da considerare come applicazione possibile dell’economia circolare al territorio per la rivitalizzazione dei flussi eco-sistemici. Infine, la gestione e il riciclo dei flussi di waste, in particolare quello relativo al Construction and Demolition, può considerarsi un dispositivo utile alla rigenerazione in termini di produzione di materie prime-seconde, da riutilizzare per la riconfigurazione morfologica del riuso, di nuovi assetti dello spazio attraverso l’istituzione di filiere-corte, con il trattamento e il riutilizzo dei materiali in loco, o attraverso l’individuazione di siti di stoccaggio ben integrati alla città prossimi all’area di intervento per ridurre l’impatto di tali flussi di scarto sul territorio.
La focus area è stata indagata a partire dall’analisi territoriale sviluppata mediante l’elaborazione di quadri conoscitivi ed interpretativi secondo due approcci: uno di tipo quantitativo, in ambiente GIS, ed uno di tipo qualitativo. La lettura interpretativa dell’area, svolta anche attraverso l’attenta attività di schedatura del patrimonio ERP e dei paesaggi di scarto ha consentito la creazione di un database supportato dalla realizzazione di una meticolosa campagna fotografica per la descrizione dei luoghi e degli spazi urbani, in grado di restituire da una prospettiva non zenitale la molteplicità delle dimensioni che definiscono l’identità dei luoghi di progetto. Questo approccio ha condotto all’elaborazione di cartografie inedite: la mappatura dei wastescapes, con l’identificazione degli spazi-risorsa, in relazione al sistema insediativo degli ERP e la mappa del metabolismo urbano. Sono state costruite forme di mapping sperimentale che hanno consentito di formulare descrizioni dense – non convenzionali, come quelle relative ai flussi metabolici spazializzati – utili ad orientare una valorizzazione ecologica degli insediamenti e degli spazi della città. Mappare il metabolismo13 in relazione ai principi insediativi, o descrivere le forme del decadimento e dello scarto in connessione alla cronologia e alla stratigrafia delle trasformazioni del territorio, sono modi di rappresentare nuove cartografie dell’economia circolare, finalizzate ad orientare strategie di progetto, a costruire una geografia del cambiamento, a indicare priorità e gerarchie di interventi e parti da trattare in base alla timeline che guida il progetto urbanistico. Questo lavoro cartografico ha individuato differenti tipi di paesaggio14 (Fig.7) in coerenza con il piano paesaggistico della Regione Campania, ed ha consentito l’elaborazione di uno schema direttore in cui delineare le strategie, le azioni, e gli interventi circolari e rigenerativi da attuare nelle differenti aree. Si tratta di un metodo che ha permesso l’individuazione di enabling contexts – definiti come “territori opportunità” – aree prioritarie in cui sia possibile attivare immediatamente processi di rigenerazione. Aree individuate come direttrici trasversali alla costa, spesso in forma radiale rispetto alla grande geografia territoriale del Vesuvio, cioè come elementi di connessione funzionale ed ecologica tra il mare e l’entroterra, in cui si alternano reti di spazi pubblici a reti ecologiche. L’obiettivo della ricerca è di individuare linee guida e metodologie d’intervento per il metabolismo urbano come dispositivi di pianificazione e di definizione di un masterplan strategico a partire dalla rete di spazi-risorsa esistenti: un quadro di coerenze e di strategie con la finalità di innescare progetti pilota attraverso cui perseguire un assetto di sostenibilità di un territorio complesso, dispiegando le sue importanti potenzialità rigenerative rivolte allo sviluppo futuro.
Conclusioni
Il tema dell’economia circolare in un contesto emblematico come quello della Città Costiera Vesuviana a Est di Napoli può diventare un dispositivo innovativo per il progetto urbanistico, in grado di orientare la trasformazione verso una maggiore sostenibilità ambientale. Un’“urbanistica circolare” può intervenire sui modelli di abitabilità attraverso strumenti di welfare collettivo, di equilibrio adattivo in risposta ai rischi, e di ridefinizione delle relazioni tra processi di produzione, consumo e scarto, con particolare riferimento ai paesaggi di scarto, wastescapes, ai flussi territoriali (in particolare CDW), al patrimonio di edilizia residenziale pubblica (ERP). Applicare l’economia circolare alla città vuol dire riattivare una sequenza di spazi dalla forte valenza ecologica: le aree buffer dell’infrastruttura, i suoli agricoli incolti e interstiziali, i giardini abbandonati delle ville storiche, le aree permeabili degli edifici residenziali, gli spazi nelle maglie del denso tessuto insediativo, sono materiali di una riconfigurazione possibile della rete ecologica, sociale ed infrastrutturale, senza soluzione di continuità. Il ricorso all’economia circolare consente dunque di lavorare sulla definizione di un sistema di relazioni capace di agire al livello locale, con interventi puntuali di rigenerazione, e alla scala globale, ridefinendo gli impatti dei processi sul territorio e sul metabolismo urbano. L’approccio metodologico circolare modifica il modo di costruire la conoscenza del territorio contemporaneo, utilizzabile dalla pianificazione. Nuove rappresentazioni consentono di ripensare i temi della trasformazione e monitorare i cicli di vita delle diverse parti del territorio, preconizzandone lo sviluppo futuro, osservando in anticipo i tempi e le forme del decadimento funzionale, tecnologico, ecologico, dell’abbandono e dello scarto.
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Note
1 M. Russo, Aree dismesse. Forma e risorsa della città esistente, ESI - Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1998.
2 M. Russo (a cura di) Urbanistica per una diversa crescita, Donzelli, Roma 2014.
3 Cfr. ONU, Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development, 2015,
4 E. Swyngedouw, Metabolic urbanization. The making of cyborg cities. in N.C. Heynen, M. Kaika and E. Swyngedouw, (a cura di) In the Nature of Cities: Urban Political Ecology and the Politics of Urban Metabolism. Questioning cities series. Abingdon, UK: Routledge, 2006 (pp. 20-39)
5 M. Russo, voce Metabolismo urbano, in A. Criconia, I. Cortesi, A. Giovannelli (a cura di), 40 Parole per la cura della città. Lessico dei paesaggi della salute, Quodlibet, Macerata 2021.
6 A. Wolman, The Metabolism of Cities. Scientific American 1965, 213(3): 178–190.
7 S. Pincetl, P. Bunje & T. Holmes, An expanded urban metabolism method: Toward a systems approach for assessing urban energy processes and causes. Landscape and Urban Planning, 2012, 107(3), 193–202.
8 N. Golubiewski, Is there a metabolism of an urban ecosystem? An ecological critique. Ambio 2012, 41(7): 751–764;
9 F. Palestino, “Urban Political Ecology vs teoria e pratica del planning. Come affrontare le tante “terre dei fuochi” italiane”, in M. Russo (a cura di), Abitare Insieme. Il progetto contemporaneo dello spazio condiviso, Clean Edizioni, Napoli 2017.
10 Ellen MacArthur Foundation, Towards the Circular Economy. Economic and business rationale for an accelerated transition, 2013; M. Russo "Resilient urban landscapes". Strategie progettuali e cognitive per cambiare il progetto urbanistico contemporaneo. In: (a cura di): Gasparrini C., Terracciano A., Dross City. Metabolismo urbano resilienza e progetto di riciclo dei drosscapes. p. 122-133, Rovereto (TN): LISt Lab. 2017.
11 K. Raworth, Doughnut economics: seven ways to think like a 21st-century economist. Random House, 2017
12 “EcoRegen. Economie circolari e rigenerazione dei territori periurbani” è una ricerca sviluppata dal Dipartimento di Architettura (DiARC) dell’Università degli Studi di Napoli Federico II dal 2020. La ricerca sviluppa gli esiti del progetto Horizon REPAiR - REsource Management in Periurban Areas: Going Beyond Urban Metabolism (H2020 2016-2020), con l'obiettivo di capitalizzare i risultati raggiunti e promuovere avanzamenti mirati all’introduzione del tema dell’abitare pubblico in Italia. EcoRegen vede la partecipazione di docenti e studiosi di urbanistica, architettura, valutazione, tecnologia, rappresentazione e paesaggio del DiARC.
13 Geemente Rotterdam, IABR, FABRIC, JCFO, & TNO, URBAN METABOLISM Sustainable development of Rotterdam. Rotterdam 2014.
14 La definizione dei tipi di paesaggi è ripresa dal Disegno di Legge Regionale della Campania “norme in materia di governo del territorio” individuando quattro categorie: nuclei e centri storici, la città consolidata, la città di margine, le aree periurbane.
* Il presente contributo risulta esito di una riflessione comune degli Autori; tuttavia, è possibile attribuire la stesura del paragrafo 1 a M. Russo e del paragrafo 2 a M. Simioli; le conclusioni sono da attribuire ad entrambi.