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Sustainable and Adaptive Design in Architecture and the City: multiscalarity and infradisciplinarity in the approach to project experimentation
Fabrizio TucciPDF




Aspetti di approccio alla sperimentazione progettuale

Nell'affrontare la centrale questione dell'approccio a una sperimentazione progettuale volta agli obiettivi di Sostenibilità e Adattabilità dell'Architettura e della Città, occorre innanzitutto porre sul tavolo la necessità di confrontarsi con due aspetti fra di loro fortemente connessi e ormai imprescindibili: un expertise multiculturale caratterizzato da una inter- (vedremo perfino infra-) disciplinarietà, anche sviluppata sulla dimensione internazionale, e una spiccata propensione a muoversi su una dimensione multiscalare.
La necessità di tale confronto si fonda su alcune profonde consapevolezze: come l’attuale contesto della ricerca europea - nel suo sviluppo da un decennio a questa parte - individui l'ambiente costruito, e in particolare i distretti delle città, quale ambito preferenziale di sperimentazione per la transizione verso una società carbon-neutral e un'economia green e circular (Un Habitat, 2011; IPCC, 2018); come la recente programmazione della politica tecnica nazionale e internazionale individui nella rigenerazione delle aree urbane un volàno capace di determinare positive ricadute per uno sviluppo di effettiva lotta ai cambiamenti climatici e di sostenibilità ambientale, sociale ed economica (ILO, 2016; EC, 2020); come la combinazione delle note ed evidenti criticità proprie delle periferie e delle aree di margine si accompagni a quello che sarà un tendenziale peggioramento delle condizioni climatiche in termini di isole di calore urbano, ondate di calore, pluvial flooding, fenomeni di siccità e aridità, aumento vertiginoso di ventosità estreme e devastanti (EEA, 2016; IPCC, 2019); e come per tali contesti sia emersa in questi ultimi anni la inderogabile esigenza di una concreta sperimentazione progettuale sul campo, caratterizzata da una profonda interdisciplinarietà che possa indirizzare efficacemente i processi di rigenerazione urbana verso obiettivi climate oriented di resilienza e di adattività, inquadrati nelle più vaste linee di sviluppo improntate sugli assi portanti ecologico, energetico e bioclimatico, e integrati con le strategie volte a migliorare gli aspetti di mitigazione, sicurezza, comfort, salute, uso razionale delle risorse (OECD, 2016; EEA, 2020).
Nelle complesse operazioni di messa a punto dei possibili direzionamenti delle fasi sperimentali della ricerca, fondamentale è il passaggio di vaglio critico della giovane ma già vastissima reportistica scientifica internazionale sulle sperimentazioni in atto nel mondo, nei cui più recenti sviluppi applicati e realizzati si evidenzia l’opportunità di declinare il progetto urbano in termini di resilienza e diadattamento agli effetti del climate change in relazione ai parametri-chiave derivanti dai caratteridi quel complesso approccio chepuò essere sintetizzato col termine internazionale di Adaptive Design. Un approccio capace di coniugare l’azione di rigenerazione urbana con obiettivi di effettiva e misurabile (in senso predittivo e simulativo) riduzione del rischio ambientale nella più ampia visione del perseguimento integrato dei tre obiettivi epocali di miglioramento della qualità ambientale, di efficacia della gestione delle risorse e di lotta ai cambiamenti climatici.
I caratteri precipui dell'approccio Adaptive Design assumono pertanto un ruolo centrale nel modo stesso di concepìre e impostare qualsiasi sperimentazione progettuale futura, in linea con gli indirizzi di sviluppo operativo-applicativo sulle città forniti da Unione Europea e Nazioni Unite: dalle azioni strategiche ricavabili da Cities of Tomorrow a quelle del pacchetto Clima-Energia 20-20-20; dalle strategie dell'Agenda 2030 al pacchetto Climate and Energy Policy Framework 2030; dall’iniziativa Roadmap 2050 promossa dalla European Climate Foundation agli indirizzi dell'European Green Deal 2050 di recente approvazione. Non a caso anche da questi importanti documenti tutto converge sulla priorità assoluta di attuare programmi di rigenerazione urbana basati su princìpi di adattamento come risposta alle sfide ambientali e socioeconomiche. Ed evidenzia l’importanza della Progettazione Ambientale come fattore per la riduzione della vulnerabilità e per la concreta valorizzazione dell’ambiente costruito, mostrando un cambio di prospettiva che fa dell’innovazione tecnologica – in primis quella applicata agli aspetti ecologici, energetici e bioclimatici in termini di processo, di progetto e di prodotto – uno strumento per aumentare la adattività e la resilienza urbana e per traghettare in modo efficace ed efficiente la ormai inderogabile transizione ecologica.

 

Multiscalarità, infradisciplinarità

Sono molteplici gli ambiti della sperimentazione progettuale soggetti ad essere sviluppati in modo multiscalare, con continue operazioni di downscaling e upscaling e con mirati processi di feedback: la governance "green" dei processi di trasformazione delle città, la rigenerazione climate-oriented di quartieri e distretti urbani, il ri-orientamento dei comportamenti bioclimatici e microclimatici dell’ambiente costruito, la riqualificazione eco-adattiva di infrastrutture e spazi aperti, la sperimentazione su spazi intermedi e involucri efficienti, climate-responsive e a proprietà variabili.
La visione sistemica nel concepire in senso multiscalare la sperimentazione su tale molteplicità di ambiti d'intervento deve spingere ad operare un continuo spostamento d’ottica dalle parti al tutto e viceversa, in una parola: deve evidenziare la necessità di affinare la capacità di spostare l’attenzione tra i vari livelli di sistema in quanto ambiti con gradi di complessità variabile. Avanza così, nella sperimentazione progettuale finalizzata alla Sostenibilità e alla Adattabilità, il passaggio logico dalla dimensione – peraltro già di confine – di "multiscalarità" a quella di "trasversalità-non-scalare", o più semplicemente di "a-scalarità" come ricordato sopra, che non solo non pregiudica la presa in considerazione dei caratteri e delle proprietà dei vari livelli ma, come abbiamo appena visto, ne avvalora il principio di diversificazione e di interazione contro quello ben noto dell’omologazione. Un'ottica "di frontiera" dove ogni parte oggetto della sperimentazione non è vista solo nelle sue intrinseche proprietà, ma soprattutto in relazione alla sua capacità di rapportarsi col "tutto" contestuale; e dove lo spostamento dalle parti al tutto va considerato come un necessario, epocale, spostamento della nostra attenzione dagli oggetti alle interazioni tra di essi (che poi non a caso si sta rivelando l'elemento essenziale per imprimere reali miglioramenti di adattività e resilienza dei sistemi).

Accanto al carattere portante della multiscalarità/a-scalarità ve n'è un altro che sta assumendo un ruolo centrale nel modo di lavorare nell'ambito dell'Adaptive Design: quello che potremmo definire della "interazione disciplinare", del "multiculturalismo", fino a toccare la dimensione di frontiera per eccellenza, quella della "infradisciplinarietà". Un approccio (Infra-disciplinary approach) che spinge chi governa i processi di sperimentazione progettuale a muoversi nei confini stessi "tra" le discipline: non solo una collaborazione e integrazione di saperi (multi-disciplinare), non solo una trasposizione, un profondo scambio di punti di vista dei saperi e una sintesi (inter-disciplinare), ma una prova di interazione osmotica esercitata dai luoghi, tutti da esplorare, posti nei confini (o nelle potenziali linee di contatto, dipende dai punti di vista) dell'innovazione infra, "tra" le discipline.
D’altra parte, la specificità dell’approccio sistemico ed esigenziale-prestazionale e la matrice multiscalare e transdisciplinare della progettazione tecnologica e ambientale sono particolarmente importanti e strategiche nella gestione delle diverse variabili in gioco per assicurare un costante processo di ampliamento delle conoscenze, di potenziamento delle capacità di regia del progetto, di indirizzo dell'interfaccia con i molti specialismi indotti dal paradigma della sostenibilità. D'altronde fa parte del DNA delle competenze-portanti proprie della progettazione tecnologica e ambientale quello di dimostrarsi capaci nella fase sperimentale applicativa di attuare un livello molto spinto di interazione disciplinare, di profonda complementarità delle competenze, e di messa a sistema di una visione multiculturale con una effettiva articolazione operativa del progetto arricchita dall’apporto di numerose expertise, consulenze qualificate e relazioni internazionali di alto profilo. I contributi di ecologi, botanici, urbanisti, sociologi, economisti, ingegneri idraulici, fisico-tecnici, meteorologi, aereospaziali, ecc., insieme a quelli degli stakeholder ai vari livelli e dei diversi settori, che non vanno solo affiancati ma profondamente interrelati fra di loro, diventano parte integrante dell'approccio stesso alla impostazione e sviluppo di tutte le fasi della sperimentazione progettuale.
La messa in gioco di una profonda interazione disciplinare in un'ottica multiculturale ormai imprescindibile, che conduce la sperimentazione a toccare le difficili e complesse frontiere della infra-disciplinarità, comporta anche lo stimolo e il confronto con almeno quattro ambiti tematici e di metodo degni di nota per gli sviluppi futuri.
Prima di tutto spinge i ricercatori, progettisti, sperimentatori dell'adaptive design a confrontarsi col più complesso degli aspetti di metodo, quello rappresentato dal termine Error-friendliness-approach, traducibile con l'espressione "approccio con buona disposizione nei confronti degli errori", cioè non solo "tolleranza degli errori" ma anche "cooperazione flessibile e amichevole" con essi, che produca di errore in errore una progressiva "robustezza adattiva" del sistema (Von Weizsäcker, 2010). Si è visto come nella stessa teoria dell’evoluzione delle specie i processi evolutivi non comportino mai l’eliminazione degli errori e dei fallimenti che, anzi, ne sono un elemento indispensabile, ed è un elemento che deve diventare imprescindibile anche in una visione rinnovata del futuro comportamento prestazionale dei sistemi tecnologici delle nostre architetture e del nostro ambiente costruito adattivi.
Il secondo suggestivo ambito di confronto è quello che l'adaptive design può stabilire con le scienze ecologiche. È un confronto dal quale la sperimentazione improntata da una cultura tecnologica del progetto apprende che dev'essere anche capace di mettere in condizioni i sistemi ambientale, urbano e architettonico di rispondere alle costanti interazioni con le trasformazioni in atto in modo insieme sinergetico, dinamico e appropriatamente "reattivo". È una gestione dell'ambiente costruito, dell'economia che esso sottende e delle loro interazioni – la più naturale e meno dispendiosa di risorse che esista, in un'ottica ecologica – che si basa sulla specifica capacità dei caratteri tecnologici del sistema di "riorganizzarsi dinamicamente", in modo – per dirla con la letteratura scientifica internazionale – dynamic-responsive (Hausladen, Tucci, 2017).
Il terzo ambito di interazione infradisciplinare dell'adaptive design è quello che muove dall'assorbimento, rielaborazione e implementazione degli insegnamenti dall'antropologia-sociologia urbana in dialogo con le neuroscienze, in particolare nella presa di consapevolezza, da parte del progettista e del ricercatore, dei processi di tipo cognitive-perceptive che si attuano nell'utente-cittadino immerso negli spazi dell'abitare (acuìti quando investiti dai cambiamenti climatici) fonti di quegli stimoli, che la sperimentazione di adaptive design si avvia a trasformare mettendo in gioco finanche le changing shapes of architecture (Hensel, Nilsson, 2019) e le innovative modalità simulative di tali processi oggi integrabili nelle metodiche di sviluppo ideativo e progettuale.
Infine, a proposito di quest'ultimo passaggio logico che fa cenno alle potenzialità innovative insite nelle modalità simulative, in tutte le fasi progettuali vanno sperimentate le enormi potenzialità della formidabile compenetrazione dell'adaptive design col mondo del simulation and modelling approach, approccio che rappresenta una condizione metodologica di lavoro importante – nel futuro, ma forse possiamo ormai dire già nel presente, imprescindibile e obbligata – per l'affinamento dell'apparato conoscitivo-cognitivo delle condizioni ambientali e microclimatiche e per la più corretta prefigurazione simulativa e predittiva dei comportamenti e delle perfomance dello stato di progetto (Auer, 2017). Una dimensione di metodo e di operatività, questa, che permette di innescare virtuosi processi di 'simulation ex ante – modelling – simulation ex post' dei quali una parte integrante ed essenziale è costituita dai ripetuti momenti di feed back alla cui importanza, per il conseguimento di configurazioni e realtà urbane adattive, ho già accennato in un passaggio precedente e che andrà sempre più a rappresentare un aspetto caratterizzante del modo di progettare finalizzato a intervenire nell'Architettura e nella Città per elevare i livelli di Sostenibilità e Adattabilità dell'ambiente costruito.

 

Possibili sviluppi dell'approccio al progetto sostenibile e adattivo

Occorre come ultimo passaggio riflettere su come le considerazioni d'innovazione dell'approccio progettuale svolte finora si possano misurare con i campi di avanzamento, in corso di sviluppo nelle concrete sperimentazioni di questi ultimi anni sul piano internazionale, delle capacità di adattamento ai cambiamenti climatici di architetture, distretti, città, come risposta integrata, innovativa e misurabile, alla vulnerabilità climatica dei sistemi urbani, a partire dal riconoscimento delle priorità individuate alla scala locale, capace di definire metodologie, linee di indirizzo strategico, soluzioni progettuali sperimentali e di innovazione tecnologica, modalità di simulazione e valutazione comparativa delle performance di quelle architetture, distretti, città.
Nelle fasi sperimentali si sta toccando con mano quanto l’approccio progettuale adattivo presupponga un’organizzazione dinamica del processo progettuale teso a de-intensificare le prestazioni del sistema urbano nelle sue componenti (elementi urbani complessi, edifici, spazi aperti, infrastrutture) in relazione alla efficacia dei loro comportamenti climatico-ambientali (Santamouris, 2016; EEA, 2018), riducendone la vulnerabilità climatica dovuta anche alla dipendenza da processi in filiera che caratterizzano convenzionali condizioni di esercizio (IPCC, 2019; IFC, 2020). E quanto le possibili risposte innovative investano il costruito e le risorse disponibili – socioeconomiche, ambientali oltre che materiali ed energetiche – nonché il loro uso razionale ed efficiente, secondo le specificità di contesto (EC, 2020; EEA, 2020).
Si devono simulare scenari, proposte, soluzioni progettuali e valutare prestazioni tecnologiche e ambientali, focalizzando l’attenzione sulla necessità di definire metodologie, procedure e strumenti operativi in grado di indirizzare gli interventi sul sistema urbano verso appropriati gradi di adattamento e resilienza in relazione al rischio climatico. Risposte focalizzate e flessibili – improntate ad un approccio eco-sistemico, processuale e di innovazione tecnologica in termini di prodotti edilizi, processi e strategie progettuali – che si presentino in linea con la riduzione della vulnerabilità dello spazio urbano e con l’incremento della sua resilienza.
Un aspetto molto importante è quello di indagare i termini dell’applicabilità e dell’efficacia delle metodologie, sperimentazioni e soluzioni progettuali proposte, in modo che costituiscano risposte misurabili e confrontabili per processi di rigenerazione dei distretti urbani sia in termini di riduzione dell’esposizione ai rischi climatici, che di ricadute sui processi di inclusione sociale e di sostenibilità economica. L'ottica dovrà sempre essere quella di concepire tali proposte:

In effetti si può dire, in estrema sintesi, che obiettivo ultimo di questo tipo di attività di sperimentazione progettuale sia quello di definire un quadro di conoscenze condiviso e di proporre strategie di approccio con modelli di governance urbana climate oriented con metodologie d'intervento che vedano sempre le soluzioni di design adattivo confrontabili, replicabili e misurabili.
Le metodologie applicate devono essere di tipo analitico-deduttivo per la confrontabilità e la normalizzazione dei dati raccolti dalla reportistica e dalla letteratura internazionali, di tipo simulativo per l’analisi degli scenari e la comparazione di soluzioni tecniche, ambientali e sistemiche nell'ambito di reali casi di studio applicativo, e di tipo sperimentale per la prefigurazione di processi decisionali, di prototipazione e di validazione dei risultati attraverso progetti dimostratori applicati su quei casi di studi.
Nel tradurre tale approccio metodologico in scelte progettuali, un primo nodo consiste nella necessità di sviluppare modalità operative interscalari definendo corrispondenze tra la gestione efficace delle risorse, la governance dei processi e l’attivazione di micro e macro-interventi di rigenerazione, per ridurre la vulnerabilità climatica del sistema urbano alla scala del distretto, degli edifici e degli spazi aperti.
Un secondo punto nodale, dopo quello della elaborazione dei quadri metodologici relativi agli indirizzi strategici e alle azioni di intervento, è la messa a punto di una metodologia simulativo-valutativa che abbia in sè la capacità di dimostrarsi, da una parte, efficace nelle specificità del singolo caso d'intervento, ma dall'altra, al contempo, generalizzabile e valida per l'applicazione adattiva nei differenti contesti.
I risultati delle simulazioni dovrebbero mostrare come sia possibile correggere gli elementi di criticità presenti nell'ambito di ambiente costruito urbano ove si sceglie di intervenire, e restituire agli spazi pubblici una migliore vivibilità ambientale, una maggiore qualità bioclimatica e una più elevata capacità di adattamento alle prevalenti categorie di fenomeni derivanti dai cambiamenti climatici.
Il Climate Adaptive Design si sta confermando a livello internazionale una metodologia d'intervento adeguata e coerente di riqualificazione degli spazi aperti, intermedi e confinati nella direzione delle green city (OECD, 2016; CNGE, 2019), e i differenti tipi di strumentazioni utilizzate, se ben controllate, stanno cominciando a consentire di cogliere i risultati attesi di rispondenza alle esigenze di adattamento, anche in una realistica previsione di aumenti delle temperature, di accentuazione degli effetti dell'isola di calore, di arrivo delle ondate di calore e di estremizzazione dei fenomeni (tra gli altri) di ventosità, tifoni, urban flash floods e pluvial flooding dovuti ai cambiamenti climatici in atto(WMO, 2020), definendo spazi più resilienti e adattivi a tali effetti con caratteristiche e prestazioni definite.
L'avanzamento delle sperimentazioni progettuali in questo senso produrrà possibili modelli strategici di incremento parametrizzato dell’adattività climatica e della qualità fruitiva e ambientale dello spazio urbano e residenziale, che sarà così finalmente attuato anche con valutazioni incrociate delle ricadute prestazionali scaturenti dall’interfaccia con i fattori microclimatici, con la gestione ecologica e intelligente delle acque e con la valorizzazione bioclimatica del ruolo del verde, modello che si articola in due prevalenti categorie:

La costruzione di un modello d'uso di tipologie di interventi tecnologici si presenta con una dimensione innovativa per gli interventi in sé e sistemica per la loro replicabilità in futuri progetti con contesti analoghi che potranno avvalersi dei continui miglioramenti frutto delle successive applicazioni (Tucci et al., 2020).
In conclusione, l'aspetto sperimentale delle riflessioni esposte nel presente contributo si fonda sul tentativo – tuttora in evoluzione, e dunque esso stesso necessariamente adattivo rispetto ai futuri sviluppi delle ricerche e dei progetti – di poter adottare un modello flessibile, valutabile nelle ricadute prestazionali combinate, utile in termini applicativi per uno specifico contesto, ma anche generalizzabile.
Gli strumenti di simulation and modelling assicurano una maggiore affidabilità rispetto a metodiche tradizionali e consentono di assumere scelte progettuali e decisioni più pertinenti e adeguate con una maggiore probabilità di successo. Tuttavia, sembra opportuno, nei prossimi sviluppi, agire su alcuni aspetti potenzialmente evolutivi: approfondire la metodica di rilevazione dei comportamenti prestazionali dei fattori biofisici e microclimatici nelle fasi di analisi dello stato di fatto; aumentare l'attendibilità dei dati con rilevazioni, sensoristica usata a campione e/o in modo sistematico; ricorrere in modo sempre più sistematico e approfondito alle smart and digital technologies; e proseguire nel costante necessario affinamento del quadro di indicatori tesi a fornire la parametrica di riferimento per supportare le scelte progettuali.
Si tratta di sperimentazioni costantemente in progress, con la consapevolezza che progettare gli spazi aperti e confinati delle città in modo appropriato rispetto a quelle che saranno le esigenze odierne e future, pensare spazi pubblici capaci di fronteggiare, adattare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, permette di ripristinare gli spazi della socialità e del vivere comune, di rigenerare lo spazio per favorire l’integrazione sociale, di incoraggiare e supportare l’abitare insieme e, in definitiva, di credere in un futuro più desiderabile delle nostre città.

 

 

Riferimenti bibliografici

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