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TESSITURE SOCIALI
Pozzallo, l’integrazione come occasione di riqualificazione

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “G D’ANNUNZIO” Chieti-Pescara
Dipartimento di Architettura
tesi di laurea di Giuseppe Costantini
relatore prof. Federico Bilò
correlatori Matteo di Venosa, Domenico Potenza




introduzione di Federico Bilò

L’intensificarsi dei flussi migratori una delle caratteristiche peculiari di questi nostri tempi di globalizzazione e la questione dell’accoglienza degli immigrati uno degli argomenti cruciali dell’agenda politica: in Italia, da quasi da tre decenni. Anche il dibattito architettonico ha progressivamente assunto tali temi: basti pensare a quanto raccontato nelle ultime biennali di Venezia – e nell’ultima in particolare, “Reporting from the front” - o dal recente numero monografico di “Lotus International”, dall’emblematico titolo People in Motion.
Ancora oggi, però, nonostante la ormai lunga e articolata elaborazione culturale della questione, l’accoglienza degli immigrati viene pensata e presentata come un’emergenza (che dura da trent’anni e chissà quanti altri ancora durerà!), da risolvere con pratiche oscillanti tra l’atto umanitario e la regimentazione autoritaria.Il lavoro presentato nelle pagine che seguono sceglie una strada diversa, certo non originale, ma sicuramente poco battuta: la strada che conduce a verificare cosa può accadere se si coniugano tra loro due fatti apparentemente estranei, e cioé l’accoglienza degli immigrati secondo un’ottica di integrazione e la rigenerazione urbana.
Per verificare la bontà e la praticabilità di tale impostazione, proseguendo e sviluppando originalmente un lavoro già avviato partecipando al Seminario Itinerante di Progettazione “Villard 16”, dal titolo “Territori strategici : antichi sbarchi nuove mete di libertà”, il candidato Giuseppe Costantini ha scelto, come caso studio, una cittadina della costa meridionale della Sicilia, teatro di frequenti “sbarchi” di immigrati: Pozzallo.
Ha quindi lavorato, da architetto, entrando nella questione da due distinte porte: da una parte, cercando di comprendere a fondo la sostanza fisica e sociale del centro di Pozzallo, dove si offrono le maggiori occasioni per la rigenerazione urbana. D’altra parte, cercando di immaginare di quali spazi di vita questi immigrati, portatori di culture abitative differenti dalla nostra, potessero avere bisogno. Infine, basandosi su conoscenze mutuate da altri saperi, ha immaginato come rendere gli immigrati partecipi di un tessuto produttivo e, quindi, come attivare dei semplici meccanismi di integrazione sociale. Riproponendo, in tal modo, una delle caratteristiche più antiche e vitali della cultura del Mediterraneo e delle sue città.
Anche se il percorso è forse venato da un eccessivo ottimismo, la strada percorsa illustra un approccio fertile e virtuoso a questa difficile ed epocale questione, secondo modalità che, troppo spesso, non sono neppure prese in considerazione.

...per quelli che verranno - Domenico Potenza

Il tema dell’accoglienza, scelto per il lavoro conclusivo di questa tesi di laurea è quello indagato, da Giuseppe Costantini insieme ai suoi colleghi di studio, nella edizione di VILLARD:16 “Territori strategici:antichi sbarchi e nuove mete di libertà” questo, senza dubbio, è un tema di grande interesse e di grande attualità considerati gli eventi di questi ultimi anni ma, nello stesso momento, un tema di difficile declinazione in particolare per il contributo che le discipline del progetto possono dare in
questa direzione.
Esiste un ruolo per l’architettura capace di esplicitare risposte ad un interrogativo così complesso? Quale ruolo ha l’architettura in contesti come questi? Ruolo inteso come capacità del progetto di incidere sui meccanismi della modificazione urbana e delle sue modalità di attuazione.
Interrogarsi su cosa è possibile veramente fare con l’architettura; risolvere problemi, stimolare relazioni, integrazioni, dare forma all’accoglienza. Ci si accorge subito che, mai come in questo caso, più che alle forme bisogna riferirsi alle azioni ed alla capacità delle modificazioni non fisiche di saper/poter incidere molto più a fondo delle trasformazioni fisiche sulla città. L’architettura, in questi casi, non è un fondamento, ma un complemento, un processo necessariamente associato a strategie capaci di coinvolgere le relazioni prima ancora di definire gli spazi.
Una riflessione, io credo, debba essere fatta nella direzione della “transitorietà” dell’emergenza e del suo tempo, un tempo che deve essere misurato in relazione al problema dell’accoglienza (in Italia risale ai primi anni ’90 e forse tra qualche anno potrebbe essere in parte o del tutto risolto). I tempi della trasformazione urbana e dell’architettura sono tempi più lenti e coinvolgono modificazioni di più lungo periodo, per cui il progetto deve farsi carico di una condizione di temporaneità ma, nello stesso momento, deve essere capace di andare oltre la soluzione del problema per offrirsi come risorsa per la città, come prefigurazione al futuro per il suo territorio di pertinenza.
Un progetto per l’accoglienza è sostanzialmente un progetto per la città, per la qualità dei suoi spazi di relazione, per la costruzione di occasioni di scambio e di relazioni tra i residenti ed i loro “ospiti”, sotto questo aspetto l’architettura può  e deve dare risposte che, al di là dell’emergenza, trovino soluzioni durature….per quelli che verranno.

Migrazione e città. Pozzallo come Laboratorio - Matteo Di Venosa

Può la qualità dello spazio urbano influire positivamente sulla capacità  di accoglienza e di integrazione sociale della città  contemporanea (L. Mazza, 2015): sui suoi gradi di ospitalità, sul valore d’uso dei suoi contesti che si adattano ai cambiamenti delle morfologie sociali? Il rapporto tra forme spaziali e relazioni sociali è un tema fondativo delle discipline del progetto (L. A. Bagnasco, 1994). La città ha origini lontane: la sua forma è l’esito momentaneo di un processo di modificazione incessante della sue strutture socio-economiche e culturali. La città cristallizza le antiche configurazioni territoriali e al tempo stesso perpetua le pratiche sociali delle generazioni precedenti (C. Olmo, 1995). Il rapporto tra
struttura e forma, tra società e spazio non va pensato come progressione funzionale e lineare postulando il determinismo della relazione tra morfologia urbana e usi dello spazio (M. Roncayolo, 1997); al contrario subisce discontinuità, fratture e cambiamenti improvvisi che richiedono nuove configurazioni nuovi adattamenti e combinazioni La storia urbana, se si escludono le città di fondazione del XX sec, può essere letta come un processo di risignificazione delle strutture spaziali (vie, piazze, edifici) associato ai cambiamenti della società e del tempo. Gli esempi dimostrano come lo spazio urbano viene incessantemente reinterpretato dalle modificazioni dei comportamenti e degli usi sociali: il valore delle forme spaziale permane, i processi di adattamento sono incrementali e di lunga durata.
Tale prospettiva ha guidato il percorso di lavoro di Giuseppe Costantini che ha affrontato il tema del rapporto tra migrazione sociale e forma urbana a Pozzallo. Il caso di studio è naturalmente un pretesto. Costantini non intende fornire una risposta illuministica ed esaustiva ad un problema complesso e sfuggente. Una questione spesso interpretata nelle forme retoriche di un dibattito politico tanto inefficace quanto compromesso. Il lavoro, al contrario, ha cercato di verificare, attraverso un approccio progettuale integrato e transcalare, i possibili gradi di adattabilità del tessuto urbano di Pozzallo ai cambiamenti in atto della sua struttura sociale. Pozzallo come tante altre città e territori sta assistendo ad un profonda modificazione delle sue strutture produttive, sociali, spaziali e culturali. Pozzallo è una gate-city: cinquantamila migranti annualmente transitano nella città. Pozzallo è anche una gatecommunity; i flussi migratori sono invisibili, spesso relegati all’interno di una logistica dell’emergenza e del terrore. Come immaginare una città pù aperta e flessibile? Come generare luoghi urbani che meglio corrispondano ai requisiti di una città più accogliente e inclusiva? Una città che qualifica i propri spazi pubblici per la cura dei propri abitanti? A tali difficili domande il lavoro di Giuseppe ha dato una parziale risposta.

Tessiture sociali - Giuseppe Costantini

Più di un milione di migranti hanno attraversato il mare nell’ultimo anno, ai quali bisogna aggiungere i flussi migratori nell’entroterra europeo. È evidente che lo scenario sociale e culturale sta subendo profondi cambiamenti, nonostante il pianeta sia da sempre stato caratterizzato da morfologie sociali in movimento e le città abbiano sempre risposto con nuove configurazioni spaziali. Troppo spesso, oggi, si innalzano muri di intolleranza, si predica avversione verso popoli stranieri e sicuramente gli ultimi avvenimenti non aiutano a cambiare rotta.
Il diritto cosmopolita deve essere limitato alle condizioni di ospitalità universale. Ospitalità significa il diritto che uno straniero ha di non essere trattato come un nemico a causa del suo arrivo sulla terra di un altro (…). Non un diritto di accoglienza a cui uno straniero possa appellarsi (…) ma un diritto di visita che spetta a tutti gli uomini, il diritto di offrire la loro società in virtù del diritto della proprietà  comune della superficie terrestre, sulla quale in quanto sferica, gli uomini non possono disperdersi all’infinito. Abitare un sfera implica che allontanarsi da qualcuno ci porta necessariamente ad avvicinarci a qualcun altro. Scambio sociale, inclusione, interculturalit  sono ormai concetti su cui programmare i nuovi scenari urbani e su cui costruire la societ  moderna.
L’immigrazione può essere un’occasione di arricchimento sociale e di rigenerazione urbana? Può essere una risorsa su cui sviluppare nuove strategie inclusive? Sicuramente è doveroso un approccio più  attento e incisivo verso questo tema. Politiche integrative e più intelligenti. Affrontare una nuova questione urbana ponendo l’accento sulla transitorietà degli interventi adattandosi a utenze e configurazioni mutevoli, ma allo stesso tempo promuovendo strategie interscalari e rigenerative dello spazio creando congiunture sociali e urbane. Riutilizzare il patrimonio dismesso, i corpi morti della città, per riattivare quei dispositivi in grado di rimettere in circolo nuova linfa sociale.
L’immigrazione può essere intesa come sismografo sensibile, come indicatore efficace di nuove logiche di organizzazione dello spazio. Accoglienza e riuso del patrimonio abbandonato come motore di nuove trasformazioni dello spazio, di nuove tessiture sociali.

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