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Paesaggi regionali
Il Delta del Po tra visioni di sviluppo sostenibile e paradigmi territoriali
Francesco Alberti

Parole chiave: aree interne, territori locali, inclusione, sviluppo sostenibile, resilienza.
Key-words: internal areas, local territories, inclusion, sustainable development, resilience.

 

Abstract

Le riflessioni sul funzionamento metabolico e le ecologie relazionali che dovrebbero strutturare la città contemporanea generano ricadute rilevanti anche sulle modalità di ripensare il progetto urbano per lo sviluppo e la crescita dei territori locali: occorre mirare prioritariamente all’attivazione di una molteplicità di interventi concatenati tra loro, anche di piccole dimensioni e costruiti dal basso, piuttosto che soltanto nuove grandi opere, per favorire processi di adattamento graduale dell’esistente, attraverso cui provare ad assorbire i mutamenti introdotti dalle innovazioni tecnologiche, sociali ed economiche. Una realtà particolarmente significativa è rappresentata dalla comunità locale del Consorzio Uomini di Massenzatica (CUM) ubicata nella parte ferrarese del Delta del Po nell’ambito territoriale del Paesaggio Mab-Unesco.

 

1. La sostenibilità ambientale tra modelli e innovazioni

La morfologia di questa parte della provincia ferrarese va fatta risalire direttamente all’origine del territorio stesso, ossia alla sua natura di territorio di bonifica. La storia delle bonifiche forse è la più particolare delle storie della trasformazione dell’ambiente naturale in paesaggio umano e dei rapporti che hanno provocato la trasformazione. A partire dal VI secolo a.c. gli Etruschi si spinsero nell’Italia settentrionale nella direzione del mare Adriatico stabilendo la propria area di controllo nel delta del Po, tradizionale area di approdo e scambio della navigazione mediterranea in particolare di quella greca. Qui fondarono la città di Spina - posizionata alla confluenza di vie di comunicazioni strategiche fluviali e terrestri (Reno, Po, Adriatico) - che ebbe lunghi e duraturi rapporti commerciali con Atene e il mondo greco. Gli Etruschi passarono da una miriade di piccoli interventi precedenti - sparsi e non coordinati sul territorio - alle prime opere idrauliche inserite entro politiche di gestione delle acque. L’attenzione rivolta dagli Etruschi all’attività idraulica era indirizzata principalmente alla regolazione e regimazione dei corsi d’acqua e in subordine alla bonifica e messa a coltura di nuovi terreni, in quanto in uno scenario economico dominato dai commerci era più importante avere un sistema di relazioni efficienti: da Spina ad Adria le merci provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo venivano inoltrate in tutto l’entroterra Padano in gran parte per via d’acqua.
A questo processo di trasformazione corrispose successivamente un processo di capitalizzazione. Servivano infatti negli anni quantità sempre maggiori di investimenti per trasformare in senso produttivo il paesaggio e la produzione agricola. Si scavano allora canali di irrigazione, si introducono forme intensive differenziate di colture, si instaurano cicli produttivi, le tipologie stesse dell’abitare subiscono delle modificazioni: la cascina che rappresenta la sede dell’affittanza capitalistica diventa il centro della organizzazione dell’habitat agricolo e della lavorazione.
Ed è in questo contesto che si colloca, a partire dal medioevo, la realtà del Consorzio Uomini di Massenzatica (CUM), all’interno del Delta antico ed immerso nel paesaggio del basso ferrarese, accanto alla riserva naturale orientata delle Dune di Massenzatica, sito di importanza comunitaria (SIC) e Zona di Protezione Speciale (ZPS), di estremo interesse naturalistico. Le Dune di Massenzatica sono state riconosciute come aree di importanza regionale e istituite "Riserva Naturale Orientata" (Delibera del Consiglio Regionale n°229 del 3/01/1996), in quanto costituiscono il più importante apparato dunoso associato agli antichi cordoni litoranei della bassa pianura padana, originatesi tra la fine dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro (Capaccioni, Boattini, 2018). Le Dune rappresentano il relitto meglio conservato di una componente oggi quasi del tutto scomparsa dal paesaggio regionale.
Il Consorzio Uomini di Massenzatica - ubicato in tre piccole località Massenzatica, Monticelli e Italba in comune di Mesola nella provincia di Ferrara - è una proprietà collettiva di oltre trecentocinquanta ettari in provincia di Ferrara, le cui origini risalgono al Medioevo quando l’Abate di Pomposa concesse alla popolazione il diritto di pascolo su queste terre sul Delta del Po, poco adatte alla coltivazione. Da allora il terreno è stato lavorato e bonificato e le seicento famiglie hanno usufruito di una particolare forma giuridica di proprietà, né pubblica, né privata, la quale ha consentito una modalità di gestione che negli ultimi 20 anni è riuscita a coniugare redditi e occupazione dei consorziati con un approccio imprenditoriale da cui traggono il sostentamento (Schama, 1995). Trasformato in consorzio nel 1896, oggi è legalmente riconosciuto dalla Repubblica Italiana con la L.168/2017 e costituisce un punto di riferimento per la tutela e il mantenimento del paesaggio del Delta del Po (Cori,1998). Nel tempo, il progetto portato avanti dal consorzio si è concentrato sulla creazione di un senso di comunità piuttosto che sul mero sviluppo individuale. Si sono promosse così opportunità imprenditoriali e rafforzato il capitale sociale, controllando le risorse idriche e combattendo l’uso intensivo del suolo. Il consorzio negli ultimi anni ha sviluppato pratiche agricole innovative che hanno consentito di combattere lo spopolamento delle zone rurali e rafforzare la coesione sociale attuando un nuovo modello di gestione: consenso e condivisione degli obiettivi aziendali da parte della comunità locale, occupazione del personale locale in via prioritaria, e sostegno alle fasce più deboli. Una gestione del tutto innovativa di una comunità interna che ne serve una esterna utilizzando parte dei terreni per rispondere agli obiettivi della comunità locale e dando in gestione ai privati una parte residua della terra. Si è così costituito uno stimolante riferimento territoriale non solo per l’Emilia-Romagna ma anche per tutto il Veneto. La lettura dei caratteri e delle trasformazioni paesaggistiche, così come l’analisi della situazione attuale e la messa a fuoco delle prospettive future in termini di pianificazione (Clementi, 2021) ai fini di una possibile rinascita territoriale, sono oggetto di una specifica attività di ricerca in corso tra l’Università di Ferrara e il Consorzio Uomini di Massenzatica (CUM). L’obiettivo è di contribuire alla ripresa e alla resilienza delle aree rurali e interne - congiuntamente all’esperienza elaborata per la SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne) - al fine di istituire luoghi di elaborazione e sperimentazione di buone pratiche per lo sviluppo sostenibile, per un’economia circolare dove le sfide del lavoro, della transizione energetica e della produzione di beni e servizi ambientali non siano in contrapposizione e dove l’impronta ecologica sia più accettabile. In questo ambito di rilevante valore paesaggistico le modalità di gestione individuate nella proprietà del consorzio, hanno consentito di riconoscere i valori del paesaggio e le esperienze dei domini collettivi, esempi concreti di gestione consapevole delle risorse agro-ambientali e paesaggistiche che possono rappresentare modelli di riferimento attorno al quale delineare opportunità e strategie per il futuro del territorio italiano. A questa visione strategica, alternativa e dinamica, saranno orientate le attività di ricerca ricorrendo a un metodo olistico e integrato indispensabile per la lettura dei fenomeni territoriali, per la loro comprensione e per la formulazione di scenari futuri.


2. Il paesaggio Mab-Unesco tra equilibrio e funzionalità

Il Delta del Po ha ottenuto il riconoscimento di Riserva di Biosfera nell'ambito del Programma Mab- Unesco nel 2015. Tale riconoscimento si associa, per il territorio ferrarese, alla designazione a "Patrimonio dell'Umanità" ottenuta nel 1999 da "Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta". Un doppio, prestigioso riconoscimento Unesco per un unico territorio: se la nota "World Heritage List Unesco" mira alla conservazione e alla tutela dei valori e dei patrimoni culturali e naturali dell'umanità, le riserve di biosfera nascono invece per promuovere un'interazione sostenibile fra l'uomo ed il proprio ambiente. Le riserve di biosfera Mab-Unesco individuano gli ecosistemi terrestri, costieri e marini in cui, attraverso un'appropriata gestione del territorio, si coniugano la valorizzazione dell'ecosistema e della sua biodiversità con le strategie di sviluppo sostenibile. In questo senso le riserve della Biosfera sono aree di sperimentazione della sostenibilità e di elaborazione di proposte che realizzino tale orientamento per lo sviluppo, a beneficio delle comunità locali. Le aree che ottengono il riconoscimento a riserva della biosfera si impegnano a garantire tre funzioni fondamentali e complementari fra di loro: una funzione di sviluppo, per incentivare e promuovere lo sviluppo sostenibile; una funzione di conservazione dei paesaggi, degli habitat, degli ecosistemi, così come delle specie e della diversità genetica; una funzione logistica e di supporto ad attività di ricerca, di monitoraggio, di verifica delle politiche territoriali, di educazione e di formazione che deve permettere alla riserva della biosfera di estendere la sua influenza e le sue buone pratiche oltre i suoi confini, anche in ambito internazionale grazie al suo inserimento nella rete mondiale delle riserve della biosfera. Molte realtà pubbliche e private del territorio credono fortemente nelle politiche previste dalla riserva di biosfera Delta del Po, condividono gli obiettivi e i valori del programma Mab-Unesco attraverso l'utilizzo del brand Biosfera Delta del Po. Richiedendo e concedendo l'uso della brand image, tali soggetti sottoscrivono con la riserva di biosfera un accordo: i primi si impegnano a perseguire i valori ambientali, sociali ed etici del programma Mab, tendendo al miglioramento continuo, mentre la riserva di biosfera garantisce loro visibilità e un più ampio coinvolgimento nella propria strategia di comunicazione e sensibilizzazione.
L’ambito di rilevante valore paesaggistico individuato dal progetto di gestione del CUM - vincitore del Premio Paesaggio Nazionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC) per l’edizione 2018 e meritevole della Mozione dell’Unione Europea (UE) per il Premio del Paesaggio per l’edizione del 2019 - ha individuato i valori del paesaggio e le esperienze dei domini collettivi sopra richiamate, incardinate sulla legge n. 168/2017 “Norme in materia di domini collettivi”, che ha riconosciuto istituzionalmente il ruolo e l’importanza di questi soggetti giuridici a tutela e salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, ed il contributo che possono dare allo sviluppo economico.
Lo studio dei demani civici e delle proprietà collettive - si stima che si estendano in Italia per circa 1.500.000 ettari - ha permesso di riscoprire le caratteristiche e le peculiarità di ogni singola realtà del territorio nazionale. Le proprietà collettive intendono proporsi come istituzioni nella gestione del patrimonio ambientale, nelle iniziative di sviluppo del territorio, nella valorizzazione dell’identità sociale e culturale delle comunità. Rappresentano in questo senso una forma particolare di proprietà capace di apportare uno specifico contributo alla valorizzazione del territorio e del paesaggio gestiti secondo regole millenarie, all’unico scopo di riconsegnarli in tutto il loro valore alle generazioni future.


3. I territori locali tra strategie e progetti

Gran parte delle nostre aree rurali dalla metà del Novecento in poi, hanno subito processi di abbandono e di spopolamento, di rarefazione sociale e produttiva, di degrado ambientale e paesaggistico, con il risultato che tanti territori sono stati lasciati soli e hanno inconsapevolmente partecipato alla decostruzione del paesaggio, oppure contribuito a costruire un nuovo paesaggio, più informe e semplificato.
Borghi rurali all’interno di spazi progressivamente marginalizzati - dove si è assistito ad una perdita di importanza del patrimonio territoriale - naturale, agrario, architettonico, materiale o immateriale - accumulato nella storia, non solo a causa della collocazione geografica per difficili condizioni di accessibilità. Il piano territoriale provinciale (PTCP) aveva da tempo messo in luce una caratteristica fondamentale del territorio ferrarese: la sua peculiare prevalenza del vuoto, frutto di una antropizzazione blanda, di una struttura insediativa a bassa densità e di un rapporto storicamente complesso con la gestione di un habitat terracqueo di grande suggestione e fragilità.
Questa osservazione poneva le premesse per una rivalutazione del vuoto come elemento di diversità da cui ripartire per una valorizzazione economica, soprattutto in declinazione turistica. Il piano territoriale si era posto, tra i principali obiettivi, quello di far convergere le esigenze di qualificazione del territorio sulle necessità di miglioramento del sistema ambientale, sociale ed economico. Partire dal vuoto come struttura del nuovo piano significa dunque aggiornare quelle urgenze all’interno di un sistema che accorda urbanità e paesaggio, garantendo le condizioni per  superare le dicotomie centro-periferia, città-campagna, urbano-rurale che stanno producendo, in generale, distorsioni sensibili sull’ambiente e sulla qualità della vita. Utilizzare e valorizzare il vuoto come armatura del piano costituisce in definitiva il principio fondativo per leggere questo territorio in termini di opportunità. Vuoto viene inteso come tutto ciò che non è urbanizzato in modo continuo, preparando a una lettura del territorio ferrarese che ribalta la canonica interpretazione del piano, il quale assume il pieno come punto di attenzione, mentre il vuoto appare come corollario (Gasparrini, 2015).
Questo aiuta a comprendere come, nel territorio ferrarese, il vuoto coincida di fatto con un continuum paesaggistico che supera abbondantemente per estensione le parti antropizzate e assume, di volta in volta e a seconda delle diverse unità di paesaggio della provincia, caratteri diversi a partire da una medesima condizione di naturalità. Uniformità e variazione sono forse le parole-chiave in grado di esplicitare le potenzialità del vuoto come elemento ordinatore: il paesaggio come strumento in grado di garantire continuità di intervento convincente su tutto il territorio provinciale nella diversità e ricchezza dei propri aspetti, habitat, naturali, artificiali o antropizzati.
Il paesaggio, quindi, come infrastruttura fisica in grado di connettere capillarmente sia le centralità maggiori sia quelle più marginali, configurandosi come una rete fitta di percorsi tra terra e acqua, i cui nodi sono costituiti dall’intersezione di linee differenti. Nodi e punti di raccordo, messi in rete da politiche di mobilità sostenibile, diventano potenziali nuove centralità: si rafforzano e acquisiscono valore perché parte di un sistema. Applicata a tutti quei centri di medie e piccole dimensioni - Mesola e Massenzatica ne sono un caso emblematico nel territorio provinciale - tale capacità significa opportunità di ripartire in termini economici e sociali, avvalendosi del principio di semplicità, flessibilità e convenienza nei tempi di spostamento, con il valore aggiunto della suggestione e della qualità del paesaggio, ovvero la dimensione produttiva del vuoto come una nuova attività produttiva (Provincia di Ferrara, 2020).
Se dunque è il vuoto il cardine territoriale, la quota elevata di paesaggio identificabile come non costruito diventa centrale sotto il profilo strategico: la superficie agricola è costantemente tagliata e attraversata da percorsi e costituisce essa stessa una centralità produttiva. Se si analizzano e si leggono, quindi, le caratteristiche dello sviluppo tecnologico in itinere, è possibile comprendere come la vasta estensione agricola dell’areale ferrarese si candidi a trasformarsi in un ambito privilegiato - per dimensioni, continuità e qualità - di sperimentazione e applicazione dei principi e degli strumenti agricoli di nuova generazione, nonché di approfondimento delle interazioni tra questa e il paesaggio.
La nuova disciplina regionale sulla tutela e l’uso del suolo supera il meccanismo della pianificazione a cascata ripartendo le funzioni di governo del territorio secondo il principio di competenza, quindi funzioni di pianificazione strategica d’area vasta e coordinamento delle scelte urbanistiche strutturali che esulino dalla scala locale. Rispetto alla pianificazione comunale il nuovo piano territoriale provinciale (PTAV) in fase di redazione occupa un ruolo molto più marginale di quello del PTCP nel precedente assetto legislativo. La conformità del piano urbanistico generale al piano territoriale di area vasta sarà principalmente data dalla congruenza tra obiettivi e strategie, mentre le prescrizioni vincolanti possono, al più, interessare insediamenti o infrastrutture di rilievo sovracomunale ed eventualmente il livello delle prestazioni dei servizi ecosistemici. In questo contesto il piano territoriale si candida come piattaforma strategica di raccordo e declinazione alla scala locale di azioni connesse a patti, programmi, piani e progetti esistenti o in previsione strumento tramite il quale selezionare e concentrare le priorità di intervento sia per temi che per territori sede di accordi di verifica delle politiche di area vasta. Il territorio di Massenzatica e di Mesola, incluso nella strategia SNAI Basso Ferrarese “Fare Ponti”, e in quella del New European Bauhaus (NEB), potrebbe assistito da capitali pubblici, come i fondi per lo svilupppo rurale e i next generation EU - diventare un modello di sviluppo per nuove economie sostenibili di lavoro per l’attività agricola 4.0. Lo strumento del progetto urbano sostenibile e multiattoriale potrebbe consentire di intervenire in un territorio fraglile attraverso la realizzazione di servizi puntuali e di prossimità per la comunità che permetterebbero di perseguire ed attuare politiche di coesione e inclusione sociale. Il modello di riferimento è quello sviluppato all’interno del programma “Progetto crescita e comunità in Toscana” per i territori della Maremma e della Val di Chiana presentato nel 2020 da Bonifiche Ferraresi SpA con la Regione Toscana che mira a recuperare il territorio sviluppando biodiversità, e che mette la componente “turismo” al centro del recupero degli edifici, in modo tale da “fare attrazione” e promuovere il territorio in tutto il suo valore.  Questo intervento permette contemporaneamente di creare produzione di qualità, di razionalizzare e risparmiare l’energia elettrica, e di porre grande attenzione ai cambiamenti climatici, diventando un esempio virtuoso di tradizione che si coniuga con l'innovazione.
Per poter promuovere politiche territoriali nella prospettiva dell’Agenda ONU 2030 che conservino e implementino il valore dell’ambito agricolo-paesaggistico di Massenzatica, il consorzio ha aderito al Progetto New European Bauhaus (NEB), al fine di perseguire obiettivi di inclusione sociale in una visione di sviluppo sostenibile. Nel continuare nel lavoro svolto finora, è necessario sviluppare concetti e idee emergenti che diano visibilità ai luoghi con l’obiettivo di definire il Green Deal Europeo, ad esempio con le industrie del comparto edile che utilizzino materiali naturali come il legno o il bambù, o con un’architettura che adotti forme e principi di costruzione vicini a quelle della natura, che tenga conto degli ecosistemi fin dalla progettazione, e che renda possibile e pianifichi la sostenibilità e la riutilizzabilità. Il nuovo Bauhaus europeo dovrà inoltre approfittare dell'altra grande tendenza rivoluzionaria del nostro secolo, la digitalizzazione, che sta cambiando sempre più il nostro modo di pensare e di agire. In futuro, le case, gli insediamenti e le città funzioneranno meglio grazie al loro gemello digitale. Le simulazioni informatiche consentiranno infatti di migliorare le scelte progettuali in termini di efficienza delle risorse, riutilizzabilità o impatto sull'ambiente e sul clima locale. L'obiettivo è realizzare insediamenti più vivibili e a impatto climatico zero. I prossimi due anni vedranno nascere i cinque progetti iniziali del Bauhaus europeo in diversi paesi dell’Unione. Tutti saranno improntati alla sostenibilità, ciascuno con declinazioni diverse: i temi spazieranno dai materiali da costruzione naturali all'efficienza energetica, dalla demografia alla mobilità orientata al futuro o all'innovazione digitale efficiente sotto il profilo delle risorse, ma sempre in combinazione con la cultura e l'arte. Questi laboratori creativi e sperimentali, autentici punti di riferimento per le industrie europee, costituiranno il punto di partenza di una rete europea e mondiale che punterà a massimizzare l'impatto economico, ecologico e sociale delle attività costruttive. E lo strumento attuativo per metterle in atto potrà essere il progetto urbano (Ricci, 2012), che nel frattempo è andato notevolmente evolvendo, soprattutto sulla spinta dei modelli proposti dall’Europa (programmi comunitari Urban): l’orientamento è quello di intendere il progetto urbano - oltre chiaramente all’insieme coerente di opere edilizie e opere pubbliche corredate dalla procedure di reperimento delle relative risorse economico-finanziarie - come combinazione finalizzata di azioni per lo sviluppo e il welfare locale, per l’ambiente, per la mobilità, insieme a quelle più tradizionali per l’urbanistica, l’edilizia e le opere pubbliche. Una combinazione a geometria variabile (Clementi, Pozzi, 2015), con un grado di intersettorialità tra le dimensioni spaziali, economiche e sociali, che dipende di volta in volta dalla specificità del contesto, dalla complessità e dalla rilevanza dei problemi da affrontare localmente, e dalla disponibilità degli attori in gioco. In questo modo si configura come uno strumento strategico perché è l’espressione di un processo di costruzione cooperativa di un contesto d’azione comune, mirato a facilitare la risoluzione di situazioni decisionali complesse nelle quali sono implicati molteplici attori pubblici (enti istituzionali, consorzi e agenzie di gestione dei servizi locali) e privati, contribuendo contemporaneamente alla configurazione architettonico-urbanistica della trama spaziale per il disegno dei nuovi assetti e delle trasformazioni territoriali.




Riferimenti bibliografici

Clementi A. (2021), Alla conquista della modernità. L’urbanistica nella storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Carocci, Roma;
Provincia di Ferrara (2020), Piano territoriale di area vasta - Documento degli obiettivi strategici;
Capaccioni L.,Boattini A. (2018), Storia genetica di proprietà collettive della pianura padana orientale: Grignano Polesine e Massenzatica, tesi di laurea Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche, Ambientali, Alma Mater, Bologna;
Clementi A., Pozzi C. (2015), Progettare per il futuro della città, Quodlibet, Macerata;
Gasparrini C.(2015), In the city, On the city, List Lab Trento;
Ricci M. (2012), Nuovi paradigmi, List Lab, Trento;
Schama S. (1995) Paesaggio e Memoria, Mondadori, Milano.

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