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Le nuove sfide del Progetto Urbano nell’era della crisi climatica1
Il ruolo della conoscenza e della integrazione disciplinare
Carmela Mariano, Marsia Marino

Parole chiave:          Rigenerazione urbana ecologica, Progetto Urbano, innalzamento del livello del mare
                            Ecological urban regeneration, Urban Project, sea level rise

                  

 

Abstract:

L’innalzamento del livello del mare rappresenta uno degli effetti più impattanti dei cambiamenti climatici sul territorio, con particolare riferimento all’area mediterranea.
Le strategie di adattamento rappresentano un approccio complementare alla mitigazione al fine di perpetrare uno sviluppo urbano sostenibile e resiliente delle città costiere.
In questo senso, le amministrazioni locali, accanto alla definizione di vision strategiche, individuano nella procedura del Progetto Urbano lo strumento più idoneo per rispondere alle nuove sfide della contemporaneità.
Il contributo evidenzia la necessità, per i policy maker, di incentivare la costruzione di banche dati complete ed esaustive per una puntuale valutazione della vulnerabilità dei territori ai diversi impatti dei cambiamenti climatici come azione preliminare ad interventi progettuali site specific.




L’innalzamento del livello dei mari quale fattore di rischio per le città costiere del mediterraneo

Il quinto Rapporto IPCC del 2013 (AR5, 2013) rappresenta lo stato attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socioeconomici (è attualmente in corso la stesura del sesto Rapporto) ed evidenzia come il fenomeno dell’innalzamento del livello dei mari rappresenti uno degli effetti più impattanti sul territorio.
Senza voler entrare in tecnicismi, le proiezioni globali al 2100 variano tra 53 e 97 cm secondo l’AR5 (2013) e tra 50 e 140 cm secondo Rahmstorf (2007).
Un ulteriore dato allarmante evidenzia che, anche se l’emissione di gas serra dovesse diminuire, sarebbe comunque previsto un innalzamento del livello del mare tra 28 e 61 cm per lo stesso periodo.
In questo scenario si registrerà un impatto importante lungo le coste che potrebbe causare una probabile migrazione interna dell’erosione costiera, aumentando in modo significativo anche il rischio di alluvioni, soprattutto in caso di eventi estremi (Mariano, Marino, 2019a).
A tale proposito un interessante studio dal titolo Mediterranean UNESCO World Heritage at risk from coastal flooding and erosion due to sea-level rise (Reimann, L., Vafeidis, A.T., Brown, S., Hinkel, J., Tol R.S.J., 2018), pubblicato sulla rivista Nature Communications, richiama l’attenzione sui siti UNESCO situati nelle zone costiere del Mediterraneo più esposte al rischio inondazione causato dall’innalzamento del livello del mare, ponendo l’accento sul rischio di perdita non solo a livello materiale, ma anche sul piano dell’identità culturale dei popoli.
La Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale, adottata dall’UNESCO nel 1972, prevede, infatti, la redazione di liste di beni, naturali e culturali, che appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei territori nei quali essi sono collocati.
L'elenco del patrimonio mondiale del 2018 comprende un totale di 1092 siti del patrimonio culturale e naturale, in base al loro eccezionale valore universale; oltre il 77% di questi siti sono culturali e una grande parte di questi è collocata nelle aree costiere, in linea con le tendenze insediative tradizionali della civiltà umana.
Sebbene il cambiamento climatico sia stato universalmente riconosciuto come una minaccia, non sono molti gli studi che esplorano potenziali opzioni di adattamento per queste aree.
Inoltre, gli standard di protezione variano notevolmente tra i Paesi del Mediterraneo a causa delle differenze socioeconomiche tra la parte settentrionale, orientale e meridionale.
Lo studio Reimann et. al (2018), cataloga i siti UNESCO situati nel Mediterraneo, mostrando anche la schematizzazione, tramite segmenti di diverso colore, delle previsioni al 2100 dell’innalzamento del livello del mare.
Secondo lo studio, in Italia i principali siti esposti al rischio inondazioni causate dal SLR sono: la città di Venezia e in generale tutta l’area lagunare, Piazza del Duomo a Pisa, Vicenza e le ville Palladiane del Veneto, il centro storico di Napoli, Ferrara, il Delta del Po, i monumenti paleocristiani di Ravenna (città oggetto di approfondimento in questo contributo), Portovenere nelle Cinque Terre, Torre Annunziata (NA), la Costiera Amalfitana e Cilentana con il Parco Nazionale del Cilento e il  Vallo di Diano, l’area archeologia di Paestum (SA), la Certosa di Padula (SA).
Oltre a questo, se si considera poi, che in Europa circa 86.000.000 di persone (il 19% della popolazione) vivono entro i 10 Km dalla costa (ivi), che nell’area mediterranea la percentuale sale al 75%, e che l’Italia, con i suoi 7500 Km di costa, registra valori di concentrazione demografica che si aggirano intorno al 70%, (Antonioli, et al, 2016), si comprende il connotato di estrema fragilità di quelli che possiamo definire territori sublimi, nel significato etimologico del termine che, dal latino sub limen (sotto la soglia, sotto il limite), fa riferimento, in questo contesto, al limite della costa, limite fisico tra terra e mare inteso come componente che determina il passaggio, la transizione tra il paesaggio presente e quello futuro di territori che sono di fatto sospesi perché interessati da un fenomeno di rischio potenziale e, quindi, a rischio di perdita.
Lo studio di Antonioli et. al (2016) annovera, tra l’altro, oltre all’area della laguna veneta, la città di Ravenna tra le trentatrè aree in territorio italiano maggiormente esposte al rischio sea level rise.


Rigenerazione ecologica integrata per un adattamento resiliente

Alla luce delle tematiche esposte, le autrici, tramite un approccio induttivo adottato nell’ambito della Ricerca del Dipartimento PDTA “Strategie di rigenerazione urbana per territori climate proof. Strumenti e metodi per la valutazione della vulnerabilità e per l'individuazione di tattiche di resilienza degli ambiti urbani costieri soggetti a sea level rise” (Responsabile scientifico Prof.ssa Carmen Mariano) e delle attività del Dottorato di ricerca PDTA, hanno proposto la concettualizzazione di tre macro-strategie di resilienza urbana (Mariano, Marino 2019b):

Il presente contributo ha l’obiettivo di approfondire la strategia di “Adattamento” al fine di comprendere in che modo il ricorso alla procedura del Progetto Urbano possa rappresentare la scelta più idonea per la rigenerazione ecologica delle aree esposte a rischio sea level rise (SLR).
Le azioni e le strategie di adattamento, infatti, rappresentano un approccio complementare alla mitigazione che implica la capacità della popolazione di continuare a vivere il proprio habitat apportando adeguamenti atti a ridurre al minimo l'impatto delle inondazioni e che prevedono pratiche di rigenerazione urbana dei territori compromessi (Boateng, 2008) in grado di perpetrare lo sviluppo urbano in un’ottica di sostenibilità e resilienza (Salata, Giaimo, 2016).
A questo proposito, dal 2009, IUCN2 ha promosso il ricorso all’approccio EbA (Ecosistem Based Approach) in materia di adattamento urbano ai cambiamenti climatici che consiste nell’adottare soluzioni nature based per fronteggiare gli impatti dei cambiamenti climatici sulle persone e sul loro habitat.
L’approccio EbA consiste nel ricorso alla biodiversità e ai servizi ecosistemici come parte di una strategia di adattamento globale (IUCN, 2020) e «integra la conoscenza scientifica delle relazioni ecologiche nell’ambito di un complesso quadro di aspetti sociali e politici e di valori, verso l’obiettivo generale della protezione dell’integrità degli ecosistemi in una prospettiva di lungo termine» (Grumbine, 1994).
Nella sostanza l'EbA si concentra sui benefici che gli esseri umani traggono dalla biodiversità e dai servizi ecosistemici e su come questi benefici possano essere utilizzati per far fronte ai cambiamenti climatici. Di conseguenza, l'EbA è un concetto incentrato sulle persone, ma che riconosce che la resilienza umana dipende in modo critico dall'integrità degli ecosistemi (Scavone, 2014). Tuttavia, la salute dell'ecosistema da sola non garantisce la resilienza umana, quindi l'EbA è implementato al meglio come elemento integrato di una più ampia strategia di adattamento. Gli approcci includono, ad esempio, il ripristino degli habitat costieri, l'agroforestazione, la gestione integrata delle risorse idriche, la diversificazione dei mezzi di sussistenza e gli interventi di gestione forestale sostenibile che utilizzano la natura per ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici (CBD, 1992; Magaudda, D’Ascanio, Muccitelli, Palazzo, 2020).
Un ulteriore passo in avanti rispetto al concetto di EbA è quello di Eco-DRR “Ecosystem-based Disaster Risk Reduction” che si concentra sulla minimizzazione degli impatti di eventi calamitosi, migliorando la capacità delle persone di gestire al meglio le situazioni critiche (tsunami, inondazioni, terremoti, cicloni). A differenza dell’EbA, l'Eco-DRR affronta anche eventi rischiosi che non sono strettamente collegati al cambiamento climatico o alla sua variabilità.

In questo contesto di riferimento, le «azioni fortemente lungimiranti volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi», e di “Gestione dei paesaggi”, «azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali» (Convenzione Europea del Paesaggio, 2000), inducono ad accostare ai temi della pianificazione urbanistica, quelli più strettamente legati alla progettazione urbana, alle tecnologie sostenibili e viceversa.
In questo senso la dimensione meta-progettuale del Progetto Urbano, lo configura come la metodologia più idonea ad intervenire in contesti degradati dagli effetti dei cambiamenti climatici in generale e del SLR in particolare. Il progetto urbano è in grado di accogliere ed indirizzare una successione di contributi nel lungo periodo, una procedura che, proprio per la sua natura (Sola Morales, 1989), presenta, infatti, gradi di flessibilità in grado di adattare la progettazione degli spazi urbani alla richiesta di nuovo welfare urbano.
Nello specifico, due elementi diventano veri e propri parametri progettuali e di ricomposizione armonica delle scale d’intervento:


Ravenna: città resiliente, adattiva e antifragile

In questo contesto di riferimento, emblematico è il caso della regione Emilia-Romagna e del comune di Ravenna in particolare.
La nuova Legge Urbanistica Regionale n°24/2017 Disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio, infatti, si muove verso precisi obiettivi:

In questo senso, l’Art. 31 della sopramenzionata legge, sottolinea con forza la dimensione strategica del nuovo PUG che sarà poi attuato attraverso “Accordi operativi”, che sostituiranno POC e PUA e che regoleranno nel dettaglio gli interventi da realizzare.
Il comune di Ravenna sta attualmente lavorando alla redazione del nuovo Piano Urbanistico Generale sulla base del documento strategico “Il Piano delle azioni consapevoli e integrate” (2019), che prevede la definizione di 5 obiettivi:

Per ognuno di questi obiettivi vengono definiti Lineamenti strategici e azioni progettuali.
Il documento strategico definisce quattro progetti urbani-guida (per il progetto PG3 è stato già indetto un concorso di progettazione volto alla definizione di un Progetto Urbano con lo scopo di creare un Hub Intermodale della Stazione Ferroviaria di Ravenna, intesa come cerniera urbana tra città storica e darsena di città) (figg. 1 e 2):

Per quanto attiene all’obiettivo n. 1 del Piano strategico, il Progetto PG2 è quello che maggiormente si riferisce alla necessità di rendere la città resiliente alle inondazioni causate dall’innalzamento del livello del mare e, quindi, oggetto di approfondimento in questo contributo.
Il Progetto-guida in questione (figg. 3 e 4) individua l’esigenza di un’azione integrata per adattare il territorio ad una molteplicità di rischi e salvaguardare e valorizzare le eccellenze naturalistiche sottoposte a maggiore pressione antropica (Comune di Ravenna, 2019).
In tal senso il documento strategico definisce tre progetti strutturanti, per i quali vengono definiti degli obiettivi specifici, sulla base dei quali realizzare un unico Progetto Urbano in linea con i principi espressi nel paragrafo precedente:

Tuttavia, pur avendo delineato uno schema di assetto preliminare che tiene conto del dinamismo del litorale, l’analisi del Piano locale attualmente vigente fa emergere una sostanziale carenza nel quadro conoscitivo del territorio rispetto alle previsioni dell’innalzamento del livello del mare e l’assenza di elaborati tematici che mettano in relazione le aree a rischio con le previsioni del piano urbanistico comunale
Ad oggi, infatti, tra gli elaborati grafici del quadro conoscitivo del PSC (Piano Strutturale Comunale) di Ravenna, al punto B.3.1, vengono catalogate le Carte dei rischi di origine naturale, tra le quali compaiono quelle relative alla subsidenza e alla erosione costiera, ma non viene fatto riferimento al contributo del progressivo innalzamento del livello del mare, informazione che sarebbe necessaria alla concretizzazione degli obiettivi emersi nel Progetto-guida PG2 presentato del documento strategico.
A tale proposito, le autrici, con la collaborazione del Laboratorio di Modellistica Climatica ed Impatti dell’ENEA, hanno proposto un’azione preliminare a quella di definizione degli interventi progettuali, ovvero un’integrazione del quadro conoscitivo del Piano urbanistico locale con mappe del rischio al SLR per orizzonti temporali (2030, 2050 e 2100), applicate all’area target di Marina di Ravenna (figg. 5, 6, 7), compresa nel progetto PG2 Lo spessore dinamico del litorale(Mariano, Marino, Pisacane, Sannino, 2021), aventi ad oggetto la perimetrazione delle aree del tessuto urbano interessate dal rischio inondazione.
Partendo dalle inedite proiezioni di innalzamento del livello del mare alla scala locale, specificatamente riferite all’area di Ravenna, fornite da Laboratorio di Modellistica Climatica ed Impatti dell’ENEA (2 cm al 2030, 17 cm al 2050, 68 cm al 2100), la sperimentazione ha fatto emergere una progressiva compromissione, nell’arco temporale identificato, delle componenti sistemiche ricomprese nel sistema ambientale e dei valori storico-culturali (dal 7% al 2030, al 24% al 2050, fino al 47% al 2100), insediativo-morfologico (dal 0% al 2030, 3% al 2050, 35% al 2100) e delle infrastrutture e dotazioni territoriali (dal 0% al 2030, 0% al 2050, 100% al 2100).


Riflessioni conclusive

Il risultato di questa attività di sperimentazione evidenzia la necessità, da parte degli organi preposti al governo del territorio, di operare una definizione spaziale delle vulnerabilità dei territori preliminare all’elaborazione di strategie resilienti ai fenomeni connessi al climate change, facendo ricorso alle tecniche innovative del remote sensing e ai Sistemi informativi geografici (GIS), supportando e incentivando la costruzione di banche dati complete ed esaustive.
Strategie in grado di mettere a sistema i temi della “integrazione”, in termini di scale e tempi degli interventi, delle modalità di azione sulle componenti sociali, economiche e fisiche dei territori, dei soggetti coinvolti nel processo (Masboungi, Mangin, 2009); della “interdisciplinarietà”, urbanistica, tecnologica, economica, sociale, ingegneristica etc; della “transcalarità” del rischio e della risposta urbanistica, dalla scala vasta a quella urbana e locale, nella prospettiva di una pianificazione climate-proof (Musco, Magni, 2014), in grado di «affrontare con approccio sistemico le radici complesse delle dinamiche ambientali e territoriali, di produrre conoscenza e comprensione adeguate alle realtà territoriali e delle loro tendenze evolutive, di proporre visioni olistiche dei problemi da affrontare, di avanzare ipotesi progettuali capaci di anticipare gli eventi e di conferire alla mano pubblica un ruolo pro-attivo» (Gambino, 2010).
Questa elaborazione costituisce un primo risultato della ricerca sulla base del quale si sta procedendo, nelle fasi successive, con una lettura per classi di vulnerabilità degli ambiti territoriali interessati dal rischio inondazione (suddivise per livelli di rischio) in grado di orientare le azioni prioritarie di intervento.
Tale lettura, sovrapposta e interrelata con una successiva indagine di tipo qualitativo, articolata per sistemi di componenti (sistema paesaggistico-ambientale e dei valori storico culturali, sistema insediativo morfologico, sistema relazionale e delle dotazioni territoriali), potrà consentire, da un lato di prefigurare eventuali revisioni delle previsioni dello strumento urbanistico, dall’altro di individuare categorie di intervento differenziate in relazione alla natura delle componenti interessate dal perimetro di rischio inondazione e articolate secondo le tre macro-strategie individuate (difesa, adattamento e ricollocazione), concettualizzate nel percorso di ricerca attraverso un percorso metodologico induttivo, a partire dal dibattito e dalla disamina di alcune significative esperienze di pianificazione e progettazione condotte in ambito italiano ed europeo e individuate quali best practices.
Le azioni progettuali che l’attività di ricerca in corso promuove, sono improntate in un’ottica di rigenerazione ecologica dei territori interessati dal fenomeno di rischio, anche attraverso operazioni di modellazione del suolo che possono diventare la matrice di nuovi assetti urbani e la definizione di progetti alla piccola scala, diffusi capillarmente, che implicano anche, nel caso di azioni di difesa, un ripensamento dell’infrastruttura idraulica oltre il suo ruolo eminentemente tecnico basato su un approccio esclusivamente tecnico-ingegneristico, in una prospettiva di convivenza dello spazio abitato con le acque piuttosto che di resistenza, laddove l’acqua in molti casi può rappresentare un valore aggiunto e l’occasione di rigenerazione dello spazio pubblico urbano.




Riferimenti bibliografici

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