Call for Paper Narrazioni mediterranee

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Questi fantasmi
L’influenza delle architetture disegnate dagli anni Trenta agli anni Quaranta del Novecento
Concetta Tavoletta




Parole chiave:          natura, simbologia, arcaico, lirismo, paesaggio / nature, symbolism, archaic, lyricism, landscape




Abstract:

Nel 1940 Gio Ponti, fondatore di “Domus” e direttore della rivista, con il numero 152 provò a definire il Manifesto dell’idea di casa al mare per gli italiani. La sua visione era basata sulla possibilità di indicare delle verosimili strategie compositive dell’ambito domestico legato al progetto sulla costa. L’indagine relativa all’abitare era un tema caro a Ponti già dai primi numeri di “Domus”; partendo dalle parole che definiscono le componenti architettoniche, dall’editoriale numero uno del 1928 l’architetto milanese ha accompagnato il lettore in un viaggio che provava ad essere il traino di una visione nuova dello spazio della casa. Proprio mentre era nel pieno della sua ricerca, incontrò i giovani Luigi Cosenza e Bernard Rudofsky che avevano da poco concluso alcune esperienze residenziali e di concorso. La collaborazione tra queste tre figure produrrà alcune delle architetture mediterranee che ancora oggi fanno scuola nell’ambito del Mare Interno e che ci insegnano come il progetto anche solo disegnato può essere non solo espressione compiuta di una modalità di relazione con lo spazio ma, soprattutto, matrice di una visione nuova dell’abitare e del progetto.

In 1940 Gio Ponti, founder and editor of "Domus" magazine, with the issue 152 tried to define the Manifesto of the idea of ​​a beach house for Italians. His vision was based on the possibility of indicating plausible compositional strategies of the domestic context linked to the project on the coast. The investigation into living was a theme dear to Ponti from the very first issues of "Domus"; starting from the words that define the architectural components, from the editorial number one of 1928 the Milanese architect accompanied the reader on a journey that tried to be the driving force of a new vision of the space of the house. Just as he was in the midst of his research, he met the young Luigi Cosenza and Bernard Rudofsky who had recently concluded some residential project and contests. The collaboration between these three figures will produce some of the Mediterranean architectures that still form part of the Inland Sea today and that teach us how the project, even if only designed, can be not only an accomplished expression of a way of relating to space but, above all, the matrix of a new vision of living and design.


Errori e successi mediterranei

«Nel paesaggio fisico come in quello umano, il Mediterraneo crocevia, il Mediterraneo eteroclito si presenta al nostro ricordo come un’immagine coerente, un sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in un’unità originale. Come spiegarla? Come spiegare l’essenza profonda del Mediterraneo? Sarà necessario moltiplicare gli sforzi. La spiegazione non risiede soltanto nella natura, che pure molto ha operato in tal senso, né soltanto nell’uomo, che ha ostinatamente legato insieme il tutto, ma del confluire dei favori e delle maledizioni- numerosi entrambi- della natura e degli sforzi molteplici degli uomini, ieri come oggi. In un susseguirsi interminabile, insomma, di casi, incidenti, reiterati successi»(Braudel, 1987).

Con la pubblicazione del libro di Fernand Braudel Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, ci è stato consegnato un dispositivo che ha consentito di comprendere come determinati elementi mediterranei siano strettamente legati. Dalla geologia alle tradizioni, dal mare alla terra, esiste una condizione primaria del tema del Mare Interno che si riassume in alcuni elementi fondamentali come l’idea dell’errore e del successo, questioni che nel Mediterraneo si sono sempre rincorse. L’errore può essere inteso come l’aspetto volutamente artigiano, imperfetto e primitivo mentre il successo si può sintetizzare nella scelta di un sistema di vita tra natura e artificio che ha determinato un’idea dell’abitare molto specifica. Il successo di tale approccio alla vita che si è poi materializzato in architettura si deve a tre figure determinanti nell’azionare «un nuovo modo di vivere»(Rudofsky, 1938) nello spazio del Mediterraneo: Luigi Cosenza, Bernard Rudofsky e Gio Ponti. I due giovani professionisti e il già più maturo e noto Ponti, dagli anni Trenta fino agli anni Quaranta del Novecento, sono stati coloro che hanno provato a raccontare attraverso progetti disegnati un’architettura mediterranea che aveva come obiettivo quello di allontanarsi dall’idea dello stile caprese1 di cui Edwin Cerio si era reso il padrino nella Capri a fine anni Trenta del Novecento. Ciò che appare straordinario nella ricerca di questo inedito abaco, composto da un’eco archeologica e epica anche nelle sue icone grafiche, è che pur non realizzate, alcune delle opere hanno fatto da sfondo a moltissime ricerche sul mondo Mediterraneo.
Se Gio Ponti con l’articolo La vita in una casetta a Capri2 anticipa l’interesse dell’orizzonte nello spazio mediterraneo, è con la Casa a Procida3 di Bernard Rudofsky e Casa a Positano e…altri lidi4 di Bernard Rudofsky e Luigi Cosenza che anche Ponti viene rapito da questa idea nuova di vita e di relazione con lo spazio oltre la casa. Il 1938 è l’anno del progetto per l’Albergo ad Anacapri di Bernard Rudofsky e Gio Ponti da cui deriveranno altre sperimentazioni sull’albergo diffuso come l’Hotel du Cap, progetto di Bungalows per Eden Roc ad Antibes del 19395.


L’eredità dell’architettura disegnata

Nel 1940 Gio Ponti dedica il numero 152 di “Domus” ai Problemi italiani dell’abitazione al mare6 e invita numerosi autori a contribuire con progetti ideali. Nell’analisi delle proposte è evidente come la ricerca progettuale della casa a Procida di Rudofsky abbia avuto un’influenza negli autori suoi contemporanei. Lo stesso Ponti mette letteralmente al centro lo spazio della vita all’aria aperta e pone come elemento peculiare la relazione con l’osservazione della natura; ma il vero progetto filiazione di casa a Procida è certamente il lavoro di Lina Bo Bardi e Carlo Pagani. La casa sul mare di Sicilia è immaginata posata su un promontorio proprio come la casa a Procida. La forma quadrata, pura, cubica riprende la nettezza schietta e sicura della casa di Rudofsky e come ulteriore elemento di unione possiamo leggerne la scelta della grafica del racconto. La figura umana nella Casa sul mare di Sicilia, terra greca e di contaminazione araba dove «la Magna Grecia è ovunque vivente»(Bo Bardi, 1940) viene rappresentata attraverso figurini che non possono non ricordarci quelli di Rudofsky e anche nel racconto della casa lo spazio della natura diventa elemento unificatore del progetto. La presenza del padiglione esterno così come nel progetto procidano è un’ulteriore prova che questo disegno riconosce la forza del messaggio Rudofskiano. Le finestre, «larghi occhi dei muri che lasciano vedere negli intervalli i grigi ulivi, la roccia arida, il mare azzurrissimo» (Bo Bardi, 1940) incorniciano il paesaggio e lo rendono protagonista. Una delle differenze che salta all’occhio è la presenza della scala che Rudofsky considererà non appartenere alle case di campagna e che aveva utilizzato nel progetto con Luigi Cosenza (Villa Oro, Napoli). L’influenza della casa a Procida è ben visibile anche nel progetto di Marco Zanuso per le famosissime case gemelle ad Arzachena (1962-1964) in Sardegna quasi vent’anni dopo la Casa a Procida e il progetto di Bo Bardi e Pagani; in questo progetto rivive l’idea del primitivo inteso come racconto per bisogni primari composto da assenza di limite tra interno ed esterno e dove l’uomo si rivolge alla natura componendo uno spazio in cui vivere in comunione con essa. La planimetria dello spazio domestico utilizza la forma geometrica pura del quadrato dove al centro troviamo una stanza a cielo aperto coperta da una leggera paglierina che enfatizza le ombre nel cuore dello spazio. Il bordo dell’area centrale è avvolto dalle porte che si muovono negli angoli del quadrato interno. Le pareti esterne sono leggermente inclinate così da dare l’impressione di maggior fondatezza dell’opera - derivazione materica del suolo- e sottolineando l’idea della casa come recinto, perimetro della vita dell’uomo che si innesta nel paesaggio. Così come la casa a Procida, Zanuso lavora marcando il flusso continuo tra interno ed esterno, tutto è ozio ed è focalizzato all’idea di un modo di vivere in cui il lusso è considerato altro oltre la villa. Gli arredi, semplici ed essenziali, concorrono ad una visione di una visione elitaria della natura con la consapevolezza che il nuovo modo di vivere è, forse, solo per pochi. Del 1946 è, invece, il progetto di Giulio Minoletti, la Casa di fine settimana per uno scapolo che viene pubblicata da Ernesto Nathan Rogers nella sua “Domus” di gennaio n°205. Il testo descrive la fortissima relazione dell’edificio con il paesaggio che «pur di non perdere il contatto immediato con il lago, la piccola costruzione si è adattata allo scoglio che la strada separa da più ampi terreni liberi» (Zanuso, 1946). È chiaro che il rapporto con la natura non è una prerogativa della casa a Positano ma in questo progetto è reperibile il rapporto di un’idea “nuova” di vita. Il muro in pietra è l’elemento di continuità tra casa e paesaggio, un bastione inverso che non solo si riflette nel basamento di Villa Oro ma soprattutto nel lavoro sull’orizzontalità di casa a Positano. Lo spazio è un open space definito da infissi scorrevoli così da ottenere una sola stanza, il letto punta lo sguardo sul lago proprio per dichiarare su cosa si incentra tutto il progetto. La casa per uno scapolo di Minoletti è un’ode alla vita immersa nel luogo proprio come per la Casa a Positano.

Casa a Positano e…altri lidi, Casa a Procida e l’Albergo ad Anacapri sono un Manifesto di un’ideale dell’abitare mediterraneo per il progetto di architettura. L’interesse di Ponti per la casa per vacanze ha, con le sue opere e quelle di Cosenza e Rudofsky, consegnato nelle nostre mani un infinito abaco di possibilità. La natura che irrompe nello spazio tra muri e coperture, il vuoto come tema del progetto e l’interazione costante tra interno ed esterno sono parte degli elementi che ci sono stati affidati, temi attualissimi di progetto. Tutti gli elementi sono indissolubilmente legati al contesto nel quale si inseriscono. Il paesaggio inteso come parte determinante, l’osservazione dell’orizzonte come linea di demarcazione della soglia sono tutti principi che partono e si legano al tema fondamentale su cui si declinano i progetti: la mediterraneità.
Come hanno ben descritto Predrag Matvejevic, il Mediterraneo è tante cose insieme; è Mare Interno dove «le apparenze mediterranee non sono solo apparenze. L’estensione dello spazio, la peculiarità del paesaggio, la compattezza d’assieme creano l’impressione che il Mediterraneo sia a un tempo un mondo a sé e il centro del mondo – un mare circondato da terre, una terra bagnata dal mare» (Matvejevic, 2006).




Note
1 «Per questa architettura, specialmente interessante in quanto è sua, Edwin Cerio ha inventato, con ingegnosità e qualche modestia il nome di architettura caprese. Questa trovata spiritosa ha entusiasmato un po’n tutti e molti han finito per prendere troppo sul serio lo stile caprese, giurando e battagliando in nome suo, ed esagerando fino, credo a meravigliare e divertire lo stesso inventore. Così si è venuta formando una specie di Accademia di architettura caprese che, se non muore presto, minaccerà il paesaggio di Capri tanto seriamente quanto, a suo tempo, l’infausta passione per i nastri e per le margherite di stucco», CAPPONI Giuseppe, Architettura e accademia a Capri, dicembre 1929 pag. 186 in Mangone, F.,  (2015), “L’isola dell’architettura: Capri in età contemporanea e le origini del mito mediterraneo”, in  Mangone, F., Belli, G., Tamperi, M. G. (a cura di), Architettura e paesaggi della villeggiatura in Italia tra Otto e Novecento, Franco Angeli, Milano 2015, p. 253
2 Ponti, G., (1935), “La vita in una casetta a Capri”, in “Domus” n° 88, pp. 20-23, IT
3 Rudofsky, B. (1938), “La scoperta d’un’isola”, in “Domus” n° 123, pp. 2-17, IT
4 Rudofsky, B., Cosenza, L. (1937), “Positano e…altri lidi”, in “Domus” n° 109, pp. 11-17, IT
5 Per approfondire Miodini, L. (a cura di), (2001), Gio Ponti: gli anni Trenta, Electa, Milano, IT
6 Ponti, G., (1940), “Problemi italiani dell’abitazione al mare”, in “Domus” n° 152, pp. 19-20




Riferimenti bibliografici

Braudel, F, (1987), Il Mediterraneo, lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Bompiani, Milano, p. 7., IT

Rudofsky, B., (1938), “Non ci vuole un nuovo modo di costruire ci vuole un nuovo modo di vivere”, in “Domus” n. 124, pp. 6-15, IT

Bo Bardi, L., Pagani, C., (1940), “Casa sul mare di Sicilia”, in “Domus” n°152, p. 30-31, IT

Zanuso, M., (1946), “Una stanza sul lago”, in “Domus” n° 205, p. 38-39, IT

Matvejevic, P., (2006), Breviario mediterraneo, Garzanti, Milano, p. 23, IT

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