1Università Mediterranea di Reggio Calabria, 2Università di Enna Kore
Parole chiave: Pandemia, cambiamenti globali, welfare, resilienza, sfide urbane
Pandemic, global changes, welfare, resilience, urban challenges
Abstract:
Le città del terzo millennio vivono le criticità della globalizzazione dimostrando di essere vulnerabili e impreparate di fronte alle nuove e diverse sfide della società. La città, che non riesce a recuperare il ritardo e risolvere gli effetti di un’inerzia storicizzata, subisce gli eventi e le calamità con disarmante rassegnazione. L’emergenza Covid-19 ha colto tutte le città impreparate, di fronte alla minaccia globale la città rivela le sue debolezze organizzative. Le comunità vivono le angosce di una pandemia che non ha limiti fisici né barriere amministrative e di confini violati. La prima cosa che si chiede alle comunità, essendo più immediata e auspicabile la risposta, è di modificare i “comportamenti urbani”, le relazioni sociali..i flussi.
In momenti come questi, la parola d’ordine è controllo (e contenimento dei flussi), la priorità è sicurezza (rendere efficiente l’infrastruttura del welfare). Ma quali saranno gli effetti sulle città del post Covid-19? La percezione di un cambiamento "radicale" anche nei comportamenti urbani saranno evidenti e consequenziali alla situazione venutasi a verificare. Quale sarà la risposta dell'ambiente urbano? Saranno concepiti "comportamenti" urbanistici validi in modo diffuso o per aree omogenee? Si può ricorrere alla storia (e in quale periodo) per sorreggere alcuni orientamenti pianificatori efficaci ed efficienti?
Le città del Sud, in particolare, devono recuperare il gap infrastrutturale e il ritardo storico ma non possono non cogliere l’occasione offerta dai cambiamenti globali dell'euromediterraneo per riorganizzarsi e prepararsi alle sfide.
Obiettivo della nostra proposta è di definire il ruolo dell’ Italia e in particolare del sud nella dimensione dei cambiamenti globali dell'euromediterraneo. Riorganizzare città, territori e infrastrutture nel secolo Asiatico in una dimensione che intercetti realtà performanti e competitive attraverso la via della seta, occasione di ripensamento commerciale. Altro punto è riflettere sul ruolo dei flussi (materiali, immateriali, umani) in una dimensione urbana profondamente segnata da calamità, eventi, mutamenti sociali e urbani repentini, definire in ambiti significativi (per condizioni strutturali di carenza di welfare, di vulnerabilità strutturale ecc..) le risposte di carattere preventivo e gli orientamenti pianificatori per rendere resilienti le città e preparate a gestire le sfide ambientali e sociali (Errigo, 2018a).
La sfida delle reti e delle connessioni, che oggi viviamo come fenomeno detto “asianomics”, mentre il prossimo secolo sarà dominato dall'Africa. Ecco perché il Mediterraneo ha in se una dimensione articolata di futuro da costruire. In questo quadro si è inserito il “cigno nero” Covid-19 che ne ha stravolto i modelli urbani e della mobilità. Da queste premesse nasce l’idea di pensare ad una MedWay in rapporto alla Via della seta, un HUB strategico meridionale, che rappresenti un progetto di territorio in linea con la transizione ecologica e digitale. Una infrastruttura (immateriale) strategica per lo sviluppo…nella dimensione 5.0
Introduzione
La Nuova Via della Seta (fig.1) è una politica economica strategica per il miglioramento dei collegamenti commerciali tra i paesi dell’Eurasia, che si sta attuando attraverso direttrici terrestri e marittime, il cosiddetto ”OBOR, One belt, one road, una cintura, una via”. Le aree interessate sono la Cina, l’Asia centrale, l’Asia settentrionale, l’Asia occidentale, i paesi e le regioni lungo l’Oceano Indiano e il Mediterraneo (Bertozzi, 2019). Al contempo esistono delle strategie messe in campo da paesi come gli USA, Australia, Giappone e l’India.
Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia mira a promuoverne il ruolo nelle relazioni commerciali globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali; la città che sta nella Via della Seta, nello scenario post-pandemico, deve essere attrattiva, competitiva, sicura e resiliente; le città, i territori, le reti materiali e immateriali, nel terzo millennio, vivono, o hanno vissuto, i vantaggi della “connessione”, delle nuove geografie sociali ed economiche dei flussi e del loro posizionamento strategico come nodi/luoghi cospicui nella dimensione economica e finanziaria. In tale logica sembra evidente che le città che hanno porti abbiano la maggior connessione e competitività.
Le criticità della globalizzazione hanno dimostrato vulnerabilità di fronte alle sfide sociali e ambientali; in questa logica, la dimensione strutturale della «asianomics», diviene l’elemento da riconfigurare nei nuovi equilibri dei mercati e delle strategie, politiche e territoriali, di interi continenti per demografia, welfare e «nuove concezioni del vivere». La sfida delle reti e delle connessioni, oggi rappresenta l’azione di struttura del cosiddetto “secolo asiatico”, il prossimo secolo, non a caso si stima, che sarà dell'Africa. Ecco perché il Mediterraneo ha in se una dimensione articolata di futuro da costruire Braudel (2017). In questo quadro si è inserito il “cigno nero” Covid-19 che ne ha stravolto i modelli urbani e della mobilità. L’idea del nostro lavoro è quella di costruire un HUB strategico meridionale, che rappresenti un progetto di territorio in linea con la transizione ecologica e digitale; questo hub ha nello Stretto il suo punto focale, vertice del triangolo Trieste–Venezia e Genova–Marsiglia. Lo Stretto di Messina, infatti, è una unità portuale tecnologica come quella di Suez, da accreditare e riqualificare nel ranking essendo una autorità di sistema portuale (Messina, Milazzo, Reggio Calabria e Villa San Giovanni) le stesse pertanto rappresentano le “porte/porti” tecnologiche del Mediterraneo, lasciando a Gibilterra un altro ruolo.
La dimensione strategica nella nuova via della seta (Selvatici, 2018) è rappresentata, nel Mezzogiorno, dal sistema connesso con la piattaforma Sicilia e Calabria sud come Stretto e Portualità del sud come l’hub della nuova magna Grecia, lasciando a Gioia Tauro un ruolo di Transhipment e grandi navi; parallelamente il sistema delle città metropolitane è legato al sistema portuale, infrastrutturale, attraverso le reti TEN-T e le ZES e creano nuovi distretti di innovazione e digital Logistics.
Da queste premesse nasce l’idea di pensare ad una MedWay, a trazione meridionale, in rapporto alla Via della seta. Una infrastruttura (immateriale) strategica per lo sviluppo…nella dimensione 5.0.
Ragioni storiche, scenari prossimi. Il futuro come sarà?
Nell’interconnessione fenomenologica e spaziale della dimensione macro e micro locale, a cui si fa riferimento, e della economia urbana “green oriented”, ormai alla base della NUGE e del piano nazionale di ripresa e resilienza; non solo cambiano i paradigmi progettuali, ma devono cambiare anche quelli delle politiche di sviluppo e della ripartenza. Nell’allocazione della sfida globale, alcuni paesi hanno delle chance di “ubicazione geografica” capaci di rappresentare opportunità di sviluppo e di cambiamento; si può delineare una diversa e probabile connotazione per l’Italia e in particolare per il Sud che deve recuperare il gap strutturale, socio-economico e infrastrutturale, nonché il ritardo storico del modello post unitario, spacciato per contemporaneo (Errigo, 2018b). Del resto il divario Nord-Sud è una delle condizioni a cui l’Europa ci obbliga a rispondere nel breve e medio periodo; paradossalmente, la ripartenza del post pandemia offre l’occasione per riorganizzarsi e prepararsi alle nuove sfide economiche dovute ai cambiamenti globali e a quelli che interessano l’euro-mediterraneo (Bertozzi, 2019).
Significa dover pensare a come riorganizzare città, territori e infrastrutture, in quello che è stato un secolo a trazione Cino-asiatica in una dimensione che intercetti realtà performanti e competitive attraverso anche la Via della Seta (fig.2): porti, infrastrutture, città e logistica, ma anche turismo, orange economy, qualità della vità. (Cardini, Vanoli, 2017). Oggi più che mai la “posizione geografica” può contribuire al suo sviluppo economico e sociale ma può, al contempo, porre la città di fronte a nuove ineludibili sfide come ad esempio quelle inerenti l’adattamento ai cambiamenti climatici ed alle ripercussioni della trasformazione antropocentrica dell’oleocene.
Occorre riflettere sul ruolo dei flussi (materiali, immateriali, umani) in una dimensione urbana profondamente segnata da calamità, eventi veloci e violenti di intensità incontrollabile, mutamenti sociali e urbani repentini; basta pensare all’emigrazione a fronte dell’invecchiamento della popolazione italiana e europea e all’inverno demografico che stiamo vivendo. Occorre definire, in ambiti significativi (per condizioni strutturali di carenza di welfare, di vulnerabilità strutturale, geomorfologica, etc...), non solo le risposte di carattere preventivo, gli orientamenti e gli adattamenti pianificatori per rendere i territori, le città e le infrastrutture resilienti e preparate a gestire le sfide ambientali e sociali post pandemia da Covid-19, ma anche avere una visione di società che attraversi la transizione che stiamo vivendo e costruisca un futuro.
La visione del cambio di paradigma del vivere è alla base del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che individua nella nuova programmazione europea e nel Recovery Fund gli investimenti intergenerazionali sul lungo periodo che caratterizzano la transizione ecologica e digitale dell’eurozona.
Questo è il quadro mutato in cui il piano di Next Generation configurerà l’idea di futuro. Le città e il sud Italia cercano una caratterizzazione coerente in termini di reale progresso urbano e territoriale.
Quali sono le strategie da mettere in campo per la costruzione di un ambiente tecnologico e sociale adatto allo sviluppo?
Quale sarà la risposta dell'ambiente urbano e quali gli assestamenti economici necessari?
Quali saranno le azioni di sistema che possono integrare, con un progetto urbano unitario, le componenti relative agli adattamenti, al mutarsi delle abitudini e degli stili vita, alle necessità bottom up che derivano dall’ascolto e dal recepimento delle nuove richieste sociali?
Quali saranno gli effetti sulle città, sui porti e la mobilità di merci e persone del post Covid-19? (fig.3)
Obiettivo della proposta è quello di definire il ruolo dell’ Italia e del Sud nelle nuove economie e nella dimensione dei cambiamenti globali dell'euro-mediterraneo.
Si enunciano 7 obiettivi specifici:
1. Creare cluster di Città-Nodo nei flussi: come riorganizzare città, territori e infrastrutture nel secolo Asiatico in una dimensione che intercetti realtà performanti e competitive attraverso la Via della Seta. Reggio Calabria esempio di città nel flusso.
2. Definire il ruolo delle Città-Nodo nei flussi: come distinguere il ruolo “motrice” e transito ed evitare l’effetto trainante/trainato.
3. Rafforzare le Sedi dei flussi: porti, infrastrutture, città e logistica in Italia; alla base anche di altre attività come il turismo e la cultura ad esempio.
4. Definire il Ruolo dei flussi (materiali, immateriali, umani) in una dimensione urbana profondamente segnata da calamità, eventi, mutamenti sociali e urbani.
5. Definire le strategie da mettere in campo per la costruzione di un ambiente tecnologico e sociale adatto allo sviluppo.
6. Individuare gli effetti sulle città del post Covid-19. Quale sarà la risposta dell'ambiente urbano e quali gli assestamenti economici necessari.
7. Il Mediterraneo, che ruolo svolge in tutto questo?
Le città, soprattutto quelle del Sud, devono superare numerosi gap economici e sociali, ma devono poter puntare verso obiettivi “alti”, devono riscoprire e valorizzare le potenzialità inespresse ed essere competitive. Devono potersi misurare con scenari e strategie nazionali superando le difficoltà che frenano lo sviluppo, devono uscire dalla marginalizzazione territoriale ed essere resilienti, essere pronte a dare risposta a tutte le sfide, siano essere economiche che sociali. Attraverso un nuovo welfare e un nuovo modello urbano. In poche parole devono stare nel “flusso” Medway, che intercetta anche la Via della seta (fig.4), riabilitando funzioni e competenze di ogni realtà urbana che sta nella città, promuovendo il principio della “prossimità” e della “contiguità” urbana; lo devono caratterizzare e articolare, devono disporre le condizioni di attrattività e qualità, devono restare nell’ambito di uno spazio, quello mediterraneo che unisce ma molto spesso divide (Moraci, Fazia 2013).
Riferimenti bibliografici
Bertozzi, D. A. (2019), La nuova Via della seta. Il mondo che cambia e il ruolo dell'Italia nella Belt and Road Initiative, Diarkos, Santarcangelo di Romagna, IT.
Braudel, F.(2017), Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Edizioni Bompiani, Milano, IT.
Cardini, F. Vanoli, A. (2017), La via della seta. Una storia millenaria tra Oriente e Occidente, Il Mulino, Bologna, IT.
Errigo, M.F. (2018a), “The adapting city. Resilience through water design in Rotterdam”, in TeMA Journal of Land Use, Mobility and Environment, Vol. 11, n. 1, pp 51-64.
Errigo, M.F. (2018b), Waterscapes. Progetti d’acqua. Città termali, fluviali e costiere in Italia e in Olanda, Le Penseur Editore, Potenza, IT.
Moraci, F. Fazia, C. (2013), “Le città smart e le sfide della sostenibilità”, TeMA Journal of Land Use, Mobility and Environment, Vol. 6, n. 1, pp 35-45.
Selvatici, A. (2018), La Cina e la nuova via della seta. Progetto per un'invasione globale, Rubbettino editore, Soveria Mannelli, IT.