Primo piano Prospettive per il Mediterraneo

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Lampedusa, l’isola che unisce il Mediterraneo
Per la storia è Europa, per la geografia Africa
Giuseppe RomaPDF




Lampedusa è un con-fine al centro del Mediterraneo, e come tutti i luoghi di bordo ha accumulato una straordinaria energia che ne ha forgiato l’identità. Non è una linea di demarcazione ma egualmente mette in comunicazione mondi diversi per la sua straordinaria posizione. Un punto di frontiera e, quindi, di confronto, di fronteggiamento dei flussi migratori che in un certo modo ricorda un fronte di guerra con le sue emergenze, i suoi morti, i suoi dolori. Ma anche una nuova frontiera kennedyana “delle opportunità e dei pericoli, la frontiera delle speranze incompiute e dei sogni”.
La forza del luogo, il suo carattere deriva anche da una doppia appartenenza geografica e storica. Dal punto di vista geografico, infatti, Lampedusa appartiene alla piattaforma continentale africana come Rodi e Lesbo in Grecia. Non così la vicina Linosa che è, invece, un’isola d’origine vulcanica e appartiene alla zolla siciliana. Lampedusa è un “pilastro tettonico”, prodotto da faglie che nel tempo hanno rialzato, in quel punto, la crosta terrestre.
 Altri esempi di “alti strutturali” in Europa sono la catena dei Vosgi in Alsazia o la Foresta Nera in Germania. La placca continentale africana si è sollevata due milioni di anni fa e ci ha regalato un’isola poco piovosa, dal clima secco in transizione verso il desertico, fatta di calcare e dolomite, con una rada vegetazione e uno straordinario rapporto col mare. Prova ne sia la presenza di una preziosa fauna: dalle tartarughe marine, al falco della regina, al pipistrello o al coniglio selvatico.
Al di là della sua origine geologica, Lampedusa, situata a una latitudine di 35°30’ N, è più a Sud di Tunisi e Algeri. E’ più vicina alla costa tunisina, da cui dista 113 Km, che a quella siciliana lontana 205 Km, cui pure appartiene amministrativamente. Geograficamente, quindi, appartiene al Sud, se non del mondo, almeno del Mediterraneo.
Ma è la storia a determinare il forte legame con l’Europa, anche al di là dell’essere attualmente parte di uno stato europeo. Come luogo di sosta, Lampedusa ha rappresentato un punto di riferimento per i Fenici, i Greci, i Romani e gli Arabi. I Romani, in particolare, l’hanno utilizzata nelle spedizioni contro Cartagine per combattere le guerre puniche.
 Ma è Carlo II di Spagna, nel 1630, affidandola a Giulio Tomasi come principe di Lampedusa e Linosa, a legare indissolubilmente il popolamento di Lampedusa alla tradizione europea. Nei secoli seguenti, infatti, ad alimentare l’insediamento di comunità nell’isola sono stati francesi, inglesi, maltesi. Persino il principe Grigori Alexandrovich Potemkin – ideatore della flotta russa nel mar Nero cui fu intitolata la famosa corazzata zarista – si dice abbia tentato di acquisire la proprietà dell’isola. Nell’ottocento i Tomasi cedono Lampedusa a Ferdinando II di Borbone, che mostra il suo particolare interesse verso l’isola, visitandola il 22 giugno del 1847. L’appartenenza al Regno delle due Sicilie porta a un significativo sviluppo demografico: dagli originari 120 coloni si passa, a metà dell’ottocento, a 2.150 abitanti.
 Con l’Unità d’Italia diviene colonia penale del nuovo regno, poi comune dotato di ufficio postale (1878) e successivamente pure di cavo telegrafico (1911). Ma è solo dopo la seconda guerra mondiale a essere dotata di una centrale elettrica (1951) e dell’aeroporto (1968) che rende ancora più stabile il legame con l’Italia e con l’Europa.


Un’isola che fa da ponte

Di fronte ai tanti muri che in modo dissennato si ergono cercando di frenare un flusso impetuoso di migranti, Lampedusa ha dimostrato di essere un accogliente approdo di passo, lungo la via del riscatto dalle paure, dalla povertà e dai conflitti. I cittadini e le istituzioni locali hanno offerto una lezione di umanità, di solidarietà e di pazienza, per caratteristiche loro proprie e per essere una comunità isolana in mezzo al Mediterraneo.
Vivere su un’isola “racchiusa da ogni intorno dal mare” e lontano dalla terra ferma, determina certamente il carattere dei suoi abitanti. L’incerto etimo di isola = insula (lat.) sembrerebbe derivare da in – salum “l’agitazione dei flutti”ovvero un punto fermo nel mare agitato e periglioso. Anche il nome Lampedusa, richiama i “lampi” che nella tempesta e nel temporale rendevano visibile l’isola da largo, quando la navigazione non poteva disporre delle moderne tecnologie. Queste sue caratteristiche l’hanno resa centro geografico delle migrazioni verso l’Europa, un fenomeno in costante aumento.
Secondo il più recente Rapporto del Dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite, infatti, lo stock di migranti nel mondo è cresciuto negli ultimi 25 anni del 59,7%, passando da 152,6 milioni a 243,7.  Nei paesi più sviluppati l’aumento è stato del 70,3% . Diversa è la situazione dell’Italia dove, nello stesso periodo, lo stock di migranti presenti nel paese ha visto un ampliamento del 314,3% ma solo per un più recente manifestarsi del fenomeno che ne ha elevato l’intensità nel tempo.
Anche l’incidenza sui residenti ha visto una significativa accelerazione nelle aree più sviluppate del mondo, a partire dall’integrazione dei mercati del lavoro nei primi anni duemila. Anche l’Italia progressivamente la quota di migranti presenti nel paese si è adeguata ai livelli europei. Nel 1990 la differenza fra Europa e Italia era di 4.2 punti percentuali, nel 2015 questo differenziale si è ridotta ad appena 0.6 punti percentuali.
Ma Lampedusa, dove lo scultore Mimmo Paladino ha creato l’opera “Porta di Lampedusa/Porta d’Europa”, resta un punto d’approdo, un gateway in direzione Nord, in direzione verso l’Unione Europea, cioè verso il continente che più di ogni altro ha raccolto i flussi migratori provenienti dalla povertà e dalla guerra. Lampedusa rappresenta uno dei principali punti di soccorso e assistenza, di primo ricovero e aiuto delle persone provenienti dall’Africa e sopravvissute alla traversata.
C’è una diversità di comportamento di questi isolani, rispetto a situazioni geografiche simili. Pensiamo ad esempio all’isola di Manus in Papua Nuova Guinea dove nel 2001 è stato collocato un centro di detenzione per richiedenti asilo in Australia che, nell’agosto 2016, il governo australiano ha giudicato da chiudere. O la piccola isola di Nauru nella Micronesia, divenuta stato autonomo con centro per richiedenti asilo. Campi di detenzione le cui condizioni vengono giudicate da UNHCR “crudeli, inumane, degradanti”.
Per concludere, si può osservare da un piccolo punto del Mediterraneo una possibile evoluzione dell’intero sistema insediativo che caratterizza questo importante quadrante della regione euro-mediterranea. Bene sta facendo il presidente Draghi a porre con forza ai partner europei la necessità di agire per stabilizzare i paesi africani rivieraschi e non solo.
 La Libia a occidente e la Turchia a oriente sono due snodi fondamentali del rapporto Nord-Sud. In questa relazione si colloca la possibilità di guardare con maggiore fiducia agli sviluppi futuri di un sistema urbano integrato e complementare, che, pur nelle diversità, sa essere egualmente rispettoso della sostenibilità ambientale e della solidarietà sociale.