Primo piano Prospettive per il Mediterraneo

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MEDITERRANEAN MATTERS.
Tre prospettive per un’agenda comune
Three perspectives for a common agenda
Anna Laura PalazzoPDF

Sul Mediterraneo, crocevia di tre continenti, si concentra quasi il 7% della popolazione mondiale con un consumo dell’8% di energia primaria. Gli scenari previsionali stimano una forte crescita demografica (+105 milioni di abitanti al 2040) e una robusta espansione economica (+ 2,3% all’anno).
Tutti i paesi costieri, impegnati nel rispetto dell'accordo di Parigi firmato nel 2015 sui temi del cambiamento climatico e della transizione energetica, sono variamente sensibilizzati e attivi su specifiche questioni ambientali del Mediterraneo, importante hotspot di biodiversità che ospita da 15.000 a 25.000 specie, il 60% delle quali uniche nella regione.
Questo contributo fa uso di tre diverse immagini e concettualizzazioni del Mare Nostrum nel lungo periodo, che modificando il tradizionale ‘punto di vista’ potrebbero veicolare i principali temi di discussione verso un’agenda condivisa della governance mediterranea per i prossimi anni.

At the crossroads of three continents, the Mediterranean basin is home to nearly 7% of the population and accounts for 8% of primary energy consumption in the world. By 2040, this condition is expected to further increase, under the double effect of a strong population growth (+105 million inhabitants compared to 2013) and economic expansion (+ 2.3% per year).
All coastal countries are committed to the Paris agreement signed in 2015 related to compelling climate change and energy transition issues, as well as to environmental issues specific to the Mediterranean basin, acknowledged as a major biodiversity hotspot hosting some 15,000 to 25,000 species, 60% of which are unique to the region.
This contribution contends that a change in traditional standpoint, recurring to three different perceptions of the Mare Nostrum occurred in the long run, can help address main criticalities shaping a coherent governance road-map and related scenarios for the years to come.


1. Cambiare il punto di vista

I 23 paesi che affacciano sul Mediterraneo ospitano circa 480 milioni di abitanti, ossia il 7% della popolazione mondiale. Il Mare nostrum costituisce inoltre un fondamentale hotspot di biodiversità che accoglie dalle 15.000 alle 25.000 specie, il 60% delle quali endemiche. Queste circostanze, oltre alla Koiné che ha costituito il tessuto e il legante della civiltà mediterranea, fanno delle nazioni rivierasche una comunità di destino.
Tre immagini del Mediterraneo veicolano i principali temi di discussione per l’agenda di una governance condivisa.
La prima immagine è la Tabula Rogeriana realizzata nel 1154 su lastra d’argento dal geografo arabo Muhammad al-Idrisi attivo presso la corte normanna di Palermo: l’orientamento upside-down, con il sud verso l’alto, sovverte le convenzioni cartografiche della modernità e interpella i prossimi scenari di sviluppo demografici ed economici che si preannunciano assai più sostenuti sulla sponda meridionale che su quella settentrionale (Fig. 1).
La seconda immagine, trasmessa dal Viaggio da Venetia a Costantinopolipubblicato da Giuseppe Rosaccio all’indomani della battaglia di Lepanto, riguarda un esercizio di capovolgimento del rapporto tra fondoefigura, tra specchio d’acqua e terre emerse, suggerendo un nuovo protagonismo del Mediterraneo come spazio comune solcato da rotte e densamente percorso e abitato: secondo la secolare tradizione portolanica, i toponimi corrispondono agli approdi lungo la frastagliata linea costiera di cui sono riportati promontori e insenature, mentre dal muto entroterra emergono solamente i maggiori corsi d’acqua (Fig. 3). Mare come res extensa, superficie incisa per il passato, oggi anche come profondità sondata dove tutto si tiene nel precario equilibrio tra uomo e natura.
La terza immagine, geopolitica, appartiene al momento attuale ed è dominata dai flussi eterodiretti delle grandi navi portacontainer. Essa invita a riconoscere allo spazio Mediterraneo, oltre la consueta narrazione della sua eclissi dalla scena degli avvenimenti principali, una rilevanza cruciale sul piano infrastrutturale, dei trasporti e delle reti logistiche: uno spazio “più largo, che si approfondisce  ben oltre i perimetri delle sponde, coinvolgendo il Medio Oriente, il Golfo Persico, i Balcani, l’Africa del Nord; più frammentato, perché articolato in nuove aree di influenza confessionale, politica, militare, economica; più interconnesso, perché molte questioni rimangono aperte nell’agenda internazionale ed in quella europea, dalle tensioni militari alla lotta al terrorismo, dai flussi migratori ad aspetti importanti della competizione economica e dei progetti infrastrutturali” 1 (Fig. 4).


2. L’immagine del mondo

L’immagine del Mediterraneo futuro potrebbe richiamarsi all’ecumene riprodotta dal geografo Muhammad al-Idrisi: la mappa incisa su lastra d’argento era stata commissionata da Ruggero II il Normanno, che volle conoscere per filo e per segno i confini del suo reame, le vie di terra e di mare e in qual clima giacesse ciascuna provincia, quali mari e quali golfi le appartenessero 2. La Sicilia normanna, inserita nella vasta area di influenza islamica e bizantina e distante dall’Impero carolingio, non aveva risentito come l’Italia continentale della progressiva decadenza delle condizioni di vita e dei commerci a lungo raggio; l’economia monetaria si era nuovamente affermata dopo l’anno Mille grazie all’oro proveniente dalla vicina Africa3. Presso la corte di Palermo Idrisi poté attendere alla realizzazione della Tabula Rogeriana, destinata all’uso esclusivo del committente, con una encomiastica magnificazione delle proporzioni dell’Italia meridionale e dei domini del re Normanno. L’opera, corredata dalle indagini di cartografi al seguito di ambasciatori inviati in terre lontane, rappresenta una summa teorico-pratica delle conoscenze geografiche dell’epoca (Fig.1)4.

Le proiezioni demografiche al 2040 per lo spazio Mediterraneo (+105 milioni di abitanti rispetto al 2013), nell’individuare due traiettorie di sviluppo sensibilmente differenziate tra nord e sud, riportano in auge questo punto di vista.  Per i paesi rivieraschi, già coinvolti nel quadro di accordi di cooperazione bilaterale o regionale, la sottoscrizione degli Accordi di Parigi rappresenta un impegno ineludibile 5. La rete MEDENER che raccoglie le rispettive autorità nazionali dell’energia ha messo a punto due scenari alternativi, uno business-as-usual e uno volontaristico di transizione energetica (TS), che riprende rafforzale le previsioni, programmi e obiettivi trascritti nei documenti ufficiali dei singoli Stati. Le stime al 2040 riguardano i settori dell’edilizia, i trasporti, l’industria in senso lato e l’energia (generazione di elettricità, raffinerie, impianti di gas, coke, ecc.) 6. Nella bipartizione tra paesi del Nord e paesi del Sud, i primi hanno imboccato percorsi di transizione con livelli significativi di energie rinnovabili. Qui, dal 2010 al 2016 la domanda energetica si è ridotta del 4%, in relazione alla contenuta crescita demografica (+0.5%) e alla contrazione del PIL a seguito della crisi del 2008 (-2%). Nello stesso periodo, i paesi del Sud hanno conosciuto una sostenuta crescita economica e demografica (rispettivamente +6% e +5%), con una corrispondente domanda energetica (+6%). (Fig. 2).

Sull’intero spazio Mediterraneo, per il settore industriale il risparmio energetico potrebbe toccare il 25%, grazie agli impegni dei principali player nell’applicazione di standard qualitativi e nell’introduzione di tecnologie più pulite ed efficienti; nel settore dei trasporti, il risparmio energetico stimato del 21% farebbe capo a diversi fattori, quali il rinnovo del parco vetture, con il sostegno alla diffusione di mezzi di trasporto ecologici, e modelli di organizzazione e gestione integrati in capo alle aree urbane. Il settore dell’elettricità rappresenta una priorità in materia di risparmio energetico, potendo abbattere per oltre il 30% i consumi finali.


3. Estensione e profondità del mare

L’inversione del rapporto forma figura evidenzia il protagonismo del mare: un mare densamente abitato e solcato da rotte, come nei portolani medievali dove l’entroterra non risultava degno di nota, e da ulteriori segni ‘incisi’, come nel Viaggio da Venetia a Costantinopoli di Giuseppe Rosaccio, umanista e filosofo, cosmologo, cartografo e medico, dato alle stampe all’indomani della battaglia di Lepanto (Fig. 3): dove questa linea finisce fù rotta di Armata Turca da l’Armata della Santa Lega Cristiana, l’Anno 1571, il dì 7 ottobre7.

Anche se la vittoria riportata dalla Santa Alleanza tra nazioni cristiane momentaneamente coalizzate contro il ‘Turco’ avrebbe riportato condizioni di maggior sicurezza nei mari, il Mediterraneo stava conoscendo un declino per lo spostamento degli interessi commerciali e dei traffici internazionali verso le nuove rotte oceaniche.
Questa stessa densità di attività legate al mare in estensione e profondità è oggi motivo di rivendicazioni e conflitti tra paesi confinanti, per iniziative che interferiscono in superficie e per programmi di sfruttamento dello spazio subacqueo: movimenti di merci e persone, attività tradizionali di pesca e acquacultura, innovative opportunità di utilizzo delle biomasse marine con elevata efficienza fotosintetica, valorizzazione dell’energia eolica e del moto ondoso, prospezioni dei fondali per la ricerca di idrocarburi e depositi minerali.
In conformità con la Strategia Mediterranea per lo Sviluppo sostenibile (MSSD 2016-2025), la blue economy si focalizza sulla compatibilità tra attività costiere, marine e marittime del Mediterraneo in nome di uno sviluppo e consumo sostenibile, contribuendo a ridurre in modo significativo i rischi ambientali e la perdita di biodiversità, favorendo la protezione degli ecosistemi e assicurando la produzione di servizi ecosistemici per le presenti e future generazioni 8.

I modelli climatici disponibili prevedono l’aumento della temperatura media del Mediterraneo per effetto dell’innalzamento della concentrazione atmosferica dei gas serra. L’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi marini si manifesta attraverso l’innalzamento del livello del mare, delle temperature superficiali e della profondità del termoclino, l’acidificazione delle acque, il cambiamento del regime idrologico e del ciclo biologico degli organismi, minacciato da diverse dinamiche: l’anticipazione del periodo riproduttivo; la variazione dei tempi delle migrazioni stagionali di diverse specie; la variazione nella loro distribuzione; la comparsa di specie aliene tipiche di aree temperate-tropicali, insieme a parassiti e organismi patogeni, l’estinzione locale di intere popolazioni con alterazioni nella struttura e nel funzionamento dei rispettivi ecosistemi9. All’interfaccia terra-mare, il 28% delle zone umide censite nel 1970 sono ridotte o risultano completamente scomparse, mentre il previsto aumento dell’erosione costiera potrebbe comportare l’estinzione in meno di un secolo delle praterie di Posidonia oceanica che forniscono alimentazione e riparo a numerose specie di pesci anche con funzione di nursery 10.
Per quanto riguarda l’appropriazione delle risorse del mare, rispetto al diritto tradizionale che considerava soltanto due zone, l’alto mare, non rivendicabile da alcuno stato, e il mare territoriale, nella piena disponibilità dello stato costiero, la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (1982) ha codificato diversi statuti intermedi, tra cui le cosiddette Zone Economiche Esclusive (ZEE), adiacenti ed esterne al limite delle acque territoriali per 200 miglia, su cui gli Stati prospettanti vantano con propri provvedimenti la titolarità di diritti esclusivi di sovranità e vigilano alla loro osservanza (Tab. 1). L’incertezza dei confini è qui motivo di rivendicazioni e abusi, contenziosi e vertenze in materia di gestione delle risorse ittiche, di installazione di impianti e strutture con scopi di sfruttamento economico, di ricerca scientifica e protezione dell’ambiente marino11.

Le zone marittime che si misurano a partire dalla cosiddetta linea di base, corrispondente alla linea di bassa marea, sono le seguenti:
Mare territoriale. L’ampiezza massima è stabilita in 12 miglia entro cui lo Stato costiero esercita la sua sovranità: sovranità che trova un limite nel diritto di passaggio inoffensivo riconosciuto alle navi di tutti gli Stati e nei più incisivi diritti di passaggio previsti per le acque territoriali comprese in uno stretto internazionale.
Zona contigua. Può estendersi fino a 24 miglia dalla linea di base, entro cui lo Stato costiero può esercitare poteri di polizia in materia doganale, fiscale, sanitaria e di immigrazione, oltre che in materia di rimozione di oggetti storici e archeologici.
Acque arcipelagiche. Gli Stati costituiti esclusivamente da isole possono, sussistendo determinati requisiti, istituirle all’interno di una linea di base arcipelagica che congiunge le isole più esterne dell’arcipelago.
Zona economica esclusiva. Tale zona, che gli Stati possono istituire con apposita proclamazione, si può estendere fino a un massimo di 200 miglia dalla linea di base e comprende sia il fondo marino sia la colonna d’acqua. Lo Stato costiero vi esercita diritti sovrani in materia di esplorazione, conservazione e gestione delle risorse naturali, viventi e non viventi, e in materia di altri usi economici del mare (come la produzione di energia dall’acqua, dal vento e dalle correnti), in materia di isole artificiali, installazioni, ricerca scientifica, protezione e preservazione dell’ambiente. Gli altri Stati possono però esercitare nella zona economica esclusiva le libertà dell’alto mare: di navigazione, di sorvolo, di posa di cavi e gli altri usi legittimi collegati all’uso di navi, di cavi e condotte.
Piattaforma continentale. Questa zona marittima comprende il suolo e sottosuolo marino al di là del limite del mare territoriale e non richiede specifica proclamazione o effettiva occupazione da parte dello Stato costiero. Esso vi esercita diritti sovrani ai fini della esplorazione e dello sfruttamento delle risorse naturali e le norme a essa relative si applicano al fondo della zona economica.
Alto mare. La zona marittima al di là dei limiti della giurisdizione nazionale, in cui vige il principio della libertà di movimento, regolamentata dalla Convenzione.  Per quanto riguarda la colonna d’acqua, l’alto mare si estende a partire dal limite esterno della zona economica esclusiva o (ove questa non sia stata istituita) dal limite esterno del mare territoriale. Per quanto riguarda il fondo marino, l’alto mare si estende al di là dei limiti esterni della piattaforma continentale e ricade nell’Area internazionale dei fondi marini.
Area internazionale dei fondi marini. Essa comprende il fondo marino e il suo sottosuolo al di là dei limiti della giurisdizione nazionale. L’Area e le sue risorse sono dichiarati dalla Convenzione del 1982 ‘patrimonio comune dell’umanità’. In essa vige un regime di sfruttamento delle risorse minerarie disciplinato in via esclusiva dalla Convenzione.


4. Un mare di flussi.

Con l’accelerazione della globalizzazione, il Mediterraneo è teatro, o più propriamente, cerniera fragile di traffici marittimi dominati da interessi esogeni, nella disponibilità dei colossi del trasporto e delle società terminaliste che si contendono quote di mercato nei flussi tra Asia ed Europa.
In anni recenti questa forma di presidio si è molto irrobustita: il mare nostro è degli altri, secondo una efficace espressione di Limes12. La terza immagine, quella di un entroterra mediterraneo articolato intorno a un ‘medio-oceano’ tra l’Atlantico, verso cui è proiettato da secoli, e un’area indo-pacifica di assai più recente affermazione, è dominata dal protagonismo di centri decisionali extra-europei: in virtù di strategie congiunte dei cosiddetti paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Negli ultimi decenni, si è verificata una espansione dei maggiori porti mediterranei, con un aumento medio annuo del 21% del numero dei containers movimentati. Nel bacino mediterraneo si concentra attualmente il 19% del traffico marittimo mondiale, il 25% dei servizi di linea container e il 30% del traffico petrolifero (Fig. 4). Il raddoppio del canale di Suez e gli effetti dell’allargamento di quello di Panama, nonché lo sfruttamento dei giacimenti energetici nelle acque orientali ne rafforzeranno il ruolo di ‘medio oceano’, unitamente alla nuova ‘Via della Seta’ (One Belt One Road, OBOR), iniziativa strategica della Repubblica Popolare Cinese per il miglioramento delle relazioni commerciali con i paesi dell’Eurasia
in questa cornice ricadono ad esempio gli accordi di Russia e Cina per il presidio della rete logistica attraverso piattaforme integrate di interesse regionale e la gestione in esclusiva di Zone Economiche Speciali (ZES), ambiti che godono di regimi burocratici e fiscali agevolati nelle nazioni ove vengono implementati, come ad esempio l’abbattimento di dazi doganali, la semplificazione delle procedure amministrative, l’accesso facilitato e la riduzione dei costi di alcune utilities, l’allentamento delle normative sui cambi13.

Le ZES sono perfettamente funzionali alle strategie del governo cinese di predisporre lungo la Via della Seta (e oltre) piattaforme regionali integrate di servizi, come quella realizzata dalle imprese IZP, Dalian Port Authority e China Merchants Group unitamente al governo di Gibuti, collocata sulla costa africana ma in prossimità della penisola arabica, al Golfo Persico ove affacciano Iran e Arabia Saudita, importanti partner di Pechino (Fig. 5). Questi imponenti hub commerciali favoriscono l’integrazione economica e commerciale dei rispettivi entroterra, agevolati da accordi di cooperazione omnicomprensivi che intervengono simultaneamente in una molteplicità di settori: “[…] le iniziative di co-sviluppo promosse spesso in esclusiva; i programmi comuni concordati per aree vaste, regionali ed anche continentali, al di là dei confini nazionali; i flussi di investimento settoriali organizzati in base a logiche di penetrazione in tutto il sistema mediterraneo, i piani condivisi per soddisfare le esigenze economiche ma anche sociali dei partner”14.

Referenti per queste iniziative sono raramente i paesi rivieraschi o l’Unione europea: a titolo di esempio, Pechino, Mosca e Johannesburg sono autonomamente attivi nella organizzazione di una piattaforma di servizi, anche finanziari e creditizi, che dai paesi della sponda Sud del Mediterraneo favorisca la penetrazione nell’Africa centrale.
Tra le numerose reti istituzionali – generaliste e tematiche - della governance mediterranea, l’Unione per il Mediterraneo (UpM), che ha per scopo la stabilità e l’integrazione in tutta la regione, si configura come la più appropriata per intavolare negoziati con gli stakeholder globali: l’UpM è un forum di discussione e approfondimento di questioni strategiche regionali basato sui principi di comproprietà, codecisione e responsabilità condivisa tra le due sponde, con piani di azione incentrati su due fattori principali: favorire lo sviluppo umano e promuovere lo sviluppo sostenibile, individuando e assistendo progetti di interesse regionale a geometrie variabili, a valle di una decisione unanime dei paesi sottoscrittori15.


5. Considerazioni conclusive

Il protagonismo mediterraneo è oggi nelle mani dei singoli stati e di ‘città stato’ con ampi retroporti e connessioni logistiche importanti, che negoziano direttamente con le controparti cospicui vantaggi.
Tuttavia, l’eclissi delle reti istituzionali di una governance regionale che sia espressione di processi democratici capaci di incidere su processi di apprendimento, di adattamento e riorganizzazione delle società mediterranee, pone pesanti ipoteche alle sfide di uno sviluppo umano e territoriale equilibrato.
L’agenda comune dovrebbe contemplare la partecipazione della UE e dei singoli stati europei in alcuni progetti di particolare rilievo, ad esempio, nelle infrastrutture dei porti e della relativa logistica (proiezione corridoi TEN-T), nella organizzazione delle ZES cui anche l’Italia intende dare impulso16, nella verifica ed eventuale potenziamento del grado di partecipazione delle ‘macroregioni europee’ nel Mediterraneo a tali progetti extra-europei.
Tali temi federativi potrebbero ricomprendere anche il monitoraggio e la valutazione degli impegni in corso nello spazio Mediterraneo in attuazione dell’Agenda 2030. Come auspicato da Eurispes, sarebbe questa anche la sede per la promozione di un’azione politico-diplomatica condivisa che porti le Nazioni Unite a riconoscere anche formalmente il Mediterraneo come un’area con una precisa individualità, omogenea, interconnessa, anche se complessa e frammentata: un riconoscimento che gioverebbe senz’altro all’avvio di forme più stabili di cooperazione.



Note


1 Cfr. Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, La strategia italiana nel Mediterraneo. Stabilizzare le crisi e costruire un’agenda positiva per la regione, Rome 2017 Mediterranean Dialogues.

2 E. Petrocelli, Il Molise nelle immagini cartografiche, Iannone, 1995, p. 39.

3 C. Cipolla, Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo a oggi, Mondadori, 2006.

4 La Geografia di Tolomeo, epurata dalla Cristianità, aveva conosciuto una traduzione e diffusione nel mondo arabo col nome di Almagesto.

5 Alla Conferenza sul clima di Parigi (COP21, 2015), 195 paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale. L’accordo definisce un piano di azione globale, limitando il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C di incremento della temperatura media rispetto ai livelli preindustriali.

6 MEDENER (Mediterranean Association of the National Agencies for Energy Conservation) ha affidato la valutazione degli scenari a OME (Observatoire Méditerranéen de l'Énergie) e ADEME (Agence de l'Environnement et de la Maîtrise de l'Énergie France). Cfr. MEDENER, OME, ADEME (2016), Mediterranean energy transition: 2040 scenario.

7 Il Viaggio, corredato da 72 mappe acquerellate, reca annotazioni sui caratteri geografici, antropologici, economici e storici dei luoghi posti lungo l’itinerario.

8 Plan Bleu – UN Environment/MAP Regional Activity Centre (2020). Blue economy in the Mediterranean. Case studies, lessons and perspectives, “Blue economy”, Paper 19.

9 L’innalzamento della temperatura marina ha favorito lo sviluppo di un migliaio di specie non indigene di cui il 10% invasive.

10 Il posidonieto, diffuso tanto sui substrati sabbiosi che sui fondali rocciosi, è tra le biocenosi più importanti nel Mediterraneo, che ospita specie caratteristiche e specie accompagnatrici differenti, legate da rapporti di interrelazione e interdipendenza.

12 Cfr. in particolare: Il Mare Nostro è degli altri, “Limes”. n. 5, 2006; L’Italia è il mare, “Limes”, n. 10, 2020.

13 Il coordinamento dei paesi BRICS, attivo dal 2006, si è formalizzato con annuali incontri al vertice. L’intesa si basa su sovranità nazionale, integrità territoriale, indipendenza, unità ed eguaglianza sovrana degli stati-nazione, in contrapposizione con le istituzioni sovranazionali consolidate.

14 G.M. Fara, intervento al Convegno “Med Blue Economy: Il Mediterraneo veicolo per l’internazionalizzazione d’impresa” 11 febbraio 2019. https://www.leurispes.it/il-paradosso-mediterraneo-piu-largo-piu-frammentato-piu-interconnesso/

15 L’UpM, fondata nel 2008 in occasione del Vertice di Parigi per il Mediterraneo al fine di rafforzare il Partenariato euro-mediterraneo (Euromed) istituito nel 1995 sotto il nome di Processo di Barcellona, è un’organizzazione intergovernativa che raggruppa 42 Paesi europei e del bacino del Mediterraneo: i 27 Stati membri dell’Unione europea e 15 Paesi mediterranei partner del Nordafrica, del Medio Oriente e dell’Europa sud-orientale. L’assemblea parlamentare, composta di 280 membri (140 dei paesi della sponda Nord e altrettanti dei paesi della sponda Sud), si articola in cinque commissioni permanenti: politica, sicurezza e diritti umani; affari economici e finanziari, affari sociali e istruzione; miglioramento della qualità della vita, scambi tra le società civili e la cultura; diritti della donna nei paesi euromediterranei; energia, ambiente e acqua.

16 In Italia, la legge 3 agosto 2017 n. 123, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle ZES, al cui interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.







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