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I ‘grandi solitari’ nel Progetto Urbano Ostiense-Marconi
Marta Rabazo Martin
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Parole chiave:                 Progetto urbano Ostiense-Marconi, comparti industriali, rigenerazione urbana, nuove permeabilità, archeologia industriale


Abstract:     
Roma non è mai stata una città industriale vera e propria, ma il quadrante Ostiense-Marconi, segnato dal corso del fiume Tevere, ospita pregevoli esempi di archeologia industriale risalenti alla prima metà del secolo scorso. A partire dagli anni Novanta, la localizzazione di un nuovo Ateneo pubblico - l’Università Roma Tre -, e l’avvio di un progetto urbano (PUOM) hanno provato a rispondere alla necessità di una rigenerazione di questo ampio settore ricco di potenzialità, lavorando sull’equazione città fabbrica–fabbrica della conoscenza. Qui i monumentali manufatti dismessi, ‘grandi solitari’ con le loro storie e memorie, insieme all’imponente presenza del Tevere nel suo tratto meno antropizzato, risulteranno determinanti nello sviluppo del PUOM.




Introduzione.

L’avvio del Progetto Urbano Ostiense-Marconi (PUOM) si verifica in concomitanza con la decisione di realizzare un nuovo polo universitario nella zona di Ostiense-Valco San Paolo per decongestionare l’università La Sapienza, nell’ambito di una estesa programmazione che intendeva distribuire le strutture universitarie nei diversi quadranti della città: La Sapienza nell’area centrale, Tor Vergata nel quadrante Est e Roma Tre a Sud-Ovest. Nonostante l’urgente bisogno di aule per la nuova università (fattore che si rivelerà determinante per lo sviluppo coerente del PUOM), la riconversione delle aree industriali non era tra le priorità iniziali: essa è stata pianificata in fasi successive attraverso una serie di procedure: i quattro Accordi di Programma (AdP) con l’Università di Roma Tre, il PUOM approvato nel 1999 e aggiornato nel 2003 e il Piano d’Assetto per il recupero dell’Ex-Mattatoio di Testaccio nell’anno 2000.
Diverse circostanze inducevano a convergere su questo settore che incorpora un ampio tratto urbano del Tevere: in effetti, se la progressiva deindustrializzazione dell’area l’aveva risparmiata inizialmente dalle principali traiettorie disponibili all’espansione, solo alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso il quadrante Ostiense-Marconi è diventato cruciale nella tendenza della città a svilupparsi verso il mare secondo la cosiddetta “Coda della Cometa”: questa dizione, introdotta negli anni Venti del Novecento in occasione degli studi avviati per l’espansione di Roma, viene ripresa dall’allora Vicesindaco Walter Tocci per indicare la scia di condensazione della città consolidata lungo l’asse Eur-Colombo-Mare (Tocci, 2004), e da allora si continuerà a parlarne fino ad oggi (con la giunta Raggi, sarà proprio il quadrante Ostiense-Marconi ad essere presentato nel 2017 al programma 100 resilent cities, il laboratorio sostenuto dalla Rockefeller Foundation per lavorare in modo integrato e strategico per affrontare al meglio le sfide sociali, culturali, urbanistiche ed economiche che coinvolgono le città).

Il PUOM si sviluppa in coerenza con il dibattuto di scala europea: i pianificatori sono alla ricerca di nuovi strumenti di governo dei processi di trasformazione urbana e di soluzioni per le aree industriali abbandonate. Il Progetto Urbano si afferma per colmare la distanza tra pianificazione e progetto, come si evince chiaramente dalla duplicità della sua denominazione: la componente “urbana” accorcia le distanze, tuttavia con un portato di grande complessità. È in questo contesto che il Comune di Roma celebra la prima elezione diretta del Sindaco Rutelli (1993) e sperimenta con il PUOM un’azione governativa di carattere strategico per lo sviluppo a scala locale (Marroni, 2017). La presenza di numerosi lotti di proprietà pubblica, il valore dell’archeologia industriale esistente nell’area, gli insediamenti storici e l’industria dei servizi immateriali del settore meridionale della città, determinano l’insediamento dell’Università di Roma Tre nell’area Ostiense, con un marcato carattere diffuso.
Il PUOM è il primo progetto urbano realizzato nella Capitale e, come tale, è un esercizio innovativo di cui si conoscevano portati e risultati dalle esperienze estere, ma mancavano strumenti concreti a livello locale.
Il PUOM era basato principalmente su quattro azioni o strategie principali:
- l’istituzione dell’Università di Roma Tre come attore principale nel processo di trasformazione;
- una riconsiderazione e un rinnovamento degli assi urbani, principalmente via Ostiense e viale Marconi, la creazione di un nuovo sistema di mobilità e il collegamento di entrambe le aree di Ostiense e Marconi attraverso diversi ponti;
- la costituzione di un sistema ambientale di spazi verdi e pubblici;
- la riconversione del settore industriale abbandonato;
Allo stesso tempo, si cercava di stabilire le basi di quello che sarebbe stato il Piano Generale (allora in preparazione), basato su soluzioni alternative alla pianificazione tradizionale, ricercando la sostenibilità ambientale, urbana, sociale ed economica, garantendo la qualità urbana e ambientale e la partecipazione dei cittadini. L'obiettivo era di generare trasformazioni non solo urbane, ma anche sociali ed economiche, applicando a un’area determinata e con gli strumenti definiti dalla pubblica amministrazione i principi della consultazione sociale per definire i programmi da sviluppare.

 

Un quartiere impermeabile

L'area Ostiense-Marconi è un'area di recinti e di ‘grandi solitari’, significativi emblemi dell’archeologia industriale circondati da recinti che creano fronti impermeabili a livello stradale. La metafora botanica appare appropriata a indicare come l’esigenza, sentita come vitale, di rigenerazione dei grandi siti industrial consenta di inquadrarli, con le loro singolarità, alla stregua di alberi monumentali, generalmente querce secolari, che punteggiano l’orizzonte dello spazio rurale, offrendo frescura e riposo.
Nel tratto settentrionale della via Ostiense, i recinti dei Mercati Generali, della Centrale Montemartini e di Italgas, risultano intercalati come fuori scala a un tessuto residenziale di modesta qualità, allineato sull’asse stradale e più sgranato lungo le vie trasversali e, soprattutto, in prossimità delle infrastrutture (ferrovia e Tevere). L’asse Ostiense, che nel PUOM assumeva il carattere di un boulevard attrezzato per i diversi tipi di flussi, è rimasto sostanzialmente invertebrato, salvo nel tratto terminale presso la Basilica di San Paolo di cui il Parco Schuster costituisce la testata.
L’occasione mancata per una ricucitura attraverso un sistema di spazi aperti è particolarmente evidente nell’ampia fascia perpendicolare al Tevere e alla via Ostiense che comprende i Mercati generali, il gruppo Italgas, con i suoi imponente gasometri, la Centrale Montemartini e i Consorzi Agrari in riva sinistra del Tevere e il complesso della ex-Miralanza in riva destra: ‘grandi solitari’ variamente rigenerati o in attesa di nuove destinazioni funzionali, ad oggi episodi slegati e incapaci di fare rete, a dispetto della passerella pedonale del Ponte dell’Industria che consente agevolmente il passaggio tra le due sponde. Lavorare alla permeabilità di questi recinti consentirebbe ai manufatti industriali di trasformarsi in punti d’attivazione di un sistema degli spazi pubblici continuo e coesivo, unico nel contesto romano per potenza espressiva.

 

I ‘grandi solitari’

La presenza di recinti industriali è diffusa in tutto il quadrante, essendo l'asse Papareschi – Italgas - Mercati Generali di cui si discute un luogo emblematico per la concettualizzazione dei margini e del rapporto tra tessuti urbani di grana diversa. Questa fascia che ricomprende i tre grandi nuclei ex-industriali attraversando il Tevere, costituisce una grande opportunità come infrastruttura verde di connessione con il verde ripariale e come collante tra i ‘grandi solitari’ che convogliano con la memoria storica una forte espressività, sino all’area dei Mercati Generali dove è stata progettata una grande piazza pubblica.  
Capire le vicende che hanno portato questi comparti industriali al fallimento tanto della rigenerazione a livello funzionale quanto dell’apertura dei recinti che li isolano dal contesto in cui si trovano, significa capire il fallimento del PUOM. La realizzazione del progetto dello spazio pubblico, ed in generale del progetto del suolo, è tappa fondamentale per il successo di un PU, costituendo la “colla” che tiene insieme i diversi interventi/progetti architettonici. Se il progetto dello spazio pubblico funziona, la realizzazione o meno dei singoli interventi sul costruito non diventa di primaria importanza, potendo essere oggetto di trasformazione in un secondo momento. Proprio questo ragionamento si sarebbe potuto applicare ai “grandi solitari”: se fossero stati aperti i diversi comparti che ancora oggi restano scollegati tra di loro, perpetuando la mancanza di una permeabilità orizzontale, forse il fallimento programmatico del PUOM sarebbe stato meno drammatico. Allo stato attuale invece, gli edifici industriali non hanno trovato una via di recupero e la loro chiusura ha in parte impedito al progetto dello spazio pubblico di realizzarsi. Dunque, ritenendo le situazioni specifiche dei singoli comparti la causa implicita del fallimento del PUOM, a continuazione si cerca di far chiarezza sulle cause del fallimento dei grandi solitati industriali nell’asse Mercati Generali-Italgas-Miralanza.

 

Mercati Generali

Situati nel tratto nord della via Ostiense, quasi di fronte al recinto di Italgas, i Mercati Generali sono stati uno dei principali volani del PUOM. Con oltre a 100.000mq di superficie, essi sono stati inaugurati nel 1922, entrati a regime nel 1927, e dismessi nel 2002. Ad esito di un concorso pubblico nel 2003 avente ad oggetto lo sviluppo di una “Città dei Giovani”, un nuovo polo culturale della città (il nuovo “Covent Garden” romano), l’architetto olandese Rem Koolhas si aggiudicava l’incarico con una proposta mirante a varie tipologie di utenza, inclusi i turisti, comprendente attività formative e culturali, di intrattenimento e commerciali. La soluzione proposta, suscitando un ampio dibattito tra ammiratori e detrattori, proponeva un provocatorio esercizio di riuso e riattivazione dell’archeologia industriale, e di comprensione del ruolo che i Mercati Generali dovevano avere all’interno della più generale tematizzazione del PUOM. Per molti aspetti, tuttavia, questa proposta non era realizzabile.
Nel 2008, in sede di progetto definitivo, si concorda con Roma Capitale una nuova versione del progetto che, pur mantenendo il carattere multifunzionale originario, ne modifica sostanzialmente l’impostazione. Ma il progetto rimane fermo, segnato dalle difficoltà imprenditoriali ed economiche, sino al 2014 quando, con l’impegno finanziario de La Société Générale Immobilière (che gestisce centri commerciali in tutta Europa), ulteriori modifiche formali e funzionali cambieranno ulteriormente il volto dei Mercati Generali. La permeabilità urbana caratteristica del progetto di Koolhas lascia il passo a una proposta più chiusa e impermeabile all’intorno immediato che mantiene il carattere originale di comparto del mercato. Con riguardo alla funzione, il carattere commerciale dell’ultima modifica dovrebbe convivere con una maggior presenza culturale e del tempo libero, in accordo con i principi ispiratori del PUOM.
Sotto la giunta Raggi, nel 2017, si è approvata una nuova variante che cercava di rompere l’impermeabilità dell’ultimo progetto con l’apertura di una via pubblica. Il cantiere è tuttora fermo.

 

Italgas

Lo sviluppo del comparto dell’Italgas non differisce molto da quello dei Mercati Generali. In questo caso la bonifica del terreno altamente inquinato dalla attività industriale sarà determinante per l’abbandono di diverse idee progettuali. Oltre ad essere il simbolo del PUOM e di tutto il quartiere, come parte della memoria della città, Italgas è un fattore chiave per la continuità e le connessioni del tessuto urbano esistente, dove convivono in equilibrio possenti strutture di archeologia industriale e ampi spazi aperti, ipoteticamente assoluto protagonista della scena urbana. Nell’attualità, la natura si è impossessata di quanto era nelle sue possibilità aumentandone il fascino e manifestando la sua importanza nel sistema degli spazi aperti.
Realizzati nel 1908, gli impianti entrarono in funzione nel 1910. Il gazometro, costruito nel 1936, con i suoi 100 m di altezza è il più grande di Europa, simbolo e icona del quartiere industriale di Roma.
Tra le diverse ipotesi per quest’area, tra cui anche una possibile demolizione, era stata avanzata la proposta di realizzare la nuova sede della Banca d’Italia; successivamente si era immaginato un Museo della Scienza, in sintonia con il carattere educativo-culturale che si ricercava per tutto il quartiere. Con l’avvio del PUOM nel 1999 si pensò di destinarlo alla Biblioteca Centrale dell’Università Roma Tre, in associazione con diverse attività terziarie all’interno di un parco che garantisse continuità con la sede della ex-Miralanza, oltre il fiume, tramite il ponte pedonale della Scienza, e con i Mercati Generali sull’altro lato di via Ostiense.
Purtroppo gli alti costi di bonifica del terreno e di recupero del grande gazometro hanno scoraggiato queste ed ogni ulteriore proposta. Eppure, l’apertura del recinto per consentire condizioni di ‘porosità’ tra il Tevere e la via Ostiense costituisce una delle maggiori opportunità su cui lavorare agganciandosi alla passarella pedonale della Scienza sottoutilizzata allo stato attuale.

 

Centrale Montemartini

Anche se de minor importanza quanto a dimensione, la ex-centrale elettrica Montemartini si afferma come esempio di successo nella trasformazione di un elemento di archeologia industriale, pur restando, purtroppo, senza continuità immediata.
La centrale Montemartini entra in funzione nel luglio 1912 e viene successivamente ampliata nel 1933. La sua progressiva dismissione inizia nel 1963, mentre l’ACEA realizzerà il restauro a inizio anni Novanta. Nel 1996, stanti i lavori di ristrutturazione e riallestimento del Palazzo dei Conservatori e del Museo Nuovo in Campidoglio, la Sovraintendenza comunale decide di utilizzare la sede di Montemartini per organizzare una esposizione temporanea con circa 800 sculture della propria collezione. La mostra inaugurata nel 1997 e intitolata “la macchina e gli Dei” evoca il contrasto tra le macchine che furono simbolo del progresso della città, forza motrice di essa, e le sculture della Roma Antica. L’associazione dei due mondi, il classico e l’industriale, conferma il polo Montemartini come nuovo e inedito polo museale ancora prima della redazione del PUOM. Ad oggi è uno degli interventi meglio riusciti di riconversione industriale della zona.

 

Consorzi Agricoli

L’impianto originario, datato 1910, è progettato da Tullio Passarelli alla confluenza strategica del lungotevere con via del porto fluviale, quasi davanti al ponte dell’Industria.
La riqualificazione del complesso risale al 2000 quando la famiglia Saviotti propone la creazione di una multisala cinematografica con un centro commerciale. L’idea viene abbandonata per l’impatto che avrebbe avuto sulla mobilità del quartiere cosi come per i rilievi critici sulla redditività attesa (già esisteva la multisala di viale Marconi). A questa prima destinazione segue un progetto di Marco Carmassi che contempla la demolizione dei manufatti esistenti e l’inserimento di funzioni residenziali, commerciali e artigianali, grazie al meccanismo di compensazione nell’ambito del programma di riqualificazione dell’area Papareschi, che avrebbe dovuto sostanziare la realizzazione del parco della Miralanza e la creazione di una struttura per attività culturali. Questa proposta si articola in quattro edifici che cercano di dialogare con il tessuto e la tipologia costruttiva esistente ma, soprattutto, cerca di dare continuità attraverso la permeabilità del suo pian terreno.
Seguendo le esigenze del mercato immobiliare che sconsigliano la destinazione commerciale e di uffici privati, senza effettiva domanda nella zona, nel 2013 si elabora una nuova proposta per uso residenziale, con un progetto di forte impatto firmato da B. Moauro. Organizzato in due blocchi ma presentandosi in facciata come un fronte continuo, il piano terra perde la permeabilità del progetto di Carmassi, eliminando ogni dialogo con l’intorno più immediato. La soluzione finale rimane estranea al contesto e la conservazione della porta originaria dei Consorzi Agricoli non fa altro che potenziare questo senso di estraneità.

 

Ex–Magazzini Generali

Realizzati nel 1906 da Tullio Passarelli, sono tra i primi esempi di edifici in cemento armato di Roma. Il complesso e composto da 4 grandi edifici rettangolari binati, due edifici a un piano, una palazzina su via del commercio con un piccolo manufatto adiacente e quattro edifici a un piano che delimitano l’area lungo il fiume. Qui due imponenti carriponte servivano tanto per scaricare le merci arrivate via fiume, come per caricare automezzi e vagoni ferroviari tramite un binario ubicato tra la testa dell’edificio e il Tevere e che collegava alla ferrovia Roma-Civitavecchia.
Nel primo dopoguerra fu abbandonata la funzione come magazzini, una volta cessato il trasporto fluviale di merci. Tra il 1984 e il 1986 il complesso viene recuperato e destinato a sede dell’istituto Superiore Antincendi: ampiamente anteriore alla delibera del PUOM del 1999, costituisce un buon esempio di recupero industriale.

 

Ex-Miralanza

In riva destra del Tevere, all’altezza di viale Marconi, a ridosso del ponte dell’Industria e dell’antico porto fluviale, sorge il complesso dello stabilimento di produzione di sapone, colle e concimi della Mira Lanza. È la prima industria costruita in questa zona, tra il 1899 e il 1907, presso il Ponte dell'industria dove ci sono poche case, e al Mattatoio, da cui trae la sua materia prima. Tra il 1907 e il 1919 si affiancano gli stabilimenti dell'azienda italiana Molini e Pastifici A. Biondi. Queste due grandi industrie saranno essenziali per il futuro industriale dell'area.
L’imponente edificio dei Molini Biondi sarà trasformato in residenze e attività commerciali dal 1990 in poi, antecedente alla delibera del PUOM, con un progetto rispettoso del manufatto originale ma ponendo problemi al prolungamento del lungotevere in riva destra.
Il caso del complesso ex-Miralanza è assai più complesso. La società colla e concimi, complesso caratterizzato da una grande unità architettonica, cessa la sua attività nel 1913 quando il Comune acquista l'intero stabilimento per poi rivenderlo alla Società italiana di Candele Steariche Mira. Per adeguarsi alla sua nuova funzione, i padiglioni del complesso sono ristrutturati nel 1917 con l’aggiunta di nuove costruzioni: un edificio per uffici in via dei Papareschi (trasformato in scuola dal 1924), un'autofficina per veicoli industriali, locali per gli operai e magazzini. L’espansione continua fino al 1934. Nel 1952 lo stabilimento viene definitivamente chiuso, sebbene la produzione sia già cessata negli anni precedenti, mantenendo le sole funzioni di stoccaggio per la distribuzione locale. I cambi di proprietà già da prima della sua dismissione, e la trasformazione delle funzioni, impediscono la riconoscibilità del complesso originale (Farina, 2005). Delle diverse funzioni stabilite nel PUOM (teatro, parco, casa dello studente, ecc), soltanto la riconversione di uno degli edifici più grandi nel teatro India viene realizzata, mentre il previsto parco Papareschi, con problemi di bonifica da finanziarsi con il programma di Consorzi Agrari, rimane una grande opportunità mancata. Inoltre, l’apertura di questo comparto industriale verso il fiume e il collegamento con la riva Ostiense, è di vitale importanza per avvicinare il quartiere al Tevere e promuovere nuovi flussi perpendicolari agli attuali.

 

Il Tevere come segno della storia

Il Tevere può essere considerato un altro ‘grande solitario’. Nella zona di Ostiense-Marconi, esso smette di scorrere tra i muraglioni e riconquista la sua dimensione ambientale e paesaggistica: il suo letto appare più ampio, grazie alle sponde vegetate in lieve pendenza verso l'acqua.
Il Tevere è un grande segno della storia, non solo per il rapporto diretto con la fondazione di Roma, ma anche perché l’epopea della industrializzazione industriale ha riallacciato una relazione di necessità, principalmente per la funzione di canale di trasporto e per lo scarico delle acque reflue risultanti da processi di lavorazione e trasformazione fortemente inquinanti. Conseguentemente, i tessuti residenziali sono cresciuti volgendo le spalle al Tevere, in maniera discontinua.
Non è comprensibile, tuttavia, che in fase di deindustrializzazione la città non si sia riappropriata della fascia ripariale de Tevere, soggetta dal secondo dopoguerra a concessioni per l’uso di attrezzature sportive.
Nel progetto urbano assume grande importanza la realizzazione di un parco fluviale non solo in grado di collegare le due sponde ma anche di ‘volgere’ l'intera area urbana verso la grande infrastruttura verde, rafforzando i sistemi perpendicolari al Tevere. La complessità burocratica e la rigida tutela del patrimonio e del paesaggio hanno fatto sì che il PUOM non sia stato efficacemente portato a termine neppure su queste aree di proprietà pubblica.
Tali qualità territoriali e ambientali saranno augurabilmente valorizzate con la realizzazione del Parco del Tevere Sud, che intende promuovere il fiume al rango di infrastruttura verde, nel duplice aspetto della continuità ecologica e della fruizione da parte della cittadinanza. Questo doppio ruolo del Tevere - come soglia e come elemento di congiunzione con le aree alluvionali, e più estesamente con il settore urbano Ostiense-Marconi -, influisce anche a livello culturale, offrendo un'opportunità di avvicinamento dei cittadini e dell'università, la cui politica si è sempre basata sull’integrazione nel territorio e nella città.

 

Conclusioni

Non possiamo soffermarci sui motivi di fondo che hanno sinora impedito o rallentato la rigenerazione complessiva di un territorio così ricco di potenzialità, lasciando lo stesso Tevere in uno stato di completo abbandono.
È doveroso tuttavia segnalare che nell’arco ormai ultraventennale della sua esistenza, il PUOM ha incontrato ostacoli crescenti, resi manifesti dalla crisi del 2008 che la città stenta a superare. Del resto, l’efficacia calante delle istituzioni pubbliche che è un portato comune alle grandi città europee, tende qui a offuscare il ruolo di regia del PUOM affidato a Roma Capitale, costituendo l'ipoteca maggiore per la riconversione dell'area e la necessaria rimodulazione del progetto urbano in un quadro di coerenza impostato su traguardi certi e procedimenti praticabili.
Negli stessi anni, tuttavia, l’Europa è andata avanti con progetti e sperimentazioni realizzate nell'ambito dell'architettura del paesaggio, dove i manufatti di archeologia industriale hanno conquistato una visibilità e un valore simbolico tali da sostenere con la propria presenza e posizione il ruolo di grandi attrattori culturali e sociali.
Nel caso romano, l’apertura dei comparti industriali risulta di vitale importanza tanto nel quartiere Marconi, dove la densità abitativa è estremamente elevata e gli spazi aperti scarseggiano, che nell’area Ostiense, dove Italgas e Mercati Generali dovrebbero costituire i primi e principali elementi di aggancio (anche fisicamente, in quanto si situano nella zona più vicina alle mura) di questa importante riconversione urbana e identitaria.




Riferimenti bibliografici

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Farina, M. (2005), Stop & Go. Il riuso delle aree industriali dismesse in Italia: trenta casi studio, Alinea
Furnari, M., Bernardi, S., Ferretti, M., Pagani, C. (2006). La fabbrica del gas all’Ostiense. Luogo e forma di un’area industriale, Gangemi Editore
Malfona, L. (2014), Tra Roma e il mare. Storia e futuro di un settore urbano, Libria
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