Parole chiave: fortificazioni, limite urbano, identità, Traù, Croazia
fortifications, urban limit, identity, Trogir, Croatia
Abstract:
Il problema delle mura urbane in molte città, dal XIX secolo in poi, si è da sempre dato come tematica fra le principali, rispetto all’evoluzione del centro urbano, venendo però facilmente superato tramite l’eliminazione fisica di questo segno storico che per secoli ha perimetrato i centri italiani ed europei. Con l’analisi del caso studio della città di Traù, in Dalmazia, si vuole porre l’attenzione sulle diverse accezioni di manufatto storico inteso come elemento sia caratterizzante il tessuto urbano sia identificativo di una stratificazione culturale che, nel caso della cittadina croata, diviene caratterizzazione del locus e, anche in tempi recenti, è posta alla base della valorizzazione e d’importanti network internazionali (UNESCO).
Impianto urbano ed evoluzione delle difese: alcune considerazioni
La città di Traù in epoca medievale viene descritta attraverso una semplice schematizzazione urbana, la quale è significativa in quanto presenta già l’importanza rivestita dalle mura e dalle torri. L’immagine delle mura, quindi, è sempre stata dominante nella rappresentazione dell’isola. La maggior parte delle torri difensive d’epoca medievale poste lungo le rive furono distrutte; oggi s’individuano chiaramente all’interno del tessuto urbano solamente le torri del monastero benedettino di San Nicola e quella, direttamente rivolta al mare, un tempo appartenente alla famiglia Vitturi (fig. 1). Queste costruzioni medievali, di pianta quadrata, si appoggiavano alle mura dal semplice impianto senza scarpa ed erano inglobate, in molti casi, nelle abitazioni delle famiglie nobili più in vista.
Il perimetro difensivo d’impianto medievale della città potrebbe richiamare, inoltre, una precedente matrice di derivazione ellenistica mostrando una crescita concentrica dell’abitato (Bertocci, 2019 p. 39). Infatti, durante scavi archeologici, sono emersi tratti di mura d’epoca antica, in parte inglobati nelle successive edificazioni.
La storia urbana e delle fortificazioni si legano in maniera indissolubile alla posizione della città, la quale è collocata su un’isola tra la terra ferma e la più ampia isola di Bua. Questo ha comportato un approccio particolare alla difesa e all’altro elemento caratterizzante il luogo, rappresentato dall’acqua costituitasi come ulteriore protezione e allo stesso tempo fonte di reddito, essendo il porto di Traù molto attivo anche se geograficamente vicino al più importante scalo della città di Spalato.
Sin dalla seconda metà del XIV secolo il consiglio cittadino impegnò forze e sostanze nel miglioramento delle difese soprattutto nella parte meridionale dell’isola (Benyovsky Latin, 2010 p. 30). L’intenzione fu quella di rafforzare le mura esistenti erigendo un nuovo perimetro a sud dell’abitato; le parti orientali e centrali delle nuove difese furono costruite in stretta relazione a quelle antiche e alle torri di proprietà privata, che mantennero un ruolo primario all’interno del sistema urbano e difensivo). La parte occidentale del perimetro, invece, fu eretta lasciando alcune torri, fra cui quella appartenente alla famiglia Andreis, scollegate dal sistema ossidionale in quanto all’interno della maglia già urbanizzata (Plosnić Škarić, 2017 p. 9).
Una delle abitazioni a torre più importanti della città fu quella appartenuta alla famiglia Cega e all’epoca, nel periodo preso in esame per analizzare l’ampliamento delle difese, di proprietà del nobile Nikola Stjepanov Cega (Kovačić, 2016 p. 137). Questo manufatto, danneggiato nei secoli precedenti e in procinto di essere demolito per far posto al nuovo settore delle mura, fu invece inglobato nella nuova cinta muraria come evidenziato dalla lettura stratigrafica dell’elevato in cui si vedono due finestre romaniche tamponate al primo piano (Plosnić Škarić, 2017 p. 11). Fu dunque il comune a voler mantenere la costruzione per contenere i costi di demolizione e ricostruzione di un intero tratto murario che, così facendo, fu solamente restaurato.
Si comprende, quindi, come le torri e le case a torre fossero edifici privati, ma in certi casi giocassero un ruolo fondamentale all’interno della difesa dell’intera città.
Con l’avvento della Serenissima il 22 luglio 1420 (Novak, 1965 p. 39), si vide dapprima un approccio di ampliamento delle difese d’impianto medievale e, pochi decenni dopo, si assistette all’evoluzione e all’aggiornamento delle tecniche difensive in relazione a ciò che stava accadendo all’interno dei domini veneziani.
L’assedio, da parte di Venezia, per la conquista della città aveva causato, inoltre, alcuni danni a importanti architetture, questo perché la flotta genovese, preso possesso dell’isola, difese strenuamente il sito. La Repubblica ligure, durante la guerra di Chioggia (1378-1381), aveva innalzato il torrione a nove lati per difendere la piazzaforte divenuta un importante appoggio per la flotta d’istanza nell’Adriatico. I veneziani, poco dopo aver conquistato Traù, si resero conto del clima d’insicurezza politica presente all’interno della città.
Fu così che venne ampliata la struttura difensiva attorno al torrione genovese costituendo il primo nucleo del Castello del Camerlengo (fig. 2), posto nella parte sud occidentale dell’isola. Venezia inviò per questo, da Bergamo a Zara e a Traù, l'ingegnere militare Magistri Pincini affinché adattasse e consolidasse le fortificazioni esistenti (Lucio, 1674 pp. 442-443). I lavori furono affidati al maestro Marin Radojev che secondo alcune fonti 1 avrebbe anche disegnato il castello (Kovačić, 2011 p. 103).
La fortezza è costituita da un impianto quadrangolare con un perimetro di alte mura edificate attorno al mastio e la torre angolare a pianta poligonale. Il così detto castello costituiva assieme alla vicina torre di San Marco il nucleo più importante della cinta fortificata medievale e rinascimentale. Altri cantieri, della prima epoca di dominazione veneta, si concentrarono sulla demolizione del muro posto tra la città e il sobborgo al fine di avere una migliore visibilità dell’intorno e sulla riqualificazione del palazzo di giustizia e della loggia comunale (fig. 3), nuova rappresentazione dell’ordine sociale imposto (Benyovsky Latin, 2002 p. 72). Anche le torri dell’abbazia e del vescovo furono restaurate (Lucio, 1674 p. 471), mentre in questi primi interventi di riassetto quelle di proprietà privata furono abbassate tanto da non farle innalzare oltre la linea delle mura cittadine (Lucio, 1674 p. 469). Quest’ultima decisione, che come si vedrà non interesserà tutte le torri private, è il chiaro sintomo della nuova definizione dei centri di potere, demandando il controllo e la difesa dell’isola alle sole strutture controllate direttamente dallo Stato.
L’importanza delle torri d’impianto medievale rimase, soprattutto dal XVII secolo in poi, un mero ricordo del sistema ossidionale, acquisendo un valore simbolico legato all’antichità e al potere delle famiglie che le detenevano. Questo si constata anche dal fatto che i ceti emergenti, incentivati dal nuovo regime della Serenissima, acquisissero gli edifici un tempo appartenuti ai patrizi di Traù e li restaurassero trasformandoli in botteghe e luoghi per il commercio o in abitazioni decorate all’esterno con elementi architettonici e stemmi (Benyovsky Latin, 2014 p. 579).
L’annessione di buona parte dei territori costieri dalmati alla Repubblica di Venezia coincise con l’aumento del pericolo delle incursioni turche. Questa situazione d’incertezza crebbe a seguito della caduta della Bosnia e della prima guerra fra Venezia e gli Ottomani (1463-1479) (Arbel, 1996 p. 949). I vari consigli cittadini compresero così l’importanza di dotarsi di un sistema di mura che potesse resistere ai devastanti attacchi delle armi da fuoco turche. La prima a fortificare il proprio perimetro fu la città di Zara, la quale diede impulso nel XVI secolo alla costruzione di un sistema fortificato bastionato. Tra Impero Asburgico e Impero Ottomano, fu quindi la Repubblica di Venezia che lasciò, grazie alla sua presenza politica in questi territori, l’impronta più significativa sulla società, cultura e ambiente dell’Adriatico orientale.
All’azione dello stato si affiancò anche quella dei privati i quali già proprietari di abitazioni a torre all’interno del tessuto urbano dell’isola, eressero torri d’avvistamento e castelli sulla riva del mare tra le città di Traù e Spalato, fra la fine del XV e la metà del XVI secolo (Marasović, 2011 pp. 30-41). Con l’approvazione dello stato, infatti, i nobili tragurini e spalatini costruirono più di venti edifici a scopo difensivo parzialmente fondati in mare, o sugli scogli. Lungo la costa queste strutture ebbero sempre la doppia funzione di proteggere i contadini dagli attacchi ottomani e, nei momenti di pace, trasformarsi in luoghi di villeggiatura per le nobili famiglie, affiancando a questo la funzione di controllo dei possedimenti, che dalle coste si estendevano nell’entroterra (Fisković, 1981 pp. 29-45). Per comprendere l’importanza da sempre attribuita all’apparato difensivo dell’isola di Traù è utile inoltre soffermarsi sui così detti isolari e portolani, raccolte di disegni e vedute, corredate da testi descrittivi, che rappresentarono dal XVI secolo in poi in maniera più o meno dettagliata le coste orientali dell’Adriatico. Il primo isolario di una certa importanza è quello compilato da Benedetto Bordone, nel 1528, intitolato Isolario nel qual si ragiona di tutte l’Isole del mondo (Bordone, 1528). Pur nel suo carattere geografico ad ampia scala, si ritrova rappresentata anche la città di Traù, vista come un’isola molto piccola e relativamente poco importante e delle cui fortificazioni non viene data una precisa rappresentazione. Di maggiore interesse è invece il lavoro di Giovanni Francesco Camocio, il quale raffigura l’isola e l’entroterra inserendola quindi in una visione territoriale più dettagliata (Camocio, 1571) (fig. 4). Per quanto riguarda le fortificazioni di Traù il disegno prospettico descrive la cortina muraria meridionale del centro storico, nella quale s’individuano le torri disposte a intervalli regolari. Tale riproduzione restituisce chiaramente l’inadeguatezza delle mura soprattutto rispetto alle nuove istanze del fare guerra che, dai primi decenni del Cinquecento, iniziavano a condizionare i nuovi progetti di ammodernamento delle mura nello Stato da Mar, soprattutto nei territori del Mediterraneo.
Il cartografo veneziano, in questo caso, volle anche rappresentare la condizione delle isole e dei territori “da Mar” al fine di fornire una chiara testimonianza agli Stati europei del pericolo rivestito dall’Impero Ottomano, anche a seguito della guerra iniziata a Cipro, nel 1570, fra Venezia e i Turchi (Pavić, 2013 p. 207).
Pochi anni dopo Angelo degli Oddi (seconda metà XVI - prima metà XVII secolo) compilerà un utile portolano redatto durante il viaggio compiuto da Venezia verso Creta nel 1584 2 .
Con i disegni a penna delle isole e dei porti della Serenissima, degli Oddi restituì una visione dettagliata delle condizioni delle fortezze e allo stesso tempo fornire una rappresentazione accattivante dei territori. La tecnica di rappresentazione utilizzata da Angelo degli Oddi s’inserisce in un contesto ben preciso di necessità conoscitive, sommando alla esigenza nozionistica della raffigurazione anche un desiderio di accattivare l’attenzione del lettore, interessandolo e rendendolo quasi partecipe all’esperienza del viaggio vissuto.
Si dovrà aspettare, però, la guerra di Candia (1645-1699) per vedere un’importante e programmata azione di ammodernamento delle fortificazioni in terra croata; sono, infatti, di questo periodo i cantieri di Sebenico e Spalato. Questo diede impulso anche ad azioni chiare sulle mura medievali di Traù (Difnico, 1986 pp. 193-198). Pur essendo una tra le più piccole città dalmate, nel 1559 il patrizio veneto Erizzo l’aveva già descritta quale postazione fondamentale all’interno dell’arcipelago (Ljubić, 1880 p. 125). Relazioni con contenuti simili si susseguirono negli anni, anche durante la guerra di Candia, con il rapporto del 1656 3 e la relazione spedita dal Provveditore Contarini nel 1664 (Žmegač, 2011 p. 298).
Oltre alla posizione strategica dell’isola, nelle relazioni, era sempre sottolineata l’obsolescenza delle fortificazioni. Le mura erano spesso descritte come deboli, insufficienti e senza la possibilità di difesa dalle tecniche di guerra moderne. Il lato più esposto, verso la terra ferma, prima della guerra di Candia era già stato accresciuto con la costruzione di nuovi edifici e della parte di banchina di Santa Barbara con la relativa porta di terra, senza peraltro vedere con questi interventi un progetto unitario e soprattutto all’avanguardia. Fu così che con il XVII secolo vennero redatte una serie di proposte di cinte bastionate da costruirsi attorno all’isola. Una nuova cortina “alla moderna” fu quindi realizzata, anche se non in maniera completa. Come riportato anche da Andrej Žmegač, due sono le riproduzioni che possono definire chiaramente l’evoluzione del fronte bastionato realizzato a Traù (Žmegač, 2011 p. 298). Il primo disegno (fig. 5) riproduce un progetto completo di fortificazione in cui compaiono tre bastioni, il percorso di fiancheggiamento che conduce oltre il rivellino e dall’altra parte del fosso una capponiera. Il progetto non fu mai realizzato completamente, forse perché considerato troppo dispendioso. La seconda rappresentazione (fig.6), invece, descrive lo stato di avanzamento dei cantieri più o meno databile al 1648. Infatti, le opere realizzate in tale data sono il bastione di nord-est, chiamato Foscolo, il bastione più occidentale, denominato Bernardo che era stato costruito solo in minima parte e il terzo bastione a ovest, il quale non era stato ancora iniziato 4 . Queste strutture potrebbero essere datate ai primi anni della guerra di Candia e, forse, essere state progettate da Alessandro Magli come si evince dalle suggestioni riportate da Žmegač (Žmegač, 2011 p. 302). Tale suggerimento può avere un senso se si considera che Magli aveva presentato nel 1647 il progetto per l’aggiornamento delle fortificazioni di Spalato. Nell’anno seguente il Senato approvò i lavori da eseguirsi all’intorno della medesima città e sui punti strategici di forte Grippe (Perojević, 2013 pp. 2-13) e del forte delle Botteselle, quest’ultimo a controllo dell’imbocco del porto. I due cantieri, di Spalato e Traù, proseguirono quindi in maniera parallela, ma subirono delle modifiche quando divenne Provveditore il patrizio veneto Bernardo (1656-1660). Nel 1656, infatti, il progetto dell’ingegner Magli per Spalato fu in parte modificato in base alle indicazioni di Camillo Gonzaga, promotore dell’ampliamento delle strutture bastionate con la costruzione della mezzaluna che collegava le parti est, nord e ovest della città (Duplančić, 2007 p. 13).
Forse proprio a causa dell’ingente spesa che la Serenissima dovette sostenere per il cantiere spalatino, quello meno importante delle mura di Traù subì un arresto che comportò l’abbandono del progetto e la mancata costruzione del terzo bastione. Solo dopo il completamento del secondo baluardo, infatti, furono costruite le mura verso l’antica torre di San Marco, all’angolo nord-ovest della città, interrompendo poi definitivamente il cantiere.
Dal progetto delle difese si può leggere la volontà dell’ingegnere al servizio della Serenissima nel presentare un fronte bastionato che aspirava ad avere forma poligonale regolare com’era d’uso nei progetti delle coeve fortificazioni bastionate, anche in Terraferma. Questa scelta, nel caso di Traù, avrebbe comportato un taglio nella parte occidentale della città per collegare le nuove mura al Castello del Camerlengo, posto all’angolo sud-ovest della maglia urbana. Verso la fine della dominazione veneta iniziarono alcuni interventi sul reticolo viario, conseguenti alle necessità dettate dall’epidemia che aveva colpito la città negli anni Novanta del Settecento; il nuovo assetto delle vie, il loro allargamento e l’impegno di risorse, anche umane, è ricostruito grazie ad alcuni volumi appartenenti all’archivio Fanfogna-Garagnin in cui sono riportate numerose notizie inerenti il periodo 1795-1796 (Benyovsky Latin, 2006 p. 141). Tali decisioni precedettero di poco la caduta della Repubblica di Venezia a cui seguirono ulteriori mutamenti all’assetto sia urbano sia, soprattutto, delle difese. Dopo il 1797 i francesi, infatti, ordinarono lo smantellamento delle fortificazioni e tale processo continuò anche durante il dominio degli Asburgo lasciando intatte solamente alcune strutture ossidionali e pochi tratti di mura medievali.
Fortificazioni tra storia, valorizzazione e fruizione
Si è visto come i complessi architettonici con torri, sviluppatisi dal Medioevo, abbiano lasciato un forte segno nel tessuto urbano contemporaneo dell’isola, definendo inoltre una chiara linea di demarcazione tra spazi privati e pubblici rimasti quasi del tutto immutati sino al presente.
Il nucleo storico di Traù è iscritto nella lista del patrimonio mondiale UNESCO proprio come eccezionale esempio di continuità insediativa e di struttura urbana in cui è riconoscibile e forte il valore sia sociale sia culturale intrinseco alla città. Un elemento fondamentale e distintivo è rappresentato dalle fortificazioni che si stratificano dal 220 a.C. con gli impianti d’epoca ellenica (Kovačić, 2002 pp. 375,376) a quelle della Serenissima sino a giungere al XIX secolo periodo, come accadde in altre città europee, in cui queste strutture persero la loro funzione e furono demolite per far spazio a edifici pubblici o residenziali, questi ultimi vocati anche all’ospitalità e al turismo.
La città di Traù quindi, così come buona parte della Croazia, rappresenta un punto d’incontro fra diverse culture, che da secoli si sono scontrate, ma anche amalgamate nei territori interni così come nelle isole della costa.
Il sistema delle fortificazioni dell’isola, composto da più elementi fra i quali le torri d’impianto medievale, le mura, i torrioni a matrice circolare della prima epoca veneziana e infine i bastioni alla moderna, nei secoli si è rivelato elemento caratterizzante il tessuto urbano, mutando anche l’uso delle strutture in base alle necessità o all’evoluzione delle tecniche ossidionali. Con la crescita della città, in seguito, il sistema difensivo si è adattato sia agli spazi sia alle moderne strategie di guerra, causando un progressivo assorbimento all’interno della struttura urbana degli elementi difensivi d’impianto medievale, non più necessari nelle dinamiche ossidionali.
La stratigrafia ossidionale di Traù diviene così molto più che un testimone della difesa, connotandosi come fattore essenziale nella formazione della morfologia del tessuto cittadino dell’isola. Di queste trasformazioni rimangono numerose memorie, le prime delle quali si possono individuare nelle linee delle strade, le quali seguono i contorni delle antiche mura e delle torri trasformate in abitazioni. Anche i bastioni d’impianto seicentesco sono ancora identificabili, pur abbattuti, nelle linee geometriche delle rive (fig. 7).
Un elemento che riveste un ruolo unico all’interno del perimetro isolano e dell’insieme delle fortificazioni, superstiti o meno, è il Castello del Camerlengo che, oggi, diviene punto dal quale iniziare a pensare sia i percorsi di sviluppo della città turistica e contemporanea sia cardine dal quale procedere nella conoscenza dell’evoluzione del sistema ossidionale. Il castello si è sempre costituito come segno indiscutibile nel sistema difensivo, collegato anche alla parte di città a meridione e alla torre rinascimentale di San Marco, costruita al limite dell’abitato nord occidentale nel 1480. In questo sistema di scale valoriali e storiche s’inseriscono anche i centri del potere cittadino e religioso caratterizzati da elementi di pregio soprattutto d’epoca rinascimentale. Un esempio virtuoso di valorizzazione di queste emergenze architettoniche ha visto l’avvio durante il 2019, anno in cui il progetto europeo dal titolo Trogirska kamena enciklopedija (Trogir enciclopedia di pietra) ha cercato di riqualificare socialmente e culturalmente alcune architetture rappresentative del tessuto urbano e difensivo integrandole nella vita contemporanea (Šverko, 2019 p. 61). All’interno di queste dinamiche si è inserito anche un concorso bandito dall’Ordine degli Architetti di Spalato al fine di individuare idee e soluzioni per l’area urbana compresa fra il Castello del Camerlengo, la torre di San Marco e l’ampia area verde in parte occupata dal campo di calcio (fig. 8).
Il progetto vincitore, redatto dagli architetti Marin Mikelić e Tomislav Vreš, sottolinea in maniera attenta, anche alle preesistenze e ai percorsi storici, i valori urbani dell’isola, concentrando l’attenzione sul sistema delle fortificazioni. La proposta vincitrice si basa su una serie di infrastrutture reversibili e multifunzionali che conducono il visitatore attraverso percorsi tematici e culturali, progettati per resistere alle inondazioni e al rischio dell’erosione costiera che, visto l’aumento del livello del mare, avrebbero potuto compromettere gli elementi installati. I luoghi urbani divengono così spazi espositivi, luoghi di conoscenza e valorizzazione delle architetture esistenti.
Accanto a questo progetto, di scala urbana e architettonica, s’inserisce la valorizzazione “puntuale” ideata dal designer Damir Gamulin e dall’architetto Antun Sevšek, i quali hanno sviluppato elementi d’arredo urbano che allo stesso tempo possono caratterizzare un luogo e illustrarne le valenze storico-artistiche (Šverko, 2019 p. 61). Tali arredi sono collegati, come anche i percorsi culturali, da marker luminosi che attraverso il centro storico di Traù accompagnano il visitatore alla scoperta delle stratificazioni architettoniche, delle fortificazioni e dei vari livelli di sviluppo della città, trasformando così il centro in un museo a cielo aperto, nel quale si svolge anche la vita quotidiana.
Sono questi progetti che, basandosi sulla ricerca storica e la lettura delle emergenze architettoniche vogliono sottolineare a varie scale le identità dei luoghi. Si crea così una relazione fra il concetto di conservazione urbana e delle emergenze architettoniche e quello di “monumento totale”, collegando le singole architetture al “substrato cittadino” in cui sono sorte.
All’interno di queste dinamiche si inserisce anche il network internazionale delle fortificazioni della Serenissima, sistema pensato per valorizzare a scala mondiale, tramite la partecipazione dell’UNESCO, l’insieme di città accumunate dalla presenza di fortificazioni “alla moderna” costruite durante la dominazione nella Terraferma e nello Stato da Mar da parte della Repubblica di Venezia. Questa iniziativa dal titolo Le opere di difesa veneziane tra il XVI e il XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar Occidentale comprende sei strutture presenti in Italia, Croazia e Montenegro: Bergamo, Palmanova, Peschiera del Garda, Zara, Sebenico e Cattaro (Valle et altri, 2017). Tale rete raccoglie una piccola parte delle strutture fortificate volute dalla Serenissima fra Cinquecento e Seicento; un sistema che se ampliato potrebbe ricostruire quella macchina difensiva e culturalmente legata dalla matrice veneziana che per più di tre secoli ha rappresentato uno stato a tutti gli effetti accumunando popolazioni, culture e lasciando in quei luoghi i segni indelebili della sua presenza.
Un sistema entro il quale la città di Traù potrebbe rientrare pur non avendo più un fronte bastionato matericamente individuabile, ma essendo le sue tracce chiaramente visibili all’interno del tessuto cittadino e della linea di costa. Questo porterebbe a un amplificato impatto culturale, mediatico e turistico che se attivato potrebbe far echeggiare la conoscenza delle strutture fortificate di Traù in relazione a quel sistema di piazzeforti un tempo politicamente e culturalmente collegate e ora multinazionali.
Note
1 Archivio dell’Accademia Croata delle Scienze e delle Arti di Zagabria, Ostavština Lučić (Lucius), XX-12/libro 9, ff.164-165.
2 Il disegno rientra nella raccolta di rappresentazioni grafiche edita nel 1584 e avente per titolo Viaggio de le provi(n)cie di mare dele Signoria di Venetia comi(n)ciando da essa Vinetia sino in Candia [...] Di Angielo degli Oddi Padovano in Venetia del MDLXXXIIII, Biblioteca Arcivescovile di Udine, ms. 109.
3 Archivio di Stato di Venezia (ASVe), Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar, b. 480, 10/12/1656.
4 ASVe, Senato, Dispacci, Rettori Dalmazia, fz. 53.
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