Condizioni per l’intervento

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Il Tevere nel sistema Roma
Paola Cannavò, Massimo Zupi PDF




Parole chiave: contratto di fiume / river contract, riqualificazione fluviale / river restoration, progetto fluviale-urbano / river-urban project, governance collaborativa / collaborative governance




Abstract:

Nella città i fiumi, con le loro sponde e le aree golenali, sono i catalizzatori per la riqualificazione dell’ecosistema urbano, la risorsa su cui investire per rendere gli spazi urbani di nuovo vivibili. Il progetto di riqualificazione fluviale urbana si scontra oggi con un incredibile ginepraio amministrativo. Nasce quindi l’esigenza di costruire un’alleanza tra tutti gli attori disponibili ad impegnarsi con il loro tempo, le idee, le competenze, le capacità e le risorse disponibili per la riqualificazione dell’ambito fluviale. 
Agenda Tevere Onlus ha attivato il “Contratto di Fiume Tevere relativo all’asta fluviale da Castel Giubileo alla foce”. Il CdF è un patto collaborativo, il primo passo verso la costruzione, trasversale e interdisciplinare, di un rinnovato progetto fluviale-urbano.




Fiume & Città

Il fiume e la città, un rapporto secolare che nel tempo è cambiato, si è evoluto, ha vissuto separazioni e ricongiunzioni. Al principio era l’acqua ad essere il generatore della vita cittadina (R. Farinella, 2008), il fiume era funzionale all’economia urbana, era una infrastruttura indispensabile, via di collegamento principale con il mare e da lì con il mondo, un elemento naturale che attraversava lo spazio antropizzato dagli uomini. Regolarmente, seguendo il ciclo naturale degli eventi, l’acqua irrompeva nella città, diventava un pericolo, ristabiliva la gerarchia dei ruoli in un rapporto di coppia che alternava lunghi periodi di complicità a periodici conflitti brevi e violenti. Le esondazioni scandivano la vita urbana ed erano delle piaghe per l’economia cittadina. La città, dopo essersi emancipata dalla dipendenza dal fiume ed averlo ridotto al ruolo di nastro trasportatore degli scarti della vita urbana verso il mare, stanca di sottomettersi regolarmente alla sua natura, progettò un ribaltamento di ruoli: i fiumi furono quindi imbrigliati, tombati, incanalati, mortificati nella loro natura ed ignorati dalla vita urbana. La città si è trasformata in una interruzione del river continuum ecologico (G. Gusmaroli, S. Bizzi, R. Lafratta, 2011).
Il resto è storia recente, l’umanità ha superato il limite ed ha contribuito al cambiamento climatico che determina un meteo eccezionale fatto di improvvise e violente precipitazioni che trasformano i fiumi in temibili “mostri” e le strade in fiumi; gli spazi che credevamo oramai definitivamente sicuri si trasformano in trappole a volte mortali. Il fiume, ridiventato pericoloso, ha di nuovo catalizzato l’attenzione su di sé ed è così successo che la città, guardandolo di nuovo, ha capito che è proprio lì, lungo le sue sponde, che può trovare l’opportunità di riconciliarsi con l’ambiente.
Il fiume è la principale risorsa in cui la città può trovare lo spazio per ridefinire il suo rapporto con l’ambiente naturale, è un concentrato di paesaggio da rivalutare e vivere. (fig.1)
Nella città i fiumi, con le loro sponde e le aree golenali, sono gli assi della rete ecologica, i catalizzatori per la riqualificazione dell’ecosistema urbano, la risorsa ambientale, culturale, sociale, economica su cui investire per rendere gli spazi urbani di nuovo vivibili all’epoca di Greta1 e del Covid 19.
Ma come riuscire in questa impresa? Come recuperare un rapporto così deteriorato? Quali strategie mettere in atto per rendere i fiumi una infrastruttura verde e blu nella città?
Lo stato di degrado ambientale in cui versano i bacini fluviali, i livelli di inquinamento delle acque, la situazione delle sponde nei tratti urbani, ridotte a spazi deteriorati e pericolosi, spesso inaccessibili e quindi regno di attività illegali, sono tutti elementi che dovrebbero spingere le comunità ad intervenire subito per recuperare una risorsa di valore inestimabile.
Oggi l’acquisita consapevolezza del valore dei fiumi e la rinnovata necessità di stabilire un rapporto armonico fiume-città si scontra con un incredibile ginepraio amministrativo. Le competenze amministrative e gestionali relative ai corpi idrici nei tratti urbani sono diventate, attraverso una stratificazione secolare, così complesse da rendere le aree fluviali urbane praticamente ingovernabili.
Solo risolvendo a monte questi problemi sarà possibile realizzare progetti che abbiano una visione temporale idonea al contesto con cui si confrontano. Un contesto, quello fluviale, che richiede programmazione e lungimiranza, un accordo armonico con i tempi della natura, che poco si adattano a quelli troppo veloci di una riqualificazione urbana spesso concepita ad esclusivo vantaggio degli interessi immobiliari.


Il Tevere a Roma

I romani, come molti cittadini delle metropoli occidentali, sono attenti alla qualità dell’ambiente in cui vivono e già da tempo sono consapevoli del valore che il Tevere ha per la qualità della vita urbana. Durante la recente pandemia Covid 19 i cittadini hanno invaso, durante e dopo il lockdown, le sponde urbane del fiume riconoscendo a quegli spazi, per lunghi tratti abbandonati e incolti, un ruolo fondamentale per il benessere della città. Le rive sono il luogo dove praticare attività fisiche all’aria aperta pagaiando sulle acque, passeggiando e pedalando lungo le sponde, nuotando e palleggiando negli spazi dei circoli sportivi. (fig.2)

Il valore che il fiume ha per gli abitanti delle aree limitrofe, comincia ad essere riconosciuto anche in termini di valore eco-sistemico, un “servizio” per l’ambiente urbano che il fiume attraversa. Un fiume sano può infatti contribuire al miglioramento di tutte le principali funzioni ecosistemiche:

In definitiva un fiume sano migliora il metabolismo urbano e l’eco-efficienza delle sue diverse componenti.
Il Tevere con i suoi principali affluenti (Aniene e Almone) è il componente primario della rete ecologica di Roma Capitale. L’asta fluviale del Tevere si estende per 405 Km (dei quali circa 60 Km scorrono nell’ambito urbano), il territorio del bacino idrografico ha un’estensione di 17.375 kmq e interessa 6 regioni, 12 provincie e 335 comuni.
Il fiume è la risorsa su cui puntare per incrementare la resilienza della città di Roma, le aree golenali potrebbero infatti essere utilizzate per migliorare la capacità di smaltimento delle acque meteoriche, per realizzare sistemi di riciclo delle acque di prima pioggia, mentre le oasi ecologiche e gli habitat naturali, già presenti lungo le sponde, se opportunamente sviluppati, possono dare un significativo contributo per l’abbattimento degli inquinanti atmosferici e la mitigazione dell’effetto isola di calore (fig.3). I tratti navigabili del bacino potrebbero essere sfruttati per creare una rete di mobilità alternativa da integrare con le principali arterie ciclabili che corrono lungo il fiume. Il Tevere rientra quindi a pieno titolo tra le infrastrutture verdi e blu (K.Perini e P.Sabbion, 2016), intese generalmente come infrastrutture che sostengono lo sviluppo di un territorio o di una città verso il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile e della resilienza urbana.

Ma la realtà che vediamo oggi, affacciandoci dai ponti ed intrufolandoci con lo sguardo tra la vegetazione ripariale nel tratto urbano del fiume Tevere, è molto lontana da quello che noi immaginiamo quando pensiamo ad una “infrastruttura verde e blu”.
La qualità delle acque è fortemente compromessa dai reflui che il fiume raccoglie attraversando 6 regioni ed accogliendo le acque dei numerosi affluenti (tra i quali il fiume Aniene risulta essere particolarmente inquinato). Nel tratto finale, che è proprio quello che attraversa la città di Roma, oltre le balaustre dei Lungotevere il fiume assomiglia ad un nastro trasportatore che trascina verso il mare tutto quello che ha raccolto nel suo lungo viaggio (carcasse di grandi animali, pesci soffocati, frigoriferi ed altri rifiuti solidi). In alcuni tratti il rischio idraulico è molto elevato e le rive subiscono evidenti fenomeni di erosione. (fig.4-5)
Le sponde, nella relazione con le aree urbanizzate che da troppo tempo si sviluppano girando le spalle al fiume, sono diventate in molti tratti un retro, uno spazio dimenticato dai cittadini ma sfruttato da chi nella città vuole nascondersi. In queste zone le situazioni di abbandono si alternano all’occupazione abusiva temporanea, essendo luoghi caratterizzati da una forte instabilità sociale e da una decisiva incertezza giuridica dal punto di vista concessorio e di competenze. (fig.6)
Questa situazione di estremo degrado del tratto urbano del Tevere ed il contestuale riconoscimento del suo valore (ambientale, sociale, storico e culturale) determinano la necessità di mettere in campo gli strumenti necessari per la riqualificazione del fiume. Il Tevere è infatti la principale risorsa su cui oggi la città di Roma può (e deve) investire per la riqualificazione dello spazio urbano.
Come agire? Quali sono le condizioni per l’intervento? Quali gli strumenti di governance cui fare riferimento per sbrogliare una situazione apparentemente irrisolvibile?
Dal punto di vista amministrativo, la sovrapposizione di competenze nel tratto fluviale, che scorre a valle della diga di Castel Giubileo, per poi inoltrarsi nella città di Roma attraversando il centro e le periferie e sfociare in mare nella zona di Ostia Antica e Fiumicino, è di facile constatazione.
L’ambito del Tevere compreso nei territori del Comune di Roma e di Fiumicino è ad oggi diviso amministrativamente tra 18 soggetti istituzionali che hanno competenze di gestione e/o di pianificazione sulla fascia fluviale, in particolare: lo Stato (4 organi tra cui la Direzione archeologica e quella architettonico-paesaggistica del MIBAC, l’Autorità di Bacino, la Capitaneria di Porto e il Demanio dello Stato); la Regione Lazio (almeno 8 uffici diversi tra cui ufficio concessioni, dipartimento patrimonio, ambiente e difesa del suolo, agricoltura e pesca, sviluppo economico, turismo e tempo libero, beni culturali), il Comune di Roma (almeno 4 dipartimenti tra cui quello deputato all’urbanistica, quello all’ambiente, quello alla mobilità e quello al patrimonio, nonché la Sovrintendenza Capitolina e tutti i Municipi rivieraschi); il Comune di Fiumicino; Roma Città Metropolitana (ex-provincia).
Questa geografia amministrativa non può che essere caratterizzata da sovrapposizioni, stratificazioni e aree “grigie” e attualmente gli unici interventi che a vario titolo avvengono  nell’ambito fluviale sono emergenziali o temporanei. Tale frammentazione del sistema di responsabilità pubblica è la causa primaria del degrado del Tevere nel suo tratto urbano (P.Cannavò, 2018).


Il Contratto di Fiume

Nasce quindi l’esigenza di costruire un’alleanza tra tutti gli attori (istituzioni, associazioni, imprese, università e centri di ricerca, cittadini e innovatori sociali) disponibili ad impegnarsi con il loro tempo, le idee, le competenze, le capacità e le risorse disponibili per la riqualificazione dell’ambito fluviale. 
Con questo obiettivo è stata costituita nel 2017 Agenda Tevere Onlus, un acceleratore di cambiamento, collaborazione e assunzione di responsabilità condivisa. Obiettivo di questa collaborazione multi-attoriale è la costruzione di un progetto di riqualificazione urbanistica e ambientale per trasformare il Tevere nella principale infrastruttura verde e blu della città di Roma; tale riqualificazione potrà essere realizzata solo attraverso un percorso largamente condiviso da tutti gli attori in gioco.
I tradizionali modelli di governo del territorio, basati sull’organizzazione gerarchica (livello nazionale, regionale, locale) e sull’approccio settoriale (con conseguente moltiplicazione di enti, competenze e strumenti d’azione) sono infatti da tempo stati messi in discussione, in ragione della loro sostanziale incapacità di produrre effetti concreti. La congerie di norme, regole, prescrizioni, vincoli, competenze che si concentrano su ogni singola porzione di territorio, originano conflitti e sovrapposizioni quasi impossibili da sbrogliare, spingono a rifugiarsi nell’inerzia piuttosto che affrontare nodi gordiani intrecciati tra loro, condannano in definitiva all’inefficacia la maggior parte di programmi/piani/progetti.
Tutto ciò suggerisce operativamente di considerare la questione in termini di governance sussididiaria, intendendo qui con tale espressione una modalità di governo nella quale i cittadini svolgono attività di interesse generale in modo autonomo, ma senza togliere alle istituzioni pubbliche né il dovere di mettersi in relazione con le attività, né alcuna delle responsabilità che esse hanno, tra le quali vi è anche quella di “favorire” tali attività. Detto in altre parole e sinteticamente, la novità della situazione non sta nel fatto che l’amministrazione si trovi a gestire questioni di rilevanza pubblica con gli strumenti a sua disposizione, dato che questo è precisamente il suo mestiere. Il punto è piuttosto che le istituzioni hanno oggi di fronte un nuovo soggetto che ha un ruolo incoerente con ciò che gli attuali strumenti di governance prevedono e consentono di fare. Tuttavia l’amministrazione non può più permettersi di ignorare questo nuovo soggetto, né di liquidare queste esperienze come un tentativo di usurpare il proprio monopolio sul governo della cosa pubblica (che non c’è più, né di fatto, né di diritto) (G.Moro, 2018).
I cittadini non sono più esclusivamente portatori di bisogni ma, se adeguatamente assistiti e incentivati, si trasformano in innovatori, propongono soluzioni, dedicano il proprio tempo e le proprie idee e risorse ad innescare i processi di trasformazione (G.Arena e C.laione 2015).
Agenda Tevere Onlus ha avviato azioni sul territorio per coinvolgere la comunità e le istituzioni nel processo di trasformazione delle sponde, e ha attivato il “Contratto di Fiume Tevere relativo all’asta fluviale da Castel Giubileo alla foce”.
Lo strumento dei Contratti di Fiume (Contrat de Rivière) ha origine in Francia ed assume, nel trasferimento ad altri contesti europei, specifiche peculiarità. Mentre in Francia il Contratto di Fiume (CdF) si configura essenzialmente come un programma di co-finanziamento di azioni sul bacino idrografico tra partner principalmente pubblici, in altri paesi (come il Belgio e l’Italia, ad esempio) si evidenzia un maggior coinvolgimento degli attori non istituzionali che in molti casi svolgono il ruolo di promotori del processo (in Belgio spesso sono le associazioni ambientaliste ad assumere l’iniziativa). Tuttavia mentre sia in Francia (con la circolare istitutiva del Ministro dell’ambiente del 1981) che in Belgio (con la circolare Ministeriale del 1993, poi abrogata e sostituita da quella del 2001, che definisce contenuti e procedure del CdF) lo strumento possiede una specifica legittimazione normativa, in Italia ciò è avvenuto progressivamente ed ancora non integralmente, per effetto di specifiche disposizioni regionali, fino al 2015, quando viene inserito nel Testo Unico dell’Ambiente (all’art. 68bis). I CdF si configurano pertanto come strumenti di programmazione negoziata interrelati a processi di pianificazione strategica per la riqualificazione dei bacini fluviali. L’aggettivo strategico sta ad indicare un percorso di co-pianificazione in cui la metodologia ed il percorso stesso sono condivisi in itinere con tutti gli attori. Tali processi sono infatti finalizzati alla realizzazione di scenari di sviluppo durevole dei bacini elaborati in modo partecipato, affinché siano ampiamente condivisi.
La caratteristica innovativa di tali processi è la scelta di andare nella direzione della sussidiarietà orizzontale: la differenziazione dei sistemi territoriali richiede un sistema di governance flessibile, in grado di comporre a livello locale i conflitti e gli interessi mediante processi negoziali aderenti alle vocazioni territoriali e capaci di fare sistema facendo dialogare i diversi strumenti di programmazione degli interventi socio-economici con quelli della pianificazione territoriale. Ne consegue che il CdF deve essere l'esito di un processo decisionale inclusivo per i soggetti coinvolti e integrato per le tematiche affrontate (J.Carter e J.Howe, 2006), permettendo di scardinare le tradizionali forme di governo delle acque basate su rapporti gerarchici top-down e di superarne il carattere strettamente tecnico e settoriale (K.Eckerberg e M.Joas, 2004).
La validazione del percorso condiviso e la responsabilizzazione dei partecipanti viene sancita attraverso la sottoscrizione di un contratto/patto. La sottoscrizione dell’accordopermette di adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo prioritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale. A partire da un accordo volontario, mobilita la partecipazione di tutti i principali attori di un territorio fluviale per la definizione e l'attuazione di un quadro strategico condiviso (B.Affeltranger e F.Lasserre, 2003). Pertanto, il processo decisionale dovrebbe coinvolgere una serie di attori il più possibile eterogenei, sia in termini di natura socio-economica che di rilevanza nelle arene decisionali (M.Bastiani, 2011).
Il CdF è uno strumento che si sta consolidando in Italia con diverse applicazioni di successo in Piemonte e Lombardia. Si tratta di uno strumento basato su un “patto” tra tutti gli attori interessati alla qualità del territorio del bacino fluviale, finalizzato alla programmazione di strategie ed azioni puntuali di progetto per riqualificare e valorizzare il fiume e il paesaggio.
Il CdF, così come definito in Italia dalla Carta Nazionale dei Contratti di Fiume (V Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume, Milano 2010), è uno strumento di programmazione volontaria strategica, integrata e negoziata per i territori fluviali, che nasce con lo scopo di promuovere la riqualificazione ambientale e paesaggistica attraverso azioni di prevenzione, mitigazione e monitoraggio delle criticità idrogeologiche e della qualità delle acque. Obiettivo prioritario del CdF è il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici (Direttiva 2000/60) e di prevenzione e riduzione del rischio di alluvioni (Direttiva 2007/60). Il CdF è un patto tra i diversi attori del territorio per la gestione integrata sostenibile di un bacino idrografico che percepisca il fiume come ambiente di vita (Convenzione Europea del Paesaggio - 2000). I CdF perseguono principalmente la tutela e la corretta gestione delle risorse idriche, contestualmente alla valorizzazione e salvaguardia dal rischio idraulico dei territori fluviali, nella convinzione che solo un territorio sicuro e salubre può garantire prospettive di sviluppo economico, sociale ed ambientale. I requisiti di sicurezza idrogeologica, di qualità delle acque, di tutela degli ambiti dei corridoi fluviali sono dunque prioritari su ogni altra azione (P.Cannavò, 2018).
Agenda Tevere Onlus nel 2017 ha avviato il percorso “Verso un Contratto di Fiume per il Tevere relativo all’asta fluviale che va da Castel Giubileo alla foce attraversando l’area di Roma” stimolando un dialogo tra gli attori dei territori del bacino fluviale. La condivisione di obiettivi e intenti ha portato alla definizione del Manifesto di Intenti che si propone di costruire una sinergia tra le “istanze legate ad una gestione partecipata ed efficace delle risorse espresse e inespresse lungo il tratto del fiume Tevere che attraversa la città di Roma le cui sponde e le cui acque, versando in condizioni assai carenti, necessitano di azioni mirate e tempestive di recupero sotto tutti i punti di vista”2. La visione condivisa, che unisce tutti i firmatari del Manifesto, è quella del fiume come “ecosistema da riqualificare e difendere”. (fig.7)
Il Manifesto di Intenti riconosce quindi il valore del fiume per la città e per i suoi abitanti; obiettivo prioritario è restituire alla città il suo fiume attraverso azioni finalizzate a garantire la fruibilità in sicurezza (idraulica e sociale) delle sponde.
Bisognerà inoltre valorizzare il ruolo del fiume come corridoio ecologico, favorendo le dinamiche naturali ed incentrando sull’equilibrio tra le componenti ambientali e quelle antropiche ogni progetto di trasformazione fisica dei contesti, sia esso finalizzato alla difesa idraulica, utilizzando quindi un approccio in linea con i principi dell’ingegneria naturalistica, o alla fruizione delle sponde, ri-naturalizzandole dove è ancora possibile e valorizzando la biodiversità. Dovranno inoltre essere messe in campo politiche mirate al recupero della qualità delle acque e al riequilibrio delle portate del fiume nei periodi di magra e di piena.
Gli interventi previsti dal CdF dovranno essere coerenti con gli strumenti di pianificazione vigenti come il Piano Stralcio del tratto metropolitano del Tevere da Castel Giubileo alla foce - PS5 - elaborato dall’Autorità di Bacino del fiume Tevere ed approvato con D.P.C.M. del 3 Marzo 2009 e il Piano Territoriale Paesaggistico (PTPR) adottato dalla Giunta Regionale con atti n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007, ai sensi dell'art. 21, 22, 23 della legge regionale sul paesaggio n. 24/98.
Inoltre la programmazione del CdF potrà essere un utile input per la redazione del Piano Direttore Tevere su cui sta lavorando Roma Capitale, uno strumento guida che definisca le strategie e le linee di azione per l’ambito fluviale coerentemente con le previsioni del PRG adottato che riconosce nel Tevere uno degli ambiti di programmazione strategica territoriale fondamentale per la riqualificazione dell'intero organismo urbano3.


Conclusioni

Le città, nate e sviluppatesi lungo i fiumi, hanno creato una interazione tra l’elemento naturale e la cultura urbana, un rapporto scandito dalla continua ricerca di equilibrio.
I bacini idrografici dei fiumi quando intersecano le aree urbane e i tratti di territorio fortemente antropizzati, generano dei sistemi complessi che per essere riqualificati necessitano di un approccio sistemico integrato, in grado di affrontare le problematiche da molteplici punti di vista: giuridici, ambientali, ecologici, idrologici, ingegneristici, economico, sociali e paesaggistici.
Il paesaggio fluviale urbano nasce dalla ricerca dell’equilibrio tra lo stato ecologico originario di riferimento (in condizioni inalterate) del corpo idrico e la condizione urbana che questo attraversa; sono situazioni difficilmente generalizzabili che necessitano di un patto locale tra tutti coloro che vivono, amministrano e gestiscono le attività legate alla presenza del fiume.
“Il coinvolgimento attivo della città in un progetto di recupero della memoria del fiume e di riscoperta dei suoi valori è pertanto un passaggio necessario per permettere ad un fiume rinaturalizzato in ambito urbano di diventare un luogo e alla collettività di adottare un atteggiamento di rispetto e cura nei confronti di un patrimonio comune.” (G.Gusmaroli, S.Bizzi, R.Lafratta, 2011)
Il CdF è un patto collaborativo, il primo passo verso la costruzione, trasversale e interdisciplinare, di un rinnovato progetto fluviale-urbano.

 




Note

1. Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg (nata il 3 gennaio 2003) è una attivista per l’ambiente le cui campagne sono conosciute a livello globale.
2. dal Manifesto di Intenti “Verso un Contratto di Fiume per il Tevere relativo all’asta fluviale che va da Castel Giubileo alla foce attraversando l’area di Roma” recepito dalla Regione Lazio il 29 novembre 2017
3. http://www.urbanistica.comune.roma.it/prg-adottato-i4.html

 

Riferimenti bibliografici

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Arena, G., laione, C. (Ed.), (2015), L'età della condivisione. La collaborazione tra cittadini e amministrazione per i beni comuni, Carocci, Roma, IT.
Bastiani, M. (ed.) (2011), Contratti di fiume. Pianificazione strategica e partecipata dei bacini idrografici, Flaccovio Editore, IT.
Cannavò P. (2018), “Verso il parco urbano del Tevere”, in Tracce Urbane No. 4 Dicembre 2018
Carter, J., Howe J. (2006), “Stakeholder participation and the Water Framework Directive: the case of the Ribble Pilot” in Local Environment, 11(2).
Eckerberg, K., Joas, M. (2004), “Multi-level Environmental Governance: a concept under stress?” in Local Environment, 9(5).
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Perini, K., Sabbion, P. (2016). Green-blue infrastructure in urban areas, the case of the Bronx River (NYC) and Paillon (Nice), in Techne 11:97-103, Firenze University Press, IT.

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