Call for Paper

torna su

Rijeka
Riconversione creativa e trasformazioni urbane lungo il fiume Rječina.
Stefania Gruosso PDF




Abstract

Rijeka, Fiume in italiano, è una città il cui racconto non può prescindere dal suo legame con l’acqua, con il mare che la bagna, l’Adriatico, e con il fiume che la attraversa, la Rječina, dal quale prende il nome. L’economia cittadina, sfruttando la posizione geografica privilegiata, ha favorito lo sviluppo del settore industriale già a partire dal 1750. Da quel momento l’attività produttiva non ha occupato solo le sponde del mare ma anche quelle del fiume. Il carattere prettamente produttivo svanisce negli anni e Rijeka passa dalla condizione di città-produttiva a quella di città-deposito, vivendo appieno la crisi post-industriale e la necessità di dover intervenire sui residui industriali. Il contributo punta a ripercorrere le fasi che hanno portato alla rinascita della città, e del suo fiume, grazie ad una serie di azioni, strategie ed eventi che hanno identificato la cultura e la creatività come guide del cambiamento urbano.

 

 

È impossibile parlare di Rijeka, in Croazia, senza far riferimento al suo fiume, dal quale prende il nome (“rijeka” in croato significa “fiume”) e che per tanto tempo ha sancito il confine tra Rijeka (Fiume), sulla sponda destra, che apparteneva al Regno d'Italia, e Sušak, che era parte del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, sulla sponda sinistra. La condizione urbana vede il fiume al centro, un fiume che attraversa, che disconnette ma che allo stesso tempo è anche il legante di queste due parti.

L’identità storica di Rijeka è fortemente legata al mare Adriatico e al fiume Eneo, più noto però con il nome di Rječina. L’economia cittadina, sfruttando la posizione geografica invidiabile, ha favorito lo sviluppo del settore produttivo già a partire dal 1750. Da quel momento il waterfront inizia a essere colonizzato e pian piano quasi completamente occupato dall’attività produttiva e portuale. Negli anni sorgono: la raffineria di zucchero, il primo e il più antico stabilimento industriale di Rijeka, un complesso che viene nel tempo ampliato e che al termine della Seconda guerra mondiale diventa la Fabbrica di motori Rikard Benčić e lo Stabilimento tecnico di Fiume, poi denominato Torpedo Fabrik von Robert Whitehead, prima fabbrica di siluri al mondo. Intorno a questi grandi stabilimenti sorgono inoltre un gran numero di attività industriali o legate ai cantieri navali.  Lungo le sponde del fiume, nell’area di Školjić, proliferano una serie di piccole attività produttive e, più a nord, nella parte alta della città, immersa in un paesaggio naturalistico di rilievo, sorge, nel 1823, il grande stabilimento della Hartera, la Cartiera, che diventerà presto il fiore all’occhiello dell’economia fiumana grazie alla produzione di carta raffinata per sigarette. Il carattere prettamente produttivo della città svanisce negli anni; dopo la chiusura del complesso Rikard Benčić (1960), la chiusura della Torpedo Fabrik (1970), della Hartera (1996) e a seguire di molte industrie cittadine, Rijeka si trasforma da città-produttiva in città-deposito, vivendo appieno la crisi post-industriale.
Molti sono stati i momenti di transizione che la città ha dovuto attraversare, ma l’ultimo, quello tra comunismo e post-comunismo, ha esasperato la contraddizione tra un’economia di stampo socialista ed un libero mercato globale sempre più aggressivo e competitivo e che ha portato a una condizione di grande sofferenza economica e sociale. Come conseguenza Rijeka si è trovata a vivere una fase di stasi, un tempo sospeso, per diversi decenni, prima di ripartire grazie, soprattutto, a iniziative e investimenti che hanno incentivato nuove economie, in particolare quelle legate alla produzione e al consumo di cultura e creatività.
Negli anni la città non ha comunque mai perso il suo carattere industriale. La presenza dei grandi stabilimenti produttivi, delle alte gru e delle strutture portuali ha continuato a dominare il paesaggio. Questo momento di fragilità, contrassegnato dal disuso e da spazi in attesa di risignificazione, ha posto le basi per il cambiamento e per una ri-scrittura dell’identità urbana. Marcel Proust diceva “La vera scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel vederli con nuovi occhi”. 

Il contributo intende ripercorrere alcuni degli eventi e delle trasformazioni urbane contemporanee che hanno portato alla rinascita della città, e del suo fiume, grazie ad una serie di azioni bottom-up, prima, e top-down, dopo, che, formalmente o informalmente, hanno intriso Rijeka di una nuova energia. Si sente sempre più spesso parlare di città resiliente come di una città che possiede la capacità di adattarsi ai cambiamenti trasformando situazioni critiche in difficoltà: Rijeka può essere sicuramente considerata un modello di riferimento per essere stata in grado di trasformare l’indefinitezza in un nuovo valore.

Prima di addentrarci nel racconto di questo processo è però importante identificare i diversi ambiti di città che interagiscono con il corso del fiume.

La trasformazione di queste aree ha visto, negli ultimi decenni, il susseguirsi di una serie di programmi, azioni, metaprogetti e progetti, alcuni dei quali si sono conclusi, altri che sono ancora in corso e che hanno ridefinito il rapporto tra il fiume e la città. L’ipotesi di fondo è che a Rijeka la riqualificazione dell’ambito fluviale sia avvenuta grazie a un processo multilayers complesso e relativamente breve che può essere sintetizzato attraverso tre fasi: fase 1, riappropriazione, fase 2 sperimentazione, fase 3 concretizzazione.

 

Fase 1. Riappropriazione
Il termine indica il riprendere possesso di qualcosa di cui si è stati privati.

Le prime azioni di rigenerazione sono storicamente legate agli anni ’90 e al legame della città con la musica. Il così detto suono fiumano si afferma durante il periodo della new wave, quando i gruppi musicali di Rijeka dettavano il ritmo anche nel resto dell’ex-Jugoslavia. E poi c’è il rock, con le sue band, che è uno dei termini che più frequentemente viene associato alla città, la cui cultura è stata determinante nella formazione dell’identità urbana. E’ il 1996 quando un gruppo di giovani si riappropria dello spazio in disuso della ex-Hartera, dando vita a un festival di musica che spazia tra house music, indie rock ed eletronic dance, con l’intento di preservare gli spazi dello stabilimento e di convertirli al consumo culturale. Pochi avrebbero potuto prevedere che l’Hartera Festival, inaugurato grazie ad un processo di riuso dal basso, sarebbe diventato uno degli eventi musicali più famosi in Croazia e in Europa. Il Festival, che ha guadagnato fama e prestigio negli anni, è stato successivamente ufficializzato nel 2005. La riconversione creativa della Hartera ha fatto da hot spot al processo di rigenerazione urbana e ha iniziato a sollevare la questione della necessità di recuperare i residui industriali ereditati.


Fase 2. Sperimentazione
Il termine indica in modo figurativo il cercare di trovare un modo per raggiungere un dato obiettivo, provare, tentare.

Questa seconda fase è stata caratterizzata in particolar modo da due iniziative, il Workshop Internazionale “PATCHing the City 2011 – The Public L”, e il Concorso Internazionale per l’area del Delta e di Porto Baroš. Si passa dunque da azioni bottom-up ad iniziative top-down.

Nel 2011, si svolge, a Rijeka, un Workshop Internazionale di progettazione, “PATCHing the City 2011 – The Public L”, promosso dal Comune di Rijeka, l’Associazione degli Architetti di Rijeka (DAR), dalla Facoltà di Architettura di Pescara e dalla Musagetes Foundation (Canada). L’evento è parte di una iniziativa più grande denominata “Patching the City” che prevedeva un ricco programma, di quattro anni, fatto di seminari, conferenze internazionali e workshop, al fine di elaborare proposte, programmi e progetti su alcune delle lacune urbane della città, come i grandi insediamenti industriali, o le aree messe al margine dal disuso. Il workshop identifica il fiume e il lungomare come elementi chiave per un progetto architettonico e urbanistico che affronta una configurazione dello spazio pubblico di Rijeka anomala e nuova per la città stessa, letta sempre in maniera longitudinale rispetto al mare. L’idea di lavorare su una "L" invertita, che va dal mare verso l’entroterra, cioè dal lungo molo fino alla Hartera, esprime la necessità di una lettura trasversale. Questa nuova visione rifocalizza l’attenzione sul ruolo del fiume come infrastruttura ecologica urbana in grado di riconnettere il mare con l’entroterra attraverso un sistema di spazi pubblici e al recupero di grandi e piccoli edifici. L’obiettivo principale di questo lavoro è stato quello di sviluppare, sia concettualmente che analiticamente, a livello di strategie urbane di base, un continuum di spazi pubblici che si estendono per l'intera area oggetto di studio, composta da: lungo molo, lungomare, Mrtvi Kanal (Canale Morto), fiume Rječina, Cartiera (Hartera) e Marganovo. Al workshop hanno aderito sei Facoltà di Architettura, di cui due craote, una inglese, una italiana e una canadese. Nonostante le diversità di approccio, e di visione, cinque Facoltà su sei basano il loro masterplan su una stretta relazione con il tessuto urbano della città: c’è chi propone la traslazione della maglia urbana ottocentesca del centro storico sul Delta, chi crea continuità attraverso una rete dei percorsi, chi propone il Delta come un dispositivo urbano la cui identità viene definita da una serie di varianti e chi invece accentua il concetto di trasversalità attraverso un nuovo disegno di paesaggio urbano dove le regole sono dettate dallo spazio aperto e non dal costruito.

È il 2013, invece, quando l'Autorità Portuale di Fiume e la Città di Fiume, in collaborazione con l'Associazione degli architetti di Rijeka (DAR), lanciano un Concorso internazionale per una soluzione urbanistico-architettonica per l’area del Delta e di Porto Baroš. L’idea era che il Delta, sfruttando la sua posizione privilegiata, potesse trasformarsi da grande vuoto-assenza a nuova centralità urbana. Il concorso si presentava come una importante opportunità per ridefinire il ruolo e il significato di questa grande area in attesa. L’obiettivo del concorso era di ricevere proposte in grado di essere sintesi fra la struttura urbana esistente, il paesaggio industriale e la sua controparte, ovvero quella costituita dalle colline, dalle valli, dal fiume e dal mare e che, nello stesso tempo, tenessero conto dei valori identitari, la storia e la vita urbana contemporanea, e di quelli di inclusivi, sia sociali che culturali.
Per realizzare quanto sopra si prevede, nell’area Sud del Delta, la costruzione di nuove strutture per un totale di circa 200.000 m² di superficie lorda. Inoltre, è stata messa a disposizione anche un’ulteriore area di 50.000 m² appartenente a porto Baroš. Il progetto prevedeva, più in dettaglio, la costruzione di: un parco per la città, di quattro ettari di superficie e un mix di altri programmi (residenziale, commerciale, alberghiero, tempo libero, una sala polifunzionale, un acquario).
Su 56 proposte arrivate da tutto il mondo, la giuria del concorso seleziona tre vincitori pari merito: lo Studio 3LHD, da Zagabria, PORTICUS, da Split e Njiric + arhitekti / Hrvoje Njirić, anch’essi da Zagabria. Queste nuove visioni urbane sul Delta dovevano fornire una documentazione utile per gli investitori che avrebbero gareggiato per l’assegnazione della concessione dell’area. Nulla di questo è stato però realizzato.

 

Fase 3. Concretizzazione
Dare una forma più determinata a qualcosa, realizzare.

Le prime due fasi del processo di rigenerazione urbana, nonostante la diversità degli obiettivi proposti e degli esiti raggiunti, sono state molto importanti perché hanno favorito una crescita di manifestazioni di interesse per gli spazi e i luoghi in disuso che hanno trovato un riscontro concreto con la nomina di Rijeka a Capitale della Cultura 2020, un progetto che mette in luce l’innata vocazione della città alla cultura e alla creatività. In questa terza fase alcune delle sperimentazioni e delle idee messe a punto negli anni precedenti trovano importanti conferme e approfondimenti, altre, al contrario, vengono fortemente messe in discussione. Rijeka Capitale della Cultura è l’occasione giusta per far partire un processo di rigenerazione urbana strutturato su una serie di interventi puntuali, messi in rete da un piano generale, piuttosto che sull’investimento in progetti speculativi che comprometterebbero per sempre il paesaggio.  Identità, recupero, riconversione, innovazione, creatività e cultura sono alcune delle parole chiave di questo importante evento che ha permesso di ri-definire la rete delle centralità e dei luoghi di riferimento della città grazie all’introduzione di nuovi usi e di nuove attività legate alla produzione e al consumo di cultura e creatività. Rijeka Capitale della Cultura 2020 è un’occasione unica di rilancio per l’identità cittadina a livello nazionale, ma è anche un’opportunità per accrescere la riconoscibilità della Croazia a livello internazionale, visto che Rijeka è la prima città croata a detenere questa carica.
 
Il porto delle diversità: questo il titolo del programma in base al quale Rijeka è stata proclamata Capitale europea della Cultura 2020. Tre sono i temi attorno ai quali ruota tutto l’evento: l’acqua, in riferimento al mare che la bagna e al fiume che la attraversa; il lavoro, come diritto imprescindibile dell’uomo, ma anche il lavoro e le sue nuove forme nell’era post-industriale; le migrazioni, con riferimento non sono alle migrazioni di popolazione, a sottolineare il ruolo di Rijeka come crocevia di popoli e culture, ma anche alla mobilità contemporanea, che è sempre più global e meno local.

L’idea del fiume, come importante infrastruttura in grado di tenere unite e di riqualificare parti di città, è sicuramente presa in considerazione, così come lo è anche il tema della trasversalità, tanto che, già nell’estate del 2019, come attrazione speciale del programma preliminare, è stata inaugurata una straordinaria zip-line veloce che dal Castello medievale di Trsat porta fino all’ExPort Delta, a livello del mare. Oltre a fare da collegamento, la zip line costituisce un’opportunità di osservare la città da una prospettiva completamente nuova. Le iniziative previste per il 2020 mirano al recupero dell’identità storica della città e al rilancio di una città poliedrica, caratterizzata da un pluralismo culturale, etnico e linguistico. Un progetto ambizioso che prevede 300 programmi culturali, che comprendono oltre 600 singoli eventi realizzati grazie al contributo di circa 800 professionisti e volontari, e che ha visto un investimento di circa 30 milioni di euro. Consistenti anche gli investimenti per la riqualificazione del patrimonio industriale. Tre degli edifici facenti parte dell’ex fabbrica Rikard Benčić sono adibiti a spazi per programmi culturali e ospitano: il Museo della Città di Fiume, la Biblioteca cittadina e la Casa dell’infanzia (un luogo completamente dedicato allo sviluppo della creatività infantile), mentre l’ex magazzino Exportdrvo, un grande capannone industriale nell’area del Delta, ospita mostre concerti e altri eventi culturali. Alcuni di questi interventi rientrano nel programma culturale denominato Sweet & Salt, Dolce & Salato, costituito da una serie di progetti partecipativi, frutto del dialogo tra pubblico e privato, tra autorità, cittadini, creativi, istituzioni, organizzazioni e aziende private. Il programma prevede la rivitalizzazione di edifici e spazi sulla costa (salato) e dolce (lungo il fiume) che, insieme a nuovi interventi, mirano a ridefinire il rapporto tra gli abitanti e l’acqua. Un esempio è il Delta Pool, un intervento in prossimità del Mrtvi Kanal, che prevede la realizzazione, ad opera dello studio di architettura zagabrese SKROZ, di una piscina temporanea che riporta indietro nel tempo, quando era possibile fare il bagno nel centro città. A questi si aggiungono interventi pop-up, come i Green Pavilions, piccoli rifugi in legno sparsi in diverse aree della città, o l’inusuale centro sociale, dedicato alle attività culturali, localizzato all’interno della Hartera.  Nella zona di Školjić vengono promossi interventi di street art al fine di rivitalizzare alcune aree del quartiere. Sweet & Salt è il frutto di una stretta collaborazione tra gli abitanti e le organizzazioni del quartiere e si propone come un laboratorio di sperimentazione sulla città post-industriale che può diventare un esempio per condizioni urbane simili, in Croazia, o in altre realtà nazionali.

La storia della rinascita di questa città continua però ad essere travagliata. Ad una grande cerimonia di apertura, nel Febbraio 2020, segue, poco dopo, un blocco totale di tutte le attività a causa della pandemia da Covid-19 che ha duramente colpito tutti i settori e non ha risparmiato la cultura. Dopo anni di preparazione e grandi investimenti il programma per il 2020 è stato rimandato a data da destinarsi. Terminato il lockdown la città si trova oggi a lavorare duramente per rimodellare il programma ed esaminare diversi scenari possibili in nel post-pandemia. Rijeka è pronta a ripartire tornando nuovamente a reiventarsi, ancora una volta, l’ennesima e gli organizzatori hanno predisposto un progetto alternativo che è in attesa di calendarizzazione.  Va sottolineato che nonostante le indubbie perdite il capitale creativo e culturale ha ancora una possibilità di riscatto. Non è ancora chiaro come sarà possibile vivere gli eventi culturali, ad esempio un concerto o un’opera teatrale, né tantomeno con quali modalità sarà possibile usufruire dei nuovi spazi sui quali la città ha investito ma probabilmente Rijeka troverà il suo successo proprio nello sperimentare le modalità di “riaprire” la città alla cultura. La carica di Capitale della cultura 2020, nonostante le difficoltà, segna, comunque, un passo importante di iniziative e investimenti che non si esauriranno con l’evento ma che, al contrario, costituiranno una solida eredità culturale di cui abitanti e visitatori continueranno a usufruire in futuro.

 

Riferimenti bibliografici

Mommaas, H, van Boom N. (2010), “Comeback Cities: Transformation Strategies for Former Industrial Cities”, NAi Publishers,  Rottterdam, IT.
Manzanella, GP, (2017), “L’economia arancione” Storie e politiche della creatività”, Rubettino Editore, Soveria Mannelli, IT.
Roodhouse, S, (2017), “Cultura da vivere”. I centri di produzione creativa che rendono le città più vivibili, più attive, più sicure., Rubettino Editore, Soveria Mannelli, IT.
Calabi, D. (2007), “La città cosmopolita”, in Città e Storia, CROMA, Roma, IT.
Pignatti, L. (2014), “Progetti lungo la linea di costa: identità adriatiche”, List, Trento, IT.

Sitografia
https://rijeka2020.eu/it/
https://www.archdaily.com/402942/delta-and-porto-baros-area-competition




1 2 3 4 5