Nei passaggi conclusivi del film The Untouchables, di Brian De Palma, le azioni si svolgono nell’atrio della Union Station di Chicago. È un’estenuante attesa dell’uomo chiave – il fatidico “ragioniere” con il suo libro mastro – che permetterà all’agente federale Eliot Ness di acquisire le prove di accusa per portare a processo Al Capone. La scena è ambientata tutta all’interno della stazione, nel suo passaggio nevralgico delle scale dell’atrio. Si vedono scorrere le attività che caratterizzavano flussi e funzioni di un tradizionale scalo ferroviario: persone che si salutano velocemente, viaggiatori che si affrettano per non perdere il treno o che attraversano faticosamente l’atrio con i loro pesanti bagagli. In questo ritmo di flussi che si presenta a tratti lento e, in alcuni passaggi, più spedito, i protagonisti del film hanno tutto il tempo per appostarsi nei punti strategici dell’atrio, in attesa di scatenare il loro piano che si rivelerà particolarmente movimentato e cruento.
Nella routine delle azioni messe in scena dal film si colgono i caratteri moderni di una stazione ferroviaria. Si tratta di un’infrastruttura specificamente dedicata ai trasporti, costituita da spazi di esclusivo attraversamento e per brevi soste.
Oggi le stazioni non sono più questo. Neanche gli scali ferroviari ormai defunzionalizzati o abbandonati sono destinati a rinascere come spazi dedicati esclusivamente al trasporto, per aspettare convogli o essere attraversati velocemente.
Proprio su quest’ultimo aspetto si colloca la raccolta di saggi Un progetto per gli scali ferroviari milanesi, curata da Giovanni Castaldo e Adriana Granato e pubblicata dalla Maggioli Editore nella collana Politecnica.
Il tema posto al centro delle riflessioni riguarda le prospettive di sviluppo ed evoluzione degli scali ferroviari dismessi dell’area metropolitana di Milano, attraverso programmi, proposte e progetti che si sono succeduti negli ultimi trenta anni, fino all’accordo di programma stipulato fra Comune di Milano, Ferrovie dello Stato e Regione Lombardia.
Il volume ricostruisce queste attività di collaborazione fra diversi attori pubblici e privati, evidenziandone il dibattito sviluppatosi intorno all’evoluzione di significati e funzioni dell’idea di stazione. In particolare, i contributi si soffermano sul senso e sugli obiettivi che un progetto urbano è oggi chiamato ad affrontare e integrare nella riqualificazione degli scali ferroviari dismessi.
In questo percorso si colloca anche l’entrata in gioco, dal 2015, della Città Metropolitana di Milano che contribuisce ad ampliare il valore strategico delle iniziative di riqualificazione degli scali milanesi, prospettando ricadute che si estendono su aree sempre più vaste del territorio urbano.
Come precisano i curatori, di certo, con i processi di defunzionalizzazione industriale delle città, anche a Milano gli scali ferroviari non assolvono più la loro originaria funzione di infrastrutture esclusive per i trasporti. Localizzati lungo la corona ferroviaria esterna che, in passato, delimitava le aree dell’espansione urbana radiale o demarcava l’inizio delle zone a prevalente uso industriale, oggi, gli scali si ritrovano a occupare posizioni nevralgiche in zone che, a pieno titolo, costituiscono le nuove centralità della città multipolare.
La raccolta di saggi è articolata in tre sezioni che restituiscono l’intenso dibattito che ha visto coinvolti studiosi, ricercatori ed esperti di varie discipline del progetto, della pianificazione, dei trasporti e del management territoriale.
Nella prima sezione, le relazioni di docenti del Politecnico di Milano evidenziano i valori strategici degli scali ferroviari per ricomporre le cesure generatesi con la crescita urbana diffusa. Tali discontinuità hanno determinato l’abbandono degli scali, trasformandoli in aree occupate abusivamente nelle quali si concentrano le principali cause di abbassamento dei livelli di sicurezza urbana. In questo senso, assume centralità sia la visione di area vasta, finalizzata a ricomporre gli squilibri economici, sociali e di servizio emersi a livello metropolitano, sia la visione ambientale, mirata a fare degli interventi sugli scali le opportunità per riallacciare le continuità ecologiche, paesaggistiche ed ecosistemiche interrotte dallo sprawl urbano e dalle stesse linee ferroviarie (Mussinelli). Gli scali, nella loro posizione strategica di confine, presentano le caratteristiche fondamentali per trasformarsi da attuali “non luoghi” in nuove centralità nelle quali “intensificare” funzioni e servizi utili per riallacciare quartieri storicamente separati dalla ferrovia (Camagni). Per progettarne una riqualificazione di ampio respiro, non è sufficiente prevederne trasformazioni solo di ordine quantitativo e volumetrico, ma è soprattutto necessario superarne la loro identità di recinti che operano a livello spaziale, operando attraverso un progetto urbano che si sofferma sulle connessioni e ricuciture da stabilire tra le parti separate della città (Pasqui). In questo senso, entrano in crisi anche le logiche del masterplan unitario, stabilito a livello metropolitano per tutti gli scali ferroviari e si delineano invece prospettive di intervento fondate su una progettualità che opera sugli spazi e sui tempi, integrando più livelli propositivi, secondo logiche sistemiche e incrementali di sostenibilità progressive (Montedoro).
La seconda sezione raccoglie contributi di ricerca sviluppati da studiosi del Politecnico di Milano che esplorano i possibili percorsi metodologici per sperimentare nuove forme di progettazione urbana integrata. Si prospettano diversi approcci e strumenti. È possibile agire sulle indagini di ascolto esplorativo delle potenzialità degli spazi aperti, delle aree di confine e dei caratteri funzionali degli scali rispetto alle richieste in continua evoluzione espresse dalla collettività (Fior e Giudici). È necessario sviluppare gradi di flessibilità dello strumento masterplan, distinguendo fra livelli invarianti e variabili, secondo le mutazioni delle esigenze degli abitanti e delle caratterizzazioni funzionali e produttive della città (Granato). Si rileva il valore fondamentale del pensiero strategico per semplificare i processi autorizzativi, abbattere le barriere all’ingresso degli capitali d’investimento esteri e operare sugli scali attraverso il coinvolgimento di player che operano sui mercati globali (Celani). Non per ultimo, si evidenzia l’urgenza di operare attraverso progetti che intervengono non solo per rigenerare le aree urbane abbandonate e rilanciare il mercato immobiliare delle zone limitrofe, ma soprattutto per rilanciare il valore di “bene comune” degli scali ferroviari, come infrastrutture in grado di rinnovare il processo di costruzione della qualità della città pubblica (Castaldo).
Nell’ultima sezione, i contributi provenienti da attori che operano presso istituzioni pubbliche e private, confermano la visione integrata e multi-attoriale che si rende necessaria per affrontare la complessa sfida della riqualificazione/rigenerazione degli scali ferroviari. Ne emerge una progettualità che deve lavorare anche: sui processi amministrativi e di governo urbanistico a livello comunale (Tancredi/Comune di Milano); sull’innalzamento delle performance trasportistiche senza eludere le esternalità positive sulla città (Leopardi/FS-Sistemi Urbani S.r.l.); sul miglioramento ambientale, per attuare interventi temporanei di riqualificazione e rigenerazione delle aree abbandonate, attraverso tecniche di préverdissement (Bisogni/Nuova Qualità Ambientale S.r.l.); sulle capacità regolative degli Accordi di programma per governare interventi compositi e anche provvisori, in attesa di soluzioni e funzioni più definite che richiedono tempi lunghi e complesse trattative fra più attori e istituzioni (Bazzani/Studio Legale Amministrativisti Associati).