Materiali didattici

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Stazioni per muovere le città.
Pepe Barbieri, Rosario Pavia PDF




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Nel loro presentarsi alla città le prime stazioni si “vestivano” da grandi palazzi pubblici, affermando la loro piena appartenenza al contesto urbano. Ma si celava così la loro diversa natura: quell’anima di ferro che legava tra loro, in chilometrici fili, territori diversi, fiorendo quando era possibile nei grandi centri, nelle alte campate voltate di nuove piazze coperte. Più tardi sarà proprio quella natura altra, di vetro, ferro o di inediti materiali, che verrà mostrata in oggetti meravigliosi da ammirare come simbolo di una diversa condizione, di cui proprio le stazioni testimoniavano l’esistenza, rivelando l’ingresso in città di un plurale territorio di flussi in movimento continuo. Oggi ci troviamo di fronte ad un altro compito che ovunque le stazioni – specialmente le grandi stazioni- stanno assumendo: si trasformano infatti in parti di città. Non più semplicemente nella forma dell’edificio che le rappresenta, ma utilizzando in modo complesso l’insieme degli spazi per creare un mix di luoghi e funzioni – stratificati in diversi suoli interconnessi– in modo da generare innovative e straordinarie centralità territoriali.
Quale è il limite di queste interessanti esperienze? Il limite è proprio fisico. Infatti, generalmente le stazioni si stanno trasformando in parti di città, ma soltanto all’interno dei confini della proprietà ferroviaria.  Manca quindi una visione più ampia e un conseguente dinamico progetto urbano che si faccia carico di interpretare le opportunità che si offrono nei diversi contesti interessati, proprio a partire dal motore formidabile costituito dalla trasformazione di aree ferroviarie ancora in uso o, come spesso avviene, parzialmente dismesse. Sono opportunità che secondo questo approccio, devono comportare il dialogo tra molteplici attori, pubblici e privati, per attivare i contesti nei loro diversi materiali – il patrimonio edificato, la rete degli spazi aperti, i diversi suoli e sottosuoli, i lacerti naturali, le linee infrastrutturali – al fine di mettere in movimento, grazie alla spinta della trasformazione delle stazioni e dei loro sedimi inutilizzati (anche nelle piccole stazioni), insiemi urbani inerti e frammentati. Diventerà così possibile realizzare, in un processo aperto e da condividere nella prospettiva del primario interesse della collettività, una città più vivibile, sostenibile, bella.
Negli ultimi anni, in diversi seminari di laurea condotti all’interno della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, abbiamo sperimentato questa linea di ricerca di cui presentiamo quattro casi.
Il primo riguarda la città di L’Aquila e l’area, oggi irrisolta, della sua stazione ferroviaria nel quadro di una riorganizzazione complessiva di questa parte trascurata della città. Il titolo era: Una nuova porta urbana per L’Aquila. Un nodo intermodale per l’accessibilità e la mobilità urbana (seminario condotto da Pepe Barbieri, Anna Rita Emili, Stefano Panunzi e Rosario Pavia, 2015/2016).
Gli altri tre casi riguardano due diverse stazioni di possibile accesso al Parco dell’Appia Antica: una di nuova realizzazione nella zona di piazza Zama e del Parco della Caffarella; l’altra (già esistente) a Torricola, sulla linea Termini-Nettuno. Il titolo del seminario era: Ferrovie per la cultura. Il Parco dell’Appia Antica, (Pepe Barbieri, Alessandra Capuano, Anna Rita Emili, Rosario Pavia, 2016/2017 e 2017/2018).

La stazione de L’Aquila come nodo urbano intermodale

temente legata ad un sistema della mobilità più efficiente e soste
La rinascita de L’Aquila è fortemente legata alla creazione di un sistema della mobilità più efficiente e sostenibile con lo scopo di aumentarne l’accessibilità (in particolare rispetto al centro storico) e di restituire alla città una migliore qualità di vita e dell’ambiente. Gli obiettivi sono di contenere il traffico di attraversamento del sistema urbano, abbattere l’emissione dei gas serra, incrementare il trasporto pubblico e le percorrenze pedonali. In questa prospettiva si indagano le modalità per la realizzazione, nell’area della stazione ferroviaria, di un nodo intermodale ferro-gomma con l’aggiunta, determinante ai fini dell’efficacia del sistema, di una cabinovia per raggiungere da un lato il centro storico, dall’altro il polo universitario di Roio.
Il nodo intermodale nasce dalla presenza della linea ferroviaria interna (Sulmona, L’Aquila, Rieti) che nel tratto aquilano può assumere le caratteristiche di una metropolitana, ma soprattutto dall’interconnessione del nuovo casello Ovest con la SS 684 (Via Mausonia). Lo spostamento del casello è stato previsto dal Comune in accordo con l’Autostrada dei Parchi.  Il nuovo casello, pensato in funzione dell’area industriale di Pile, funge in realtà da maggiore accesso alla città (il casello Ovest conta circa 240 mila passaggi all’anno in entrata e in uscita contro i poco più di 100 mila del casello Est). Partendo dal casello, al fine di evitare l’attraversamento della città per raggiungere il centro storico, è preferibile connettersi con la Via Mausonia da cui, prima della galleria sotto il Poggio di Roio, mediante un nuovo svincolo (previsto dall’Anas) ci si potrebbe immettere in una bretella di progetto, che attraversa il fondo valle e l’area della stazione in sponda destra del fiume Aterno. E’ proprio questo collegamento autostradale tra Roma e L’Aquila a sostenere l’ipotesi progettuale. Il nodo intermodale comprende un grande parcheggio, un terminal autobus ed è qualificato da una cabinovia che serve con il medesimo impianto sia il centro città, sia la frazione di Roio con le sue sedi universitarie. Questo nodo propone spazi di sosta per le auto in entrata alla città e un efficiente sistema di trasporto pubblico per l’accesso alle varie parti del sistema urbano. Le funivie urbane si sono imposte oggi a livello mondiale come una soluzione strategica per il trasporto pubblico e la mobilità urbana in città diverse: da Ankara, a Medellin, a Londra, a Madrid, a Grenoble. I suoi punti di forza sono il basso costo, la sostenibilità ambientale, l’attrattività spettacolare. Il nodo intermodale collocato nell’area della stazione de L’Aquila diventerebbe il motore per la valorizzazione dell’area in cui troviamo un importante patrimonio culturale (come le mura, la fontana delle 99 cannelle, e il borgo), una zona di terziario amministrativo in sviluppo (sono programmati i nuovi uffici comunali), e un contesto naturalistico di grande pregio. Inoltre, potrebbe avvalersi della disponibilità di aree industriali e altre aree di servizio dismesse o sottoutilizzate (ex Alenia e Ferrovie dello Stato), le quali potrebbero essere destinate a nuovi usi, come ad esempio la fiera della ricostruzione e altri servizi compatibili con le peculiarità ambientali: ad esempio per sport e il tempo libero.
Il nodo intermodale può trasformare l’ambito della stazione ferroviaria in una “porta urbana”, ovvero una grande centralità urbana in grado di accogliere funzioni produttive, commerciali, fieristiche, residenziali, culturali, sportive.
La bretella di connessione tra via Mausonia e l’area della stazione, allacciandosi direttamente alla rete urbana consente un agevole sistema d’ingresso e di uscita dalla città. Dopo avere servito il nodo intermodale, si immette sulla strada statale SS17, realizzando in tal modo un nuovo collegamento tra la città de L’Aquila e la valle dell’Aterno, in direzione Bussi- Pescara. Il nuovo sistema consentirebbe una riorganizzazione complessiva del traffico urbano nell’area della stazione adiacente alle mura urbane, rendendo possibile una nuova ampia area pedonale, funzionale alla valorizzazione della fontana storica delle 99 cannelle.

Stazioni ferroviarie per l’accesso al Parco dell’Appia Antica

Il territorio di Roma Capitale come noto è straordinariamente ricco di beni culturali, archeologici, paesaggistici e ambientali. Tale patrimonio, tuttavia, è scarsamente integrato alla città, non pienamente valorizzato, poco accessibile, molto spesso in condizioni di degrado e marginalità.
Il caso del Parco dell’Appia Antica è in questo senso emblematico: il parco è un vasto cuneo verde che attraversa tutta la città, dal centro alle aree più esterne, ma la sua qualità non riscatta le periferie che si sviluppano ai suoi bordi. Il Parco dell’Appia Antica, nonostante il valore dei suoi beni archeologici e naturalistici, non è riuscito a diventare una centralità strategica per la città e l’area metropolitana; sembra essere un costo piuttosto che una risorsa economica. Il parco appare in effetti un sistema periferico allo stesso modo delle periferie attraversate. La sua perifericità dipende anche dall’ assenza di servizi e dall’ insufficiente accessibilità mediante il trasporto pubblico.
In questa situazione ci sembra rilevante porre il problema di come possa essere utilizzata la rete ferroviaria esistente per incrementare in modo significativo l’accessibilità al parco, contribuendo alla sua valorizzazione come patrimonio di interesse internazionale.    

Nel seminario è stata condotta una sperimentazione urbanistico-architettonica applicata a due aree in cui i tracciati ferroviari attraversano il Parco dell’Appia Antica. Si tratta dell’area adiacente a Piazza Zama/ via Cilicia, e di quella prossima alla stazione FF.SS di Torricella. In entrambi i casi è possibile promuovere la realizzazione di nodi ferroviari di accesso al parco. Quello di Piazza Zama in particolare, risponde ad una domanda espressa da anni dagli abitanti per ottenere una fermata locale la quale peraltro, per la sua ubicazione in prossimità di Porta San Sebastiano, quasi all’inizio dell’Appia Antica, potrebbe funzionare anche a livello simbolico come porta di accesso al parco. Questa fermata per di più ricadrebbe in una parte urbana di particolare pregio, che potrebbe contribuire a ridisegnare il margine urbano oggi irrisolto tra parco e città, e nello stesso tempo trasformare in risorsa la cesura generata dal vallo ferroviario nel tessuto urbano.
L’ipotesi di creare due nodi di scambio e di accesso connessi alla rete ferroviaria esistente si inquadra nel programma QVQC (Quale Velocità Quale Città) delle FS Sistemi Urbani, che si propone di individuare una serie di interventi di qualificazione del rapporto tra ferrovia e i contesti urbani attraversati. Nell’ambito di questo programma si può immaginare di avviare un servizio ferroviario, sulle sedi esistenti, dedicato all’accesso e alle attività di supporto all’immenso patrimonio archeologico romano, in molti punti attraversato dalle linee su ferro.
Oltre ai normali servizi di stazione ferroviaria se ne potrebbero prevedere altri di preparazione alla visita del parco. Ad esempio, ambienti per informazioni con zona mostre e mediateca; affitto e deposito bici (prevedendo anche i collegamenti con le piste ciclabili interne ed esterne al parco); stalle e spazi per noleggio cavalli per passeggiate equestri; spazi per la vendita a Km.0 dei prodotti degli orti urbani interni al parco. Inoltre, in considerazione della grande varietà di materiali urbani presenti nell’area, si potrà studiare la riorganizzazione della zona artigianale (oggi parzialmente inagibile) prospiciente Piazza Galeria; poi il miglioramento e ridisegno degli spazi in rapporto ai percorsi ciclabili e pedonali provenienti dal ponte sulla ferrovia di Via Latina; e infine il ridisegno degli spazi pubblici di Via Bitinia e Via Segesta.
Nell’area di Torricella la linea ferroviaria Termini-Nettuno si affianca e sottopassa l’Appia Antica in una zona di grande interesse, oltre che per gli aspetti archeologici, anche per quelli paesaggistici e ambientali. Nasce così l’opportunità di esplorare i temi di un progetto mirato a valorizzare le peculiarità del sito, con l’inserimento delle attrezzature specifiche a servizio di questa “porta”, e con una sperimentazione particolarmente attenta al disegno del suolo. Il nuovo accesso si colloca in prossimità del GRA, in un’area in cui l’Appia Antica si apre sul paesaggio dell’Agro Romano e della cintura dei Castelli Romani. Qui la stazione, che si trova a dieci minuti da Termini e che viene già utilizzata come nodo di scambio per l’ingresso in città, è al centro di una ampia proprietà demaniale oggi utilizzata da depositi e servizi dell’aeronautica militare sottoutilizzati. Si tratta di un importante patrimonio, che per la sua collocazione potrebbe divenire una grande centralità territoriale con possibili destinazioni di carattere culturale e produttivo, da integrare con lo straordinario contesto del Parco dell’Appia antica.