La città artistica

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LA CITTÀ ARTISTICA
Franco Purini e Pepe Barbieri PDF




La “cosa umana per eccellenza” – secondo Claude Lévi-Strauss – è un poliorganismo che non consente di essere conosciuto nella sua interezza, ovvero considerato come un’entità unitaria perché si presenta, all’inizio del nuovo secolo, come una costellazione di fenomeni diversi e spesso contraddittori, che permette solo interpretazioni parziali e transitorie. C’è da aggiungere che la città non è più qualcosa alla quale si attribuisce una finalità nel suo evolvere nel tempo, come avveniva qualche decennio fa, ma appare nell’età globale come un insieme di espressioni fisiche, di funzioni, di flussi comunicativi e di processi ambientali caratterizzati da una evidente casualità, un andare senza obbiettivi durevoli verso il futuro nel quale la socialità si configura come un labirinto di interazioni quasi sempre imprevedibili nonché conflittuali. Questo quadro complesso e in continua metamorfosi si offre però a letture erratiche da parte di vari linguaggi in grado di scoprire nella vita che si svolge nella post-metropoli un’artisticità degli eventi che in essa si svolgono. In sintesi, il romanzo, la poesia, il cinema, la pittura, la scultura, le installazioni, la danza, la musica, il teatro, e ovviamente l’architettura sono spesso in grado di cogliere con sorprendente originalità il senso poetico ed erratico di quanto sta avvenendo attualmente nei centri urbani del pianeta.
Per questo motivo, e in accordo con Pepe Barbieri, dal quale aspetto importanti suggerimenti su questa idea, ho pensato che sarebbe di sicuro interesse che la rivista ospitasse una nuova rubrica dal titolo programmatico “La città artistica” nella quale, al di là di considerazioni relative all’urbanistica, alla sociologia, all’ambientalismo, al virtuale, alla geografia urbana, alla demografia, all’economia e alla politica, ambiti presenti costantemente nei contributi pubblicati su EcoWebTown, si potrebbe mettere in evidenza se, quando e in che modo i fenomeni che caratterizzano oggi le città, da quelle piccole e medie alle metropoli e alle megalopoli, possano essere visti in una operante dimensione estetica. A questo proposito voglio ricordare la drammatica ambiguità delle straordinarie fotografie con le quali Joel Meyerowitz ha documentato il tragico scenario di Ground Zero su incarico del governo degli Stati Uniti. Foto peraltro anticipate nel loro duplice significato dalle immagini di Gabriele Basilico relative alla Beirut distrutta.
Monica Manicone, Luca Porqueddu e Pietro Zampetti, tre giovani architetti che lavorano da tempo sul rapporto tra l’architettura e gli altri linguaggi artistici dovrebbero occuparsi di questa sezione della rivista. Tutti loro sono sicuramente in grado, per capacità analitica e attitudine critica, di individuare situazioni e modalità della città, quando questa è vissuta liberamente come un campo sperimentale attraversato da una molteplicità di “scritture” spesso sovrapposte, interrelate, concordi o in opposizione, esplicite o implicite. Loro compito sarà anche quello di invitare architetti, letterati, musicisti ed altre figure interessate all’arte, a contribuire alla costruzione di visioni anticonvenzionali e creative sulla città. Con la speranza che questa proposta sia accolta dalla direzione della rivista, chi scrive si augura, assieme a Pepe Barbieri, che questo nuovo spazio di “invenzione narrativa” di “decodificazione tematica”, sia il luogo di un’altrettanto inconsueta scoperta del “mistero della città”.
Franco Purini - Roma 28/09/2019

 

Mi piace il titolo che Franco Purini ha indicato per questa nuova sezione di EWT: La città artistica.
Ribalta, infatti, in una brillante inversione dei termini, un’altra definizione: arte urbana. Una definizione che si intende, oggi riduttivamente, corrispondente soprattutto a quell’importante campo di esperienze che è in tutto il mondo la street art. L’arte che riveste frammenti di città, riscattando facciate cieche o prospetti in abbandono e sostituendo, anche con una perturbante dismisura, questi oggetti nella percezione della forma urbana. Si costruisce così, in modo intermittente, una affascinante scrittura a più mani che presenta spesso memorie e conflitti i cui protagonisti sono vite, società, popoli. La città artistica, invece, suggerisce uno sguardo più ampio e problematico che pone in tutti i suoi aspetti – materiali e immateriali – la città al centro della ricerca dell’arte e può corrispondere, mi sembra, a quella decisiva affermazione di Argan per cui l’arte è attività tipicamente urbana, e non solo inerente, ma costitutiva della città. Il ragionamento di Argan muoveva, ad esempio, dal ruolo delle macchine prospettiche di Brunelleschi nel cambiare in modo rivoluzionario la forma spazio-temporale della città medievale. Cosa possiamo scoprire per mezzo dell’arte delle molteplici rivoluzioni in corso che stanno cambiando, ancora una volta, i paradigmi dello spazio e del tempo? Sono certo che sarà un viaggio indispensabile e affascinante. Ed è un piacere poterlo fare con Franco Purini e con i giovani architetti da lui proposti.

Pepe Barbieri - Roma 01/10/2019