Dossier_Il cantiere Milano

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Grandi strutture di dolore.
Alcune considerazioni sul concorso per gli scali milanesi
Gli scali ferroviari milanesi. Dall'epica del vuoto alla costruzione del consenso
Nina Bassoli (redazione Lotus International) PDF




Ormai da diversi anni, anche a Milano come in altre città europee, il modello urbano di matrice “continentale” che immagina ogni edificio - o quartiere - regolato dai medesimi criteri tipomorfologici, ha lasciato il posto a un modello più flessibile di matrice anglosassone, che al contrario prevede lo sviluppo di alcune aree separate - o enclaves - come isole autonome. È chiaro che questo secondo modello si è rivelato particolarmente adatto a rispondere ai problemi sollevati dalle dismissioni delle grandi aree industriali e alle loro questioni di scala, di isolamento e di concentrazione delle proprietà. Per quanto riguarda Milano potremmo dire, un po' sommariamente, che l'ultimo grande progetto legato al primo modello è rappresentato dalla riconversione dell’area della Bicocca per mano di Vittorio Gregotti, mentre a partire dal nuovo millennio, tutte le recenti trasformazioni urbane hanno seguito per lo più il secondo modello, rappresentando esperimenti nuovi sul tessuto della città. A questa stagione si devono, in particolare, i progetti di conversione delle aree dismesse ex Alfa Romeo ed ex Lancia al Portello, della ex fiera nel nuovo quartiere di City Life e infine la complessa vicenda dell'area di Garibaldi-Repubblica che comprende a sua volta diversi nuclei di intervento1. I grandi edifici iconici hanno fatto il loro ingresso nell'urbanistica milanese, facendo esplodere, in poco più di dieci anni, l'immagine consolidata della città, che aveva fatto della sua monotonia dechirichiana la sua icona, in un caleidoscopio di immagini globali. E una forsennata esigenza di "verde", se vogliamo anche per una comprensibile rilevanza delle discipline paesaggistiche per questo secondo modello,  ha accompagnato questi processi, entrando nella vita urbana come una vera, improvvisa mania, tanto propulsiva quanto superficiale. Basti pensare che, ad esempio, nelle linee guida del bando per il concorso Farini-San Cristoforo, si vorrebbe un verde al contempo "ecologico" e "confortevole", due caratteristiche in sincero conflitto reciproco. Ad ogni modo, edifici iconici e nuovi parchi caratterizzano i nuovi quartieri, nei quali non si riconosce più Milano. Questo dato, per una città da sempre rivolta compulsivamente verso l'altrove e l'altro da sé, si è tradotto in breve in un nuovo tratto distintivo e amato, una sorta di inedito turismo in città, che suggerisce, quasi a sancire la dismissione delle industrie, la possibilità di usare i luoghi diversamente, non più per delle ragioni pratiche, funzionali o produttive, ma piuttosto a consumarli per delle ragioni edonistiche ed estetiche.
I sette scali ferroviari dismessi, con i loro 1.300.000 mq al 90% in via di dismissione, si presentano oggi per certi versi con caratteristiche analoghe agli appezzamenti industriali appena reinventati. Si tratta di aree che saltano all'occhio, a osservare una planimetria o un'immagine satellitare, anche per forma, simili per scala e consistenza a quelle dei grandi vuoti del Parco Sempione (386.000 mq) e dei Giardini pubblici (172.000 mq), ma sporche, indesiderate, escluse: recinti obsoleti nella maglia della città, relitti inutili, ultimi custodi di quel carattere industriale e malinconico di una Milano triste, grigia e nebbiosa.
Milano è una città estremamente densa. I grandi isolati berutiani si srotolano fianco a fianco a partire dal tessuto più antico e compatto fino alla periferia. Ho sempre pensato che la sua tipica forma concentrica e la sua uniformità abbiano qualcosa di angosciante come alcuni racconti di Borges, come se, dopo averla percorsa tutta, e avere battuto palmo a palmo il suo suolo isotropo, ci si potesse ritrovare sempre al punto di partenza senza essersene resi conto. Fino a poco tempo fa, inoltre, l'unica struttura di scala maggiore rispetto a tutto il resto era il Duomo, posizionato esattamente al centro di tutto, a conferma di quell'angosciosa uniformità della sua struttura. Cerchi concentrici, alta densità, e l'assoluta assenza di un elemento, uno qualsiasi, che abbia una scala diversa, con cui si confronti, che dia, in un certo senso, la misura delle cose, come può esserlo in molte capitali il fiume che le attraversa, un lungo mare dimenticato e poi ritrovato, una catena montuosa schiacciata come un fondale in fondo alle vie. Ecco, questi 1.300.000 metri quadri, legati tra loro in un unico grande sistema, sono qualcosa. Potrebbero esserlo almeno, e senz'altro lo sono stati nelle proiezioni di un numero indicibile di ricerche e di progetti, di tesi laurea e di concorsi, di accordi di programma e varianti urbanistiche, di mostre e di brani letterari2. Strano a dirsi, ma per una città priva di quella dimensione che demanda a una scala superiore - quella della natura - il compito di sopportare parte dei nostri tormenti, le macchie nere degli scali prendono il ruolo di luoghi di avventura. Qualche riga di Testori, in cui Enrica indugia soglia di un inferno, che sarebbe poi lo Scalo Farini visto dal ponte della Ghisolfa.
«Benché giunta sul culmine del cavalcavia avesse subito scorto la strada, preferì fermarsi e lasciar che dal buio della periferia s'avvicinasse lo sferragliar strozzato d'un merci; come per distrarsi ne seguì anzi tutto il passaggio finché, preceduta dallo scatto d’alcune luci, la catena delle carrozze non fu entrata nel corridoio dei tetti e delle case dove pian piano scomparve. In quel momento abbassò gli occhi sul fondo del cavalcavia ed ebbe un nuovo attimo di terrore. [...] Si ritirò dalla spalletta giusto in tempo per veder una coppia che usciva dall'ombra; la seguì avanzare; poi temendo che salisse verso la circonvallazione attese qualche istante; con un senso di liberazione vide però che si portava verso il sentiero fiancheggiante la ferrovia, oltre il quale poco dopo scomparve. Allora si decise e con il timore di chi sta per varcar la soglia d'un inferno cominciò a scendere»3.

Credo che nonostante un certo formalismo, la foresta ovale al centro del progetto del gruppo Baukuh4, preservi in qualche modo la memoria, e il valore, di un luogo del genere per la città di Milano. Del resto è parte del gruppo di progetto anche Luca Doninelli, allievo-amico storico di Giovanni Testori, che allega un breve racconto alla relazione di concorso. Ma prima ancora due progetti.

Nel 1987, per una mostra preparatoria della XVII Triennale di Milano, Le Città Immaginate. Un Viaggio in Italia. Nove Progetti per Nove Città, per Milano erano individuate come aree di progetto quelle degli scali ferroviari - Bovisa, Porta Vittoria e Porta Genova -, proprio per il loro valore esemplare, sia da un punto di vista urbanistico che simbolico5. Il progetto di Giorgio Grassi per l'area dello Scalo Farini muove da una considerazione che lo vede come un varco all'interno del "tessuto edilizio più compatto ed esteso che si possa concepire" 6. Grassi oppone questo vuoto ai "muri grigi e sghembi" delle "periferie di Sironi" che "cadono definitivamente in rovina", definendolo come un luogo di inaspettata vitalità, in cui "ortaglie" e appezzamenti coltivati di varia dimensione trovano finalmente la legittimità e il valore di un "fatto urbano reale". Il progetto mira dunque a preservare questo vuoto con le sue colture, principalmente con un vincolo di inedificabilità, un gesto privativo che ne sottolinei l'origine residuale. Completa il progetto un "lungo, grande edificio", una "quinta sottile" che ha il compito di definire il limite del vuoto e di dotarlo di "forma".

Il progetto del gruppo Baukuh cita Grassi quasi letteralmente, o letterariamente, ma lo fa con la consapevolezza di chi nel frattempo si è attrezzato per affrontare con mezzi adeguati il famigerato passaggio dall'"etica della produzione all'estetica del consumo"7 che ha interessato Milano negli ultimi anni e che in generale ha colto, è utile sottolinearlo, la classe di intellettuali e professionisti locali gravemente impreparata rispetto agli standard globali, da cui le notevoli difficoltà ad affrontare la cosa. Il progetto di concorso affronta il tema della riserva vegetale con la consapevolezza degli effetti degli alberi sulle condizioni climatiche, della permeabilità dei suoli per i rischi idrogeologici e la fisiologia della "città spugna"; affronta il tema del "cuneo verde" conoscendo la biodiversità che si sviluppa lungo i binari, simile in tutta Europa, pari all’81% del totale conosciuto in tutta la città8 e il tema dei percorsi pedonali in quota dopo che la Promenade plantée a Parigi e l'High Line a New York ne hanno già verificato limiti e forze. Come la provocazione di Grassi definiva la forma di un cuneo sull'asse nord-ovest, il progetto di Baukuh istituisce una nuova figura al centro del progetto, una foresta di 450.000 mq - più del Parco Sempione -  che, continuando il tracciato del Cimitero Monumentale drasticamente interrotto dalla ferrovia in un'ellisse perfetta, riconnette, quantomeno formalmente, le due parti della città. Il Cimitero è assunto come nuova centralità, un nuovo polo dell'entertainment diversamente attrattivo.

Quando per la stessa Triennale, John Hejduk riceve la documentazione preparatoria per il progetto sullo Scalo Farini rimane "sgomento". Anche Hejduk trova un legame tra i cimiteri, gli ospedali, "le grandi strutture di dolore" e i vuoti ferroviari, e inizia da qui la costruzione di un progetto narrativo basato sulle angosce, più che sulle promesse, sugli esclusi, più che sulle rappresentazioni del potere, e fa abitare l'area da una strana tribù di animali architettonici viaggianti9 che trovano nelle figure incompiute degli scali le possibilità di far emergere le più complesse stratificazioni della città.
«Non conosco Milano. Mi sforzo di capire Milano attraverso questo documento (l'atlante del Touring Club Italiano e la mappa piegata che vi è acclusa, ndr) che si presenta come una radiografia sbiadita [...] Sono disorientato. Le grandi aree segnate in verde sono quelle che saltano all'occhio... Parco Sempione, parco Forlanini, parco Lambro, scuola all'aperto Bosco Bruzzano, parco di Trenno, Monte Stella, parco Travaglia, parco Giorgella-Melinetto, parco Cava Buego, parco Resistenza (???), parco Verdi... e i grandi corpi dei laghi contenutivi... e quella grande, strana area segnata in marrone scuro: Fiera Campionaria. [...] E poi il Cimitero Maggiore... la lunga strada-viale che porta al parco del defunti. Cimitero Monumentale, accanto allo scalo ferroviario, dove il fischio notturno del treno si confonde con i sussurri dei morti... I morti che ululano... la deamplificazione del loro decibel afflitti/pieni che attraversa i cristalli compatti della terra riducendo i gridi originari a un gemito/lamento. [...] Una città impregnata di grandi strutture di dolore... cimiteri... ospedali... istituti, nonché i loro collaboratori. Questa città di Milano così vasta a giudicare dalla mappa... che riempie la mappa... paradiso di Milano con una costellazione di croci nere su fondo grigio a contrassegnare l’ubicazione delle chiese, i ricettacoli di un dolore mitigato e talora accentuato... una celebrazione di eternità. Parchi, cimiteri, ospedali e le grandi linee ferroviarie. Queste ultime aprono dei solchi nel paesaggio/città come se fossero comete in movimento con code di polvere/stelle»10.

Mi ha molto colpito che al termine di un processo come quello condotto da FS Sistemi Urbani11 per la costruzione del concorso Farini - San Cristoforo, a partire dalle consultazioni su invito nel 2017 e fino alle due fasi del concorso internazionale, le proposte finaliste non siano state rese pubbliche. Saremmo tuttora portati a pensare che avvalersi di una modalità comparativa per l'assegnazione di un modello di sviluppo rispetto a un'area, denoterebbe la volontà di far entrare quest'ultimo all'interno di un dibattito pubblico intenso, inclusi i vantaggi che questo comporterebbe in termini di consapevolezza e assimilazione del progetto da parte della cittadinanza. Dopo la prima fase di selezione su curriculum sono stati annunciati i gruppi finalisti: Oma, Arup con Snohetta, Grimshaw, Kengo Kuma e Baukuh12. Stavo lavorando sullo scalo da un po’ di tempo, e non vedevo l’ora di poter confrontare le proposte. Il progetto vincitore, Agenti Climatici del gruppo OMA / Laboratorio Permanente, è stato presentato subito, esposto in diverse occasioni e sottoposto a una sorta di negoziazione pubblica e, come avviene spesso per i progetti chiari, in breve la soluzione ha preso forma nella mente con una sorta di gestalt per cui non si riesce più a ricordare come altrimenti sarebbe potuto essere, ma io non facevo che chiedermi cosa avessero fatto gli altri, e come mai improvvisamente fosse scomparso il vuoto, fosse scomparso il parco che io avevo sempre immaginato. Le proposte sono semplicemente apparse, dopo qualche mese, smorzati i riflettori e concluso il processo di partecipazione, in una pagina del portale della società, caricate come i documenti necessari a una procedura burocratica senza alcun tipo di comunicazione13
Viene il dubbio che uno strumento virtuoso come il concorso, tradizionalmente foriero di dibattito e confronto di idee sulla città, non rischi di finire per sostituirsi alla presa di responsabilità da parte degli attori coinvolti nelle trasformazioni, dalle amministrazioni, agli operatori, e in seconda battuta anche agli architetti, ai critici, agli intellettuali e infine ai cittadini. Meriterebbe uno studio autonomo il piano comunicativo elaborato per queste circostanze. Il processo avviato è stato esemplare e generoso in molte sue fasi (ad eccezione senz'altro dell'ultima però, in cui appunto sono stati celati i quattro progetti finalisti non vincitori). La consultazione non competitiva dei cinque studi di chiara fama internazionale svoltasi nel 2017, ad esempio, oltre ad aver avviato il processo di generazione del consenso, ha aperto temporaneamente alcuni spazi all'interno degli scali, in particolare Farini e Porta Genova, di notevole interesse14. La possibilità di svolgere delle attività all'interno di questi luoghi ancora sospesi e di poterli osservare nel loro stato attuale sembrava suggerire l'occasione di una possibile parziale presa di coscienza sulla loro realtà. Gli strumenti sono sempre più sofisticati e, coinvolgendo una molteplicità di canali e ambiti che travalicano le discipline più strettamente urbanistiche e architettoniche, contengono certamente nuove verità a cui vale la pena di dedicare l'adeguata attenzione, a patto di non fermarsi al livello più superficiale, consci del fatto che questo è indirizzato in prima istanza a ottenere l’approvazione da parte dei cittadini. Nel valutare la natura dell'area, il valore del sistema degli scali per una città come Milano e infine le discussioni che ci sono state intorno ad essi - l'altissimo livello dei mezzi di marketing e di comunicazione, il basso livello del dibattito culturale e infine l'assenza del confronto tra posizioni progettuali diverse - sorgono diversi dubbi circa la natura procedurale di operazioni come quella in esame, dove l'assunzione del concorso come strumento sembrerebbe essere volta a costruire consenso più che confronto.15

Il gruppo di progettazione coordinato da Pier Paolo Tamburelli è composto dagli studi di architettura: baukuh (Milano), onsitestudio (Milano), Christ & Gantenbein (Basilea), Atelier Kempe Thill (Rotterdam), dai paesaggisti di Lola (Rotterdam), e dagli ingegneri di Tekne (Milano) e Cundall (Londra), in collaborazione con Luca Doninelli (Milano), Eugenio Morello (Milano) e Federica Verona (Milano).




Note

1   Il concorso per la riconversione dell’ex complesso industriale Bicocca-Pirelli, vinto da Vittorio Gregotti, è del 1989; Il primo dei Programmi integrati di intervento è quello stipulato nel 2001 dal Comune con le società Nuova Portello e Auredia per le aree dismesse ex Alfa Romeo ed ex Lancia nella zona nord-ovest di Milano; il concorso  per l'area dell'Ex Fiera CityLife allo scopo di contribuire attraverso la riconversione al finanziamento del nuovo gigantesco impianto del nuovo polo fieristico di Rho-Pero indetto dallo stesso Ente Fiera è del 2004; L'area di Garibaldi Repubblica segue una vicenda più complessa, ma dopo l'annullamento del concorso del 1991-92, dal 1999 gli impulsi provenienti dall’imprenditoria milanese interessata a creare nell’area un polo d’eccellenza, dal Comune di Milano intenzionato a riorganizzare i suoi uffici e dalla Regione Lombardia in cerca di un assetto definitivo per le sue sedi hanno avviato concretamente il processo di trasformazione, il concorso per il parco è del 2004. Nel 2005 il Comune di Milano e il gruppo Hines stipulano la Convenzione attuativa del Programma integrato d’intervento (PII) Garibaldi-Repubblica sancendo, di fatto, l’inizio dei lavori di realizzazione di un progetto (attraverso concorsi privati a inviti per la progettazione dei singoli edifici che rappresenta una tra le più grandi e complesse operazioni di riqualificazione urbana; Nel marzo 2005, con la stipula della convenzione per l’attuazione del Programma integrato d’intervento tra il Comune di Milano e il gruppo Risanamento spa, è stata avviata la realizzazione del progetto di Santa Giulia ideato da Norman Foster, Paolo Caputo, Marco Cerri e Giovanni Carminati. Crf. «Lotus» n. 131, Milano Boom, 2007

2   Cft. Nina Bassoli, Il grande vuoto. Scalo Farini, in «Lotus», n. 161, Meteomilano, 2016

3   Giovanni Testori, Il ponte della Ghisolfa, Feltrinelli, 2013 [1958], pp. 257-258.

4   Il gruppo di progetto, unico con coordinamento italiano tra i finalisti, è composto da: Baukuh (Milano), Onsite studio (Milano), Christ&Gantenbein (Basilea), Atelier Kempe Thill (Rotterdam), Lola Landscape Architects (Rotterdam), Tekne (Milano), Cundall (Londra), Eugenio Morello (Milano), Federica Verona (Milano) e Luca Doninelli (Milano).

5   Sulla Bovisa lavoravano i gruppi di J. Hejduk, G. Canella e A. Acuto, G. Peichl, G. Grassi; Su Porta Vittoria: D. Agrest, M. Gandelsonas, E. Battisti, G. Dall’Erba, C. Malnati, E. Marforio, M. Cerasi, S. Holl e su Porta Genova: A. Monestiroli, L. Snozzi, M. Arnaboldi, R. Cavadini, P. Koulermos, P. Nicolin; v. P. Nicolin, Le Città Immaginate. Un Viaggio in Italia. Nove Progetti per Nove Città, Catalogo della mostra, Electa, 1987 e «Lotus», n. 54, Milano Triennale, 1987.

6   «Il progetto guarda questa trasformazione, questa grande porzione di città che si svuota, come una straordinaria occasione tecnica per la città. Per una volta la "pura prospettiva tecnico-economica del profitto" che governa la crescita della città è andata a coincidere con la precettistica canonica dell'urbanistica funzionalista (nella fattispecie il modello della città radiale: la città mono centrica interrotta dai cunei di verde teorizzata da Eberstadt, Mòh-ring e Petersen negli anni venti). E ha fatto sì che, senza l'aiuto determinante di un piano, nel tessuto edilizio più compatto ed esteso che si possa concepire, si aprisse un varco tanto ampio e profondo quanto inaspettato. Il progetto vede questa fenditura continua e profonda nel tessuto edilizio della città non solo come un'occasione unica di trasformazione, ma anche come un problema, relativo alla forma della città, che contiene già in sé la sua risposta». Da «Lotus», n. 54, Milano Triennale, 1987

7   Si veda: Pierluigi Nicolin, Milano Boom. Dall’etica della produzione all’estetica del consumo in «Lotus» n. 131, Milano Boom, 2007

8   Si veda lo studio Rotaie Verdi effettuato dal Comune di Milano, allegato all'Accordo di Programma. Cfr. anche Ernesto Schick, Flora ferroviaria, Florette, Humboldt Books, 2015 (1980); Gilles Clement, Elogio delle vagabonde. Erbe, arbusti e fiori alla conquista del mondo, DeriveApprodi, 2017

9   Cfr. Antony Vidler, The Architectural Uncanny, Essays in the Modern Unhomely, The MIT Press, 1992

10 John Hejduk, Pensieri su Milano, Pensieri sulla Bovisa, in P. Nicolin, Le Città Immaginate. Un Viaggio in Italia. Nove Progetti per Nove Città, Catalogo della mostra, Electa, 1987 e «Lotus», n. 54, Milano Triennale, 1987, p. 270

11 Nel 2016 FS Sistemi Urbani commissiona ad AECOM, agenzia di..... che ha indirizzato lo sviluppo di grandi masterplan in tutto il mondo, tra cui, uno studio relativo all'analisi e documentazione di una serie di esempi internazionali di rigenerazione urbana e aree dismesse con caratteristiche simili agli Scali Ferroviari di Milano, allo scopo di identificare alcune linee guida per lo sviluppo delle proposte che seguiranno e per l'organizzazione delle fasi di lavoro. Nel 2017 ha luogo un "workshop" che vede coinvolti cinque studi internazionali su invito, Stefano Boeri Architetti, Cino Zucchi Architetti, Mecanoo, MAD Architects, Miralles Tagliabue EMBT. "Concorso Farini" per la progettazione degli Scali Farini e San Cristoforo è bandito nel 2018 da FS Sistemi Urbani S.r.l. e COIMA sgr S.p.A., in collaborazione con il Comune di Milano. Il RUP è Leopoldo Freyrie.

12 I gruppi completi: BAUKUH (Capogruppo), ONsite, Christ&Gantenbein, Atelier Kempe Thill, LOLA, Tekne, Cundall; OMA (Capogruppo), Laboratorio Permanente, Vogt Landscape Architects, Philippe Rahm Architectes, Net Engineering, Ezio Micelli, Arcadis Italia, Temporiuso, Luca Cozzani; ARUP (Capogruppo), Snohetta, Grant Associates, Systematica, Golder; GRIMSHAW (Capogruppo), Future City, Elioth, DAP Studio, Urban Silence, SEC, Studio Antonio Perazzi; Kengo Kuma and Associates Europe (Capogruppo), MAB arquitectura, Laps arquitecture, Agence Ter, Franck Bouttè Consultants, VIA Ingegneria.

14 I cinque progetti dell'iniziativa "Scali Milano Vision" sono presentati in occasione del Salone del Mobile in un padiglione temporaneo nello scalo di Porta Genova. Gli studi invitati con le rispettive proposte sono: Stefano Boeri Architetti, Un fiume verde per Milano; Cino Zucchi Architetti, Sette bellissimi broli, Mecanoo, Ripensare gli scali come catalizzatori per una vita sostenibile, MAD Architects, Memoria e futuro: Milano rinasce, Miralles Tagliabue EMBT, Miracoli a Milano.

15 Cfr. Laura Montedoro (a cura di), Le grandi trasformazioni urbane. La sfida degli scali ferroviari a Milano, Edizioni Fondazione OAMi, 2018




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