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Milano scali, progetti in corso
Emilio Battisti, Politecnico di Milano PDF




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L’accordo quadro tra Comune di Milano e Ferrovie dello Stato sottoscritto nel 2005 dal sindaco Gabriele Albertini, quando Giorgio Goggi era assessore ai trasporti, prevedeva che tutti i proventi derivanti dal recupero degli scali fossero utilizzati per migliorare il sistema di trasporto ferroviario milanese e regionale realizzando in particolare il secondo passante. (Fig. 1)

Tale infrastruttura, mai realizzata, avrebbe consentito a tutti i treni suburbani e regionali di circolare a Milano scambiando con le metropolitane 
in modo tale che le 500 stazioni della Lombardia sarebbero state direttamente collegate con il capoluogo.
Più che l’aspetto trasportistico, il progetto si proponeva di costituire la regione come unica città ove i sette milioni di abitanti, compresi nell’area entro un’ora di viaggio da Milano, si potessero muovere sulla rete ferroviaria come su una metropolitana urbana. Al contempo l’Amministrazione Comunale si sarebbe dovuta dotare di un Piano Direttore di recupero dei sette scali ferroviari, assicurando così la regìa pubblica dello sviluppo urbanistico della città.
Nel 2007 l’Accordo quadro fu poi rivisto al ribasso da Letizia Moratti che accettò di utilizzare gran parte dei proventi derivanti dal recupero degli scali per l’acquisto di nuovi convogli, che non sarebbero serviti esclusivamente per migliorare il servizio di trasporto a livello locale ma, naturalmente, avrebbero potuto circolare ovunque. Mentre l’assessore Carlo Masseroli decideva di gestire la questione degli scali attraverso un Accordo di Programma (AdP) complessivo invece di farne un tema strategico da considerare, coordinatamente con le altre questioni di rilevanza urbanistica, all’interno del nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT)
La Procedura dell’AdP è stata poi confermata nel 2012 dall’assessore Ada Lucia De Cesaris e dal sindaco Giuliano Pisapia che al termine del suo mandato ha registrato l’impasse più grave quando, dopo una lunga trattativa con FS Sistemi Urbani (FSSU), l’AdP non ha ottenuto la ratifica finale da parte del Consiglio Comunale di Milano.
In tale frangente il successore Giuseppe Sala è stato costretto ad avviare nuovamente la trattativa con FSSU per ridefinire un nuovo AdP approvato nel 2017 e attualmente vigente. E’ questa la fase che più ci interessa considerare perché rappresenta il modo di gestire il recupero degli scali ferroviari che si è affermato non solo a Milano ma nelle altre città italiane grandi e piccole.
Per evitare che anche il nuovo AdP non venisse ratificato l’assessore Pierfrancesco Maran coadiuvato dai consiglieri Bruno Ceccarelli e Carlo Monguzzi ha ottenuto dal Consiglio Comunale una delibera di indirizzo (n. 44 del 14/11/2016), che ha elencato le condizioni da rispettare nella trattativa con FS, che saranno in gran parte disattese nella formulazione finale dell’AdP.
Nel frattempo, FSSU ha organizzato workshop, mostre e dibattiti che si sono protratti per mesi, incaricando cinque studi di fama internazionale (due dei quali milanesi) di elaborare delle vision per comunicare come si sarebbe potuto realizzare il recupero degli scali. Tutto ciò per favorire un generale clima di consenso da parte delle forze politiche e dei cittadini ma senza consentire una reale partecipazione alle decisioni. Sorprende che, per quanto nel frattempo sia stato fatto il concorso per il masterplan dello scalo Farini, nel sito di FSSU le aree siano offerte in vendita in riferimento a un progetto del tutto differente da quello che, come vedremo, ha vinto il concorso internazionale. Il che la dice lunga a proposito dell’importanza che FSSU intende assegnare ai concorsi di progettazione richiesti dal Consiglio comunale. (Fig. 2)

Va detto che le aree ferroviarie dismesse sono diffuse in tutto il paese ma a Milano rappresentano la più grande opportunità d’intervento urbanistico sia per la loro dimensione (1.200.000 mq) sia per la loro disposizione a corona intorno alla città storica, lungo la cerchia ferroviaria che costituisce la separazione con le periferie spesso in condizioni di grave degrado.
È evidente che se il recupero degli scali fosse concepito e gestito per governare lo sviluppo urbano e territoriale come ipotizzato nell’Accordo quadro del 2005, si potrebbe avviare il riequilibrio tra centro e periferie usando gli scali come cerniere e attestamenti di importanti trasformazioni e per la localizzazione di nuove grandi funzioni di interesse metropolitano, lungo il tracciato della cerchia ferroviaria.
È proprio con questo approccio che fin dal 2009, insieme ad alcuni colleghi ed esperti di varie discipline, è stata avviata una riflessione sull’intero sistema degli scali ferroviari svolgendo dibattiti pubblici. Raccogliendo idee e proposte messe poi a disposizione dell’Amministrazione comunale che avrebbe potuto utilizzarle per svolgere una propria doverosa regia pubblica, che è invece mancata per la totale assenza della volontà politica di ascoltare i suggerimenti dei cittadini. (Fig. 3)

Emilio Battisti, Francesca Battisti, Leonardo Cavalli, Giorgio Spatti - Trasformazioni urbane, ruoli e dinamiche territoriali
Ma l’aspetto più grave è che il sindaco Sala e l’assessore Maran hanno sostanzialmente rinunciato alla tutela dell’interesse pubblico. Hanno concesso a FSSU enormi volumetrie sulle aree dismesse degli scali, originariamente pubbliche e non edificabili, in cambio di un modesto aumento, rispetto all’AdP precedente, del verde e dell’edilizia sociale, senza ottenere una adeguata partecipazione ai proventi generati dall’operazione.

La questione degli aspetti economici è stata la meno discussa pubblicamente ma in base a stime attendibili, a fronte di quasi 2.250 mln di ricavi, dedotti circa 1.260 mln di costi si avrà un guadagno per FS Sistemi Urbani di quasi un miliardo di euro, e meno di 100 mln in opere pubbliche per il Comune di Milano.

Ma a parte questo aspetto non secondario, il fatto più preoccupante è che gli unici soggetti in grado di decidere come realizzare gli interventi sulle aree dismesse degli scali ferroviari sono FSSU e COIMA SGR. Manfredi Catella, amministratore delegato di quest’ultima, ha dimostrato di sapere molto bene come gestire nel proprio interesse il recupero degli scali. Oltre a tenere i cordoni della borsa di un miliardo e mezzo di euro raccolti da fondi di investimento a livello internazionale e fondi sovrani, detenendo soltanto 60.000 mq, pari a meno di un decimo dello scalo Farini, siede al tavolo insieme a FSSU, Comune e Regione e sembra aver ricevuto una delega in bianco a gestire tutta l’operazione di recupero degli scali.

Nel presentare al pubblico il bando del concorso internazionale per la trasformazione e rigenerazione urbana degli ex scali ferroviari Farini e San Cristoforo ha dichiarato che i concorrenti non erano chiamati a presentare un progetto urbanistico ma a elaborare la prefigurazione della “impostazione strategica del processo industriale” per la futura realizzazione degli interventi.
Con buona pace degli urbanisti e degli architetti.

LA QUESTIONE COSTITUZIONALE DELLA PROPRIETA’ DELLE AREE I RICORSI AL TAR

L’antefatto dei tre masterplan degli scali Farini, San Cristoforo e Greco-Breda sono state, come abbiamo visto, le vision commissionate da FSSU, per incarico diretto, agli studi degli architetti Stefano Boeri, Francine Houben, Ma Yangsong, Benedatta Tagliabue e Cino Zucchi. Vision Utilizzate per il battage mediatico finalizzato a ottenere l’approvazione dell’AdP da parte del Consiglio comunale, che sono poi finite in un cassetto. (Fig. 6-7-8-9-10)

I MASTERPLAN DEGLI SCALI FARINI, SAN CRISTOFORO E GRECO-BRADA

I risultati del concorso internazionale per la redazione dei Masterplan di rigenerazione degli Scali Farini e San Cristoforo e della gara per l’assegnazione delle aree dello scalo di Greco-Breda sono stati pubblicati tra aprile e maggio scorsi. Vincitore del concorso per la trasformazione e rigenerazione urbana degli scali di Farini e San Cristoforo è risultato il progetto Agenti Climatici degli studi OMA di Rem Koolhaas e Laboratorio Permanente di Nicola Russi e Angelica Sylos Labini affiancati da Philippe Rahm architects, specialisti in architettura meteorologica, da Vogt Landscape Architects, dall'esperto in politiche urbane Ezio Micelli, dall'associazione culturale Temporiuso e dalle società Arcadis e Net Engineering esperte in temi di sostenibilità e trasporti.
Il progetto predilige un approccio ambientalista che tiene conto del fatto che i due scali Farini e San Cristoforo si trovano rispettivamente nel territorio asciutto e in quello irriguo, ricco di risorgive. Si concentra sulla progettazione di due parchi il cui obiettivo è di mitigare gli effetti inquinanti prodotti dalla città. Nello scalo Farini si propone a un grande bosco lineare che contribuisca a raffreddare i venti caldi provenienti da sud-ovest e a depurare l’aria dalle particelle più tossiche. Nello scalo di San Cristoforo si prevede un lungo bacino per la depurazione delle acque, parallelo al Naviglio, che dovrebbe creare un ambiente in grado di ospitare attività umane a forte valenza naturalistica e favorire una variegata presenza di flora e fauna.

LO SCALO FARINI

Gli aspetti fondamentali che caratterizzano l’intervento di recupero dello scalo Farini sono:
il parco costituito dal bosco, che affianca i binari a nordest, da via Valtellina fino all’altezza di via Caracciolo per una lunghezza di quasi 1500 m e una larghezza media di 100 m. Al di là dei binari, il verde attualmente frammentato viene ricomposto e integrato con nuovi servizi pubblici; (Fig. 11)

l’insediamento urbano costituito da isolati con una maglia stradale regolare sul versante nordorientale;
l’individuazione di alcuni spazi pubblici che determinano centralità locali contraddistinte da differenti funzioni;
il riutilizzo e la valorizzazione di alcune strutture esistenti all’interno dello scalo per una superficie complessiva di quasi 50.000 mq;
il superamento dei binari tramite due landbridge, Ponte delle Arti e Ponte Nuovo, e un sovrappasso carrabile tra via Lancetti e Piazzale Lugano. (Fig. 12)

All’interno dello scenario così definito vengono suggerite una serie di funzioni ¬¬in parte pubbliche, che si integrano con quelle già esistenti, nominate con espressioni assai fantasiose come Paesaggio meccanico per indicare quanto resterà dello scalo ferroviario, Parco delle sculture per segnalare il Cimitero monumentale e il termine Limpidarium mutuato dal latino ma inesistente nella lingua originaria.
Allo scalo Farini rigenerato si potrà arrivare oltre che con mezzi di superficie, dalle fermate MM Cenisio e Lancetti. Quest’ultima diventerà un nodo intermodale per il collegamento con l’area metropolitana. Si potrà raggiungere con una ciclabile espressa di 6 km tra i nodi ferroviari di Porta Garibaldi e Bovisa e sarà tutta percorribile con una rete di corsie di 8 km. Arrivando in auto si sarà indirizzati al parcheggio interrato con maggiore disponibilità di posti con un sistema di wayfinding digitale che ridurrà i percorsi.
Assetto della mobilità che in sede di discussione pubblica è stato riproposto in tre differenti opzioni con maggiore o minore traffico di attraversamento e conseguente maggiore o minor presenza e ruolo del verde.
Nelle Linee Guida del bando si dice che: “la finalità del Concorso non è, quindi, la redazione di elaborati analoghi ad un “Piano attuativo” né un progetto planivolumetrico dell’area, bensì la rappresentazione di una strategia di rigenerazione, con particolare riferimento alle aree pubbliche, le connessioni e le infrastrutture verdi, dimostrando sia il raggiungimento degli obiettivi generali che la resilienza nel tempo, al mutare degli scenari socioeconomici della città “.
Il team vincitore del concorso ha assolto a questo compito indicando sei scenari economici dipendenti da fattori esterni di scala macroeconomica rispetto ai quali il progetto sarebbe in grado di adattarsi secondo una pluralità di orientamenti definiti: Città globale, Capitale europea, Milano manifattura, SuperMilano, Casa dolce casa e Italexit. (Fig. 13)

Per gli autori “Il progetto infatti è attuabile sia nell’ambito di scenari di crescita economica - anche particolarmente sostenuta, ipotizzando un aumento delle volumetrie già oggi assentite (sic!) - che in contesti caratterizzati da una flessione della domanda di famiglie e imprese a seguito dei più diversi shock esterni.”

RESILIENZA ECONOMICA

I progettisti dichiarano che “a restare costante nei più diversi scenari prefigurati 
è la maglia delle infrastrutture ambientali cui si aggiungono i molteplici sviluppi dei servizi destinati alla comunità: la città pubblica diviene quindi il principio organizzatore di molteplici scenari di sviluppo dell’area che ne declinano i futuri possibili.”
Ci si domanda tuttavia come si possa immaginare di garantire le risorse destinate alla realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici nel caso in cui gli scenari di sviluppo economico non siano quelli auspicati e come si possa perfino ammettere un “un aumento delle volumetrie già oggi assentite” nel caso dello scenario di massimo sviluppo rappresentato dalla cosiddetta Città globale.

BLOCCO MILANO

La proposta per il recupero dello scalo Farini si dilunga poi in un’analisi di come i nuovi isolati possano, in analogia a quanto già accade in altre parti della città, dare luogo a fenomeni insediativi resilienti, capaci di accogliere al loro interno attività collettive trasformando corti private in piazze, capannoni industriali in mercati tematici e spazi per eventi, tetti in terrazze pubbliche. Una porosità del tessuto che viene anche simulata con una ventina di esempi che sembrano di carattere assai scolastico. (Fig. 14)

IL TEMPO COME RISORSA

In un intervento di tale dimensione e complessità il tempo è un fattore strategico perché scandisce le fasi di una trasformazione che non potrà concludersi prima del 2050 e dovrebbe partire già nel 2020 con il tracciamento della nuova griglia del Masterplan, la realizzazione della pista ciclabile Farini-Bovisa, l’apertura della nuova sezione dell’Accademia di Brera e degli spazi aperti per laboratori e installazioni del programma Brera land-art. Inoltre, si dovrà predisporre l’area ad ospitare una serie di eventi: l’avvio della BUGA (Biennale internazionale di giardinaggio dedicata alla fitodepurazione) che si accompagnerà alla messa a dimora delle essenze per la bonifica dei terreni con vivai e serre didattiche e le Visite della Memoria dedicate a ciò che resterà dello scalo ferroviario. (Fig. 15)

La cosiddetta Fase 0 prevede quindi una nutrita serie di iniziative e usi temporanei che potremo presto verificare quale consistenza ed efficacia possano avere per mettere effettivamente a disposizione dei cittadini lo scalo Farini.
A questa prima fase alla quale, incautamente, non si assegna una durata, seguiranno altre tre fasi decennali durante le quali andranno progressivamente a compimento spazi pubblici, infrastrutture e servizi oltre agli interventi privati, di cui si offre una generica ma assai ottimistica rappresentazione senza dare indicazione della strumentazione tecnico-economica in grado di perseguire gli obiettivi indicati. (Fig. 16)

Con l’avvio dei lavori i lotti già bonificati potranno accogliere palchi e strutture temporanee per eventi musicali. Un lotto della griglia verrà mantenuto come deposito di terra da scavo, si potranno organizzare eventi sportivi di motocross e sci invernale e godere dall’alto della vista sul paesaggio. “Nell’Ex Deposito Merci lungo la nuova pista ciclabile sorgerà un giardino d’inverno con bar e ristoranti, una ciclo officina oltre alle sedi di diverse green start up, associazioni sociali e culturali.” (Fig.17-18)

PROGRAMMA

Molteplici funzioni sia pubbliche che private dovranno insediarsi in rapporto alle superfici assegnate, rispettivamente per le aree pubbliche di FSSU e di COIMA. Ma senza alcuna indicazione di tempi e priorità che di un vero programma sono elementi essenziali.
L’ipotizzata porosità del cosiddetto Blocco Milano dovrebbe consentire una forte integrazione di differenti funzioni all’interno delle strutture edilizie nei nuovi isolati, ma tutto ciò dipenderà da fenomeni di mercato che non sono programmabili.
Il recupero dello scalo Farini intende qualificarsi come un sistema ecologico integrato ed equilibrato che combina varie componenti naturali e urbane “con apporti attivi e passivi a impatto zero”. Dal ricorso alle fonti rinnovabili alla riduzione del fabbisogno energetico degli edifici avvalendosi degli effetti dei parchi, dei corridoi ecologici e di altri dispositivi ambientali oltre allo stoccaggio e riuso delle acque meteoriche per ottenere l’invarianza idraulica sull’intera area.
Va tuttavia osservato che l’effetto di raffrescamento e filtrazione dell’inquinamento aereo dovuto al Limpidarium come sistema ecologico integrato, cioè l’insieme delle interazioni complesse morfologiche e funzionali tra struttura vegetata e struttura urbana, sembra piuttosto debole perché non sono abbastanza definite le morfo-tipologie urbane in relazione alla prevista” brezza urbana” generata dal sistema verde che si estende da nord /ovest a sud/est.
Essendo la maglia urbana prevalentemente perpendicolare alla direzione della brezza, l’effetto di mitigazione ambientale potrà essere rilevante solo sugli spazi e edifici contigui al parco lineare, dando un contributo minimo al raffrescamento dei corpi di fabbrica interni agli isolati.
C’è evidente discrepanza tra obiettivi molto ambiziosi e carenza di strumenti per raggiungerli. Poiché si prevede un centro di monitoraggio degli effetti del verde sulle isole di calore urbane ci si aspetterebbe qualche mappa della situazione esistente e la simulazione microclimatica ed ambientale del “sistema ecologico integrato” proposto. Ma per farlo sono necessari scenari di piano morfo–tipologici che permettano di ragionare su come una parte della città può prender forma in simbiosi con le strutture verdi per la mitigazione microclimatica ed ambientale. (Fig. 19)

LO SCALO SAN CRISTOFORO

L’intervento di San Cristoforo si presenta anch’esso come un parco lineare compreso tra la ferrovia e il Naviglio Grande. Trovandosi nel territorio irriguo intercetta le acque inquinate con un articolato sistema di rogge e bacini di depurazione, che si immettono in una lunga vasca balneabile prima di andare a irrigare il Parco Sud. (Fig. 20)

Si verrà così a creare un ambiente per mettere in contatto uomo, flora e fauna, favorendo attività sportive e ricreative attuando al contempo un dispositivo ecologico dove le zone umide a flusso superficiale funzionano come un reattore biologico la cui efficienza dovrà essere controllata da un centro di monitoraggio.
Ma va osservato che il ricorso all’acqua come risorsa per la climatizzazione estiva andrebbe molto limitata come evaporazione diretta perché è vero che il calore latente dell’evaporazione raffresca un po’ l’aria, ma aumenta molto l’umidità relativa nel pessimo clima estivo caldo-umido di Milano, che non va peggiorato con flussi consistenti di acqua vaporizzata.
All’interno di questo bacino saranno realizzate vasche di depurazione, piscina interspecie e dello sport per una lunghezza complessiva di oltre 1500 m. La Collina del Loisir realizzata con i materiali di scavo proteggerà le abitazioni dal rumore della ferrovia e offrirà anche qui un punto di osservazione panoramico. (Fig. 21)

Altre attrezzature e servizi sono costituiti da un nuovo ponte pedonale che collega la piazza della Stazione con il versante sud in corrispondenza del quale è prevista l’alzaia del mercato che interrompe la continuità delle nuove piscine. C’è poi da considerare il recupero della struttura del terminal auto-cuccette, progettato da Aldo Rossi negli anni ’80 e mai ultimato, che i progettisti propongono di avvolgere in un rivestimento trasparente per ricavare “una grande stanza all’aperto a disposizione del parco e della citta.”
La non usuale proposta fa parte di un repertorio di soluzioni architettoniche dalle quali, per quanto scoraggiati dal committente, i progettisti non si sono esentati. Ne fanno parte la piazza e l’alzaia dei mercati di Farini e San Cristoforo, i ponti pedonali ma soprattutto gli spazi pubblici e il recupero per specifiche funzioni, anche pubbliche, di alcuni edifici esistenti nello scalo Farini. (Fig. 22-23)

Nulla si dice, a parte la ripetuta sottolineatura dei criteri di flessibilità e resilienza, a proposito delle caratteristiche degli interventi privati di urbanizzazione che saranno, in particolare nello scalo Farini, gli elementi di caratterizzazione architettonica la cui consistenza e qualità sembrano soprattutto affidate alla ciclicità degli scenari macroeconomici, dai cui effetti non si potrà prescindere, più che dai requisiti morfo-tipologici in grado di migliorare le condizioni ambientali.
Va osservato che il progetto Agenti Climatici per il recupero in chiave ambientale degli scali di Farini e San Cristoforo, costituisce sostanzialmente un auspicio rispetto al quale non sussiste alcuna certezza, non solo per la dubbia adeguatezza delle risorse a disposizione per realizzare le opere di urbanizzazione, il cui conto economico non è stato reso pubblico, ma soprattutto per l’assenza di una strumentazione urbanistica che possa dare esecuzione a contenuti e proposte mediante una specifica procedura attuativa.

LO SCALO GRECO-BREDA

Per il masterplan dello scalo di Greco-Breda si è fatto ricorso all’iniziativa lanciata nell’ambito dell’organizzazione internazionale C40 Climate Leadership Group, che raccoglie oltre 90 città del mondo una ventina delle quali hanno aderito a Reinventing Cities, indicando aree e immobili da riqualificare con interventi caratterizzati da sostenibilità ambientale.
Nel bando sono indicate dieci sfide ambientali riportate in tutti i bandi a prescindere dai temi progettuali e dalla scala degli interventi: efficienza energetica, uso di materiali sostenibili ed economia circolare, mobilità verde, resilienza e adattamento, nuovi servizi ecologici, crescita verde, gestione idrica sostenibile, rivegetazione urbana e agricoltura, inclusione e benefici per la comunità, architettura e design urbano innovativi.

L’innesto eseguito da un team multidisciplinare rappresentato dal Fondo Immobiliare Lombardia (FIL) gestito da Investire sgr e Fondazione Housing Sociale (FHS) e con lo studio Barreca e La Varra per il progetto architettonico e del paesaggio e Arup Italia per il progetto urbanistico e ambientale, è risultato il progetto vincitore. (Fig.24)

Anche in questo caso l’approccio progettuale ambientalista si è posto tre obiettivi fondamentali: realizzare “il primo Housing Sociale Zero Carbon in Italia, la gestione responsabile e resiliente delle risorse, degli spazi e della comunità nel lungo periodo, e la creazione di una Human Adaptive Zone, un quartiere collaborativo con un cuore agricolo.” L’intervento è stato progettato per raggiungere un bilancio della CO2 pari a zero lungo tutto il ciclo di vita.
L’area di proprietà di Ferrovie dello Stato Italiane SpA (FS) e FS Sistemi Urbani SRL (FSSU) di circa 62.000 metri quadri, pari a circa un decimo dello scalo Farini, è composta dall’ex scalo ferroviario accanto alla stazione Greco-Pirelli, da un’area verde su via Breda e da un binario dismesso che si affaccia a ovest sul quartiere Bicocca.
Il progetto del masterplan prevede l’occupazione per il 72% da aree verdi attrezzate, con l’introduzione di 700 nuovi alberi. Un sistema di connessioni verdi, orti privati e didattici, un frutteto, serre e un giardino comunitario completano l’offerta di verde, che prevede con una quota per abitante di 38 mq. (Fig. 25)

PLANIMETRA GENERALE

Saranno realizzati circa 400 nuovi alloggi di housing sociale, 300 posti letto per studenti. Tutti gli edifici dovranno essere “Nearly Zero Energy Buildings” integrati con sistemi costruttivi e tecnologici prefabbricati con un ottimale mix di materiali sostenibili, ai fini di minimizzare la produzione di CO2 e rifiuti, consentendo di smantellare e riciclare al 100% le strutture.
L’ottimizzazione e la flessibilità degli spazi abitativi hanno caratterizzato la progettazione architettonica di Barreca & La Varra: rapidità ed efficienza costruttiva, flessibilità spaziale e tipologica, dimensione morfologica e metrica compositiva, così come il contenimento delle quantità dei materiali necessari alla sua costruzione, sono alla base della scelta tecnologica della “industrializzazione del prodotto edilizio”. (Fig. 26)

L’articolazione dell’area in tre zone separate ha rappresentato uno degli aspetti problematici che i progettisti hanno dovuto affrontare e saputo risolvere assegnando a ciascuna di esse un ruolo ben preciso assecondando in parte le attuali destinazioni. Sul binario dismesso è stata prevista una pista ciclabile che porta fino all’Hangar Bicocca e un lungo vivaio comunale. Il comparto lungo via Rucellai è stato confermato in parte a orti e verde pubblico, mentre l’impianto più propriamente urbano è stato previsto in prevalenza sulle aree sottratte allo scalo, liberando via Breda dal traffico veicolare di attraversamento, portato a ridosso dei binari. Individuando anche una nuova piazza come elemento di centralità del quartiere nel quale edifici e verde architettonico interagiscono a formare strade e spazi pubblici di un insediamento urbano ben riconoscibile.
Nel progetto di Barreca e La Varra, gli aspetti architettonici sono particolarmente definiti sia dal punto di vista morfologico-insediativo che tipologico perché il bando prevede che il concessionario si impegni a realizzare il progetto presentato insieme all’offerta economica per acquisire le aree in diritto di superficie. La procedura adottata per Greco-Breda sembrerebbe quindi in grado di garantire la realizzazione del progetto a scala urbana e architettonica, più di quanto potrà avvenire per i masterplan di Farini e San Cristoforo. (Fig. 27)

Agli elaborati grafici è allegata una dettagliatissima relazione che illustra le soluzioni da adottare per far fronte alle dieci “sfide” del bando, che costituisce un vero e proprio manuale per progettare, realizzare e gestire gli interventi di scala urbana in chiave ambientale.
Ma anche in questo caso resta da valutare quale soggetto potrà controllare l’osservanza degli impegni assunti non solo in fase di realizzazione ma soprattutto nella futura gestione trentennale degli interventi.