Premessa
Nel numero 16/2017 di Eco Web Town, abbiamo provato ad aprire la discussione su alcuni temi relativi alla valorizzazione del patrimonio non più funzionale delle Ferrovie dello Stato. Un patrimonio molto consistente di aree e manufatti che, ormai da anni in disuso, si offre come occasione di riqualificazione di porzioni estese e molto spesso centrali delle principali città italiane.
Da anni infatti, la società FF Sistemi Urbani mette a disposizione del mercato imprenditoriale privato, in collaborazione con gli Enti Pubblici interessati, pacchetti immobiliari di grande rilevanza, aggiornati periodicamente con la pubblicazione di un atlante/sommario delle diverse opportunità distribuite su tutto il territorio nazionale: Real Estate Opportunities.
D’altronde la company FFSU nasceva proprio con il compito di mettere a reddito gli asset del gruppo ormai in dismissione, con la possibilità di realizzare nuovi servizi urbani integrati a servizio delle aree interessate e delle comunità che le abitano. Nel giugno del 2017, proprio a partire da quelle premesse, Ferrovie dello Stato e Comune di Milano, sottoscrivevano un accordo di programma per la trasformazione urbanistica delle aree ferroviarie dismesse della cintura milanese. Una firma importante, se consideriamo che tutto il lavoro preliminare, alla sottoscrizione dell’accordo, era partito dal 2005.
È a partire da quella sottoscrizione che, con la rivista, abbiamo avviato un percorso di ricerca sul tema; dando conto dell’avanzamento in corso del programma di riqualificazione delle aree milanesi ma, allo stesso tempo, osservando cosa stava accadendo nelle altre realtà urbane interessate dallo stesso fenomeno (con particolare riferimento a Roma e Torino).
Il contributo che segue, riparte proprio da quell’iniziale contributo della rivista, che riportiamo nella prima parte; aggiornato, nella seconda parte, allo stato di avanzamento del programma, all’indomani della chiusura del primo concorso per il principale scalo milanese di Farini/San Cristofaro, vinto dal gruppo OMA con Laboratorio Permanente.
PRIMA PARTE
Dismissioni e recupero del patrimonio ferroviario in Italia
A partire dalla metà del XIX secolo l’evoluzione del trasporto ferroviario ha progressivamente cambiato il rapporto tra le forme della città e le modalità di connessione con il territorio, costruendo nuove porte di accesso e caratterizzando lo sviluppo di nuove centralità urbane. Un fenomeno che è cresciuto in proporzione allo sviluppo di questa nuova rete di trasporti e degli spazi funzionali alle logistiche del suo funzionamento: grandi stazioni, depositi e magazzini, officine di manutenzione e sistemi di governo dei treni e dei veicoli accessori.
Una relazione stretta tra ferrovia e città che, nel tempo, ha mutato in maniera decisiva le strutture urbane ed i suoi territori di pertinenza, dettandone lo sviluppo e l’ampliamento ma, nello stesso momento, creando barriere e margini che, ancora oggi, segnano i limiti di molte aree metropolitane.
Gli anni della ricostruzione e del boom economico hanno ulteriormente accentuato queste condizioni, contribuendo da una parte, allo sviluppo industriale ed alla crescita delle città, dall’altra alla riduzione della continuità dei tessuti residenziali e dello spazio pubblico urbano che, ancora oggi rimangono in attesa di una definitiva soluzione.
Solo negli ultimi trent’anni l’aggiornamento tecnologico dei trasporti ferroviari, la concentrazione nei grandi poli logistici delle attività complementari al trasporto e la concorrenza dei trasporti su gomma, hanno portato ad una razionalizzazione sostanziale dei tracciati, con la costante riduzione degli impianti ferroviari e la dismissione di molti scali intermedi e di molte stazioni interne ai grandi centri urbani. Tutto questo ha ingenerato un meccanismo di ristrutturazione dell’intero parco ferroviario nazionale che ha tagliato fuori tutti quegli impianti e quelle aree non più strumentali all’esercizio della mobilità sulla rete delle Ferrovie dello Stato.
Nel 1985, con l’istituzione della legge n° 210 nasce la società FS Sistemi Urbani, controllata al 100% dalla Capogruppo Ferrovie dello Stato Italiane, che ha il compito di valorizzare per il Gruppo il patrimonio non funzionale all’esercizio ferroviario e di svolgere servizi integrati urbani in una prospettiva di nuovo business, razionalizzazione, miglioramento funzionale e servizio alla collettività.
Tra le innumerevoli attività immobiliari e di servizio svolte figurano:
• lo studio, la promozione, l’attuazione e la gestione di processi di sviluppo e valorizzazione immobiliare (con particolare riferimento alle stazioni, alle infrastrutture nodali e di trasporto e agli asset disponibili per conto delle società del Gruppo FS Italiane);
• lo sviluppo delle attività connesse ai parcheggi e alle aree per la sosta di mezzi di trasporto di qualsiasi tipo;
• la gestione e manutenzione di aree ed edifici ad uso pubblico e privato; la promozione di programmi di intermodalità trasportistica e sviluppo di progetti per il potenziamento del terziario a rilievo economico e sociale.
Nasce quindi una sorta di agenzia immobiliare che fa capo a Ferrovie dello Stato e che ha lo scopo di mettere a reddito gran parte del patrimonio di quelle aree e quei manufatti non più utili alla rete ferroviaria ed ormai dismessi.
Un catalogo di quattro milioni di metri quadrati e più di 70 proposte tra ex depositi e fabbricati, ex officine e spazi ferroviari non più in uso ma che potrebbero diventare aree residenziali, commerciali, industriali o alberghiere.1 (Fig.1)
Sono queste, aree di grande prestigio, dislocate nella gran parte dei casi a ridosso della città consolidata, aree in attesa, che hanno bloccato per anni la continuità delle trame urbane determinandone limiti e storture ed oggi, finalmente, si ripropongono come nuova risorsa per la rigenerazione di ampie porzioni della periferia compatta.
Questo accade soprattutto nelle grandi aree metropolitane come Roma, Milano, Torino, Napoli, Firenze, Bologna, Bari, Palermo, che offrono occasioni straordinarie di riqualificazione e trasformazione e costituiscono opportunità concrete di ricucitura tra centro e periferia e di connessione con il paesaggio circostante.
La riutilizzazione degli scali ferroviari dismessi, si configura anche come azione di risarcimento ambientale. Aree nascoste, chiuse, recintate e incustodite, caratterizzate da fenomeni di degrado diffuso ma anche da forme resilienti di rinaturalizzazione, che necessitano di essere bonificate, aree precluse alla utilizzazione da parte dei residenti e della città che oggi possono essere rimesse a disposizione dei cittadini.
«In un contesto di crescente domanda di spazi aperti, di verde e di servizi pubblici, ma anche di luoghi della socialità, di residenze per tutti i ceti sociali, di nuovi luoghi del lavoro, gli scali rappresentano un patrimonio fondamentale per una politica urbanistica ecologica, capace di rispondere a diverse questioni emergenti nella città. L'intervento sugli scali è una grande operazione di riconquista di aree che oggi rappresentano ferite nella carne della città, luoghi di separazione tra quartieri storici e nuove aree in trasformazione. In questo senso, i nuovi progetti per gli scali dovranno essere attenti al contesto specifico in cui operano, alle necessità e ai bisogni locali, alle esigenze espresse dalle molteplici popolazioni urbane. Gli scali, per queste ragioni, vanno pensati e progettati non solo come sistema ma anche in relazione ai quadranti urbani nei quali sono collocati, e in quel contesto diventano un tassello centrale di una più generale strategia spaziale urbana».2
Una strategia che coinvolge città e territori nella riorganizzazione della mobilità locale e nella ricucitura tra le diverse parti di città (in particolar modo per quanto riguarda proprio le grandi aree metropolitane), anche attraverso la riorganizzazione tra le diverse forme di mobilità sia pubblica (mezzi di superficie, metropolitana) che privata (rete della mobilità di connessione, ciclo vie e collegamenti pedonali), già in gran parte interessata dai tanti piani urbani di razionalizzazione della mobilità, con particolare riferimento a quella sostenibile.
La Circle Line di Milano
Un caso di grande interesse, sia per l’importanza dell’area metropolitana coinvolta che della quantità di superfici e manufatti interessati, è quello dell’anello milanese con la dismissione di ben 7 aree messe a disposizione dalle Ferrovie dello Stato. Lo scalo Farini con una superficie complessiva di 618.733mq di cui la metà destinata a verde attrezzato, lo scalo Greco con una superficie complessiva di 73.526 mq di cui 37.313 mq a verde attrezzato, lo scalo Lambrate con una superficie complessiva di 70.187 mq di cui 40.112 mq a verde attrezzato, lo scalo di Porta Romana con una superficie complessiva di 216.614 mq di cui 93.613 mq destinati a verde attrezzato, lo scalo Rogoredo di 21.131 mq con 11.623 mq di verde attrezzato, lo scalo di Porta Genova con 89.137 mq di cui 44,199 mq di verde attrezzato, lo scalo San Cristofaro con una superficie complessiva di 158.276 mq con una superficie di 140.199 mq destinata a verde attrezzato, per oltre 1.250.000 mq di superficie complessiva dismessa e restituita ai nuovi usi urbani. (Fig.2)
L’idea che i vecchi tracciati e le grandi aree degli scali che li distribuiscono possano, nel tempo, trasformarsi da elementi di separazione e di sconnessione delle parti che compongono la città, a vere e proprie nuove centralità. La dimensione della scala vasta, e le strategie della rigenerazione applicata alla scala del territorio, individuano nella Circle Line una sorta di grande interfaccia tra la cintura metropolitana milanese e la sua estensione regionale, in particolar modo per quanto riguarda la mobilità (declinata nelle varie forme) e la sostenibilità ambientale, con particolare riferimento alla messa in rete di tutte le aree verdi disponibili.
Sugli scali (in termini di aree strettamente legate al sedime della dismissione ferroviaria) si concentra, con attenzione puntuale, la rigenerazione ecologica delle aree; questo è evidente soprattutto a partire dalle prefigurazioni progettuali proposte dagli studi internazionali invitati ad elaborare scenari possibili, in occasione della prima fase di avvio del processo.
Sarà la prima occasione per considerare il verde una vera e propria green infrastructure, come dice l’assessore all’Urbanistica, Verde e Agricoltura del Comune di Milano, «l'obiettivo è, per la prima volta a Milano, pensare il verde come perno del cambiamento. Attraverso un nuovo grande parco centrale a Farini, un'oasi naturalistica, le connessioni ecologiche tra gli scali, la crescita dell'offerta di impianti sportivi diffusi sul territorio. Sarà una sfida progettuale di qualità, atta a garantire attrattività e sicurezza ai frequentatori e a sperimentare nuovi modelli gestionali». È l’avvio di un lungo percorso di risarcimento alla città, attraverso la restituzione dei terreni ferroviari in disuso, sul quale si innesta un processo di rigenerazione urbana inquadrato in un ampio quadro strategico complessivo in grado di restituire una nuova qualità di tutta l’area metropolitana coinvolta. (Fig.3)
Il progetto prevede la realizzazione di una sorta di anello perimetrale Circle Line, che corre nel cuore della periferia consolidata della città, attraversando alcune tra le aree più interessanti dello sviluppo urbano del dopoguerra, con la possibilità di ricucire le trame degli insediamenti residenziali, recuperare (attraverso un piano integrato di valorizzazione) la gran parte di aree dismesse a verde attrezzato e riconnettere, intorno all’anello, l’intero sistema della mobilità pubblica e privata. Un programma di grandi ambizioni che coinvolge tutto il territorio per il quale si sono ormai concluse, dopo un lungo e faticoso processo di coinvolgimento dei diversi attori interessati, le fasi di predisposizione dell’impianto strategico e la programmazione delle attività di progettazione e realizzazione dell’idea.
Un idea ormai definita dall'Accordo di Programma concordato e sottoscritto tra le parti, per perseguire gli obiettivi indicati dalle linee di indirizzo approvate dal Consiglio Comunale che prevedono (come riportato dal documento di programmazione dell’intervento) alcune impostazioni orientate alla correlazione tra trasformazione urbanistica e sviluppo infrastrutturale.
Sono tre, sostanzialmente, i grandi sistemi intorno ai quali si definiscono le azioni del programma:
• il primo è chiaramente quello infrastrutturale, che mette le infrastrutture ferroviarie al centro della dimensione metropolitana milanese, attraverso la Circle Line che le collega sia al sistema di trasporto pubblico metropolitano sia al trasporto ferroviario regionale e nazionale, costruendo una sorta di grande metropolitana territoriale lungo la Circle Line che fa da interfaccia tra il trasporto locale e quello globale; (Fig.4)
• il secondo è legato alla organizzazione di un grande telaio ambientale capace di intercettare lungo la Circle Line infrastrutturale le ampie aree di verde (oltre il 65% delle superfici interessate dal programma, sia esistenti sia di nuova progettazione) per connetterle ai parchi urbani esistenti ed ai corridoi ecologici esterni alla cinta urbana, previsti dal PGT; (Fig. 5)
• il terzo infine interessa la messa a sistema degli insediamenti residenziali esistenti e quelli di futura progettazione, presenti lungo tutto il tracciato della Circle Line, brani di città e trame residenziali che non dialogano tra loro proprio in ragione dell’originario limite creato dal passaggio della ferrovia e che invece oggi possono trovare occasione di ridefinizione delle proprie centralità in ragione delle trasformazioni degli scali. (Fig. 6)
Gli scali ferroviari interessati dal programma, infine, intercettano aree in gran parte consolidate, nelle quali sono presenti servizi ed attrezzature urbane che, nel tempo, ne hanno caratterizzato la vocazione, per cui il programma dovrà mettere in gioco non tanto e non solo la sua qualificazione ed il suo potenziamento, ma prevedere anche nuove forme di integrazione al territorio più ampio messo in gioco dal nuovo sistema della mobilità, così come indicato nel Documento di Visione Strategica allegato all’ADP. (Fig.7)
SECONDA PARTE
L’Accordo e l’avanzamento del Programma
Il principio fondativo dell’intero programma sembra essere legato ad una strategia di ampio respiro che definisce un quadro di coerenza contestuale sia all’ampia scala del territorio regionale che alle necessità di riqualificazione delle comunità locali.
La rigenerazione di un così ampio parco di nuove aree disponibili dovrà necessariamente essere accompagnata da un sostanzioso potenziamento dell’intero sistema ferroviario di Milano e dell’area metropolitana di pertinenza. Queste sono le condizioni prioritarie su cui si fonda l’accordo tra il Comune di Milano, la Regione Lombardia, Ferrovie Italiane (con le sue società di sviluppo e la Savills SGR) «[…] qualificare le trasformazioni di queste aree alle diverse scale, locale, urbana e metropolitana, sia attraverso un mix intelligente di servizi sia per la presenza di funzioni pubbliche e di interesse pubblico e generale».3
È all’interno di questo ampio quadro strategico che si delinea il progetto per la Circle Line, con la realizzazione (in parte favorita dai tracciati ferroviari esistenti) di un anello di connessione dallo scalo di San Cristofaro a Stephenson, con la garanzia dei tempi di realizzazione, delle risorse da investire da parte delle Ferrovie e delle modalità di integrazione e gestione dell’interfaccia con le altre mobilità. Una nuova forma di collegamento che muta radicalmente il sistema delle connessioni metropolitane: dall’attuale struttura radiale, verso un sistema a rete, con la realizzazione di nuovi nodi di interscambio tra il trasporto pubblico locale e la dimensione regionale delle ferrovie milanesi.4
Alla cintura ferroviaria dismessa viene affidato anche l’obiettivo di realizzare un nuovo corridoio ecologico di verde, con valenza di nuova rete ambientale capace di intercettare non soltanto il sistema complessivo delle aree verdi urbane, ma anche le grandi aree verdi che costellano l’area vasta metropolitana. In altre parole porre al centro della riqualificazione degli scali dismessi l’obiettivo più ambizioso di una riqualificazione ambientale strategica per l’intero territorio. Più in specifico nell’AdP si prevede «un aumento significativo di verde fruibile e attrezzato, tale che le aree a verde rappresentino l’ossatura portante delle trasformazioni urbanistiche locali; in particolare dotando la città di un nuovo grande parco a Farini dedicato al tempo libero dei bambini e alle famiglie, aperto ad attività di edutainment, di un sistema naturalistico ambientale a San Cristoforo e la realizzazione di una pista ciclopedonale sul sedime della linea dismessa a Chiaravalle».5 (Fig.8)
All’interno di questa articolata rete di riqualificazione e potenziamento infrastrutturale del trasporto pubblico urbano e metropolitano, unitamente alla riorganizzazione, all’ampliamento ed alla messa a sistema del verde, dalla dimensione rurale a quella cittadina, trova spazio il vero meccanismo di sviluppo economico che genera le risorse necessarie alle trasformazioni in essere; ovvero la modificazione delle destinazioni d’uso dei suoli in dismissione. Sono all’incirca 1.200.000 mq di superficie lorda utile (di cui 200,000 mq circa a destinazione vincolata per la riqualificazione degli scali ed 1.000,000 mq per la realizzazione di nuove volumetrie per residenze, servizi, attrezzature, terziario e commerciale).
L’AdP sottoscritto, dopo diversi emendamenti e riduzione delle volumetrie realizzabili, prevede un indice di edificabilità medio pari allo 0,65, con la distribuzione di volumetrie miste per garantire una migliore integrazione residenziale negli scali di maggior dimensione e la concentrazione degli alloggi nelle aree con maggior disponibilità di servizi e trasporti. Saranno all’incirca un terzo le volumetrie destinate a funzioni non residenziali (uffici, commercio, manifattura, artigianato, logistica, servizi privati…), con il divieto di costruire centri commerciali e grandi strutture di vendita.
«Per rispondere al fabbisogno dei ceti sociali più deboli, almeno il 30% del costruito (di cui 40% in locazione, pari a circa 1.360 alloggi) sarà destinato ad housing sociale (23%) ed edilizia convenzionata ordinaria (7%). L’edilizia convenzionata ordinaria rappresenta un’ulteriore novità: si tratta di circa 800 alloggi destinati al ceto medio, in vendita, in affitto o in affitto a riscatto, concentrati a Farini e Porta Romana. Negli scali di Lambrate e Greco l’housing potrà essere destinato anche a residenze universitarie. Esclusa quindi la parte non residenziale, il 44% degli alloggi da realizzare rientrerà nelle categorie di edilizia sociale o convenzionata. La quota massima prevista per la realizzazione di edilizia residenziale libera rimane limitata al 38% dell’edificabile»6.
Nelle linee di indirizzo che accompagnano l’AdP, i complessi residenziali che sorgeranno nelle aree destinate alle nuove edificazioni, dovranno prevedere un alto profilo innovativo ed essere caratterizzati da un sostanziale grado di sostenibilità ambientale sia nella realizzazione delle nuove volumetrie che in quella dei nuovi spazi e delle nuove strutture pubbliche urbane, con particolare attenzione alla dotazione di tecnologie intelligenti, anche con il coinvolgimento di qualificate imprese e produttori di materiali e tecniche costruttive innovativi. Dovranno essere quartieri caratterizzati da una limitata mobilità carrabile privata, ad alta copertura di rete wi-fi, e con presenza di verde diffuso ed illuminazione pubblica integrata con dispostivi di monitoraggio ambientale (per il controllo delle emissioni in atmosfera), di sicurezza urbana, di controllo dei flussi della mobilità e della sosta. Più in particolare «gli edifici dovranno tendere ad un consumo quasi zero di energia (NZEB), ad emissioni zero di CO2 e dotati di dispositivi e tecniche per la gestione sostenibile delle risorse idriche; favorire la realizzazione di tipologie edilizie in periferia, anche concentrando il sedime costruito, che liberino il più possibile superfici a verde»7. (Fig. 9)
Il progetto urbano, la gestione del tempo e delle risorse
Certo in una gestione così complessa delle trasformazioni ed in considerazione dei diversi soggetti attuatori del programma, diventa importante lavorare anche sulla dimensione del tempo, indispensabile per il buon esito del progetto urbano.
Sono trascorsi ormai 15 anni dalla elaborazione delle prime proposte intorno alla questione della dismissione degli scali milanesi e, nonostante qualche battuta d’arresto, i primi passi verso la sua concretizzazione si iniziano a intravedere. La capacità di catalizzare attenzione (ed interessi) trasversali ha fatto si, in questi anni, che tutte le giunte succedutesi a Palazzo Marino abbiano assecondato (con i dovuti distinguo) l’ambizioso progetto; mettendo a base delle proprie scelte, modalità di sviluppo concordato.
La messa a reddito delle aree, contropartita indispensabile alla realizzazione del progetto, è stata sempre contrattata in ragione della restituzione (più o meno ampia) di una qualità (e quantità) pubblica condivisa delle modificazioni, in ogni singola area.
Chiaramente il programma va ben oltre la natura politica intorno alla quale si costruisce il consenso legato alla amministrazione dell’arco temporale di un solo mandato amministrativo. La tipologia e la complessità degli investimenti si proiettano su scadenze di lungo periodo, a partire dalle politiche di sviluppo e di crescita del territorio intorno alle quali costruire una mediazione più alta (e più lunga) delle forme di consenso di breve periodo. Il progetto urbano, in questi casi, diventa strumento indispensabile, garanzia fondamentale per le scelte politiche di lungo termine.
È a partire dalla consapevolezza dei tempi lunghi che l’accordo prevede la necessità di un uso temporaneo dei suoli dismessi, come dispositivo di prefigurazione ed anticipazione degli esiti in attesa delle future trasformazioni. Uno strumento per restituire alle comunità interessate, aree non più dismesse e degradate, ma vive e accessibili, permettendo altresì un’attuazione per fasi dei complessi programmi urbanistici, restituendo in tal modo una prima disponibilità collettiva delle aree, con particolare riferimento alla utilizzazione immediata di aree verdi, che possano essere rese fruibili, provvedendo ad un’adeguata sorveglianza e garantendo la sicurezza delle stesse.
Questo sarà possibile soprattutto in ragione delle garanzie che per prima l’Amministrazione Pubblica dovrà mettere in campo, coordinando tutti gli interventi con le azioni in atto della pianificazione in corso, con particolare attenzione alle ricuciture della mobilità legata alle singole aree ed all’effettivo utilizzo delle stesse da parte della collettività. (Fig.10)
Infine per l’attuazione dell’intero accordo sarà perseguito il ricorso a processi concorsuali pubblici, per ciascuna delle singole aree, sia a livello di masterplan, sia a livello di progettazione degli edifici più importanti che per la progettazione delle aree destinate a verde e parchi pubblici.
Ognuna delle attività rilevanti del processo di programmazione e progettazione delle trasformazioni dovrà assicurare la partecipazione pubblica, sviluppando un confronto continuo con le municipalità interessate, con i comuni limitrofi alle aree di intervento e con la città Metropolitana. È importante, nel corso di queste attività, il coinvolgimento dei municipi e la partecipazione delle comunità, alla condivisione dei programmi, per la profonda conoscenza che questi soggetti hanno, dei luoghi e delle storie stratificate sui suoli dismessi e sulle aree immediatamente contestuali agli scali. Un’attività che dovrà essere coordinata dalla Amministrazione comunale, così come già avviata, nella prima fase, dalla collaborazione con il Politecnico di Milano8.
Per avviare l’intero processo, tuttavia, non sono sufficienti le risorse generate dalla riscossione degli oneri per le urbanizzazioni e per i costi di costruzione delle nuove infrastrutture e delle nuove volumetrie; le garanzie aggiuntive debbono essere ricercate nella disponibilità di quelle risorse generate dal plusvalore delle aree e dalla partecipazione diretta di Ferrovie dello Stato. Oltre ai fondi necessari per le urbanizzazioni, gli operatori coinvolti nel progetto dovranno versare ulteriori oneri da destinare alla realizzazione delle opere di riconnessione, integrazione ed accessibilità delle aree9.
Questo comporta un impegno di spesa complessiva che non è necessariamente remunerato dal solo valore fondiario delle aree edificabili, a meno di meccanismi di perequazione che ne aumentino l’appetibilità. Credo vada ricercato in questa direzione l’equilibrio tra l’utilità collettiva e gli interessi di mercato; ovvero nella capacità del progetto urbano di generare, all’interno delle proposte di trasformazione, i meccanismi di moltiplicazione dell’appetibilità, così come sono stati coraggiosamente proiettati negli scenari realizzati dai Team di architetti internazionali chiamati, nella prima fase, a dare sostanza alle speranze collettive dei residenti.
Il problema, pertanto, non è necessariamente legato alle quantità delle nuove volumetrie che si immettono sul mercato o alle distese di aree verdi e parchi che si restituiscono alla comunità, ma alla qualità dell’interpretazione di quelle speranze. Speranze che si sono sedimentate in tutti questi anni di attesa e che adesso, finalmente, potrebbero trovare sostanza. Speranze radicate, che appartengono ormai ad un immaginario comune, che non possono essere tradite da una traduzione meramente commerciale dei valori in campo, ma debbono farsi carico dell’interpretazione dei contesti all’interno dei quali si sono alimentate. (Fig.11)
Se da una parte il programma ha la necessità di mantenere una dimensione flessibile dei singoli progetti, per poter accogliere anche soluzioni esterne all’iniziale prefigurazione degli interventi (come nel caso del Villaggio Olimpico individuato a Porta Romana); dall’altra deve saper dare risposte specifiche alle necessità peculiari delle aree10.
Un progetto urbano che dovrà essere necessariamente, aperto, flessibile, ma allo stesso momento sensibile ed adattivo, per interpretare l’identità stratificata dei luoghi. Potrebbe non essere sufficiente la realizzazione di «un nuovo quartiere di social housing (nello scalo Greco), quantunque sia il primo in Italia a zero emissioni, con abitazioni prevalentemente in affitto e con molto verde», se non riesce a dialogare con l’anima viva di questa parte di città11.
Gli esiti dei progetti illustrati dalle immagini dei risultati dei primi bandi pubblici per la realizzazione dei masterplan nelle singole aree, sono forse ancora troppo attenti a dare risposte specifiche a problemi generali, Agenti Climatici, che devono entrare nel corpo vivo della città che li accoglie.
I singoli pezzi di città osservati dall’interno, testimoniano di fatto la necessità di un nuovo disegno urbano, capace di mettere a fattor comune quel sistema di connettività tra le parti di cui è formata la città; ma questa non si misura unicamente nelle figure del masterplan che ne governa la gestione delle parti, ma si attraversa nei suoi spazi, si percorre nelle sue distanze, si abita nei suoi luoghi, si vive nelle sue manifestazioni.
Il transito, la mobilità, la domesticità residenziale, il tempo libero, le comunicazioni, la produzione, il commercio, l’assistenza e i servizi, le attrezzature e i luoghi per la cultura e l’arte non sono momenti diversi del fenomeno urbano ma attraversamenti multipli capaci di stabilire equilibri inaspettati che non possono essere affidati alla precarietà di visioni generali.
Troppo spesso ormai, la soluzione unica ai tanti problemi non riesce a controllare quel miracoloso equilibrio che è la complessità del progetto urbano.
Note
1 La società FS Sistemi Urbani ha predisposto un vero e proprio catalogo nel quale sono schematicamente riportate tutte le aree rimesse a disposizione di città, enti pubblici e privati che avessero interesse ad acquistarle, affittarle ovvero utilizzarle in qualche forma. Accanto ad ogni area c’è una scheda tecnica, rendering di come potrebbero diventare e idee di progetto, oppure indicazioni e studi già portati avanti con le amministrazioni locali. La mappa dei beni delle Ferrovie in vendita corre così lungo tutta l’Italia: si va dai 400 mila metri quadrati di Milano Farini ai 21 mila di Rogoredo passando per i 100 mila metri quadrati dell’ex Officine Grandi Riparazioni di Porta al Prato a Firenze fino ad arrivare all’area in disuso di Roma Tiburtina: un totale di 920 mila metri quadri.
Qui – si legge nel dossier predisposto da FS Sistemi Urbani – sono venduti i diritti edificatori. Il primo lotto è stato già venduto alla Bnp Paribas Real Estate che ha realizzato la nuova sede nazionale della Bnl, appena inaugurata. Il secondo lotto è stato venduto all’Università Sapienza che realizzerà i laboratori di Ingegneria per studenti. Ma tra le offerte in vendita c’è anche tanta provincia: dai 125 mila metri quadrati intorno alla stazione di Forlì ai 187 mila di PalermoNotabartolo: qui il progetto si chiama “Boulevard siciliano” e comprende la costruzione di un grattacielo di 144 metri, centri commerciali, un nuovo asse viario con parchi e piste ciclabili, parcheggi sotterranei e 600 alloggi.
2Documento di visione strategica Scali Ferroviari del giugno 2017 elaborato dal comune di Milano in collaborazione con un gruppo di lavoro del Politecnico di Milano – Dipartimento di Architettura e Studi Urbani.
3 Accordo di Programma. Per la trasformazione delle aree ferroviarie dismesse, e in dismissione, del Comune di Milano stipulato in data 22.06.2027 tra Comune di Milano, Regione Lombardia, FSI, RFI, FSSU, Savills SGR, siglato il 22.06.2017 – art. 42 lett. d
4 così come era previsto dal tavolo tecnico per l’adeguamento dei trasporti istituito dalla Regione Lombardia e sottoscritto dal Governo nel Patto per Milano del 2016.
5 Adp - art. 42 lett. c
6 così come riportato dalla documentazione messa a disposizione della redazione, dall’ufficio stampa dell’Assessorato all’Urbanistica, Verde e Agricoltura del Comune di Milano.
7 Adp - art. 42 lett. E
8 Il Politecnico, è stato chiamato a collaborare alla costruzione del quadro di coerenza dell’intero programma strategico, per l’avvio dei processi di condivisione e di apertura pubblica dei bandi. Il Documento di Visione Strategica infatti, è tra come parte integrante della documentazione di base per la partecipazione ai concorsi di progettazione dei masterplan.
9 Dai dati ricevuti dall’assessorato all’Urbanistica, saranno infatti 214 milioni di euro gli investimenti legati all’urbanizzazione delle aree. Oltre ai 133 milioni di euro di oneri di urbanizzazione che, almeno secondo le stime, gli operatori dovranno versare all’Amministrazione comunale, sono previsti inoltre extraoneri pari a 81 milioni di euro (80 milioni da parte di FS Italiane e 1 milione da parte di Savills Investment Managment Sgr) - suddivisi in 46 milioni per la trasformazione di Farini, 30 milioni per Romana e 5 milioni per Genova - destinati alla realizzazione di opere di accessibilità e riconnessione delle aree.
I 50 milioni, garantiti da FS, anche qualora le plusvalenze risultassero inferiori, consentiranno di finanziare lo studio di fattibilità per lo sviluppo della cintura nord della Circle Line che individua l'esatta collocazione delle nuove stazioni, costruisce la nuova stazione di Stephenson e realizza i necessari adeguamenti per le stazioni di San Cristoforo, Greco-Pirelli e Romolo. Il 50% delle plusvalenze che potranno aversi oltre i 50 milioni già citati, inoltre, andranno a finanziare ulteriori interventi sul nodo ferroviario milanese.
10 Il comune di Milano (insieme a quello Cortina) ha vinto la candidatura alle olimpiadi 2026. Nel programma di candidatura è stato scelto lo scalo di Porta Romana per ospitare il Villaggio Olimpico. Gli alloggi che verranno realizzati saranno convertiti successivamente in alloggi per studenti universitari.
11 L'area dello Scalo Greco ha partecipato al bando internazionale Reinventing Cities, che prevedeva l'alienazione di aree a favore di progetti di rigenerazione ambientale. Si chiama “innesto”, inteso come nuovo elemento capace di creare connessioni, il progetto vincitore (con l’offerta economica di oltre 4,8 milioni di euro) per lo Scalo Greco di proprietà di Ferrovie dello Stato italiane, presentato dal team rappresentato da Fondo Immobiliare Lombardia (FIL), con Fondazione Housing Sociale (FHS) come partner strategico, con Barreca & La Varra per il progetto architettonico e del paesaggio e con Arup Italia per il progetto urbanistico e ambientale che si svilupperà sulla superficie dello scalo di circa 73.500 mq.