Abstract
Ostana, Valades occitanes del Piemonte, alta Valle Po; a pochi chilometri dalle sorgenti del grande fiume e di fronte alla straordinaria piramide del Monviso.
Un paese che nel 1921 contava più di 1.200 abitanti, e che verso la fine dello scorso secolo ha raggiunto la cifra di 6 residenti permanenti tutto l’anno.
Un paese che, dopo decenni di abbandono e di progressivo degrado del patrimonio costruito e del territorio, ha saputo reagire a partire dalla metà degli anni ’80 scommettendo sulla qualità dell’architettura e del paesaggio come leva di riattivazione del luogo e della comunità.
Ostana oggi ha nuovamente una cinquantina di abitanti permanenti e soprattutto nuovi bambini, fatto che l’ha portato alla ribalta delle cronache internazionali.
Una strategia che ha intrecciato qualità architettonica, politiche culturali e rinascita sociale ed economica (turismo, agricoltura, servizi) e che si è attuata con un insieme di interventi pubblici di recupero e di costruzioni ex-novo messi a punto da un team del Politecnico di Torino, che da alcuni anni stanno accompagnando la comunità locale sui temi dell’architettura e della rigenerazione territoriale. Una rinascita che rappresenta uno spaccato di un possibile nuovo modo di abitare la montagna da parte di nuove comunità – i “nuovi montanari” – caratterizzate da un’articolazione di soggetti, di pratiche e stili di vita che, per le Alpi occidentali, aprono a nuovi inediti scenari di sviluppo e di modernizzazione delle terre alte.
Parole Chiave: Alpi, Aree interne, Architettura montana, Adaptive reuse, Rigenerazione
Un borgo alpino occitano
Il 28 gennaio del 2016 il quotidiano La Stampa di Torino pubblica, in prima pagina nazionale, la notizia della nascita ad Ostana di un “bambino atteso 28 anni”. La news fa in pochi giorni il giro del mondo – perfino la BBC realizza un’intervista ai genitori – e porta il piccolo borgo occitano della valle Po, nella provincia di Cuneo, alla ribalta internazionale.
È il momento, altamente simbolico, del riconoscimento di un processo di rigenerazione iniziato a metà degli anni ’80 che ha saputo invertire il declino demografico che, dagli oltre mille abitanti del 1921, aveva condotto il comune a soli 5 residenti.
Oggi le borgate del piccolo comune della provincia di Cuneo, nell’alta Valle Po, sono abitate tutto l’anno da circa 60 residenti e, ciò che più conta, è tornato ad essere un luogo da abitare e da vivere.
Ostana viene oggi descritta come un caso virtuoso, e per questo insignita di premi e riconoscimenti, per avere avuto la capacità di rigenerarsi e di avviare azioni complementari per il recupero del patrimonio costruito, per la rinascita economica e culturale e, soprattutto, per il reinsediamento1.
Infatti, oltre ai bambini, è nata una nuova comunità, costituita dai pochi residenti storici e da nuovi abitanti di diversa provenienza: dalle valli, dalle città della pianura e dall’estero, Spagna, Svizzera e, da un paio d’anni, anche da giovani profughi pakistani accolti e integrati nella vita locale.
In poco più di un decennio, ad Ostana, si è riaperto un albergo/ristorante, un negozio di prodotti locali, una panetteria/pasticceria (dopo 40 anni!), un agriturismo e delle attività di welfare, come il Centro sportivo e per il benessere, con piscina e SPA, che aprirà entro fine anno.
Sul piano culturale la vicenda è ancora più straordinaria: Ostana promuove da 10 anni il Premio internazionale di letteratura in lingua madre, ospita la Scuola di cinema L’aura del regista Giorgio Diritti, la Scuola di politica Allena-menti, il Centro studi sui fiumi alpini e una continuità di eventi – incontri, seminari, mostre, proiezioni – insieme a università, centri studi e associazioni; tra cui la Chambra d’Oc (l’associazione culturale per la tutela e promozione della lingua occitana) che ha avuto un ruolo determinante nell’articolata strategia di valorizzazione del piccolo comune.
L’esperienza di Ostana, al di là dei confini locali, rappresenta un’esperienza innovativa di rigenerazione e di valorizzazione di un centro minore, che si è fondata sulla capacità di coniugare una visione strategica economica e culturale con un’azione tattica di progetti edilizi mirati e diffusi.
Una pratica architettonica di riuso adattivo e di integrazione contemporanea del patrimonio esistente che, specie nelle realizzazioni recenti seguite e orientate dai progettisti e docenti del Politecnico di Torino, può rappresentare un modello per la ri-concettualizzazione del progetto urbano in chiave adattiva, processuale e flessibile che le attuali condizioni operative ed economiche impongono ai contesti minori.
Dall’abbandono a una nuova comunità
La vicenda di Ostana ci racconta che nel corso del novecento la comunità rurale ha progressivamente abbandonato le borgate per trasferirsi, specie nei primi decenni, nelle vicine regioni del sud delle Francia. Una migrazione facilitata da una prossimità fisica e da una vicinanza culturale che aveva nella lingua occitana il suo vettore identitario e comunitario. Quella Langue d’Oc che sarà poi uno dei principali driver della recente rinascita, un dato che rappresenta una sorta di loop culturale nelle sorti del piccolo borgo alpino.
Lo spopolamento, infine, si è poi definitivamente consumato con il consolidamento industriale del torinese che, nel secondo dopoguerra, ha attirato gli ultimi abitanti delle valli piemontesi, tra cui quelli di Ostana.
Negli anni ’80 alcuni di loro, con i pochi abitanti rimasti, decidono di riprendere in mano le sorti del comune candidandosi alle elezioni amministrative con il sogno di fare rivivere quelle antiche case di pietra.
Nel frattempo le borgate abbandonate si erano deteriorate, molte case erano collassate, ma perlomeno il patrimonio costruito non era stato stravolto con interventi di sostituzione o di manipolazione edilizia come avvenuto nelle stazioni sciistiche delle valli torinesi.
Così si è aperta ad Ostana una prima fase di recuperi edilizi, principalmente seconde case, connotati dall’attenzione alla valorizzazione di alcuni caratteri locali (su tutti le murature e le coperture in pietra) integrati con alcuni elementi di modernità, quali la forma e dimensione delle aperture, l’adozione di dettagli in cemento armato a vista, un rinnovato utilizzo del legno nelle orditure di copertura e nelle facciate.
È la fase che ha consentito l’avvio di quel processo di patrimonializzazione del costruito, lento e difficile, che ha avuto il merito di riconoscere nelle architetture tradizionali locali un valore culturale e identitario da preservare, e da utilizzare come vettore dello sviluppo locale, ma che tuttavia ha scontato il limite di “un’idea di progetto contemporaneo delle montagne fondata essenzialmente su elementi del passato” (De Rossi 2016).
Ad Ostana invece, l’idea di una possibile complementarietà tra la qualità del contesto naturale e quella architettonica del paesaggio costruito contemporaneo, al di là del riuso consapevole del patrimonio esistente, si è consolidata come la linea guida delle iniziative dell’amministrazione per stabilire le premesse per un abitare contemporaneo, per nuove economie locali, per la rinascita di una comunità.
Si è così aperta una nuova fase che ha portato alla realizzazione di un insieme di opere pubbliche a partire dai primi anni duemila: interventi ibridi, tra il riuso adattivoe la nuova costruzione in sintonia con il contesto esistente (Crotti 2016).
Un programma di interventi reso possibile da una positiva congiuntura di fattori e che ha creato le condizioni per lo sviluppo di un sistema di attività e di iniziative che sono la principale ragione del successo di Ostana.
Tra i diversi fattori congiunturali si trova sicuramente, oltre all’indubbia qualità del contesto paesaggistico, la capacità di visione delle persone che hanno amministrato Ostana negli ultimi trent’anni, con un progetto fondato sulla qualità architettonica dell’ambiente costruito, sulle iniziative culturali a partire dalla valorizzazione della lingua occitana, e sul principio dell’accoglienza, intesa non esclusivamente in senso turistico, ma piuttosto nella capacità di inclusione dei molti soggetti che, in qualche misura, sono gravitati intorno al borgo alpino.
Un network locale, costruito in primis dal Sindaco Giacomo Lombardo, che ha saputo coinvolgere i rappresentanti di associazioni, fondazioni, università, ma anche singoli soggetti che, pur non appartenendo al luogo, si sono riconosciuti in una visione comune e hanno sostenuto con le proprie conoscenze, competenze e attività i molteplici progetti contribuendo a un disegno di comunità in costante evoluzione.
È stata messa in campo una complementarietà tra gli abitanti, i frequentatori storici, i nuovi residenti e una “comunità satellite”, costituita da chi, a diverso titolo, ha frequentato il borgo (professionisti, operatori turistici e culturali, docenti e studenti, turisti e visitatori saltuari, artigiani e imprenditori) e, in qualche misura, ha partecipato alla costruzione delle condizioni materiali e immateriali della rinascita, poi affermatasi con il consolidamento demografico.
Un altro fattore congiunturale determinante, di questa che potremmo definire “rigenerazione plurima”, è stata l’azione delle istituzioni territoriali – la Regione Piemonte innanzitutto – che attraverso i fondi comunitari ha avviato politiche di sostegno al turismo, all’agricoltura, al contenimento energetico e al recupero del patrimonio edilizio che, nel caso di Ostana, sono state utilizzate per una molteplice articolazione finanziaria dei progetti.
È possibile affermare che alla varietà dei caratteri degli interventi – tipologica, costruttiva, tecnologica, energetica – e delle destinazioni funzionali a cui sono destinati – accoglienza turistica, servizi alla persona, pratica sportiva, attività culturali, svago – sia corrisposta una creatività nell’inventare le architetture dei processi. Ovvero è stata messa in campo una sintesi tra la capacità strategica di una visione e di un disegno generale di ampio respiro e un’abilità tattica nella definizione dei programmi, nella scelta dei luoghi o degli edifici su cui agire, nella ricerca delle risorse, fino all’adattamento in corsa degli interventi – dal punto di vista funzionale, edilizio, finanziario – come reattività agli eventi che si producono nei tempi lunghi dei processi di rigenerazione dei territori marginali.
Architetture per un nuovo abitare nelle alpi
La costruzione e la progressiva affermazione di una nuova comunità, fondata su un’idea di mixité di soggetti, di valori e di pratiche, ha comportato per Ostana un radicale cambio di paradigma anche dal punto di vista della sua forma e rappresentazione fisica, ovvero della sua architettura.
Infatti le nuove funzioni e attività che, di volta in volta, si intendeva insediare hanno richiesto e consentito un rinnovamento delle forme, delle spazialità, delle tecniche costruttive e dei linguaggi delle nuove architetture; si è avviato un costante confronto progettuale tra le forme insediative locali e gli interventi puntuali, tra i caratteri tradizionali e la necessità di innovazione, tra i soggetti committenti, i progettisti e gli utilizzatori finali.
Un atteggiamento dialogico che ha informato le attività svolte da un gruppo di docenti e architetti del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino – Massimo Crotti, Antonio De Rossi, Marie-Pierre Forsans – che, con alcuni professionisti locali, ha progettato le opere pubbliche, in oltre un decennio, che costituiscono il corpus centrale delle azioni di rigenerazione del borgo occitano.
Un insieme di soggetti che rappresentano un nucleo significativo di quella “comunità satellite” che, oltre ai progetti e ai cantieri, ha alimentato lo scambio continuo di esperienze e la promozione delle iniziative dalla comunità locale e che, come questa, ha trovato riscontro nei riconoscimenti della comunità scientifica2.
I progetti messi a punto in questa seconda stagione di interventi ad Ostana possono essere osservati come un laboratorio di architettura per la ricerca di soluzioni alla complessità dei temi che pone l’architettura alpina contemporanea, oltre che un tentativo di risposta alla necessità di avviare, anche nell’area occidentale, un processo di “modernizzazione delle Alpi” mirato a “un progetto territoriale capace di tutelare il paesaggio storico e la biodiversità naturale favorendo al contempo gli insediamenti, le socialità, gli scambi e le opportunità creative” (Camanni 2018); in altri termini per indagare nuove forme del progetto urbano, dell’architettura e dell’abitare in montagna.
Il Porto Ousitano, inedite spazialità insediative
Nella borgata capoluogo di Ostana, La Villo in occitano, si è realizzato il Porto Ousitano, ovvero la zona di approdo - di ingresso al borgo e di accesso ai nuclei insediativi sul versante - dove si concentrano nuove funzioni e servizi alla comunità: un’ala coperta in legno che ospita uno spazio vendita per i prodotti locali e per l’informazione turistica, una parete di arrampicata sportiva che sostiene il ripido pendio a lato dell’albergo ristorante - realizzato in precedenza - e ordina lo spazio aperto con un disegno fluido di percorsi, aree pedonali e di parcheggio.
Un approccio inedito per il luogo e per la pratica del progetto urbano che, in questo caso, si confronta con la scala di un piccolo borgo montano e con oggetti, forme e funzionalità nuove – accoglienza turistica, spazi per eventi, manufatti tecnici, parcheggi, ecc. – dalle “caratteristiche dimensionali estranee al contesto” e “ che possono essere misurate e controllate solo attraverso un progetto delle parti e del tutto, in opposizione al principio dell’accumulazione e dell’accostamento di singoli interventi” (Crotti 2016).
I progetti del Porto Ousitano rappresentano un tentativo di emancipazione dalle modalità progettuali correnti nei borghi alpini, praticato attraverso l’introduzione di nuove forme di spazialità in un “disegno urbano” d’insieme e di nuove figure e materialità della costruzione. Aprendo così la via a un’ibridazione dei linguaggi architettonici e a un rinnovamento delle pratiche progettuali, nell’obiettivo di un superamento di posizioni arroccate su modelli e presunti immaginari tradizionali che, purtroppo, persistono anche nei “nuovi montanari”.
Il Centro wellness e servizi, tra ricostruzione e innovazione
Nella prospettiva di offrire spazi e servizi al vivere quotidiano della comunità locale, anche alla scala di valle, e di ampliare le attività di accoglienza turistica, è stato concepito un centro per il benessere, lo sport indoor e i servizi alla persona nel cuore della borgata La Villo ricostruendo in situ i volumi di una preesistenza in rovina. L’intervento presenta molti tratti di originalità che acquisiscono valore in termini esperienziali: dal programma funzionale al processo realizzativo, fino alle scelte progettuali e di innovazione tecnologica.
La messa a punto del programma funzionale si è evoluto in funzione dell’iter realizzativo, a sua volta condizionato dal reperimento delle risorse da diverse fonti di finanziamento.
All’avvio il programma prevedeva la realizzazione di una struttura di supporto all’accoglienza turistica, che comprendeva una parete di arrampicata indoor, una piccola palestra e spazi per il relax e il benessere dei visitatori; a queste funzionalità si è presto associata l’offerta di servizi complementari di welfare per la comunità di valle – fisioterapia, recuperi motori, spazi flessibili per attività collettive, un presidio medico, ecc. – che, in seguito, sono state allocate in un secondo nuovo edificio adiacente al Centro wellness, così che questo è stato, infine, dedicato completamente al wellness e allo sport indoor.
Questa continua riorganizzazione funzionale della struttura ha dimostrato quanto sia necessaria una dinamicità e flessibilità, da parte della committenza e dei progettisti, nell’adattare i processi, i progetti e le strutture al continuo mutamento, anche nell’arco di pochi anni, delle esigenze della comunità locale, dei potenziali gestori e degli utilizzatori esterni; caratteristica che si scontra nella pratica con la deterministica visione degli strumenti amministrativi e degli iter attuativi.
Un altro aspetto di originalità del complesso concerne il tema della reinterpretazione delle preesistenze, della concezione spaziale e strutturale dell’edificio e dell’integrazione tecnologica e impiantistica nelle forme dell’architettura tradizionale.
Il Centro wellness ricompone, recuperando le pietre delle rovine, i tre volumi originari e conquista nel sottosuolo l’altezza per realizzare la parete di arrampicata, la palestra e la piscina; mentre sul piano della costruzione il progetto ricerca dichiaratamente un’integrazione tra materiali, tecniche costruttive, dotazioni impiantistiche e linguaggi architettonici.
La struttura antisismica dell’edificio è realizzata con murature portanti in pietra e setti interni e solai in cemento armato a vista; la parete di arrampicata del volume interno si dichiara in facciata con un taglio vetrato che la contorna; le grandi aperture in facciata sono incorniciate da lastre in corten a sottolineare la discontinuità costruttiva; le coperture tradizionali in “lose di pietra” alloggiano, all’interno del piano di scorrimento, i pannelli fotovoltaici e solari integrati all’impianto di geotermia che, insieme, determinano l’edificio come un nZEB (near Zero Energy Building).
Lou Pourtoun, una casa per la cultura e la convivenza
La Borgata Sant’Antonio, Miribrart in occitano, abbandonata fino a pochi anni fa, è stata in gran parte recuperata con il sostegno dei Programma di Sviluppo Rurale della Regione Piemonte (2013-17) con una Misura finalizzata alla rivitalizzazione dei borghi alpini.
Il programma ha cofinanziato sia interventi pubblici che privati e ha permesso di recuperare più di venti edifici e i camminamenti che distribuiscono la borgata; soprattutto ha permesso, dal 2015, di dare casa nel Centro Lou Pourtoun alle attività culturali da tempo avviate ad Ostana e ora gestite da un’associazione di giovani locali.
Il nome occitano lou pourtoun del centro culturale deriva da una tipologia architettonica della borgata che è costituita da uno spazio vuoto, raccolto sotto un unico tetto, che mette in relazione le diverse piccole unità edilizie disposte sulle isoipse del pendio.
Un’architettura iconica e originale sviluppata su una tipologia articolata, adattativa al contesto e intimamente connessa con la morfologia insediativa della borgata, di cui annette la trama dei percorsi e degli spazi collettivi, diluendo i confini tra la vita pubblica e l’abitare individuale.
Il progetto del Centro Culturale Lou Pourtoun riprende questa tipologia sull’impronta delle strutture preesistenti, oramai crollate, reinterpretando le caratteristiche distributive, volumetriche e spaziali alle nuove esigenze di utilizzo.
L’edificio è formato da sei cellule massive in pietra, disposte su due file parallele trasversali al pendio, intervallate dagli spazi a doppia altezza del pourtoun e raccolte sotto un unico grande tetto a due falde.
I vuoti interni alle cellule sono attraversate da passerelle in legno e chiusi da alte vetrate in legno che consentono di utilizzare lo spazio cavo come sistema di distribuzione interna, luogo di incontro e di convivialità, spazio espositivo, volume di captazione del calore e della luce solare, luogo di affaccio e di relazione visiva con la borgata e il paesaggio circostante.
I volumi in pietra ospitano le molteplici attività culturali e ricreative del centro – un bar, uffici, formazione, sale lettura, co-working, servizi –, mentre al piano di fondazione è stato ricavato un ampio spazio per attività collettive.
Il riuso adattivo della tipologia del pourtoun è stata l’intenzionalità progettuale che ha guidato l’intervento e conferito al Centro un carattere identitario e altamente simbolico tramite la sua architettura e che, nell’intenzione dei progettisti, rappresenta un contributo alla pratica del progetto tra i valori e le forme della tradizione e l’innovazione interpretativa contemporanea.
Prospettive
L’esperienza di Ostana ha raggiunto un grado di affermazione che necessità ora di stabilizzarsi e traguardare verso nuove prospettive.
La ripresa demografica si sta consolidando attraverso l’accoglienza di soggetti esterni – dai “cittadini” ai migranti – e con lo sviluppo delle filiere di occupazione del turismo e dei servizi, ma anche col ritorno dell’agricoltura di montagna e della produzione casearia e alimentare che ci si augura possano essere ancora sostenute da adeguate politiche per lo sviluppo rurale e per le aree interne.
Dal punto di vista della trasformazione fisica, il “laboratorio di architettura alpina” di Ostana sta proseguendo con il recupero di altri edifici e di altre borgate nel solco degli interventi sopra descritti, e accompagnato da un “Manuale di buona pratica” che, con gli interventi del PSR, era stato elaborato dagli stessi docenti del Politecnico di Torino3. Tra le iniziative emergenti quella di un gruppo di imprenditori che hanno acquisito un’intera borgata in abbandono per trasformarla in un resort turistico eco-sostenibile e in linea con gli orientamenti praticati finora.
Anche se alla scala minuta di Ostana, sarà interessante osservare se questa “terza via” alla modernizzazione della Alpi occidentali – alternativa alla visione urbano centrica della fine del Novecento, ma anche a quella nostalgica e vernacolare più recente – saprà proseguire e rinnovarsi attraverso le pratiche, come avvenuto in questa stagione, restituendo la misura dell’efficacia dei risultati ottenuti e del percorso intrapreso.
Note
1 Il Comune Ostana ha ottenuto il Premio Angelo Vassallo 2015, il Premio Fare Paesaggio 2016 della Provincia autonoma di Trento, il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa – MiBACT 2017 e il Cresco Award 2017.
2 I progetti di Ostana sono stati finalisti dei premi “Rassegna Architetti Arco Alpino” 2016, “Costructive Alps” 2017, esposti ad "Arcipelago Italia” per il Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia 2018 e selezionati tra le “Architetture responsabili” del progetto Alcotra “HABIT.A Abitare le Alpi del sud nella prospettiva dei cambiamenti climatici” 2019
3 Il PSR 2007-13 con la Misura 322 ”Sviluppo e rinnovamento dei villaggi alpini” ha finanziato per il comune di Ostana “Manuale delle linee guida e degli indirizzi tecnici per gli interventi di recupero ed ex-novo”.
Riferimenti bibliografici
Borghi, Enrico. (2017). Piccole Italie. Le aree interne e la questione territoriale. Donzelli Editore.
Camanni, Enrico. (2018). “Per un nuovo regionalismo alpino. Crisi del «neo vernacolare» e necessità di contemporaneità.” ArchAlp, IAM Politecnico di Torino, Bononia University Press, Nuova serie n.1 - 2018: 36-41.
Corrado, Federica, Dematteis, Giuseppe, Di Gioia Alberto (a cura di).2014. Nuovi montanari.Abitare le Alpi nel XXI secolo. Franco Angeli, Milano
Crotti, Massimo. 2016. “Valorizzare i borghi alpini: il caso di Ostana n Valle Po.” In Alpi e Architettura. Patrimonio, progetto, sviluppo locale, Mimesis Edizioni, 260-269, Milano.
Crotti, Massimo. 2018. “Un muro ordinatore. La parete di arrampicata sportiva di Ostana, in Valle Po.” ArchAlp, IAM Politecnico di Torino, n. 15 luglio 2018: 32-37.
De Rossi, Antonio. 2016. “Una nuova stagione per le Alpi? 10 tesi e 6+1ontologie per il progetto del territorio alpino contemporaneo.” In Alpi e Architettura. Patrimonio, progetto, sviluppo locale, Mimesis Edizioni, 318-331, Milano.