Parole chiave:
Città Sane, Ambiente costruito, Approccio contestualizzato, Ricerca progettuale
Abstract:
Il tema della salute nella progettazione degli spazi urbani ed edilizi rappresenta una problematica emergente nell’ambito della più ampia problematica della sostenibilità ambientale e sociale e del rispetto delle culture e delle persone nello sviluppo. Si pongono in questo articolo alcune domande che riguardano il carattere interdisciplinare e intersettoriale di questo tema, le sue valenze a diverse scale e in diversi contesti e il ruolo in specifico della progettazione urbana ed edilizia. Porsi queste domande permette di inquadrare la problematica e di comprenderne la complessità e le responsabilità sottese nell’affrontarla professionalmente e nella ricerca di architettura. Per fare ciò si fa riferimento ai programmi internazionali su questo tema, alle posizioni assunte da ricercatori e operatori, a progetti riconosciuti come esemplari nell’attenzione ai temi della salute e del benessere delle persone.
Premessa
Healthy Setting, Healthy City è un tema che tratta della relazione fra spazi in cui viviamo e salute e benessere delle persone, sotto molteplici aspetti e con riferimento a diversi contesti e conseguenti emergenze. Come ribadito nella Conferenza Internazionale Healthy Cities di Belfast ottobre 2018, salute e benessere negli insediamenti che viviamo presuppongono condizioni di equità, di pace e di sicurezza, e una prospettiva di sviluppo sostenibile1. All’interno di politiche, società, economie e culture ci sono responsabilità e competenze proprie della ricerca disciplinare e delle diverse professioni nel muoversi su un tema necessariamente interdisciplinare, tornato in evidenza in questi anni in modo drammatico. La salute in rapporto all’ambiente assume rilevanze diverse nei paesi del nord e del sud del mondo, in relazione alla vulnerabilità dei gruppi di persone, in rapporto alle condizioni di emarginazione e accessibilità ai servizi socio-sanitari, in rapporto alla fragilità dei territori. La salute è place-based (Lawrence, 2015), dipende cioè da fattori di contesto fisico e sociale e comporta il coinvolgimento di comunità e territorio; ma allo stesso tempo è frutto anche di impatti “globali” e deve essere protetta a diversi livelli2, con un impegno che integri discipline, attori e persone.
Healthy Setting, Healthy City. Che cosa si intende?
I termini Healthy Setting e Healthy City sono stati coniati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) tra il 1980 e il 19863 ed indicano un processo continuo di creazione e miglioramento delle condizioni fisico-ambientali e sociali e di ampliamento delle risorse di una comunità, per permettere alle persone di sostenersi reciprocamente nello svolgimento di tutte le funzioni della vita e nello sviluppo al massimo delle proprie potenzialità4. In primo piano sono le città, dove si svolge già adesso la vita di più del 55% della umanità e che possono promuovere o danneggiare la salute e la qualità della vita. I programmi Healthy Settings e Healthy Cities WHO sono stati lanciati negli stessi anni del Rapporto Brundtland (WCED, 1987) sulla sostenibilità dello sviluppo, ma hanno le loro radici nella costituzione stessa della WHO5. Con il 1986 la WHO ha inteso proporre in specifico un approccio settings-based, olistico e interdisciplinare, volto a sviluppare azioni integrate sui diversi fattori di rischio, la partecipazione e lo empowerment delle comunità, il partenariato intersettoriale, l’equità. Progetti e programmi sono sostenuti nei diversi raggruppamenti regionali in cui la WHO suddivide il mondo e sono articolati in base ai settings: Città, Villaggi, Municipalità e Comunità, Scuole, Luoghi di lavoro, Mercati, Residenze, Isole, Ospedali, Prigioni, Università, Vita degli Anziani6. I primi programmi hanno riguardato le Città in paesi sviluppati quali il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia e diverse nazioni in Europa, poi a seguire, con la metà degli anni ’90, sono nati programmi in paesi emergenti e in via di sviluppo. Oggi la rete delle delle Healthy Cities conta più di 1000 città nel mondo. Nei paesi in via di sviluppo con gli anni 2000 si sono avviati i programmi Healthy Villages, con l’obiettivo di promuovere la salute nelle aree rurali e con al centro problemi specifici di queste aree quali: il contrasto alle malattie infettive e alla mortalità neonatale, l’accesso ai servizi, la sicurezza.
Il tema della salute e delle città è stato confermato anche negli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, i Sustainable Development Goals (SDGs)7.
Una problematica globale e locale
Come tutti i temi legati alla sostenibilità dello sviluppo, e in particolare quelli più direttamente legati alle persone, alle comunità, agli insediamenti, il tema delle Healthy Cities e degli Healthy Settings è fortemente contestualizzato sul piano sia delle strutture di governo e di governance che su quello culturale, sociale, economico e geografico. Il livello cittadino e quello del villaggio rurale sono stati identificati come dimensione appropriata di una comunità, con riferimento al ruolo di governo, anche se con ruolo diverso parlando di grandi conurbazioni, di città regionali, di città o centri rurali. In particolare per i villaggi il tema della salute non può ignorare quello del rapporto con la città, ma anche il “metabolismo urbano” comporta la considerazione della relazione con la campagna. Le tematiche Healthy City nelle grandi città riguardano prioritariamente aspetti dell’impatto ambientale che produce danni sulla salute umana, quegli aspetti che concorrono ad esempio all’indicatore Disability-Adjusted Life Years (DALY)8 e che dipendono in gran parte nelle città dalla mobilità e dalle industrie. Fattori di inquinamento del suolo, dell’acqua, di distruzione della biodiversità influenzano la salute anche nelle aree rurali. Si tratta di problematiche ambientali a valenza regionale o locale. Alcuni aspetti ambientali a valenza globale hanno comunque influenza direttamente o indirettamente anche sulla salute delle singole persone: gli effetti del riscaldamento globale e della riduzione dello strato di ozono colpiscono in particolare gli anziani, i bambini e aumentano la vulnerabilità di alcuni territori (incendi, alluvioni, frane); la scarsità di risorse energetiche ne aumenta il costo e colpisce i poveri. Hanno un carattere regionale/locale i fattori sociali di impatto sulla salute: l’accessibilità alla rete dei servizi, l’assistenza ai gruppi più deboli della popolazione, la prevenzione e l’educazione sanitaria. L’importanza che hanno per la salute gli stili di vita sani, ha portato, nei programmi in particolare nei paesi del nord del mondo, ad affrontare il tema del “come si vive”, quali abitudini si assumono, anche e in particolare in rapporto alla gestione dei luoghi. Come si mangia in città? E come si fa sport, si cammina, si gioca, ci si incontra?
I programmi
I programmi WHO interessano tematiche e contesti diversi (fig. 1), all’interno dei quali le problematiche emergenti non sono le stesse, ad esempio nei programmi delle città la dimensione in termini di popolazione residente incide notevolmente. L’Europa è stata pioniera sul tema delle Healthy Cities (Hancock e Duhl, 1986; De Leeuw, 2001), costruendo una rete già nel 1988, che oggi, articolata in 100 città “faro” e circa 30 reti nazionali, vede coinvolte per lo più città di dimensioni medio-piccole, non c’è Londra con i suoi 8,8 milioni di abitanti e la sua area metropolitana con i suoi 14 milioni, ci sono però Berlino, Madrid, Roma e Parigi9. Il focus in queste città europee è prevalentemente su progetti socio-sanitari rivolti a gruppi di popolazione e sulla promozione di una vita attiva con interventi sugli spazi verdi urbani, sulle aree pedonali e sulle piste ciclabili, con il tema dei trasporti (WHO EURO, 2013). Il controllo dell’inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua, connesso a quello dell’uso di energie non rinnovabili, di materiali tossici e inquinanti, trova in Europa un sistema articolato ed evoluto di legislazione e controllo a livello comunitario e nazionale. L’integrazione fra queste azioni: servizi, ambiente urbano, atmosfera e biosfera, in rapporto alla salute umana, resta però un tema importante da affrontare anche in Europa, poche sono le ricerche sul campo su questo tema (Valera Sosa, 2017a-b).
In Cina, il tema della salute delle città è stato fortemente sottolineato recentemente, dopo anni di tentativi di regolamentare l’inquinamento dell’aria e dell’acqua con atti legislativi e standards e con i programmi eco-cities promossi già a partire dalla metà degli anni ’80 (Williams, 2017). Nel 2016 la Repubblica Popolare approva lo Healthy China 2030 Planning Outline, nel 2017 Shanghai, con i suoi circa 25 milioni di abitanti, ha lanciato il Piano Shanghai Healthy 2030 che affronta una vasta azione, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, ai servizi sanitari territoriali e di quartiere, alla riforma sanitaria per residenti e lavoratori, all’educazione sanitaria, alla protezione di categorie deboli, fino alla promozione di stili di vita che includono l’attività fisica e una nutrizione corretta10 (Xiaodong, 2017).
In Africa la rete WHO Healthy Cities, insieme a programmi quali Urban Health Initiative, ha come priorità i problemi di inquinamento aria, suolo ed acqua, dell’igiene urbana ed edilizia e di miglioramento dei servizi sanitari nelle città capitali a rapida crescita di popolazione inurbata che vive negli slums. Ad Accra, la capitale del Ghana con circa 3 milioni di abitanti, considerata una delle città più inquinate del pianeta, il Ghana Health Services con il supporto di WHO ha in atto dal 2010 un programma di formazione di esperti nel monitoraggio dell’inquinamento e di pianificatori dei servizi sanitari e di medici, e programmi di igiene edilizia, gestione dei rifiuti, sicurezza stradale, verde urbano11. Più che in altre Regioni in Africa sono in atto i programmi Healthy Villages, WHO ha messo a punto una guida per i Villaggi rurali (Howard et al., 2002; WHO, 2002), rivolta a insediamenti di una certa ampiezza e differenziate attività produttive, che hanno un’amministrazione indipendente o fanno parte di aree urbane o regionali vaste. La guida tratta di educazione all’igiene, promozione della salute e riduzione dell’impatto ambientale, di salute in rapporto ai luoghi, infrastrutture igieniche (acqua, fognature, rifiuti), igiene urbana ed edilizia, servizi sanitari. Programmi Healthy Villages sono attivi anche nel Sud Est Asiatico e nel Mediterraneo Meridionale e Orientale. Si tratta infatti di contesti nei quali villaggi e campagna, dove ancora vive gran parte della popolazione, sono soggetti a profonde trasformazioni, dovute ai processi di urbanizzazione in atto, che possono provocare talvolta l’inglobamento dei villaggi nell’espansione urbana, oppure la loro ulteriore emarginazione dai servizi di base. Il tema dei villaggi sani è fortemente legato a condizioni locali: clima, infrastrutture, sviluppo sociale ed economico, e ruolo delle aree rurali nel paese.
Anche in Cina, a fronte del problema della salute nel processo di rapido inurbamento, si sta affrontando anche il problema della povertà e dell’emarginazione della campagna dove ancora vive più del 40% della popolazione, in prevalenza anziana. Tra il 2008 e il 2015 è stato sviluppato un progetto Healthy Villages secondo le linee guida della WHO e supportato dalla Banca Mondiale12. Le priorità sono: l’educazione sanitaria e all’igiene del cibo, degli ambienti e del villaggio, i servizi sanitari di base. I programmi si inseriscono oggi in un processo di sviluppo delle province rurali su cui la Cina punta per ridurre le diseguaglianze fra città e campagna (come testimoniato in Building a Future Countryside il Padiglione Cinese curato da Li Xiangning alla XVI Biennale di Architettura di Venezia), promuovendo in particolare nei villaggi storici investimenti per la riqualificazione e il turismo, con il recente lancio da parte del Governo del National Strategic Plan for Rural Vitalisation da adesso al 2022 (Williams, 2018).
Così nei paesi emergenti e in quelli sviluppati i villaggi rurali possono essere (e già spesso sono) oltre che un problema una risorsa per promuovere la salute, facendo leva sul desiderio di tornare a vivere più vicino alla natura. Questo non elude i problemi di accessibilità alla rete dei servizi e di protezione dalle calamità. Tornando all’Italia ad esempio il tema della salute nelle cosiddette “aree interne” e nelle isole è ancora attuale per la carenza dei servizi territoriali e di emergenza (la definizione stessa di area interna si basa anche su questi parametri) (Barca et al., 2014) e i rischi di calamità. È per questo che si promuovono per queste aree modelli sperimentali innovativi di gestione dei servizi rivolti agli anziani, ai malati cronici, agli stranieri (visitatori e immigrati), quali: la telemedicina, i programmi di empowerment, i “Punti della Salute”, la distribuzione dei farmaci.
Infine anche alla scala di edifici per la collettività ci sono dei programmi internazionali e nazionali rivolti alla promozione della salute secondo una visione integrata spazio-organizzazione (place-setting). Basti qui ricordare la costituzione nel 2007, con il supporto Europe-WHO, della rete internazionale Health promoting Hospitals and Health Services (Whitehead, 2004) e le diverse iniziative volte a promuovere ospedali sani e sostenibili (Wilburn et al., 2009). Per quanto riguarda le abitazioni WHO (2018) ha recentemente messo a punto una guida che affronta il tema dell’housing in rapporto alla salute, alla crescita urbana, all’invecchiamento della popolazione e ai cambiamenti climatici. In ambito scolastico la rete europea Schools for Health promuove le buone pratiche nei progetti di scuole, ma molte indagini internazionali e nazionali segnalano le condizioni di cattiva qualità dell’aria indoor13, di insicurezza strutturale, di inadeguatezza nel comfort ambientale e nella fruibilità (Stewart-Brown, 2006). In sede WHO Healthy Schools si denuncia il fatto che, benché la rete sia la più estesa e la seconda ad avere avuto avvio, la scarsità di finanziamenti nazionali e locali rende difficile attuare programmi di intervento14.
L’architetto health conscious
In Europa, a partire dalla seconda metà del 1700 i rapporti tra architettura e società cominciano a trasformarsi radicalmente e progressivamente lungo il XIX secolo risultò chiaro che per creare condizioni di salubrità non bastava l’igiene delle abitazioni, e si doveva affrontare l’ambiente urbano nel suo complesso. Ma è con la fine del XX secolo che allo spazio viene riconosciuto, politicamente e a livello internazionale, un ruolo nella protezione e nella promozione della salute fisica e psichica delle persone. Lungo questa traiettoria si sono sviluppate teorie ed esperienze di progettazione urbana e architettonica che mettono al centro la salute e il benessere delle persone, supportate da studi analitici e dal contributo di altre professioni. Quali siano le responsabilità e le competenze di progettazione oggi prioritariamente richieste da questa problematica non è riassumibile in poche righe, mi limiterò ad evidenziare alcuni aspetti valendomi di riferimenti influenti.
Freeston e Wheeler (2015), nel delineare la storia della urbanistica “attraverso la lente” della salute pubblica dalla metà del XIX secolo, notano come l’attenzione che medicina, psicologia, sociologia hanno progressivamente riposto sulle condizioni ambientali come fattori determinanti per la salute, ha portato ad ampliare e articolare il campo di studio, ma ha anche prodotto una relazione discontinua tra pianificazione urbana e pianificazione della salute pubblica. Anche Corburn (2015) sostiene l’attuale separatezza fra progettazione urbana e scienze sanitarie. Barton e Grant (Barton et al., 2015) per superare ciò propongono un framework: “The Settlement Health Map” (fig. 2).
Occorre allora porsi alcuni quesiti: quale ruolo ha, e se ancora lo ha, il progetto nel creare spazi sani? quali contributi disciplinari e professionali è chiamato a dare?
La questione del ruolo del progetto rinvia all’operare contemporaneo di urbanisti e architetti in condizioni di complessità e di incertezza, di influenza da parte di interessi politici e di mercato, di vincoli giuridici e finanziari. Tutto ciò impone spesso al progettista un ruolo, tutt’altro che irrilevante per il buon esito del progetto, di interprete e coordinatore in un approccio collaborativo alla progettazione. L’architetto health conscious dovrà allora avvalersi, nella collaborazione con altre discipline e con gli operatori, di strumenti tecnico-procedurali capaci di fare emergere e tenere sottocontrollo i risvolti sulla salute delle scelte progettuali, esemplificando e discutendo buone pratiche, guardando alla realizzabilità e alla gestione degli interventi e sollecitando verifiche e valutazioni sui risultati (Barton et al., 2000, 2017; CABE, 2009; Capolongo et al., 2015, 2016; Caprotti et al., 2017; Fudge et al., 2003; Lan et al., 2016; Large et al., 2015; Rydin et al., 2012; Talukder et al., 2015). La sintesi di tutto ciò è quella che Gregotti chiamava “dare forma dotata di senso all’insieme delle scelte tecniche” (Gregotti, 1991), il “senso” in questo caso è la salute e il benessere fisico, psichico e sociale delle persone in quel contesto, con quelle esigenze e aspettative, quella cultura. L’architetto health conscious potrà operare, in sinergia con altre discipline e professioni, e soprattutto con quelle mediche, in una logica di Evidence Based Design ovvero di progettazione basata sui risultati di ricerca empirica, dati statistici, indagini, osservazioni e sperimentazioni sul campo15 (Carmona, 2010; de Leeuw et al., 2014; Sallis et al., 2016). Occorre però osservare con Grant che non è così provato che per intervenire sulla trasformazione di sistemi complessi e adattivi, come le città e i contesti spaziali-sociali, l’Evidence Based Design dia risultati robusti e generalizzabili. “Cities can be our laboratories for change, but not if we have to wait 50 years from conclusive dose-response evidence for cycling and walking and health impact of active transport to see a transformation in mainstream city design” (Grant et al., 2017). C’è quindi un contributo da dare più propriamente con la ricerca secondo i metodi della progettazione, per trovare una sintesi fra le diverse competenze e le diverse acquisizioni scientifiche, lavorando sul tema della relazione fra luoghi, contesto e salute, (Dannenburg et al., 2011; Rydin et al., 2012), e in particolare su alcune tematiche: lo spazio pubblico (Bianchetti, 2016; Lauria, 2017; Van Hecke et al., 2018; Ward Thompson et al., 2002), il quartiere (Barton et al., 2010; Godhwani, 2018; Van Cauwenberg, 2016; Valera Sosa, 2016), il verde urbano (Ward Thompson et al., 2016), i parchi (Marzi L. et al., 2018), gli spazi per il gioco (Lawrence et al., 2003; Mahdjoubi et al., 2015), i trasporti e i percorsi pedonali e ciclabili (Davis et al., 2015; Nieuwenhuijsen, 2018; Sallis et al., 2016), l’ospedale (Del Nord et al., 2006; 2012; Serrazanetti, 2017; Setola et al., 2016), lo housing (Marco et al., 2015; Perriccioli, 2015).
Progetti esemplari
Ci sono alcuni casi esemplari e noti che possono documentare l’integrazione del tema della progettazione urbana-edilizia e della salute, studiando i quali possiamo chiederci perché funzionano e quale in specifico è stato il contributo del progetto. Mi limiterò a citarne solo alcuni, e tutti europei.
Nella città finlandese di Kuopio fu messo a punto e sperimentato negli anni ’90 un “modello semplificato”, proposto da Leo Kosonen, per gestire lo sviluppo urbano a fronte dei problemi creati dalla espansione e dalla conseguente mobilità con l’automobile. Il modello propone di fondare il master plan su tre sistemi del tessuto urbano, diversi per il tipo di mobilità: “walking, transit, and car city fabrics” (Konsonen, 1996, 2007) a partire dai quali orientare la progettazione di piani specifici tra cui quello della salute. Il modello è stato poi sviluppato associandolo a data base GIS e ai risultati di ricerche quantitative e qualitative16. Kuopio entrò nella rete delle Healthy Cities nel 2006, il che rafforzò il modello come base per la progettazione urbana integrata con il tema della salute (fig. 3).
Peter Hall nel suo ultimo libro cita Copenhagen come una delle più attraenti capitali. “small and welcoming, it is a city where people rather than cars set the pace, with a multitude of pedestrianized thoroughfares, green spaces and cycle lines (…) one of the most ‘liveable’ cities on the planet.” (Hall, 2014, p.232) e questo grazie alla ricerca sul progetto degli spazi pubblici condotta da architetti danesi a cominciare da Jan Gehl (Gehl, 2008) ai COBE Architects17.
È sempre Peter Hall in “Good Cities, Better Lives” che dice di Friburgo “The city that does it all” e Grant e Burton la ricordano nel loro libro (2017, p. 540) dicendo che non solo ci sono un ambiente urbano di qualità e una buona atmosfera sociale, ma “the principles of healthy urban planning were here made visible, and they worked”. Dagli anni settanta il ridisegno urbano di Friburgo ha rappresentato un esempio di integrazione di principi ambientali e sociali, mobilità sostenibile e limitazione dell’uso del suolo, con obiettivi chiari e portati avanti con fermezza coinvolgendo la comunità, gli operatori privati e pubblici e l’università (fig. 4).
Alla scala di edificio la riqualificazione e realizzazione del nuovo Polo Pediatrico Meyer a Firenze (Donati, 2007) è fra gli esempi di ospedali europei person centered e environmental friendly più premiati e citati. In questo ospedale di cure per acuti altamente specializzato l’efficacia della cura è promossa anche con una progettazione degli spazi interni ed esterni ambientale e innovativa, in un’ottica di Healthy Hospital Healthy Planet e nel rispetto del paesaggio collinare e del parco storico che circondano il complesso (fig. 5).
Gli esempi citati testimoniano l’importanza della integrazione di tutti questi aspetti nella progettazione degli spazi per la salute e ci inducono ad osservare come poco, almeno in Italia, si investa in formazione su questi temi, benché il contributo del progetto, proprio perché basato sulla pratica creativa, possa essere fondamentale. Il progetto come metodo di ricerca sperimentale, che per sua natura, come sostiene (Lawrence, 2017 p. 89), non dà luogo ad un artefatto, ma mette in scena una “organizzazione intenzionale”, un setting appunto guidato da una “razionalità intenzionale”, che è quella della salute e del benessere delle persone nello svolgimento delle loro attività.
Il contributo delle tecnologie dell’architettura
Nella progettazione degli spazi per la salute non ci sono saperi e competenze predefinite, tuttavia ogni disciplina, in base ai suoi fondamenti e ai suoi strumenti può fornire il suo contributo in modo più robusto di altre. Così il tecnologo dell’architettura può utilizzare un fascio di saperi e un kit di strumenti che in quella “organizzazione intenzionale” dello spazio per promuovere la salute possono portare determinate conoscenze e capacità di affrontare i problemi. Quali sono questi saperi e questi strumenti?
Le Tecnologie dell’Architettura si fondano, nella ricerca e nella professione, su un approccio volto a trasferire nel progetto acquisizioni saldamente ancorate nelle scienze naturali e sociali, incorporando e facendo propri obiettivi e valori della tecnologia, con una visione “sperimentale” e generalista che le distingue da discipline specialistiche, quali ad esempio la scienza delle costruzioni, la fisica tecnica, e dalle discipline storiche e compositive. L’approccio sperimentale si connota sia nella esplicitazione delle finalità del progetto e della verifica di efficacia, sia nella ricerca di soluzioni innovative. Se confrontiamo questo approccio con quello promosso per le Healthy Cities e gli Healthy Settings non è difficile inquadrare l’apporto delle Tecnologie dell’Architettura, a cominciare dalle competenze richieste per progettare spazi funzionalmente complessi come quelli dell’edilizia sanitaria e dell’edilizia sociale, e più in generale nell’affrontare temi che a diverse scale richiedono una progettazione esigenziale-prestazionale, quali quelli del design for all, dell’adattabilità e della resilienza, della sostenibilità ambientale e sociale. Inoltre l’approccio tecnologico ha portato a sviluppare strumenti e metodi che hanno assunto diverse denominazioni ma che fondamentalmente si caratterizzano per la definizione di modelli, “meta progetti”, matrici, frameworks, briefing, costruzione di scenari utili a tenere sottocontrollo le scelte progettuali in rapporto ai fini e a sviluppare metodi di verifica. La necessità di coordinare diverse competenze e conoscenze per progettare città ed edifici per la salute può trovare nelle tecnologie dell’architettura metodi e strumenti di gestione del progetto con il ricorso alle ICT in una disciplina che dalle sue origini guardò alle computer science nella progettazione. Ma soprattutto il contributo del tecnologo al progetto per la salute si dovrà trovare nella capacità di “immaginazione tecnologica”, una qualità del progettista che gli consente di innovare affrontando problemi nuovi o di sempre ma con una visione proiettata al futuro per la quale immaginare proposte possibili, realizzabili.
Note
1. cfr. https://www.healthycitiesbelfast2018.com/scope-and-purpose. [accessed Dec 03 2018].
2. Human Health è una “categoria di danno” o impatto “endpoint” nelle analisi di impatto ambientale e rappresenta un indicatore normalizzato a livello mondiale, regionale o locale a seconda del carattere dell’analisi e valutazione.
3. Il Healthy Settings Movement deriva dalla WHO Strategy of Health for All lanciata nel 1980. Questo approccio fu più chiaramente esplicitato nel 1986 a Ottawa con la Charter for Health Promotion. http://www.who.int/healthy_settings/about/en/) [accessed Dec 03 2018].
4. “A healthy city is one that is continually creating and improving those physical and social environments and expanding those community resources which enable people to mutually support each other in performing all the functions of life and developing to their maximum potential.” WHO, Health Promotion Glossary (1998).
5. La definizione di salute è data a premessa della Costituzione WHO adottata a NY nel 1946 ed entrata in vigore nell’Aprile 1948.
6. cfr. http://www.who.int/healthy_settings/types/cities/en/. [accessed Dec 03 2018].
7. cfr. i 17 Sustainable Development Goals (SDGs) della “Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” adottata nel 2015 ed entrata in vigore nel 2016.
8. Il DALY è un termine utilizzato in ambito medico ed è stato introdotto in molti metodi di analisi di impatto ambientale, è un indicatore che quantifica l’impatto in termini di numero di anni persi per disabilità o per morte prematura.
9. cfr. http://www.euro.who.int/en/health-topics/environment-and-health/urban-health/who-european-healthy-cities-network/membership/list-of-phase-vi-healthy-cities, [accessed Dec 03 2018].
10. cfr. Shanghai Declaration on promoting health in the 2030 Agenda for Sustainable Development 21 November 2016.
11. cfr. Jennifer L. Pehr, “Health Care and Infrastructure in Accra, Ghana Advanced Issues” in Urban Planning 27 April 2010, http://mci.ei.columbia.edu/files/2013/03/Health-Care-and-Infrastructure-in-Accra-Ghana.pdf [accessed Dec 03 2018].
12. cfr. http://www.worldbank.org/en/news/feature/2014/01/29/welcome-to-the-healthy-villages-in-china [accessed Dec 03 2018].
13. cfr. http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2015/134-15/134-15-lo-studio-dell-oms-sulle-condizioni-dell-ambiente-indoor-a-scuola. [accessed Dec 03 2018].
14. cfr. https://www.who.int/healthy_settings/types/schools/en/ [accessed Dec 03 2018].
15. Dagli anni 90 del secolo scorso nella ricerca di sanità pubblica si è adottata la metodologia Evidence Based (fondata sulla ricerca sperimentale con prove di evidenza) secondo approcci più o meno robusti e generalizzabili. Questa metodologia, propria di ricerche interdisciplinari, in particolare in ambito di scienze mediche e sociali è stata trasferita anche alla ricerca progettuale in rapporto alla salute, nel quadro delle metodologie di verifica della efficacia del progetto in rapporto ai fini.
16. Il modello Kuopio è stato portato avanti anche con il contributo dei ricercatori dello Aalto University Centre for Urban and Regional Studies (YTK) e del Finnish Environment Institute (SYKE) e dei pianificatori di otto città e tre regioni in Finlandia. cfr. Trading Between Land Use and Transportation Planning: The Kuopio Model disponibile a:
https://www.researchgate.net/publication/299807901_Trading_Between_Land_Use_and_Transportation_Planning_The_Kuopio_Model/figures?lo=1&utm_source=google&utm_medium=organic [accessed Dec 03 2018].
17. cfr. http://www.cobe.dk/project/our-urban-living-room#3215 [accessed Dec 03 2018].
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