Introduzione
La relazione tra città e porto, è senza dubbio una delle più conflittuali sia per la complessità e diversità di leggi, regole e attori coinvolti sia per la coesistenza di due culture e logiche di pianificazione differenti, quella urbana e quella portuale. Esse sono il risultato di differenti tradizioni storiche, pratiche, contesti geografici e politici. Questi fattori, che nel corso dei secoli
hanno dato forma ad un puzzle urbano2 e ad una separazione spaziale e sociale, diventano elementi chiave per la comprensione della delicata relazione città-porto.
Il concetto di arcipelago3, qui utilizzato come strumento progettuale e metodologico, racchiude in sé, da un lato l’idea della fatica della coesistenza e della difficoltà di tenere insieme elementi seppur nella loro diversità, dall’altro la volontà di lavorare all’interno di spazi, pratiche e logiche esistenti per modificarle e costruire, come in un arcipelago, nuove geografie e sistemi di relazione spaziali. Lavorare tra città e porto impone quindi ad architetti, urbanisti e legislatori di ripensare sia alle logiche di pianificazione, che guardano alla città e al porto come a due elementi separati, sia alle aree di competenza, individuando gli elementi di intersezione alle differenti scale, all’interno delle quali immaginare scenari di cambiamento ed ibridismi possibili.
Il caso di Rotterdam rappresenta un esempio emblematico. Rotterdam potrebbe essere letta come un grande porto agganciato alla città se si considera che la nuova espansione dista circa 40 km dal centro urbano. Città e porto sono dunque separati da un punto di vista fisico e spaziale. Tuttavia, a questa separazione ha compensato negli anni una stretta collaborazione tra istituzioni locali e nazionali, soggetti privati e istituzioni di ricerca per la definizione di un’agenda di pianificazione condivisa che possa guardare al porto come elemento infrastrutturale strategico per la città, ma allo stesso tempo capace di ristabilire un contatto con la memoria collettiva dei suoi abitanti.
Con-fini e frontiere tra città e porto
I porti seppure spazialmente definiti, sono sottrazioni urbane nella percezione delle comunità, luoghi di frontiera, al confine tra mare e città, spazi dedicati alle relazioni tra merci più che alle relazioni tra individui, “non-luoghi del surmoderno”4 frutto della globalizzazione, spazi segregati e regolati da leggi proprie, diverse da quelle che regolano le città (fig. 1).
Ad un’analisi etimologica dei termini appare chiara la differenza tra confine, come linea geografica di separazione – ma anche di unione – e frontiera come interpretazione culturale del diverso. I due termini, entrambi di derivazione latina, risultano solo all’apparenza sinonimi. Al contrario nascondono profonde differenze. La frontiera era la demarcazione tra il noto e l’ignoto; il confine la linea che segna la fine di una data proprietà, territorio o paese. Il confine è inteso come linea di divisione tra due aree, ma è una linea per l’appunto comune e condivisa; con-fine, suggerisce che quella conclusione sia comune, e quindi non solo una linea di separazione, ma anche di unione e condivisone. La complessità delle dinamiche portuali oggi suggerisce di spostare l’attenzione sull’analisi dei confini non più come elementi di divisione, alla luce di relazioni tangibili e intangibili che hanno completamente dissolto le delimitazioni geografiche.
Nella demarcazione tra città e porto la frontiera e il confine – inteso come divisione – coesistono, rendendo le aree portuali aree inaccessibili e allo stesso tempo ignote. Città e porto sono aree divise da confini di diversa natura. Confini amministrativi, fisici e percettivi separano, di fatto, la città dal mare e dal suo porto. Città e porto ospitano flussi differenti cambiando e trasformandosi con temporalità diverse.5 Infine, città e porto sono pianificate e gestite da soggetti istituzionali differenti con piani e regole che non sempre dialogano tra di loro e sono costretti, quindi, ad un dialogo forzato.
L’interface, inteso come insieme dei differenti luoghi in cui la città fisicamente incontra il porto, diventa il luogo del conflitto6 tra differenti spazi, flussi, soggetti, interessi, visioni e temporalità.7
In molte città questo conflitto è stato risolto grazie a scelte di pianificazione che hanno determinato un allontanamento della macchina infrastrutturale e più dura del porto dalla città (vedi il caso di Rotterdam). In molte altre realtà, soprattutto del Mediterraneo questo non è avvenuto, sia per mancanza di visione strategica, sia per questioni morfologiche e di cultura di pianificazione differenti, che guardavano e guardano al porto come elemento finale del tragitto più che come hub di un sistema logico allargato, facendo spesso percepire il porto come barriera tra città e mare (vedi ad esempio il caso di Napoli).
Diventa quindi necessaria una ridefinizione del tema della relazione e il progetto “Arcipelago di conoscenza” propone una diversa interpretazione del confine tra città e porto a Rotterdam. Esso diventa luogo del dialogo possibile e della negoziazione, linea che divide ma che allo stesso tempo tiene insieme i differenti elementi del mosaico urbano.8
Porto di Rotterdam
Il paesaggio portuale di Rotterdam, che si estende per circa 40 Km dalla città fino ad Hoek van Holland verso il mare del Nord, presenta un carattere fortemente industriale con depositi e raffinerie di petrolio che occupano gran parte delle aree portuali. È un paesaggio frammentato in cui le aree urbane si interfacciano con il porto in modo diverso generando una linea di confine sempre differente e discontinua (fig.2, fig.3).
Fino alla seconda metà del XIX secolo, grazie anche ad una tipologia di commercio differente rispetto al presente, la pianificazione nazionale ha concepito il porto come un elemento urbano e parte integrante del paesaggio. I "Boompjes", le storiche passeggiate che costeggiavano lo storico nucleo portuale testimoniano l’utilizzo del porto come elemento interno alle dinamiche urbane e sociali. Il progresso tecnologico ed infrastrutturale ha radicalmente trasformato i porti a livello globale così come reso conflittuale il rapporto con la città. Nel caso di Rotterdam a partire dalla seconda metà del XX secolo autorità portuale ed enti locali hanno collaborato per migliorare le relazioni tra città e porto. Questo ha significato l’allontanamento del porto dalla città al fine di migliorare la competitività del porto a livello globale (fig.4).
Questo fenomeno ha spostato l’attenzione sulle aree al margine dell’infrastruttura portuale delocalizzata, aree malleabili9 e porose10 che si sono rese disponibili nel tempo a dei nuovi utilizzi rendendo possibile la saldatura tra la città e le vecchie aree portuali (fig. 5).
Rotterdam, negli anni, diventa l'esempio di una città dal cambiamento costante così come dalle differenti personalità. Ci si trova difronte ad un limite aperto e spazialmente esteso come nel caso della sponda nord dove i quartieri occidentali di Rotterdam e le città di Schiedam e Vlaardingen condividono la netta separazione con le zone portuali; oppure con linee chiuse spazialmente circoscritte, come evidente nella sponda sud dove i centri urbani di Heijplaat, Pernis e Rozenburg sono circondati e segregati dal porto.
Il progetto “Arcipelago di conoscenza”, si concentra sulla prima tipologia, sull’interfaccia città-porto di 9 km che divide parte del porto dal territorio urbano diffuso di Rotterdam, Schiedam e Vlaardingen (fig. 6).
Divisioni e distanze
Il progetto “arcipelago di conoscenza”, rappresenta una nuova strategia spaziale per la città di Rotterdam. Esso si concentra sul riformulare la relazione tra città e porto mettendo a fuoco il confine come oggetto autonomo di ricerca, analizzando i benefici di un bordo che da linea diventa spazio, un’area con-fine di transizione tra le due condizioni.
Attualmente il confine è netto, praticamente invalicabile, e molteplice. La linea di demarcazione tra città e porto è qua definita da “no-go zones”, attraversabili solo dagli addetti portuali: la proliferazione di recinzioni e cancelli controllati sono il simbolo dell’inacessibilità dell’area. Infrastrutture segnano e rafforzano gran parte di questo limite, creando un’ulteriore barriera visiva, acustica e spaziale; l’argine (dike) di difesa, protegge la parte urbana lasciando vulnerabile la parte portuale, creando un’ulteriore demarcazione tridimensionale fra le due condizioni. Le differenti realtà amministrative, la separazione infrastrutturale, la distanza tra chi per il porto lavora e il porto stesso – luogo pressoché disabitato – vanno ad aggiungere alla divisone fisica, la distanza percepita: il porto come frontiera, come ignoto, oltre che spazio inaccessibile. Come evidenziato da proiezioni economiche del porto11 (fig.7), elaborate dall’Erasmus University di Rotterdam, la paradossale differenza crescente tra, il valore-aggiunto in aumento e l’occupazione in diminuzione, non farà che aumentare questa sfaccettata divisione.
L’inaccessibilità fisica del porto può essere quantificata anche come accessibilità pubblica all’acqua, infatti le aree portuali fungono da barriera tra gli abitanti e il fiume Mosa. Nell’area presa in esame sul totale di 26km di banchine, solo 3km sono accessibili; esclusivamente l’11% di questo sviluppo lineare sull’acqua è accessibile al pubblico, che vive quindi a ridosso del porto ma senza il beneficio del contatto diretto con l‘acqua.
La difficoltà di confrontarsi con questo limite e proporre nuove soluzioni sono molteplici: gli interessi portuali, l’impenetrabilità dei sistemi che lo governano, il numero degli attori coinvolti e l’estensione geografica della condizione di limite rendono estremamente complesso un confronto efficace.
Ma è proprio nella sua scala (ampia), che il progetto cerca di fare di una debolezza, il punto di forza. Il suo sviluppo lineare lungo la Mosa attraversa diverse condizioni territoriali e amministrative, e le unisce nel loro rapporto con il porto e nel loro mancato rapporto con l’acqua. Il limite è condiviso, e una volta evidenziati i benefici di un nuovo rapporto spaziale, queste diverse realtà’ potranno confrontarsi alla luce di un interesse comune.
Ed è proprio nella linea, che diventa superficie, la matrice della proposta “Arcipelago di conoscenza” (fig. 8).
Archipelago
La proposta si prefigge lo scopo di passare da un’accessibilità pubblica della Mosa dall’attuale 11% al 100%. Questa rivoluzione spaziale è perseguita attraverso lo scavo di nuovi canali, che andando ad isolare le zone portuali attive, creano un waterfront continuo tra queste ultime e la parte urbana. Le zone portuali che sono inaccessibili diventano isole e la città ne evince un accesso all’acqua continuo. Questa nuova linea d’acqua oltre a ridare uno sbocco sul fiume alla città ora negato dal porto, diventa uno nuovo vettore per trasporto pubblico e spazio logistico per le aree portuali (fig. 9).
Knowledge
Il nuovo waterfront è uno spazio pubblico accessibile a disposizione della città e, contemporaneamente, a disposizione del porto. Se la ricerca, il know-how, il management del porto sono servizi di supporto fondamentali, è anche vero che sono spesso dislocati, geograficamente distanti dalle aree portuali stesse. Il nuovo waterfront può ospitare queste funzioni: se da un lato possono beneficiare della prossimità con il porto, dall’altro possono giovare di una concentrazione e di un’ubicazione urbana, guadagnandone in visibilità e integrazione. La ricerca e la conoscenza che supportano un porto tecnologicamente avanzato e logisticamente all’avanguardia possono generare un ‘campus diffuso’, una nuova area urbana ibrida e condivisa tra città e porto (fig. 10).
Da conflitto a negoziazione, da linea a superficie
Città e porto sono regolati da dinamiche di pianificazione differenti. Essi si trasformano sulla base degli interessi dei differenti soggetti e cambiano seguendo temporalità differenti. Oggi il dibattito e il progetto urbanistico contemporaneo ritorna sui temi della rigenerazione urbana ai margini delle grandi infrastrutture e riformula i temi del rapporto tra porto e territorio, spostando l’attenzione sulle aree dismesse o in via di dismissione che possono giocare un ruolo strategico nel ristabilire relazioni morfologiche, culturali e istituzionali tra porto e città alle differenti scale.
Il concetto di porosità diventa materiale del progetto e lo strumento attraverso cui rileggere lo spazio tra città e porto. Vuoti e pieni, edifici dismessi e aree abbandonate si compenetrano favorendo la possibilità di nuovi fenomeni di percolazione spaziale e sociale.
Il waterfront proposto, che parte dall’analisi delle nuove porosità, definisce delle ‘isole’ portuali e restituisce un affaccio diretto al fiume, è solo all’apparenza una linea. Integrata, infatti, con le funzioni del campus diffuso, e includendo servizi ad uso pubblico come spazi verdi, aree sportive, aree gioco, la linea diventa un’area, una superficie.
Questo è il passaggio di stato alla base della la proposta progettuale: la linea di confine, diventa una superficie di con-fine; non una linea di divisione tra due territori diversi ma un’area condivisa tra due realtà, che nella sovrapposizione possono trarre mutuo vantaggio. Questo con-fine vuole stabilire un nuovo rapporto tra città e porto perpendicolarmente al fiume, e tra le diverse realtà territoriali e amministrative, longitudinalmente. Un territorio di mediazione e di speculazione che vuole attrarre i vari stakeholder, dalle comunità locali, le amministrazioni interessate, l’autorità portuale e le entità costituenti il Maritime cluster, e unirli nello scopo comune di ricucire una divisione fisica-temporale-amministrativa che separa il porto dalla città, in un nuovo sistema di mutuo vantaggio.
Note
1. Il progetto “Archipelago di conoscenza” è stato elaborato nel 2016 da Openfabric, Kartonkraft, Mauro Parravicini Architects, Noha, Movemobilty e commissionato da Deltametropool (Research Coordinator), Uenl (Coordinator), Province South-Holland, Regio Drechtsteden, MRDH, Regio Alblasserwaard-Vijfheerenlanden and Gemeente Rotterdam. Per maggiori informazioni visita il sito http://www.openfabric.eu/projects/archipelago-knowledgerotterdam-netherlands/. Ultimo accesso 23-10-2017.
2. B. Secchi, La Città Dei Ricchi E La Città Dei Poveri (Bari: Laterza, 2013).
3. F. Indovina, Dalla Città Diffusa All’arcipelago Metropolitano (Milano: Franco Angeli, 2009).
4. M. Augè, Nonluoghi. Introduzione a Una Antropologia Della Surmodernità (Paris: Elèuthera, 1992).
5. C. Hein, "Temporalities of the Port, the Waterfront and the Port City," PORTUS: the online magazine of RETE 29 (2015). Hein, C. (2016). "Port cities and urban waterfronts: how localized planning ignores water as a connector." WIREs Water 3: 419–438. doi: 10.1002/wat2.1141
6. R. Pavia, and Di Venosa, M., Waterfront. From Conflict to Integration (Trento: LISt Lab Laboratorio. Internazionale Editoriale, 2012).
7. Hein, ibidem.
8. M. Russo, Città Mosaico Il Progetto Contemporaneo Oltre La Settorialità (Napoli: Clean, 2011).
9. "Harbour Waterfront: Landscapes and Potentialities of a Contended Space," TRIA 13, no. special issue (2014).
10. Il concetto di porosità in riferimento ai fenomeni urbani affonda le sue radici nel pensiero del filosofo tedesco Walter Benjamin che nel 1925 scrisse una raccolta di saggi brevi, intitolata “Immagini di città” contenente una serie di immagini urbane. La metafora è stata è stata usata da Walter Benjamin prima per descrivere la città di Napoli e poi più in generale il vivre ensemble mediterraneo. Il concetto è stato poi ripreso da studiosi e urbanisti contemporanei come Bernardo Secchi (Secchi., Paola Viganò (P. Viganò, Secchi, B., , Antwerp, Territory of a New Modernity (Amsterdam: Sun Publishers, 2009). e Cristina Bianchetti (C Bianchetti, Il Novecento È Davvero Finito (Roma: Donzelli, 2011). Il concetto di porosità viene riattualizzato per rileggere e reinterpretare i fenomeni di dismissione e frammentazione del territorio contemporaneo.
11. The strategic value of the Port of Rotterdam for the international competitiveness of the Netherlands.
URL: https://goo.gl/GmbWGa
Riferimenti bibliografici
Augè M., (1992), Nonluoghi. Introduzione a Una Antropologia Della Surmodernità, Elèuthera, Paris, FR.
Bianchetti C., (2011), Il Novecento È Davvero Finito, Donzelli, Roma, IT.
Hein C., (2015), "Temporalities of the Port, the Waterfront and the Port City" in PORTUS: the online magazine of RETE vol. 29.
Indovina F., (2009), Dalla Città Diffusa All’arcipelago Metropolitano, Franco Angeli, Milano, IT.
Pavia R., Di Venosa M., (2012), Waterfront. From Conflict to Integration, LISt Lab Laboratorio Internazionale Editoriale, Trento., IT.
Russo M., (2011), Città Mosaico Il Progetto Contemporaneo Oltre La Settorialità, Clean, Napoli, IT.
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Secchi B., (2013), La Città Dei Ricchi E La Città Dei Poveri, Laterza, Bari, IT.
Viganò P., Secchi B., (2009), Antwerp, Territory of a New Modernity, Sun Publishers, Amsterdam, NL.