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Prove di futuro: tre casi studio europei
Livio SacchiPDF






Molte sono le città che stanno esprimendo, in maniera più o meno convincente, una forte progettualità. Da una sia pur sommaria analisi dei tanti progetti in corso e, soprattutto, delle vision strategiche elaborate da una parte all’altra del mondo, emerge un quadro di grande interesse che, nel suo insieme, sembra configurarsi come una vera e propria nuova utopia urbana, una potentissima spinta verso il nuovo: premessa indispensabile alla costruzione di un futuro migliore. (1) Sappiamo che la necessità di andare verso insediamenti sostenibili e smart non è più rinviabile. Sappiamo anche che la sostenibilità urbana è un concetto concretamente valido rispetto ad alcuni parametri fondamentali e molto concreti quali la produzione di più energia di quanta se ne consumi, la raccolta e il trattamento dei rifiuti all'interno dei propri confini, la raccolta e il riciclaggio delle acque ecc., e come l'edificato e i trasporti siano responsabili per circa il 70% delle emissioni nocive. Naturalmente tali obiettivi devono coesistere con quelli più tradizionali e generali: creare benessere economico e sociale favorendo i meccanismi d’inclusione, la crescita culturale e tecnologica ecc. La città è insomma il campo di battaglia in cui si stanno giocando le sorti dell'umanità. Si tratta di una grande sfida: senza una profonda rivoluzione di pensiero, sarà difficile modificare, nei fatti, lo stato delle cose. Architetture e spazi pubblici di qualità possono far molto in tal senso e gli architetti possono e devono giocare un ruolo fondamentale.
Alla luce di queste brevi - e in parte scontate - considerazioni introduttive, tre fra le tante partecipazioni all’Eurosolar Award 2017 abbiamo scelto tre casi studio particolarmente significativi per le tematiche dibattute su EcoWebTown. (2) Si tratta, non a caso, di esempi europei, non solo perché Eurosolar si rivolge al panorama del nostro continente, ma anche perché l’Europa appare, nel suo insieme, la parte di mondo più sensibile al tema. Si tratta anche di esempi significativi per la diversità geografica, politica, culturale, dimensionale, economica e sociale che esprimono. Il primo è costituito da Oslo, una delle città scandinave più impegnate nel settore. Forte delle sue favorevoli condizioni, la capitale norvegese è oggi la “electrical vehicle capital of the world”. Il secondo è costituito da Kaposvár, piccola città danubiana dell’Ungheria, impegnata in un grande progetto pilota dedicato alla sostenibilità, sullo sfondo della National Energy Strategy ungherese. Il terzo, e ultimo, esempio è infine costituito da Graciosa, un’isoletta atlantica dell’arcipelago portoghese delle Azzorre, che sta provando a convertirsi integralmente alle energie rinnovabili con un progetto che non è azzardato definire game changing, in grado cioè di cambiare le regole del gioco: un modello da seguire per tutte le isole minori.

1. Oslo

Con i suoi oltre 600.000 abitanti, non diversamente da altre città scandinave, Oslo vanta un’elevata qualità della vita e un indice di disuguaglianza particolarmente basso (secondo i dati pubblicati dalla World Bank, il cosiddetto Gini Index vede la Norvegia al primo posto nel mondo). Si tratta inoltre di un’area metropolitana fortemente attrattiva, che non a caso registra buoni tassi di crescita anche dal punto di vista demografico. Oslo è inoltre una grande capitale dell’architettura contemporanea, costituendo l’indiretta conferma del fatto che investire nella qualità dell’architettura e dello spazio pubblico significa contribuire in maniera significativa a una altrettanto buona qualità della vita. Oltre a edifici disegnati da architetti celebri a livello internazionale, da Renzo Piano a MVRDV a Snøhetta (questi ultimi, peraltro, hanno base a Oslo), la città vanta anche un’ancor più significativa qualità diffusa, frutto del lavoro di studi locali emergenti, forse meno noti ma altrettanto di successo nella proposizione di edifici eccellenti sul piano della sostenibilità e, in particolare, dell’efficienza energetica, oltre che dell’immagine: si pensi, per esempio, alle recenti e sperimentali realizzazioni di studi quali A Lab o Nordic. All’interno di tale quadro, indubbiamente positivo, si colloca il progetto di elettrificazione della mobilità. Già nel 2008 la capitale norvegese, dove il traffico era responsabile delle emissioni nocive per circa il 60%, si era posto l’obiettivo di un progressivo alleggerimento di queste ultime con un piano in 10 punti. In primo luogo si spingeva per agevolare l’uso delle biciclette negli spostamenti urbani. Ma queste, per ovvie ragioni climatiche, non sono utilizzabili che in una limitata parte dell’anno. Si è così simultaneamente puntato sulla mobilità elettrica: un programma che ha avuto immediatamente successo, con il progressivo, generalizzato aumento di punti di ricarica e di auto elettriche. Si è partiti, sin dallo stesso 2008, con l’installazione dei primi 400 punti gratuiti che, oltre a costituire un apprezzato servizio, hanno anche dato visibilità al programma, sensibilizzando in tal senso i cittadini. Nel 2013 la città aveva già 7.526 veicoli elettrici. Nel 2014 erano 15.000 (il 20% di quelli circolanti). L’anno seguente il 100% dei veicoli di proprietà municipale erano a emissioni zero. Per il 2025 il 60% dei mezzi di trasporto pubblico saranno elettrici. Per il 2030 Oslo punta a ridurre le emissioni del 50%; per il 2050, ad azzerarle. I successi conseguiti sono, anche, frutto di una serie di incentivi progressivamente entrati in vigore: dall’esenzione dall’IVA a quella dai pedaggi autostradali, dalla possibilità di parcheggiare gratuitamente in aree riservate a quella di percorrere le corsie riservate ai mezzi pubblici. Incentivi in buona parte coperti dalla tassa d’accesso all’interno del ring che circonda la città, un sistema rivelatosi efficace nel ridurre il traffico e le relative emissioni e, di conseguenza, nel migliorare la qualità dell’aria.

2. Kaposv

Piccolo (meno di 65.000 abitanti) ma bellissimo centro storico dell’Ungheria - non a caso città UNESCO aderente, dal 2017, al Global Network of Learning Cities -, Kaposvár s’inserisce in un contesto geografico eccezionale. La città èposta lungo il fiume Kapos, che costituisce, insieme a tre laghi (di cui uno artificiale, il Deseda, realizzato nel 1975) circondati da boschi protetti, uno dei principali corridoi ecologici del Paese. Già nel 1912, cioè oltre un secolo fa, fu posto il problema della qualità della vita (un concetto poco definito all’epoca), con la realizzazione di molti nuovi spazi verdi pubblici. Un percorso virtuoso durato più di un secolo, che nel 2014 ha portato Kaposvár all’adozione di una Integrated Urban Development Strategy, un modello strategico di sviluppo sostenibile che punta all’utilizzo di tutte le possibili fonti di energia rinnovabili localmente disponibili. Un ruolo importante è stato giustamente attribuito al tema della condivisione e coesione sociale e della maturazione culturale dei cittadini; ma anche alla qualità dell’ambiente urbano e, di conseguenza, alla vera e propria qualità architettonica dei nuovi edifici. Nella stessa linea opera il più recente progetto Smart City 2050, al cui interno il raggiungimento dell’autonomia dalle fonti energetiche non rinnovabili appare abbastanza facilmente realizzabile, anche se le strade per ottenerla sono diverse e se molto dipende, evidentemente, dal livello di collaborazione dei cittadini. Le coperture di alcuni grandi edifici, a cominciare dalla stazione ferroviaria, sono state utilizzate come supporto per pannelli solari; i vecchi autobus a gasolio sostituiti da nuovi modelli a CNG (Compressed natural gas), gas naturali derivanti da una locale fabbrica di zucchero, oltre che da veicoli a trazione elettrica, tutti accessibili anche ai diversamente abili; il sistema della mobilità  è stato integrato da una rete di 7 km di piste ciclabili oltre che da 170 biciclette elettriche per uso pubblico; tutti i veicoli in carico alla municipalità sono elettrici, mentre fra gli incentivi rivolti ai privati che optano per le auto elettriche c’è la possibilità di parcheggiare gratuitamente. L’impianto di riciclaggio dei rifiuti, gestito da una società che opera in coordinamento con altre municipalità vicine, contribuisce in maniera significativa ai fabbisogni energetici provvedendo, per esempio, al riscaldamento della piscina e della spa comunali. In questa linea, sono partiti una serie di progetti di bonifica di vecchie discariche e altre aree inquinate. All’interno della sopra citata sensibilizzazione culturale dei cittadini si collocano campagne che mirano alla diffusione di comportamenti ambientalisti per lo shopping e, quindi, per un consumismo consapevole, nonché a una crescente attenzione sociale per la raccolta differenziata dei rifiuti e per il cosiddetto home composting, il compostaggio domestico dei rifiuti organici. Fra i tanti adeguamenti smart cui è stata sottoposta la città, si segnalano infine i nuovi impianti interattivi di illuminazione pubblica, sensibili quindi al movimento di persone e veicoli.

3. Graciosa

Graciosa è la più settentrionale del gruppo centrale delle Azzorre, un arcipelago posto in mezzo all’Atlantico a grande distanza dalle coste meridionali del Portogallo. Si tratta di un’isola vulcanica di oltre 60 kmq che ospita tuttavia meno di 5.000 abitanti, in buona parte concentrati nel capoluogo Santa Cruz de Graciosa (Ischia, per citare un caso a noi più vicino, supera di poco i 46 kmq ma conta stabilmente oltre 64.000 abitanti). Non diversamente da altre piccole isole, soprattutto quelle più distanti dalla terraferma, Graciosa ha guardato alla sostenibilità energetica per almeno due evidenti motivi: gli alti costi dei rifornimenti e il delicato equilibrio proprio di ecosistemi relativamente chiusi e delicati e, al tempo stesso, di grande pregio paesaggistico e naturalistico. L’energia elettrica proveniva da generatori alimentati a gasolio, quest’ultimo veniva importato dal Portogallo utilizzando navi petroliere. L’uso di energie rinnovabili era limitato al 15% del fabbisogno complessivo annuo. Il modello di sviluppo previsto è fondato su di un innovativo sistema ibrido in grado di immagazzinare, alla grade scala, energie rinnovabili direttamente sulla rete di distribuzione, realizzato in collaborazione con la EDA, Electricidade dos Açores, la compagnia elettrica delle Azzorre. La sua entrata in funzione ha già permesso di incrementare le rinnovabili fino a coprire i 2/3 del fabbisogno. Una centrale di controllo e gestione intelligente realizzata ad hoc dalla Younicos - una società molto nota nel settore con sedi a Berlino e ad Austin, in Texas - lavora in combinazione con un complesso di batterie da 3.2 MW, un parco eolico di 4.5 MW e una solar farm, grande impianto fotovoltaico da 1 MW. La progressiva riduzione dei costi delle batterie consentirà, nel tempo, ulteriori risparmi. Ma già adesso l’energia eolica e solare riescono ad alimentare gran parte dei consumi dell’isola, mentre il preesistente impianto a gasolio serve solo da back-up in caso di condizioni meteorologiche sfavorevoli (in assenza, cioè, di sole e di vento). Il periodo in cui verrà raggiunto il cosiddetto pay back, cioè il tempo necessario a compensare gli investimenti con l’arrivo di flussi di danaro positivi, è stimato in 15 anni.

I tre esempi proposti, molto differenti fra loro, costituiscono altrettante testimonianze di sperimentazioni in grado di cambiare, per il meglio, la qualità della vita degli abitanti. Le diversità che presentano dimostrano che non è vero che simili soluzioni sono praticabili solo nei Paesi ricchi del nord Europa, in contesti socio-culturali particolarmente coesi e favorevoli. Dimostrano invece che non esiste un’unica strada per raggiungere risultati: servono percorsi diversi e integrati fra loro, che si adattano ai diversi contesti, contribuendo alla progressiva crescita della sensibilità ambientale. Una strategia che richiede tempo e impegno, ma che non si può non percorrere.   

Note

1. Cfr. L. Sacchi, Metropolis, Il disegno delle città, Gangemi, Roma 2017.

2. Cfr.: www.eurosolar.de Eurosolar, European Association for Renewable Energies, è un’associazione non profit fondata nel 1988 con sede a Bonn.  Il presidente è Peter Droege; la sezione italiana è presieduta da Francesca Sartogo. Chi scrive fa parte del Board of Trustees.