Il rapporto tra Sostenibilità e Innovazione tecnologica nella progettazione dell’ambiente urbano a cura di Filippo Angelucci

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Valorizzazione del patrimonio immobiliare e territoriale: riflessioni per un approccio integrato.
Antonio Basti
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La gestione e valorizzazione del diffuso patrimonio ambientale ed immobiliare italiano rappresenta oggi uno dei  temi più rilevanti sia rispetto alle politiche di governo del territorio e della città, sia rispetto alle più ampie prospettive di rilancio del settore edilizio. Si pensi solo al recente disegno di legge sulla "riduzione del consumo di suolo" licenziato dalle Commissioni Ambiente e Agricoltura della Camera dei Deputati, dalla lettura del quale emergerebbe una drastica scelta di riduzione, se non addirittura di blocco per i primi tre anni dall'entrata in vigore, delle nuove edificazioni, fatti salvi i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici e le opere della Legge obiettivo considerate prioritarie. La proposta continua fissando al "50% della media di consumo di suolo di ciascuna Regione nei cinque anni antecedenti" il limite massimo consentibile nel successivo periodo per le nuove edificazioni.
Un tale scenario, peraltro ampiamente condivisibile dal punto di vista dei vantaggi ambientali ed economici conseguibili , non giunge nuovo considerate le iniziative che negli ultimi anni da più parti si sono succedute sul tema della riqualificazione, riuso e rigenerazione urbana (Angrilli, 2013). Si pensi ai contributi forniti dall'INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), dalla SIU (Società Italiana di Urbanistica) e da Legambiente al dibattito sulle nuove forme di governo del territorio e di valorizzazione dei beni comuni ai fini di un uso sapiente ed equilibrato delle risorse ambientali e insediative (Russo, 2014; Legambiente, 2013). Si pensi inoltre alla proposta di programma di sviluppo per l’Italia "RI.U.SO" (RIgenerazione Urbana SOstenibile) promosso nel 2012 da CNA (Consiglio Nazionale Architetti), ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) e LEGAMBIENTE (Capuani, 2012) e proseguita nel 2014 con il documento "Efficienza energetica in edilizia" orientato ad una diffusa riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano, specie pubblico , intesa come volano economico ed occupazionale. O all'iniziativa promossa dal Senatore Renzo Piano con la costituzione del Gruppo di lavoro G124, che lavora per progettare la riqualificazione delle periferie delle città italiane su diversi temi: l’adeguamento energetico, il consolidamento e il restauro degli edifici pubblici, i luoghi d’aggregazione, la funzione del verde, il trasporto pubblico e i processi partecipativi per coinvolgere gli abitanti (http://renzopianog124.com).
Da questo primo quadro di riferimento emerge il ruolo propulsivo affidato al settore pubblico tanto ai fini della regolamentazione delle modalità di intervento sul territorio, quanto ai fini della concreta proposizione, programmazione ed attuazione di interventi pilota, con finalità dimostrative,  orientati al recupero edilizio ed urbano del patrimonio da questo detenuto.

Strumenti di gestione del patrimonio immobiliare

A solo scopo esemplificativo vale la pena di rammentare che recenti studi sulla consistenza e rilevanza economica di detto patrimonio hanno evidenziato una dotazione di circa 1.000.000 di immobili di cui circa 800.000 di proprietà delle Amministrazioni Locali e ben 700.000 dei Comuni (Nomisma, 2014). Di questi ultimi circa il 90% in termini di superfici occupate è adibito ad usi istituzionali (uffici, scuole, caserme, ecc.). Dal punto di vista della rilevanza economica detto patrimonio ha un valore di circa 421 mld di euro (circa il 23% del debito pubblico) ed un rendimento attuale di circa lo 0,5%.  Anche in questo caso la quota attribuibile alle Amministrazioni Locali risulta pari all'82% (345 mld di euro). Di questa una quota pari a circa il 10% (circa 35 mld di euro) risulta libera, quindi disponibile ai fini della attivazione di processi di valorizzazione, e per circa la metà è ubicata in piccoli Comuni con meno di 30.000 abitanti (Reviglio, 2011). Agli immobili già liberi si aggiungono quelli resi disponibili dalle dismissioni operate dal Ministero della Difesa (ex caserme) e quelli resi disponibili a seguito dell'attuazione del piano di razionalizzazione dei fabbisogni allocativi degli uffici pubblici, basato sulla ottimizzazione degli spazi oggi occupati dalle PA. Il piano nella sua ultima stesura (art. 24, D.L. 66/2014) dovrebbe produrre per il periodo 2014/2019, un risparmio di spesa complessivo superiore a 120 milioni di euro annui. Secondo quanto indicato, ciascuna amministrazione dal 2016 dovrebbe garantire una riduzione rispetto al 2014 di almeno il 50% della spesa per locazioni e di almeno il 30% degli spazi utilizzati. Il nuovo piano di razionalizzazione nazionale dovrebbe assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto (tra 20 e 25 metri quadri), un complessivo efficientamento della presenza territoriale attraverso l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili
Anche dal punto di vista della dotazione degli strumenti procedurali e tecnico-amministrativi necessari per innescare tale processo di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, si è assistito negli ultimi anni ad una significativa produzione normativa, a partire dall’art. 58 del D.L. 112/2008, documento fondamentale per la concreta attuazione delle politiche di dismissione (cartolarizzazione) e valorizzazione. Nel tempo, tutti gli strumenti  normativi che si sono succeduti hanno cercato di focalizzare obiettivi e finalità dei processi di valorizzazione, individuando in primis la necessità di garantire la tutela degli interessi della collettività e di favorire lo sviluppo socio economico delle comunità locali e del territorio (Lazzarotti, 2014; Tronconi, 2012; Truppi, 2012). Hanno inoltre sentito l'esigenza di ampliare la loro sfera di influenza, andando a considerare non solo il governo dei processi di riuso relativi ai singoli immobili, compresi quelli soggetti a tutela , ma anche la individuazione di nuovi strumenti di pianificazione, necessari a collocare le scelte di valorizzazione nel più vasto ambito delle politiche territoriali.
E' il caso dei PUVaT (Programmi Unitari di Valorizzazione del Territorio) introdotti dall’art. 27 del D.L.  201/2011 all’interno della Legge di regolazione della gestione degli Immobili Pubblici con l'art. 3-ter del D.L. n. 351/2001 ), che rappresentano uno degli strumenti normativi più innovativi fra quelli finalizzati alla attuazione dei processi di valorizzazione . Nati come strumenti di cooperazione e co-pianificazione interistituzionale orientati al governo di iniziative di sviluppo sostenibile locale, in coerenza con gli indirizzi di programmazione economica e territoriale, individuano come obiettivo finale quello di promuovere, coordinare e supportare i processi di rifunzionalizzazione di immobili di proprietà dello Stato, di Enti territoriali e di altri soggetti pubblici ricadenti in un medesimo territorio (Demanio militare, Regioni, Province, Comuni, ecc.), in stretto riferimento al contesto sociale ed economico nel quale tali immobili si collocano. Questo sia al fine di garantire una migliore utilizzazione e razionalizzazione delle dotazioni immobiliari pubbliche, sulla base di intese fra gli Enti pubblici interessati (accordi di valorizzazione), sia al fine di incentivare, sempre sulla base di processi competitivi e comparativi, nuove forme di partenariato pubblico-privato orientate alla inclusione degli interessi del mercato e degli imprenditori, specie per quanto attiene alla riqualificazione e rigenerazione di contesti urbani degradati , nei quali sono spesso presenti rilevanti portafogli di immobili pubblici abbandonati o sottoutilizzati (Ascioni, 2013). Da quanto detto, emerge il ruolo di leasdership affidato agli EE. LL., ed ai Comuni in particolare,  nel farsi promotori e coordinatori di iniziative di valorizzazione immobiliare, in quanto tra l'altro attori anche delle scelte di programmazione e pianificazione urbana e territoriale. Ruolo riconosciuto e rafforzato anche dalle recenti  disposizioni normative in tema di "federalismo demaniale" introdotte dall’articolo 56 bis del D.L. 69/2013 (decreto del fare) e dall'art 26 del D.L. 133/2014 (sblocca  Italia), entrambi orientasti a consentire il trasferimento a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di beni immobili dello Stato siti nei rispettivi territori e non più utili alle finalità istituzionali, anche mediante trasformazione della loro destinazione urbanistica.
D'altro canto già il "Codice dei beni culturali e del paesaggio" individuava nella Valorizzazione Integrata del Territorio (art. 111, D.L. n. 42/2004) uno degli strumenti metodologici ed operativi indispensabili ai fini della promozione e sostegno allo sviluppo economico delle comunità locali, da perseguirsi mediante la “ … costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, … ”. In buona sostanza un coinvolgimento  trasversale delle comunità locali, attuato attraverso la messa in rete dei principali portatori di interesse, e finalizzato a costituire un'offerta integrata delle risorse, pubbliche e private, capace di generare impatti economici diretti (es. l'esternalizzazione di attività e servizi legati alla gestione dei beni culturali) e indiretti (es. diversificazione e destagionalizzazione dell'offerta, incremento i flussi turistici, insediamento di attività produttive complementari al settore culturale, aumento della attrattività di maggiori risorse umane e finanziarie) (Roma, 2012).
In sintesi appare quindi possibile affermare che qualsiasi azione di valorizzazione del patrimonio immobiliare e territoriale, debba necessariamente estrinsecarsi attraverso:

Metodologie per il riuso del patrimonio edilizio

Volendo approfondire gli aspetti più specificamente legati al riuso e riqualificazione del patrimonio immobiliare, appare necessario evidenziare come diversi autori (AA.VV., 2014; Tronconi, 2006) evidenzino la necessità di provvedere, oltre alla definizione degli indirizzi  politici e dei correlati atti amministrativi (accordi di programma, ecc.), anche ad una verifica preliminare della sussistenza delle condizioni di sostenibilità economico-finanziaria, funzionale e tecnica delle azioni di trasformazione da intraprendere. Lo strumento più appropriato cui affidare tale compito è appunto individuato in uno "studio di fattibilità", attraverso il quale approfondire da un lato la conoscenza delle caratteristiche fisiche e funzionali del bene oggetto di valorizzazione, dall'altro verificarne la compatibilità con le nuove esigenze fruitive, in termini di dotazione spaziale e distributiva, così come di rispondenza agli attuali requisiti normativi riguardo alla sicurezza (statica, sismica, antincendio), all'accessibilità, all'efficienza energetica ed alle sue ricadute in termini di costi di gestione e di salubrità degli occupanti (Basti, 2008; Malighetti, 2011). Dal primo punto di vista (la sicurezza statica e sismica) va evidenziato come questa incida in maniera determinante nella configurazione dei possibili scenari d'uso, limitando molto la possibilità di prevedere destinazioni d'uso pubbliche o aperte al pubblico per il maggiore livello di sicurezza richiesto, che potrebbe determinare la necessità di un adeguamento delle strutture esistenti ai livelli previsti dalle attuali norme , intervento economicamente molto oneroso. Fanno eccezione i soli beni di interesse culturale per i quali, ai sensi del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (art. 29, D.L. n. 42/2004) è possibile limitarsi ad interventi di miglioramento (effettuando la relativa valutazione della sicurezza). Un discorso analogo riguarda l'accessibilità, anche se in questo caso sarà possibile individuare zone con diversi livelli di adeguamento in ragione della loro destinazione.
Caso diverso invece è quello della riqualificazione energetica in quanto, a differenza delle tematiche precedenti, questa incide non solo sui costi iniziali di ristrutturazione ma anche sui ben più importanti costi di gestione (De Santoli, 2010). Recenti studi condotti sul patrimonio edilizio pubblico esistente, evidenziano ad esempio come la realizzazione di questi interventi porterebbe a conseguire dei risparmi diretti pari a circa l’8% annuo delle spese attualmente sostenute. Porterebbe inoltre a conseguire più interessanti benefici indiretti derivanti dal miglioramento della qualità ambientale interna post intervento, con riduzione stimata dell'80% dei costi del personale connessi alle assenze per malattia “sik building sindrome” e relativo aumento della produttività (Piardi, 1999; Citterio, 2009). Il tema del miglioramento energetico del patrimonio edilizio pubblico è stato di recente affrontato anche dalla  direttiva comunitaria 2012/27/UE sull’efficienza energetica, recepita dallo Stato Italiano con D.L. n° 102/2014. Anche in questo caso la norma esclude i beni di interesse culturale " ... nella misura in cui il rispetto di determinati requisiti modificherebbe in maniera inaccettabile il loro carattere o aspetto ...". Data però l'importanza dell'argomento, anche ai fini del miglioramento della qualità ambientale interna, di recente il MiBAC (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) ha emanato delle Linee Guida finalizzate a disciplinare gli interventi di miglioramento energetico nel patrimonio culturale (MiBAC, 2015) che, in coerenza con gli indirizzi normativi, focalizzano l'attenzione sul " ... funzionamento passivo del manufatto edilizio ..." e sulla riduzione del fabbisogno energetico basata sul miglioramento delle prestazioni di involucro e sullo sfruttamento (e controllo) degli apporti termici gratuiti, anche solari. Alcune di queste strategie, come ad esempio l'integrazione architettonica di serre solari, oltre a produrre un minor costo energetico dell'edificio, possono peraltro consentire un interessante aumento delle superfici e volumi utili, tali da migliorare anche la fruibilità degli immobili oggetto di riuso  (Sala, 2001; AA. VV., 1997).
Sulla scorte delle precedenti considerazioni, oltre che degli esiti esemplificativi descritti successivamente, si ritiene utile proporre di seguito un breve, ancorché non esaustivo, quadro sinottico delle azioni strumentali allo sviluppo e formulazione di uno "studio di fattibilità" finalizzato alla attivazione di processi di valorizzazione di immobili pubblici.

Sperimentazioni applicative

A puro titolo esemplificativo si riporta di seguito un breve resoconto di un'esperienza di studio e ricerca condotta in occasione della collaborazione scientifica ancora in corso fra il Dipartimento di Architettura di Pescara ed il Comune di Scafa (PE). Sviluppato inizialmente come Tesi di Laurea ed attualmente in fase di trasferimento al contesto di studio, il lavoro ha permesso di evidenziare le significative potenzialità applicative dei processi di valorizzazione integrata dei territori, finalizzata alla promozione e sostegno dello sviluppo economico delle comunità locali.
Avviato con lo scopo di individuare i possibili scenari di rifunzionalizzazione di un immobile di particolare interesse storico-identitario, di proprietà dell'Ente locale ed oggi in disuso, il lavoro ha esteso la sua attenzione alla conoscenza preliminare delle  risorse presenti sul territorio, in modo da rendere gli interventi il più possibile coerenti con le esigenze della collettività. L'analisi ha portato alla luce un complesso e ricco patrimonio ambientale, culturale, agroalimentare e storico architettonico , punto di forza per l’attrattività turistica e riferimento significativo per la  individuazione della vocazione d’uso dell'immobile.
Sulla scorta di queste conoscenza la strategia di riuso scelta è stata quella di far assumere al manufatto il ruolo di catalizzatore dei flussi materiali e immateriali legati alla fruizione del territorio, cercando di prefigurane un modello d’uso e di gestione capace di accogliere i diversi tipi di utenza (turistica, commerciale, termale, ecc.) e di considerare anche l’utenza “debole”, ponendo quindi particolare attenzione all’accessibilità e alla mobilità  lenta, preferibilmente ciclo-pedonale. Alla scala dell'edificio l'ipotesi di riuso si è concentrata sulla sostenibilità sociale ed ambientale degli interventi, prefigurando da un lato modelli gestionali, funzionali e distributivi capaci di creare opportunità occupazionali per giovani e gli artigiani residenti, dall’altro individuando soluzioni energetiche e bioclimatiche orientate alla riduzione dei consumi in fase d’uso, in modo da contenere anche i costi di esercizio (Laerzio, 2014).


Riferimenti Bibliografici

Arcidiacono A. et al., 2014, a cura di, Rapporto 2014 Consumo di suolo. Politiche, strumenti e proposte legislative per il contenimento del consumo di suolo in Italia, INU Edizioni.
Angrilli M., 2013, a cura di,  L'urbanistica che cambia. Rischi e valori, Franco Angeli Edizioni.
Russo M., a cura di, 2014, Urbanistica per una diversa crescita. Una discussione della Società italiana degli urbanisti, Donzelli Editore.
Legambiente, 2013, Fermiamo il consumo di suolo (www.legambiente.it/sites/default/files/docs).
Capuani M., Gallione M., Pisciotta P., 2012, a cura di, RIUSO 01 DOSSIER, Strumenti per il professionista, CSAPPC - Centro Studi Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori (www.awn.it/pubblicazioni/documenti-ri-u-so).
Nomisma, 2014, Il patrimonio immobiliare 2014 (www.nomisma.it/index.php/it/temi/immobiliare/osservatorio-immobiliare).
INU, 2014, Governo del territorio, Consumo di suolo, Difesa del suolo. Disegni e progetti di legge a confronto (http://consumosuolo.org).
Reviglio E., 2011, Elaborazioni su dati del Conto Patrimoniale della Pubblica Amministrazione. Stime 2001-2004, Seminario MEF, 30 settembre 2011.
Lazzarotti R., 2014, a cura di, Passati prossimi. La valorizzazione dei territori storici in chiave di sviluppo locale, INU Edizioni.
Tronconi O., Manfredi L., 2012,  La valorizzazione immobiliare, Metodi e progetti, Maggioli Editore.
Truppi C. 2012, Tutela e valorizzazione del patrimonio territoriale, TECHNE-Journal of Technology for Architecture and Environment, n° 3-2012, FUP (Firenze University Press).
Ascioni S., 2013, La procedura di dismissione del patrimonio pubblico immobiliare, Exeo Edizioni.
Roma G., 2012, Coesione e sviluppo locale, in Clementi A., Di Venosa M., a cura di, Pianificare la ricostruzione. Sette esperienze dall’Abruzzo, Marsilio Editore.
AA. VV., 2014, Strategie e strumenti di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, Agenzia del Demanio (www.agenziademanio.it).
Tronconi O., Bellintano S., 2006, a cura di, Valutazione e valorizzazione immobiliare, Il Sole 24 Ore Edizioni.
Basti A., Forlani M.C., 2008, a cura di, Recupero e riqualificazione del borgo di Castelbasso. Un’esperienza di Progettazione Ambientale, ALINEA Edizioni.
Malighetti L. E., 2011, Recupero edilizio. Strategie per il riuso e tecnologie costruttive , Il Sole 24 Ore Edizioni.
De Santoli, L., 2010, La gestione energetica degli edifici. Flaccovio Editore.
Piardi S., 1999, Costruire edifici sani: guida alla scelta dei prodotti, Maggioli Editore.
Citterio M., Fasano G., 2009,  Indagine sui consumi degli edifici pubblici e sulle potenzialità di efficienza energetica, Report di ricerca, ENEA Edizioni.
MiBAC, 2015,  Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale. Architettura, centri e nuclei storici ed urbani.
(www.beap.beniculturali.it/...Linee_indirizzo_miglioramento_efficienza_energetica_nel_patrimonio_culturale.pdf).
Sala M., 2001, a cura di, Recupero edilizio e bioclimatica, Esselibri Edizioni.
AA. VV., 1997, Solar Energy in Building Renovation, James & James.
Laerzio L., 2014, Proposta di riuso sostenibile del patrimonio immobiliare pubblico: l'ex convento delle Clarisse a Scafa (PE), Tesi di Laurea, Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Architettura, Pescara.


Note

1    Vale solo la pena di ricordare che ogni nuova edificazione produce una perdita irreversibile di suolo vergine, bene non fungibile e non rinnovabile, fondamentale per la conservazione degli ecosistemi, le produzioni agricole, la riduzione dell’anidride carbonica, la raccolta e di filtraggio delle acque meteoriche, il supporto fisico e morfologico per le attività antropiche oltre che componente essenziale per la caratterizzazione del paesaggio (Arcidiacono, 2014).

2    Il territorio e le sue componenti culturali, ambientali, naturali, paesaggistiche, urbane, infrastrutturali, costituisce bene comune, di carattere unitario e indivisibile, che contribuisce allo sviluppo economico e sociale della Nazione (INU, 2014).

3    Al riguardo la Direttiva 2012/27/UE del Parlamento e del Consiglio Europeo sull’efficienza energetica sottolinea il ruolo guida del settore pubblico, individuandolo quale ambito prioritario di intervento sia per le sue potenzialità come volano di diffusione della cultura dell’efficienza energetica tra i cittadini, sia per la sua consistenza in quanto quota considerevole del parco immobiliare.

5    Nell’ambito del tema generale della valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, i beni culturali costituiscono una vera e propria “questione” a se stante, che per ragioni di spazio non verrà trattata nel testo.

6    Convertito nella Legge n. 214/2011, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

7    Convertito con modificazioni nella Legge n. 410/2001, Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

8    Oltre ai PUVaT dobbiamo ricordare il "Conferimento a  fondi immobiliari" (art. 33 del D.L. 98/2011); i " Programmi unitari di valorizzazione" (art.3, comma 15 bis del DL n.351/2001) e la "Concessione di valorizzazione" (art. 3 bis del D.L. n. 351/2001) basata sul partenariato pubblico-privato, che consente di dare in concessione o locare a privati, a titolo oneroso, beni immobili di proprietà dello Stato per la loro riqualificazione e riconversione con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso per lo svolgimento di attività economiche.

9    Si veda al riguardo l’esperienza condotta da Agenzia del Demanio con riferimento al PUVaT della Città di Bologna (www.agenziademanio.it/opencms/it/notizia/PUVat-Bologna).

10   Convertito con modificazioni, dalla Legge n. 98/2013, Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.

11   Convertito con modificazioni dalla Legge n. 164/2014, Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive.

12   Ci si riferisce alle NTC08, Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008 e alle relative Istruzioni applicative del 2009 (G.U. n. 47 del 26/2/2009), oltre alle indicazioni della Protezione Civile per gli immobili pubblici sottoposti a verifica sismica (DPC. SISM. 0083283 del 4/11/2010).

13   Il territorio, conosciuto anche come Terra dei Marrucini, ha costituito luogo dell’insediamento antropico già in epoca pre-romana, come testimoniano gli insediamenti dell’età della pietra e del ferro (villaggio neolitico di Catignano, Grotta di Bolognano, necropoli di Tocco da Casauria). Ad oggi vanta la presenza diffusa di Centri Storici minori, castelli, palazzi, edifici di culto e dei musei; del Parco Nazionale della Maiella, del Parco Regionale del Lavinio e vegetazionale dell’Orta, oltre che delle riserve naturali di Monte Rotondo e dell’Orfento; di diverse attività imprenditoriali accreditate a livello internazionale nella coltivazione e trasformazione vitivinicola; di giacimenti sulfurei e relative acque curative intorno ai quali si sono strutturate nel tempo diverse attività produttive e ricettive; di santuari già da tempo oggetto di numerosi pellegrinaggi.

Fig. 01. Schema esemplificativo di tutte le fasi di attuazione di un programma di valorizzazione. Fig. 02. Schemi interpretativi del territorio oggetto di studio (Laerzio, 2014). Fig. 03. Analisi delle risorse del territorio: il sistema dei siti e dei percorsi di interesse naturalistico ed enogastronomico (Laerzio, 2014). Fig. 04. Schemi interpretativi del sistema della mobilità e della percorribilità ciclo-pedonale (Laerzio, 2014) Fig. 05. Vista dell'area allo stato attuale (a sinistra) e nella configurazione di progetto (a destra). Si noti la rimodellazione del terreno per il miglioramento della accessibilità e della fruibilità dello spazio esterno  (Laerzio, 2014). Fig. 06. Rilievo del manufatto (a sinistra) e ipotesi di integrazione delle nuove funzioni (Laerzio, 2014). Fig. 07. Configurazione attuale (piano rialzato) e ipotesi di integrazione di una serra solare con funzione bioclimatica (Laerzio, 2014).