Il rapporto tra Sostenibilità e Innovazione tecnologica nella progettazione dell’ambiente urbano a cura di Filippo Angelucci

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Spazi pubblici sicuri e inclusivi
Christina Conti, Ilaria Garofolo, Valeria Tatano
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Abstract:
L’intervento illustra le principali ricerche svolte presso gli Atenei di Trieste, Udine e Venezia nel campo della fruizione in sicurezza di spazi di uso pubblico, che si connotano per un approccio multi scalare e transdisciplinare, che superano la visione delle soluzioni “a norma” basate sul concetto di utente standard. Tale approccio non trascura la dimensione del desiderio dell’uomo di fruire di tutte le potenzialità che un contesto “abilitante” sarebbe in grado di offrire, ovvero di usare spazi, beni e servizi in sicurezza e con il massimo grado di autonomia possibile, traendo giovamento nel farlo.
Tali percorsi di ricerca, svolti a livello nazionale e internazionale, si focalizzano sul ruolo svolto dal progetto per elevare il grado di accessibilità di spazi e beni di uso pubblico, con ciò contribuendo ai processi di inclusione sociale e di responsabilizzazione delle comunità per la trasformazione sostenibile dell’habitat.

Parole chiave
Progettazione inclusiva
Accessibilità
Sicurezza in uso
Spazi pubblici
Progettazione per tutti

 

Introduzione
L’approccio che caratterizza la ricerca progettuale nel settore della Tecnologia dell’Architettura non può e non deve trascurare la dimensione del desiderio e dell’aspirazione dell’uomo di fruire di tutte le potenzialità che il contesto gli offre – o sarebbe in grado di offrire se “abilitante” – ovvero di usare spazi, beni e servizi in sicurezza e con il massimo grado di autonomia possibile, traendo giovamento e godimento nel farlo, in base alle capacità e funzionalità che in un determinato momento egli possiede (Accolla, 2009).
Dal 2011 presso le Università di Trieste, Udine e IUAV di Venezia è attiva una rete di ricercatori che nelle proprie sedi hanno maturato esperienze di didattica e di ricerca imperniate sui temi della fruibilità di spazi, beni e servizi, declinata sia in termini di accessibilità ambientale che di sicurezza inclusiva. Tale rete, anche in collaborazione con colleghi operativi in altre sedi e nell’ambito di Accessibility Labs attivati presso altre Università1 e del cluster Accessibilità Ambientale della società scientifica SITdA2, si è consolidata nel tempo attraverso la partecipazione ad attività comuni finalizzate alla promozione della cultura della progettazione inclusiva (tra cui il Workshop residenziale “Nastro verde: Progettazione per il Turismo Accessibile”, Aquileia 27.6-5 7.2011 e il Focus Group interdisciplinare “Accessibilità come risorsa per la valorizzazione dei luoghi di interesse culturale”, Brescia 30.09-1.10.2011) e alla formazione di professionisti con un atteggiamento mentale aperto ad una visione del progetto basata sui criteri dello Human Centered Design. I progetti di ricerca promossi congiuntamente o presso le singole sedi, alcune finalizzate con successo3, e i prodotti della ricerca sono stati divulgati attraverso pubblicazioni e la partecipazione a convegni e incontri nazionali e internazionali.
Punto di partenza condiviso tra i ricercatori è che l’accessibilità in sicurezza di uno spazio o un edificio pubblico si configura, più che come un prodotto, come un processo in evoluzione, che parte da un’iniziale conflittualità tra esigenze contrapposte e tende ad un reciproco adattamento dei valori e dei comportamenti nell'ambiente condiviso (Fig.1).

Su questa base, non potendo essere definita in senso assoluto, l’accessibilità è assunta come “sintesi dei livelli di soddisfacimento” correlati ai diversi profili d’utenza (Laurìa, 2014). Da ciò deriva che l’efficacia del progetto è fortemente vincolata da molteplici fattori di diversa natura ed entità e che l’accessibilità di uno spazio è legata, oltre che alla presenza di elementi “facilitatori” dell’ambito fisico, alla possibilità di ricorrere ad ausili che supportino le persone nella quotidiana esperienza dell’ambiente vissuto.
Molteplici sono le dimensioni dell’accessibilità che sono esplorate nelle ricerche condotte dal gruppo, e diversi i livelli di approccio al tema.
A livello macro, i temi affrontati partono dalla considerazione che l’accessibilità è anzitutto un concetto etico, di giustizia sociale, e che come tale ha a che fare con l’inclusione o l’esclusione; da qui discendono le ricerche concernenti le modalità per governare processi decisionali e di progetto partecipati. A livello meso, i temi di ricerca riguardano l’accessibilità in sicurezza come requisito garantito da un apparato tecnico-normativo, cui però non corrisponde sempre una qualità progettuale ed esecutiva adeguata. Le ricerche mirano quindi a garantire un’inclusione spaziale, e di conseguenza sociale, anche in caso di emergenza, ampliando l’autonomia di fruizione degli spazi per tutti.
A livello micro, le ricerche considerano l’accessibilità come esperienza individuale, come possibilità di fruizione di uno spazio, di un bene, un servizio in sicurezza e con la massima autonomia possibile. Scopo di tali approfondimenti è di fornire indicazioni tecniche e soluzioni di dettaglio per la progettazione di unità funzionali coerenti con la composizione degli ambienti e prestazionalmente adeguate per una fruibilità inclusiva.
Da tale complessità deriva un lavoro di ricerca basato su un approccio multi-scalare e trans-disciplinare in grado di superare lo scollamento tra persone e luoghi, grazie all’individuazione di tutti quegli elementi facilitatori che consentano di superare situazioni di potenziale “vulnerabilità” o “rischio” (le barriere di diverso tipo) e per un’interazione tra luoghi e fruitori che precluda la discriminazione. Elementi che possono identificarsi sia nelle caratteristiche fisiche possedute dallo spazio o di cui può essere dotato, sia nella possibilità di mettere in atto tutte quelle misure compensative (con il ricorso alle più avanzate tecnologie o alla fornitura di servizi) per integrare l’accessibilità fisica, o determinare l’accessibilità equivalente quando quella fisica sia impossibile da perseguire.

Ricerche sui temi dell’accessibilità in rapporto alla qualità degli spazi urbani e dei luoghi di interesse culturale
In diversi contesti culturali, il progetto accessibile è agito come un “sapere abilitante” per la qualità della vita (Laurìa, 2014); aumentando le possibilità di ognuno di partecipare attivamente alla crescita della comunità sulla base di pari opportunità, il requisito ambientale dell’accessibilità soddisfa i bisogni delle utenze più deboli e al contempo è riconosciuto come risorsa collettiva. Diversamente, in Italia l’esperienza mostra l'accessibilità è un requisito carente o trascurato – quindi un diritto negato – e spesso è considerata un 'problema' esclusivamente dei disabili e delle loro famiglie. 
Nonostante la ratifica nel 2009 della Convenzione ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità, rimane grande il divario tra le politiche e le azioni svolte dalla maggioranza dei Paesi europei, basate sui principi dell’Universal Design, e quelle promosse in Italia, frammentarie e poco organiche, fortemente condizionate da un poderoso corpo normativo focalizzato sulla “eliminazione delle barriere architettoniche”. Risulta evidente poi l’assenza di una visione strategica unitaria che indirizzi le azioni per garantire l’accessibilità, e l’incapacità di operare una pianificazione degli interventi4 sulla cui efficacia e qualità, quando portati a termine, si sono spesso sollevate voci critiche.
Su queste premesse, e forte dell’esperienza maturata in un periodo sabbatico5, l’unità di ricerca di Trieste conduce studi che esplorano le diverse dimensioni dell’accessibilità, imperniati sui temi della fruibilità degli spazi urbani e dell’accessibilità al patrimonio culturale, e declinati sia  in termini di individuazione di dispositivi architettonici, di comunicazione e  servizi accessibili per la fruibilità degli spazi da parte delle più ampie fasce di popolazione, che di dispositivi di inclusione delle stesse nei processi decisionali e validativi.
Sulla base di un quadro di riferimento comparato di normative, strategie e buone pratiche, l’obiettivo generale dei lavori è individuare chiavi di valutazione di programmi e progetti e di pianificazione degli interventi, realizzando:

Composti organicamente in un quadro di attività parallele e complementari su diversi linee, i lavori configurano obiettivi  specifici riferibili ad un più ampio contesto multidisciplinare, contribuendo sia al dibattito che su tali temi si sta sviluppando a livello transnazionale6, sia alla crescita della cultura del “progetto per tutti” tra tecnici e operatori di settore a livello nazionale e locale (implementando attività svolte dalla Società Italiana di Tecnologia dell’architettura – cluster accessibilità ambientale, e dal Centro Regionale Informazione Barriere Architettoniche – CRIBA-FVG) . In sintesi i lavori mirano a:

I progetti di ricerca più rilevanti attualmente in essere sono due:
Progetto LabAc – Promosso dalla Provincia di Trieste e prosecuzione del progetto “Cambia la tua idea del possibile: abitare in autonomia” (2011-2012) che ha esplorato la dimensione privata dello spazio, il Progetto LabAc focalizza l’attenzione sugli ambiti contigui all’abitazione, sulle attrezzature e sui servizi che su di essi insistono, e che consentono di esperire l’ambiente esterno.  Dopo una prima fase (2012-2013) finalizzata alla codifica della governance di un processo partecipativo, in una seconda fase (2014-2015) il lavoro si è concentrato sull'identificazione degli stakeholder (che interferiscono con la trasformazione dello spazio pubblico), sullo sviluppo di strumenti operativi (utili per l'indagine, la restituzione e l’utilizzo dei dati raccolti) e sull'impostazione di linee guida a supporto di tecnici e decisori per sviluppare e realizzare soluzioni progettuali coerenti e realmente fruibili. La terza fase (2015-2016) sposta l'attenzione sull’individuazione di strumenti utili alla pianificazione degli interventi e sullo sviluppo di applicazioni dedicate ai fruitori per l’individuazione di percorsi barrier-free. La metodologia applicata articola il processo di lavoro in diversi step, a ciascuno dei quali corrispondono strumenti mirati, secondo gli obiettivi da perseguire. L’interesse delle amministrazioni locali partner di progetto a sviluppare progetti di riqualificazione di spazi pubblici (prevalentemente assi pedonali) ha permesso di validare questionari e schede tecniche che supportano la fase di rilievo delle criticità ambientali (Fig.3); successivamente, di costruire una mappa dei gradi di accessibilità attuale dei percorsi, geo-referenziata e collegata a schede di approfondimento puntuale delle criticità riscontrate; quindi di operare, sulla base di questi dati e delle check-list prestazionali riferite a elementi indicatori della fruibilità degli spazi, scelte per pianificare gli interventi in base alle risorse disponibili. 

Il database costruito è pensato per essere sfruttato da un’applicazione che, utilizzabile da dispositivi mobili o desktop, permetterà di conoscere in anticipo il “grado di accessibilità” di un percorso cittadino da parte di un potenziale fruitore. Ciò gli consentirà di valutare, in base alle capacità e alle condizioni psico-fisiche in cui si trova ovvero al proprio grado di autonomia, la modalità migliore per affrontare il percorso stesso.
Progetto Strategie e buone pratiche di progettazione inclusiva e accessibile per la valorizzazione del patrimonio culturale – Il progetto (2015-2016), sulla base di un consolidato quadro comparato di azioni chiave per la valorizzazione del patrimonio culturale  attuate in diversi contesti europei, implementando indagini conoscitive già avviate  nella regione FVG sulla situazione attuale  dell’accessibilità al patrimonio culturale, mira ad individuare protocolli operativi per la definizione e/o valutazione delle soluzioni tecniche migliorino in termini di fruibilità spazi, attrezzature e i servizi di siti ed edifici di interesse culturale, e rendano accessibile il loro contenuto alle più ampie categorie di persone.  Inoltre il progetto si pone come obiettivo la costruzione di un glossario comparato, con riferimenti normativi e a documenti nazionali e internazionali, accessibile on line da centri di ricerca e divulgazione della cultura dell’Universal Design.
I risultati di queste ricerche sono dunque principalmente prodotti di immediata lettura e utilizzo; pensati come flessibili ed implementabili per consentire l’adattamento  a  contesti con caratteristiche anche molto diverse,  essi vogliono affiancare  il corpo normativo esistente per contribuire ad  orientare più consapevolmente le scelte verso soluzioni attuali, perseguibili in maniera efficace, capaci di assicurare di volta in volta quel necessario “grado di accessibilità” che realizzi, al di là di quella legale (riconosciuta per norma) un’accessibilità reale (Laurìa, 2003) di spazi, beni e servizi di uso pubblico.

La sicurezza al fuoco nel progetto inclusivo
Il tema dell’evacuazione in condizioni di emergenza in presenza di persone con disabilità è ampio e complesso, affrontato dalla normativa italiana all’interno di più strumenti legislativi e coinvolge nelle sue modalità attuative ambiti distinti: la progettazione dell’edificio, la gestione dell’emergenza da parte degli utenti, con e senza disabilità, l’intervento da parte delle squadre di soccorso.
Molte competenze entrano in gioco e partecipano alle strategie necessarie per garantire la sicurezza al fuoco per tutti, in primis attraverso la prevenzione degli incendi e, in caso di necessità, attraverso l’evacuazione degli occupanti di un edificio.
In particolare, l’approccio all’esodo è sempre stato orientato a un concetto ‘logico’: in fase di emergenza le persone devono poter abbandonare velocemente gli spazi divenuti pericolosi e dirigersi all’esterno. Ma la necessità di ‘abbandonare velocemente’ un edificio multipiano non è facile da attuare per persone con disabilità, specie se motoria, cui va garantita l’accessibilità alle vie di fuga, orizzontali e verticali, consentendone, se possibile, autonomia di utilizzo (Proulx G., 2002).
A livello internazionale, anche attraverso studi legati ai principi di evacuazione dagli edifici di grande altezza (Ronchi E., Nilsson D. 2013), si è sostituita la modalità dell’evacuazione totale e immediata con l’esodo progressivo orizzontale (ad esempio per gli ospedali), e con l’evacuazione per fasi, che prevede l’impiego di Refuge area, spazi protetti in cui attendere in sicurezza, e di ascensori di evacuazione, progettati per l’impiego anche in caso di incendio in atto (Fig.4)7.

Nel 1994, all’interno della normativa per la sicurezza al fuoco delle attività turistico-alberghiere, è introdotta in Italia per la prima volta la nozione di Spazio calmo, un luogo per l’attesa in sicurezza in caso di evacuazione da parte di utenti che non siano in grado di allontanarsi da soli (D.M. 9 aprile 1994). A più di vent’anni dall’emanazione della norma, tale dispositivo non risulta ancora sufficientemente conosciuto, né dai tecnici né dai portatori di interesse, come molte verifiche sul campo hanno dimostrato (Fig.5).
Nel biennio 2013-2014, anche attraverso il finanziamento di un progetto di ricerca all’Università Iuav di Venezia da parte dell’Inail, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, Regione Veneto, è stato possibile condurre una ricerca per raccogliere una serie di dati inediti sul livello di conoscenza e di percezione dello spazio calmo in Italia.
Assumendo come elemento di riferimento le poche esperienze a disposizione (in particolare due ricerche inglesi: Department for Communities and Local Government, 2008 e McConnell N., Boyce K., 2012), sono stati redatti due questionari destinati a due realtà diverse: il primo a un gruppo di lavoratori di un edificio direzionale, il secondo a una selezione di lavoratori con disabilità motorie.
Il primo questionario ha avuto come oggetto di indagine un gruppo di lavoratori di una sede Inail, collocata a Marghera (Ve), al cui interno è presente uno spazio calmo. Il secondo questionario è stato proposto a una serie di persone affette da disabilità motoria, individuate grazie alla collaborazione con il CRIBA, Centro Regionale di Informazione e formazione sulle Barriere Architettoniche del Friuli Venezia Giulia.
Le risposte ottenute attraverso le indagini (le due inglesi e quella in oggetto) sono tra loro molto coerenti e dimostrano come esista un divario sostanziale tra ciò che le norme indicano come possibile strategia progettuale e gestionale, e l’impiego concreto. Alla domanda “Ha mai sentito parlare di Spazio calmo?”, ha risposto affermativamente il 72% dei dipendenti Inail (che avevano ricevuto una formazione in merito) e solo il 17% delle persone con disabilità motoria, pur essendo i principali referenti di tali spazi e avendo dichiarato a loro volta di essere lavoratori all’interno di edifici direzionali.
Diversa anche la percezione degli spazi calmi e della loro funzione. Alla domanda: “Secondo lei le persone con problemi di mobilità in quale fase dell’emergenza dovrebbero iniziare la loro evacuazione, muovendosi dallo Spazio calmo verso l’esterno?”, il 60% dei dipendenti Inail ha indicato la risposta: “Dopo che gli altri hanno concluso l’esodo”, mentre il secondo gruppo ha indicato, nel 50% dei casi, la risposta: “Prima che evacuino gli altri” (contro il 17% dei lavoratori Inail). Va precisato che la normativa in merito alle procedure non specifica in quale momento le persone presenti negli spazi calmi debbano essere condotte verso l’esterno o altro luogo sicuro, ma le risposte dimostrano con chiarezza che per i diretti interessati l’attesa costituisce un problema.
Un elemento positivo è costituito dalla risposta che gli intervistati con problemi di mobilità hanno dato alla domanda in cui veniva sondata la loro predisposizione a sostare in uno spazio calmo, anche non sapendo con esattezza per quanto tempo. Il 40% “probabilmente” lo userebbe e il 28% “sicuramente”, mentre le risposte negative sono state limitate al 33% (rispettivamente: 10%, “sicuramente no” e 23% “probabilmente no”). Questi dati si possono interpretare come una positiva accettazione verso metodi di evacuazione dagli edifici in cui siano previsti periodi di attesa prima dell’allontanamento definitivo. Un consenso che può crescere e migliorare intervenendo sia nella progettazione degli spazi calmi che nella gestione dell’esodo, formando e informando meglio tutti gli utenti.
Sulla base dei dati raccolti e delle indagini condotte sul campo, la ricerca ha redatto una serie di indicazioni operative (attualmente in fase di pubblicazione) per migliorare la realizzazione degli spazi calmi e dei percorsi di esodo utilizzando sistemi di orientamento spaziale e wayfinding.

Ricerche sui temi dell’accessibilità come risorsa per la riqualificazione urbana. Approfondimenti sulle soluzioni di pavimentazione per un orientamento sicuro ed autonomo delle persone non vedenti ed ipovedenti
La sede di Udine8 sta sviluppando alcune ricerche applicate mirate ad indagare i diversi aspetti della multidisciplinarietà del progetto nei definiti ambiti della riqualificazione urbana e dell'edilizia sociale in risposta alla necessità di individuare azioni capaci di produrre un valore aggiunto sul territorio e con l'intento di incentivare l'applicazione di alcuni paradigmi fondamentali per l'inclusione sociale.
Fermo restando il valore etico e sociale del tema che comporta il soddisfacimento dei requisiti mirati all'abbattimento delle barriere architettoniche per una fruibilità "per tutti", l'attenzione è rivolta al ruolo dell'accessibilità rispetto alla sostenibilità degli interventi che devono essere concepiti come sistemi pensati, realizzati e gestiti nel tempo compatibilmente con le risorse esistenti considerando che l'essenza dei beni e il loro perdurare nel tempo si giustificano anche con il loro corretto impiego da parte di utenti singoli e in relazione tra di loro, persone in evoluzione con capacità fisiche, cognitive, culturali, di formazione o contingenti diverse in relazione all'ambiente e al contesto. Rendere accessibile un bene, uno spazio o un servizio significa anche permettere alle persone di raggiungere la massima autonomia possibile (con conseguente contributo al contenimento dei costi sociali) di garantire un adeguato comfort d'uso con particolare attenzione anche alla fruizione aumentando di conseguenza l'attrattività e il valore effettivo e di mercato di un bene.
Su queste premesse si introduce quindi l'importante tema della 'autonomia d'uso da parte delle persone disabili' che nel contesto urbano si confronta tra i tanti temi con la progettazione dei percorsi in un sistema integrato di beni, spazi e servizi per superare i vincoli normativi a volte in contrasto tra di loro, spesso applicati pedissequamente e soddisfatti con l'adozione di espedienti ed ausili dedicati non sempre coerenti ai canoni della composizione.
Ed è proprio sui percorsi urbani che il gruppo di ricerca del Laboratorio dalt ha posto l'attenzione indagando nello specifico le tematiche inerenti all'accessibilità per le persone non vedenti e ipovedenti e il soddisfacimento delle loro esigenze anche con il contributo di una attenta e mirata progettazione delle soluzioni di dettaglio delle pavimentazioni. Il risultato della ricerca mira a fornire delle indicazioni di progetto per la realizzazione di percorsi urbani accessibili che contribuiscano a risolvere la fruizione delle persone non vedenti e ipovedenti attraverso soluzioni di dettaglio per pavimentazioni senza barriere percettive, capaci di trasmettere le informazioni ambientali necessarie per una sicura e facilmente comprensibile fruizione (Fig.6).

Ciò comporta un approccio funzionale al progetto della pavimentazione che, coerentemente con gli obiettivi formali della composizione e il rispetto dei vincoli normativi, permette di realizzare 'percorsi guidati' adottando espedienti tecnologici di dettaglio per il progetto delle unità funzionali di rivestimento.
Propedeuticamente alla ricerca è stato condotto un approfondimento dedicato avvalendosi oltre alla esaustiva bibliografia scientifica disponibile anche dello strumento della partecipazione con i portatori di interesse sia per la raccolta dei dati che per la validazione dei risultati raggiunti. Tale approfondimento, base di partenza per il raggiungimento del risultato, ha permesso di sistematizzare i contenuti necessari inerenti:

Su questa base di partenza sono strutturati i risultati organizzati al fine di suggerire ai progettisti idee applicate per la progettazione di pavimentazioni esterne accessibili e sicure; una ampia raccolta di pavimentazioni realizzate in progetti di architettura, nazionali ed internazionali, esemplifica le informazioni tecniche classificate in base alle specifiche prestazioni tecnologiche offerte da una pavimentazione accessibile in sicurezza anche dalle persone non vedenti ed ipovedenti. Tali esempi di architettura sono parte dell'archivio del Laboratorio DALT in cui sono raccolti esempi di unità funzionali realizzate coerentemente con i paradigmi della progettazione inclusiva. La coerenza delle soluzioni raccolte con i requisiti funzionali dell’accessibilità è generalmente validata con una fase partecipata con i diversi portatori di interesse e/o operatori esperti della materia finalizzata anche a verificare l'assenza di incongruenze rispetto alle esigenze di tutte le persone disabili (alcuni degli espedienti dedicati per l'accessibilità delle persone non vedenti possono trasformarsi in ostacoli fisici per le persone disabili motorie e viceversa ausili a supporto delle persone disabili motorie possono costituire una barriera percettiva per le persone non vedenti).
La partecipazione dei portatori di interesse sia in fase di analisi che di validazione delle soluzioni, la consapevolezza delle esigenze degli utenti, degli standard funzionali regolati e normati, insieme alla conoscenza tecnologica dei diversi sistemi edilizi (tecniche, prodotti, materiali) e delle molteplici novità di prodotto offerte dal mercato, sono gli strumenti della ricerca il cui obiettivo applicato vuole essere un ulteriore contributo alla crescita della consapevolezza che l'accessibilità non è un vincolo bensì una risorsa del progetto di architettura se risolta nella composizione tecnologica delle unità funzionali superando l'ormai obsoleto approccio di 'abbattimento della barriere architettoniche fisiche e senso-percettive'.

Conclusioni
Le esperienze riportate mostrano la questione dell'accessibilità ambientale sicura ed inclusiva sia parte integrante del progetto di architettura alle diverse scale, così come  di quello di spazi e servizi. Le ricerche dimostrano come il tema dell’accessibilità si sia spostato negli ultimi anni verso un approccio inclusivo i cui obiettivi superano il semplice abbattimento delle barriere architettoniche per riconsegnare al progetto la possibilità di coniugare forma e funzione senza separazioni o ingiustizie spaziali. E' questo il risultato di percorso intrapreso oramai da cinquant'anni attraverso uno sviluppo culturale che, oltre ad aver permesso di mettere a punto gli strumenti e le regole necessarie recuperando i paradigmi fondamentali di una progettazione per le persone, ha visto diffondersi in tutti gli operatori del settori la coscienza del valore dell'inclusione e l'importanza di una progettazione accessibile e sicura per una società evoluta. Si può affermare che attualmente esistono gli strumenti e i saperi necessari, che molteplici sono le esperienze di ricerca di base e applicata sviluppate dai diversi enti e che sono sempre di più in aumento le richieste degli operatori a supporto della progettazione e gestione del nostro patrimonio. Per rispondere a queste richieste è necessario condividere le esperienze incentivando la formazione di reti di competenze disciplinari, multidisciplinari e transdisciplinari come luogo di indirizzo della ricerca e concertazione dei risultati. Altrettanto necessario è trasferire i risultati finora raggiunti all’interno della formazione, perché il cambiamento dell’orizzonte di senso di questi temi permei capillarmente le nuove generazioni di progettisti e li metta in grado di pensare e realizzare spazi, fisici e mentali, realmente inclusivi.

Note

1. FAL,http://www.dief.unifi.it/vp-132-fal-florence-accessibility-lab.html (last accessed 13.06.2015), BrAL, http://www.unibs.it/node/8817 (last accessed 13.06.2015
2. I cluster della società Italiana della Tecnologia dell'Architettura rappresentano reti di ricerca formate da una serie articolata di competenze, interdisciplinari e disciplinari, che i Soci SITdA hanno maturato nel tempo mettendo a disposizione una serie di skills specifici e interdisciplinari che possono assistere la domanda pubblica e privata proponendo soluzioni progettuali, realizzative e gestionali. Vedi: http://www.sitda.net/index.php/cluster/accessibilita-ambientale.html (last accessed 18.06.2015).
3. Progetti “Access-Italy “(2013), e “Cultural Heritage, creating values and accessibility “(2014) (in collaborazione tra UNIBS, UNIFI, UNITS, Sogn og Fjordane Fylkeskommune).
4. Indicatori tristemente eloquenti di questa situazione sono la mancata redazione dei PEBA da parte di numerose PPAA (in Regione FVG solo l’8% dei Comuni ne possiede uno  - Fonte: CRIBA FVG, 2011, dato riferito ad un campione di 127 Comuni della Regione con popolazione residente superiore a 2000 unità), e la scarsa conoscenza e attenzione ai problemi delle utenze più deboli da parte di operatori tecnici e progettisti, come risulta da un questionario di indagine somministrato nell’ambito del Progetto LabAc.
5. Nel periodo sabbatico, per la maggior parte trascorso all’estero (Francia, Danimarca, Norvegia) si è avuto modo di approfondire e discutere a vari livelli (amministrazioni locali, associazioni, uffici governativi) le strategie di intervento adottate e gli apparati normativi prodotti o implementati in questi Paesi, sulla base di una visione fondata sui principi dell’Universal Design; strategie che hanno caratterizzato da più di un decennio le politiche locali per la valorizzazione degli spazzi di uso pubblico, delle risorse culturali e più in generale per uno  sviluppo della società sostenibile e inclusivo.
6. LUND, UD2014 International Conference. Vedi: http://ud2014.se (last accessed 18-06.2015)
7. Attualmente le normative italiane non prevedono un simbolo identificativo per lo Spazio calmo, corrispettivo dell’Area of Refuge, e questa assenza ha generato non pochi fraintendimenti sulla sua corretta identificazione.
8. L’attività di ricerca nell'ambito dell'accessibilità ambientale è sviluppata dal Laboratorio dalt, struttura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dedicata ad attività didattica e di ricerca nell'ambito dell'accessibilità e della progettazione inclusiva. Vedi: http://dica.uniud.it/laboratori/laboratorio-dalt/ (last accessed 18.06.2015)

Gli autori

Christina Conti, Architetto, Professore Associato di Tecnologia dell'Architettura presso l’Università di Udine, Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura. Opera nell’ambito dell'accessibilità ambientale come responsabile del 'Laboratorio DALT e referente per i servizi agli studenti disabili. Membro del CTS del CRIBA-FVG (Centro Regionale Informazione Barriere Architettoniche) e componente del cluster Accessibilità Ambientale della SITdA. 

Ilaria Garofolo, Ingegnere Civile, Professore Ordinario di Tecnologia dell’Architettura presso l’Università di Trieste, Dipartimento di Ingegneria e Architettura. Membro del CTS del CRIBA-FVG (Centro Regionale Informazione Barriere Architettoniche) e componente del cluster Accessibilità Ambientale della SITdA.  Principali interessi di ricerca: Human Centered Design e cultura tecnologica della progettazione.

Valeria Tatano, Architetto, Professore Ordinario di Tecnologia dell’Architettura presso Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del Progetto. Si occupa di sicurezza in uso e al fuoco, di progettazione inclusiva e di tecnologie innovative nel rapporto tra architettura e tecnica, in particolare per quanto riguarda i temi del progetto consapevole.
È responsabile scientifico di ArTec, l’Archivio delle tecniche e dei materiali per l’architettura e il disegno industriale del Sistema Laboratori dell’Università Iuav di Venezia.

 

Riferimenti bibliografici

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Fig. 1. Spazi urbani a misura di tutte le ruote (foto I. Garofolo). Fig. 2. Iniziative di sensibilizzazione: “Fuori Percorso”, Trieste 3 giugno 2015 (foto I. Garofolo). Fig. 3. Progetto LabAc: sopralluoghi partecipati a Trieste (foto I. Garofolo). Fig. 4. Simbolo di una “Area of Refuge”, secondo la segnaletica NFPA 170, Standard for Fire Safety and Emergency Symbols, 2015 Edition. Fig. 5. Segnale identificativo di uno spazio calmo posto sulla porta di accesso. La scritta: Spazio di calma per disabili, rileva quanto lavoro ci sia ancora da fare, anche in termini di conoscenza diffusa. Fig. 6. Non è sufficiente una pista tattilo-plantare per rendere accessibile un percorso (foto C. Conti).