Abstract:
Il complesso equilibrio tra qualità del costruito, vivibilità degli spazi aperti e contenimento dei consumi energetici, rappresenta una sfida complessa nell’ambito della rigenerazione urbana che trova nella sperimentazione architettonica e tecnologica uno strumento sia di interpretazione delle esigenze degli utenti sia di miglioramento prestazionale dell’ambiente costruito e degli spazi di relazione. Si promuove, pertanto, una riflessione sul ruolo “tecnologico” degli spazi aperti e dei luoghi confinati, rispetto alle potenzialità fruitive e, soprattutto, rispetto alla stimolante possibilità di renderli luoghi ad alto contenuto tecnologico, nel rispetto dell’identità dei luoghi e della cultura abitativa locale. Il progetto di ricerca, di cui si descrivono i punti salienti, è parte di una più ampia ricerca svolta nell'ambito di un accordo Italia-Cina tra diverse università italiane. In particolare, il gruppo di ricerca (ICAR/12) della Seconda Università di Napoli ha svolto considerazioni e ha sviluppato idee progettuali per il quartiere cantonese di Guang-Fu in relazione a due questioni principali: la riqualificazione ambientale di uno spazio aperto lineare e la riqualificazione energetico ambientale del quadrante sud-est del quartiere, caratterizzato da edifici storici.
Parole chiave ERC
PE8-6: Sistemi energetici
PE8-12: Progettazione sostenibile
SH3-1: Ambiente, risorse e sostenibilità SH3-10: Urbanizzazione, città e aree rurali
Introduzione
Nell’ambito della Convenzione Italia-Cina (Guangdong) a cui hanno partecipato 6 Atenei italiani appartenenti alla Piattaforma Mediterranea, la Seconda Università degli Studi di Napoli, sotto la guida del coordinatore prof. arch. Carlo Manzo, è stata impegnata sul tema della Riqualificazione del quartiere di Guang-Fu, a Canton, una città dalle origini commerciali e mercantili, che in più recenti tempi, è stata trasformata in centro finanziario.
Nell’ambito del gruppo di lavoro SUN1, il settore ICAR 12 ha lavorato per temi, focalizzando l’attenzione su diverse aree del quartiere Guang Fu:
Il Sottogruppo 1 ha curato la riqualificazione ambientale di uno spazio aperto a prevalente sviluppo lineare; Il Sottogruppo 2 ha curato la riqualificazione energetico ambientale del quadrante sud-est del quartiere, caratterizzato da edifici storici che rientrano nel Piano di Protezione e Tutela della città (Guangzhou City Planning – Guang-Fu South Road).La ricerca, di cui si riportano i punti salienti, affronta il tema della riqualificazione urbana in maniera trasversale, sviluppando indicazioni di progetto puntuali all’interno di un quadro strategico di riferimento comune che ne ha garantito il carattere sistemico e organico.
Attraversamenti trasversali di auto-sussistenza (F. Muzzillo)
All’interno del progetto interuniversitario sopra descritto, il Sottogruppo 1 di ricerca, composto da Francesca Muzzillo, Rossella Franchino e Caterina Frettoloso, ha condotto un’esperienza di ricerca circa l’individuazione di linee guida per il progetto di un corridoio verde ad alta prestazione nella città di Guangzhou. L’aspetto dominante dell’area è la “linearità”, dovuta probabilmente alla presenza in passato di un vecchio canale ricoperto; ipotesi, questa, plausibile ma di cui non è stato possibile trovare alcuna evidenza documentaria.
Altri tratti distintivi dell’area sono un’altissima densità costruttiva e abitativa, una latenza di servizi e un alto livello di inquinamento atmosferico. Dall’insieme di queste condizioni scaturisce un progetto di recupero con un’inevitabile proporzione di diradamento volumetrico, da attuare sia a livello altimetrico sia attraverso parziali tagli trasversali e longitudinali (Fig. 1). In particolare il diradamento è operato mediante l’inserimento nel costruito di percorsi di tipo “naturale” che aprano varchi per l’apertura alla luce e a nuove visuali percettive. Una rete di entrate e uscite dal privato al pubblico, dal chiuso all’aperto, oltre a ricreare adeguate condizioni bioclimatiche di vivibilità, bilanciando spazi chiusi e spazi aperti, corrisponde anche a un’articolazione tra privato e collettivo.
La frammentazione dell’area nel progetto crea una serie di sub-zone osmotiche di maggiore benessere bioclimatico che agiscano anche all’intorno per l’entrata di aria e luce, introducendo al contempo anche uno sviluppo in progress di tecnologie per l’autosufficienza energetica che seguano in successione la dimensione lineare. In altre parole il tentativo portato avanti è l’istituzione di una corrispondenza tra un andamento lineare di tipo percettivo e, all’opposto, una trasversalità di tipo ambientale, in maniera da considerare gli assi ortogonali che, in maniera continuata, partano dal progetto dirigendosi verso l’esterno come “assi trasversali di benessere”.
É infatti oggi indispensabile avviare pratiche sperimentali che possano costituire un modello sostenibile di intervento architettonico in alcune aree della Cina, paese dove c’è maggiore urgenza di sostenibilità negli interventi.
Si tratta quindi di luoghi molto diversi da quelli in cui siamo abituati a operare non solo per le condizioni di partenza, ma anche per le prospettive di intervento e per la necessità di
lavorare con impellenza in modo avanguardistico. Ed è proprio in difficilissime condizioni di intervento, laddove ci sarebbe bisogno di un’ulteriore diramazione, che si tenta un approccio di intervento di recupero da sperimentare, controllare ed eventualmente validare, individuando vettori di attraversamento e di auto-sussistenza energetica che effettivamente possano interagire con il contesto in cui il progetto dell’area entra in relazione, guidando in maniera lineare l’avvio di un numero incrementato di contatti.
Da una condizione di vivibilità difficile, creata dalla compresenza di alta densità e bassa efficienza di servizi nasce all’opposto la possibilità di autosufficienza offrendo a spazi per aree commerciali, uffici, e zone di orti per la produzione di cibo, energia, riserve d’acqua e vegetazione in unità modulari trasversali distribuite in progress.
Corridoi verdi urbani: fruizione attiva e innovazione tecnologica (C. Frettoloso)
La proposta di realizzare un corridoio ambientale le cui funzioni si articolano secondo linee di sviluppo longitudinali e verticali, contemplando volumi aperti/chiusi/semi aperti diversamente collocati rispetto alla linea di terra, è stato reso possibile da una serie di demolizioni e micro-demolizioni già predisposte dalle Amministrazione locali per l’area nord di Guang-Fu. Infatti, è a partire da una sorta di vuoto longitudinale che è stato ripensato lo spazio aperto come corridoio dalle valenze “tecnologiche” promuovendo il miglioramento delle condizioni di comfort nelle sue diverse declinazioni attraverso un modello ibrido di spazio basato sul binomio naturale/artificiale, interno/esterno, alto/basso, pubblico/privato.
Alcune di queste combinazioni, del resto, sono state già ampiamente sperimentate ed hanno trovato una puntale espressione nella ormai nota High Line newyorchese, altre invece, sono oggetto di approfondimento nel più recente progetto della cosiddetta Low Line nella Lower East Side di New York. Accanto alla stimolante idea di recuperare uno spazio obsoleto collocato al di sotto del suolo, è la componente tecnologica del progetto a costituire un punto focale. L’idea, infatti, è quella di realizzare un parco sotterraneo illuminato da luce naturale grazie all’utilizzo di una tecnologica solare innovativa, progettata da James Ramsey (Raad Studio) che dovrebbe consentire anche lo sviluppo di sistemi vegetali (http://www.thelowline.org).
Non solo uno spazio pubblico, ma uno spazio-dimostratore di come l’uso di tecnologie innovative possa trasformare la città secondo modalità compatibili in grado di migliorare la qualità della vita costituisce il focus del nostro progetto-ricerca.
La nuova organizzazione spazio-funzionale prevista per l’area di intervento prende spunto e rispecchia proprio tale idea di spazio pubblico aperto. Un concetto che ha trovato, nelle caratteristiche spaziali del sito un ulteriore punto di forza, permettendo di lavorare secondo le logiche di un parco lineare, ossia uno spazio pubblico caratterizzato dalla lunghezza più che dalla larghezza e che può avere una forte componente naturale, o essere collocato in un contesto urbano o suburbano. Si tratta di spazi che spesso seguono il percorso di una ferrovia abbandonata, di una galleria artificiale, di un fiume urbano o di un torrente (Cooper-Marcus e Francis, 1997).
Uno degli aspetti qualificanti i parchi a sviluppo lineare riguarda le modalità di fruizione. Infatti, a differenza dei parchi urbani di tipo tradizionale progettati per una ricreazione che potremmo definire “passiva”, i parchi lineari si configurano come un sistema di connessione. Non sono un luogo in cui andare e fermarsi, quanto piuttosto, portano da qualche parte, combinando gli aspetti ricreativi con quelli legati alla mobilità. Una mobilità che deve necessariamente essere organizzata secondo i criteri della sostenibilità e, pertanto, concepita come un sistema che soddisfi le esigenze degli utenti di muoversi liberamente, di non avere ostacoli legati all’accessibilità, di comunicare, in generale, di stabilire delle connessioni coerenti alla cultura del luogo, il tutto senza sacrificare le esigenze ecologiche essenziali per ottenere un livello di vivibilità accettabile anche per le generazioni future (Marfoli, 2013). Lo spazio pubblico lineare può configurarsi, infatti, non solo come un nuovo sistema di mobilità sostenibile ma, anche, come un sistema di connessione con le risorse culturali ed economiche della città, contribuendo a innescare meccanismi di recupero urbano. Tale potenzialità progettuale bene risponde alle complesse condizioni al contorno del sito, caratterizzato da un’elevata densità edilizia e abitativa e dalla quasi assenza di sistemi di infrastrutture a scala micro-urbana (verde, mobilità, impianti). Fatta eccezione per alcune strade commerciali che presentano un minimo di elementi funzionali, il sistema della mobilità appare per lo più caratterizzato da interstizi, spazi di risulta che in alcuni casi si interrompono, incrociandosi e sovrapponendosi alle abitazioni stesse. Il quadro che emerge restituisce un tessuto urbano con gravi carenze infrastrutturali che si ripercuotono sulla vivibilità sia degli ambienti confinati sia degli spazi aperti in termini sociali, ecologici e tecnologici.
La complessità delle variabili in gioco, ha suggerito di operare secondo un approccio progettuale elaborato per porzioni di territorio, nello specifico ci riferiamo a sezioni tipo, che sintetizzassero insiemi circoscritti di condizioni così da poter restituire, sia in fase di analisi sia di progetto, una serie di alternative possibili in termini di relazioni tra ambiente naturale e costruito, condizioni di fruibilità e benessere, infrastrutture ed innovazione (Fig. 2).
Energia, clima, rifiuti, mobilità, nodi problematici della sostenibilità a scala urbana, costituiscono gli ambiti di riflessione in cui sono state collocate le scelte meta-progettuali. «La sfida relativa alla creazione di spazi urbani di buona qualità sta nel coniugare tutti i requisiti ecologici ed ambientali, i bisogni dei vari gruppi di utenti e le esigenze di una progettazione ben strutturata e partecipativa (…). Il risultato finale non deve consistere in uno “spazio” anonimo, ma in un “luogo” vivente, che abbia una sua particolare identità; non semplici aree funzionali, ma vettori di significato e di valori rappresentativi di tutti i gruppi di utenti» (Stiles, 2011).
La fase meta progettuale ha prodotto, pertanto, una serie di azioni strategiche che fanno riferimento a specifiche classi di requisiti (R1 – efficienza delle reti e degli impianti, R2 – benessere e comfort, R3 – fruibilità degli spazi aperti, R4 – salvaguardia dell’ambiente) strettamente funzionali agli obiettivi della nostra ricerca che possiamo sintetizzare in: uso razionale delle risorse naturali, miglioramento e/o mitigazione delle condizioni micro-climatiche, mobilità sostenibile, efficienza tecnologica (Fig. 3).
Tali azioni trovano una prima forma di attuazione nei sub-ambiti in cui è stata frammentata l’area di intervento restituendo, prevalentemente, indicazioni circa la quantità e qualità di vegetazione impiantabile, il livello di fruibilità ed accessibilità raggiungibile e, non ultimo, il grado di attrezzabilità impiantistica del tratto in esame (Franchino et al, 2013).
Da un punto di vista metodologico la scelta di lavorare per sezioni ha consentito di elaborare un layout “aperto” che fornisse indicazioni, più che sulle singole interpretazioni progettuali, soprattutto sui rapporti quantitativi e qualitativi tra le variabili in gioco tese a garantire le principali funzioni di uno spazio aperto urbano: ambientali ed ecologiche, sociali e umane, strutturali e simboliche. Tali azioni meta progettuali costituiscono un punto di partenza di un processo progettuale di “attivazione” che parte dalle funzioni-attività del corridoio urbano ma che si ipotizza possa connettersi percettivamente, ecologicamente e, qualora possibile, fisicamente, con le altre aree di intervento.
L’utilizzo delle green and blue infrastructures per la gestione sostenibile del sistema delle reti (R. Franchino)
Al fine di strutturare opportunamente in chiave eco-orientata il riequilibrio ambientale dell’area nord di Guang Fu l’intervento è stato concepito come un corridoio ambientale ad alta prestazione tecnologica. Nell’ottica di un approccio integrato alle problematiche della trasformazione e del riuso di tale area la relazione tra l’intervento in chiave ambientale e la definizione del sistema delle reti infrastrutturali ha costituito uno stimolante tema di approfondimento.
Per poter strutturare opportunamente in chiave eco-orientata tale sistema delle reti, il presente lavoro concentra la propria attenzione in particolare sul contributo delle risorse naturali acqua e verde con l’obiettivo di utilizzare i principi della natura come modello di gestione sostenibile stimolando le potenzialità naturali intrinseche di tali risorse.
Nel contesto urbano il continuo aumento delle superfici impermeabili determina spesso notevoli problematiche nella gestione della risorsa acqua alla scala territoriale disturbando l’equilibrio tra precipitazione, evaporazione, alimentazione della falda e deflusso superficiale. Le azioni da mettere in campo al fine di una gestione sostenibile che assecondi il ciclo naturale sono quelle di ri-impermeabilizzare il suolo, consentire quanto più possibile l’infiltrazione delle acque di pioggia e recuperarle al fine di riutilizzarle
Quando il bilancio delle acque di pioggia a livello territoriale è significativamente alterato per effetto di trasformazioni della superficie del suolo si rende, necessario l’utilizzo di infrastrutture di collettamento onerose sia dal punto di vista economico che da quello ambientale e del paesaggio.
Tali infrastrutture, denominate grey infrastructure, non risultano particolarmente sostenibili soprattutto alla luce di potenziali e futuri cambiamenti climatici. Utilizzare la capacità propria della natura nel controllare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici è sicuramente più conveniente non solo ambientalmente, ma anche economicamente in quanto consente di contenere il ricorso a costose soluzioni impiantistiche. Risulta evidente, quindi, la necessità di controllare all’origine il processo di raccolta delle acque sostituendo o affiancando alle infrastrutture tradizionali le cosiddette green infrastructures che consentono la gestione delle acquealla scala territoriale attraverso una vera e propria raccolta differenziata effettuata mediante sistemi naturali.
Tali sistemi risultano ancora più efficaci se, oltre a controllare le problematiche legate alla gestione delle acque nei territori antropizzati, consentono anche il controllo dell’assetto del verde. Questa interconnessione consente di realizzare dei veri e propri corridoi blue + green che attraversano l’ambiente urbano e aiutano a collegare i sistemi naturali esistenti e contribuiscono al miglioramento delle caratteristiche ecologico-ambientali dell’area nel suo complesso. I sistemi di infrastrutture che consentono il raggiungimento degli obiettivi suddetti sono denominate green and blue infrastructure e possono garantire un futuro sostenibile alle aree urbane e generare molteplici benefici ecologico-ambientali, sociali, culturali ed anche economici (Franchino, 2013).
Con le premesse suddette, le reti per la raccolta delle acque per il territorio di Guang Fu sono state strutturate, quindi, utilizzando sistemi di tecnologie sia passive, solo naturali, che attive con piccola ingegnerizzazione che consentono la realizzazione di un micro-bacino urbano autoregolatore delle acque meteoriche che vengono raccolte al suolo nell’area oggetto di studio secondo la logica del design for water conservation.
Oltre alle reti per la raccolta delle acque precedentemente descritte, l’organizzazione del sistema delle reti a servizio del corridoio ambientale ad alta prestazione tecnologica è risultata particolarmente delicata in quanto la struttura di tale corridoio si associa per definizione all’utilizzo di infrastrutture con impiego di tecnologie a basso consumo energetico, a minimo impatto ambientale e a ridotto consumo di superficie.
Il corridoio, inoltre, indipendentemente dalla destinazione d’uso, è stato debitamente attrezzato per assicurare la dotazione dei servizi indispensabili quali quelli igienici, energetici e di telecomunicazione. È stato necessario, quindi, infrastrutturare l’area predisponendo la rete idrica e fognaria, la rete del gas, la rete elettrica, la rete dei rifiuti e la rete di telecomunicazione e trasmissione dati.
Con queste premesse, il sistema impiantistico del corridoio è stato concepito secondo un approccio che ha mirato alla realizzazione, da un lato, di sottoservizi di tipo tradizionale ad uso degli edifici esistenti, dall’altro, di un sistema dimostrativo di rete locale in condizioni di distacco da quelle territoriali con funzionamento ad isola a servizio degli edifici di nuova realizzazione.
Tale sistema è stato reso autosufficiente e non collegato alle grandi reti di distribuzione e di trattamento a meno dell’attacco alla fognatura per esigenze di disponibilità di spazio e adopera tecnologie a basso consumo energetico e a recupero di energia e acqua secondo i canoni dell’architettura off-grid che gestisce i fabbisogni di energia, gas, acqua e reflui, facendo ricorso alle risorse naturali presenti nel territorio.
Per quanto riguarda invece gli impianti tradizionali, collocati e concentrati nei corridoi laterali agli edifici (Fig. 4), in ogni caso sono state individuate soluzioni progettuali eco-orientate innovative perché concepite nell’ottica del riciclaggio (design for recycling).
È stato adottato un sistema impiantistico tale che i componenti possano essere recuperati nella loro integralità e quindi riutilizzati con semplici operazioni di smontaggio e rimontaggio al variare delle condizioni al contorno. Uno dei criteri progettuali che è stato adottato è quello dell’orientamento delle “trame impiantistiche”.
Nella pratica corrente, ad esempio, si ritrovano spesso tubazioni di diametro variabile dalla trama casuale, canalizzazioni dalle sezioni ora rettangolari ora circolari e dalle diramazioni accidentali per forma e posizione, oppure cavi stesi col solo criterio del rispetto dalla norma, il cosiddetto design for recycling dei sistemi impiantistici ha previsto, al contrario, una maglia impiantistica ordinata secondo criteri di distribuzione studiati nell’ottica della riciclabilità sia dei componenti che dell’intero sistema pur con il contemporaneo mantenimento delle prestazioni ottimali.
Anche l’impiantistica degli edifici è stata studiata nell’ottica della riciclabilità. Il pre-requisito della progettazione dei sistemi impiantistici per il riciclaggio è stata, quindi, un’impostazione dell’impianto come una unità funzionalmente integrata nell’involucro dell’edificio, ma fisicamente disgiunta.
Una maggiore possibilità di riciclaggio dei sistemi impiantistici si ha, nel caso degli edifici a bassa intensità energetica, cioè con consumi di energia elettrica e termica molto inferiori alla media, e negli edifici autosufficienti.
In essi il basso consumo è fornito da energia rinnovabile, essenzialmente solare e geotermica che comporta una notevole semplificazione delle reti impiantistiche sia interne che esterne, e rende possibile il riuso degli impianti che afferiscono a tali reti in maniera altrettanto semplificata.
Si aggiunge, inoltre, nel caso dell’energia solare che è il più diffuso, la modularità dei captatori, sia termici che fotovoltaici, che ulteriormente contribuisce alla facilitazione del riciclaggio.
Da queste considerazioni si evidenzia, quindi, che la progettazione per il riciclaggio dei sistemi impiantistici degli edifici è stata più efficace per gli edifici di nuova costruzione che, tra l’altro, risultano serviti, come detto sopra, da sistema infrastrutturale territoriale off-grid (Franchino et al, 2013).
Qualità tecnologica e prassi progettuale: identità e “Cittadinarietà” (A. Violano)
Il lavoro di ricerca del Sottogruppo 2 (composto da Antonella Violano - coordinatore - M. Cannaviello, B. Rubichi, G. De Vita, D. Renis, A. Affinito, G. Puzella, N. Sammarco, F. Verde) ha curato la riqualificazione energetico-ambientale del quadrante sud-est del quartiere a prevalente destinazione d’uso mista (residenziale e commerciale), caratterizzato da architetture estremamente carenti sotto il profilo del comfort ambientale che rientrano, però, nel Piano di Protezione e Tutela degli edifici storici e culturali della città (Guangzhou City Planning – Guang-Fu South Road).
L’approccio metodologico è stato improntato alla lettura e all’interpretazione progettuale della cultura locale dell’abitare e delle esigenze specifiche di questa particolare etnia. Pertanto, prima di proporre soluzioni progettuali per migliorare le prestazioni energetico-ambientali degli organismi edilizi fatiscenti e obsoleti di questo quartiere storico, sono stati studiati stili di vita ed esigenze sociali, ragioni storiche e vincoli culturali.
Negli anni ’20 del secolo scorso, a seguito della caduta dell’impero, Canton divenne la capitale della Repubblica Cinese; da allora, la città ha subito profonde modificazioni urbane, fortemente influenzate dalle culture occidentali, sia sotto il profilo etico che estetico. Si sono costruiti nel tempo una serie di edifici che denunciano la volontà politica di ignorare la cultura architettonica tradizionale e di accettare, piuttosto passivamente, metodologie e schemi sia tipologici che morfologici importati dall’occidente. Questo ha determinato grandi contrasti, non solo tra le forme e le proporzioni del costruito storico rispetto a quello dei nuovi insediamenti, ma un vero e proprio snaturamento del modo di concepire l’abitare cinese.
Il lavoro di ricerca è stato metodologicamente improntato sull’analisi delle esigenze fruitive degli abitanti, mettendo in luce specifiche richieste di conformazione e articolazione degli spazi e delle destinazioni d’uso, che non possono essere soddisfatte seguendo canoni progettuali occidentali.
Nella cultura cinese, l’architetto era un esecutore (un capomastro) con cultura tecnica e strumentale che realizzava quanto dettato da esperti conoscitori dell’ordine universale cui tutto doveva sottostare (la città, la casa, finanche il mobile), i quali ne avevano stabilito la giusta localizzazione, forma, colore, orientamento, con l’ausilio di bussole geomantiche e manuali filosofico-religiosi. (Liangyong, 2013)
Questa cultura dell’abitare e del vivere, che ha oltre quattro millenni di continuità storica, è stata riscontrata nel costruito storico di Guang-Fu e ci ricorda che tutte le opere dell’uomo hanno un significato gerarchico e sovrannaturale (legato ai principi del buddismo, confucianesimo, shintoismo e taoismo).
I luoghi del vivere devono essere adatti all’uomo e rispecchiare la sua classe sociale, le dimensioni e l’articolazione spaziale dell’abitazione, la sua posizione nel quartiere, la preziosità dei materiali usati, gli ornamenti, finanche il colore erano riferiti alla condizione del proprietario. Queste regole avevano lo scopo di evitare che si alterassero gli equilibri fra le parti (sia cosmiche che sociali) ed erano rigidamente rispettate.
Ma ci ricordano anche che il lavoro è vita: i luoghi del lavoro sono anche e insieme i luoghi della vita quotidiana.
Ci si trova, così, di fronte a unità immobiliari in cui il lato prospiciente il fronte strada è destinato all’attività artigianale e commerciale (vendita di prodotti, ma anche preparazione di cibi da asporto), mentre il retro è destinato a residenza, con una continuità spaziale che è molto lontana dal nostro concetto di abitare, anche nella scelta delle funzioni.
Questo condiziona l’assetto urbano caratterizzato da alcuni assi paralleli che costituiscono le strade principali e una griglia di lotti, sviluppati in lunghezza con il lato corto sulle strade, a cui era stata imposta un’altezza limite di massimo quattro piani. Le unità immobiliari variano di valore in funzione della lunghezza del fronte sulla strada, perché a questa è legata la rendita commerciale dei locali posti al piano terra. Naturalmente, i lotti d’angolo sono i più pregiati. (Sickman et al., 1969)
Una regola progettuale non scritta è quella che la privacy è sacra: i luoghi in cui la famiglia svolge le sue funzioni sono inaccessibili anche solo percettivamente agli estranei.
Per questo si assiste, anche nei grattacieli occidentali, costruiti al limite dell’area storica, ad aperture vetrate tappezzate di giornali e oscurate con tendaggi, protette da reti anti-mosquito. La residenza si apre prevalentemente su corti interne, private, cui accedono solo i vari nuclei di una stessa famiglia.
La Cultura Tecnologica, soprattutto per quanto attiene agli aspetti più propriamente legati alla sfera dell’abitare, fornisce tutta una serie di strumenti, principi e regole per governare progettualmente l’habitat dell’uomo moderno, senza perdere di vista l’importanza del progetto “qui” e “ora”, piuttosto che “dovunque” e “in qualunque tempo”. Occorre ribadire progettualmente il senso di Cittadinarietà, con le sue implicazioni di accessibilità, ospitalità, vivibilità, comunicabilità, mobilità e rigenerabilità, orientate al perseguimento dell’obiettivo finale che è il benessere dei fruitori diretti. (Cirafici et al, 2015)
Il progetto di riqualificazione è stato, quindi, concepito secondo l’approccio prestazionale, analizzando le potenzialità del sistema edilizio esistente in relazione alle condizioni ambientali, ma reinterpretandone formalmente abitudini di vita e tradizioni.
Le risorse naturali sole, luce, vento e acqua, che sono i fattori bioclimatici sulla cui valorizzazione si fonda il progetto eco-orientato di matrice culturale occidentale, sono state sostituite dai cinque elementi del taoismo: metallo, legno, acqua, fuoco e terra, trasformati da materiali in requisiti progettuali fondamentali.
Nel metaprogetto sono state individuate sei tipologie di edifici esistenti nell’area oggetto di studio e per tutte la strategia di riqualificazione tecnologica adottata è stata quella di massimizzare la qualità della vita indoor e outdoor, attraverso:
Utilizzando l’analisi tecnologica a vista come “strumento indiziario”, sono emersi punti di forza e di debolezza delle diverse tipologie architettoniche rilevate. È stata, quindi, proposta una gamma di soluzioni tecnologiche appropriate per la riqualificazione energetico-ambientale delle unità studiate, partendo dalle considerazioni emerse nelle schede analitico-valutative che hanno analizzato l’organismo edilizio in relazione a diversi indicatori di valutazione (leggi: requisiti tecnologici prioritari): accessibilità, ventilazione naturale da vento prevalente, ventilazione naturale da gradiente termico, soleggiamento diretto (Sunlight) e illuminazione naturale (Skylight).(Violano, 2011)
Particolare attenzione è stata data anche alla valutazione economica degli interventi, improntando la progettazione al principio della Qualità Possibile (Massime prestazioni con minimi costi). È così emersa una griglia di Best Practice tra le quali, quella di maggiore coefficiente di efficienza è stata la creazione di cellule naturalmente ventilate con corti interne adeguatamente dimensionate e realizzate grazie a micro-sventramenti verticali (Figg. 9-10) che permettono oltre l’evacuazione dei fumi/vapori prodotti dalle numerose attività commerciali poste ai piani terra dedite alla preparazione di cibi, contemporaneamente il soleggiamento diretto di questi ambienti.
Per concludere, il progetto non ha definito ma orientato l’organizzazione degli spazi, cercando di garantire le condizioni di comfort senza imporre nuovi modi di vita.
Lo sforzo di relazionarsi al contesto induce un’architettura meno arrogante nell’obbedienza a sorde tecnologie; l’impiego di materiali più naturali ammorbidisce l’immagine; il rispetto per gli abitanti e per la loro diversità (se appena vengono ascoltati) propone un’architettura senza stupide ripetizioni industriali che diventa quindi “naturalmente” organica.
Note
1. Monica Cannaviello, Rossella Franchino, Caterina Frettoloso, Francesca Muzzillo, Fosca Tortorelli, Antonella Violano. Coordinatore SUN prof. arch. Carlo Manzo.
Gli autori
Rossella Franchino, Professore Associato della SUN. Svolge ricerca prevalentemente nel campo della lettura dei caratteri dell’ambiente, con il riscontro dei fenomeni di degrado determinati da attività antropiche e con l’individuazione di mezzi e strategie di intervento per il recupero, la riqualificazione e la tutela ambientale.
Caterina Frettoloso, Ricercatore della SUN. Svolge ricerca nel campo della Progettazione Ambientale. Le esperienze di ricerca maturate manifestano un interesse sia per le metodologie di analisi e di progetto per la riqualificazione eco-orientata dell’ambiente naturale e costruito, sia per la fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale.
Francesca Muzzillo, Professore Associato della SUN. Svolge ricerca prevalentemente nel campo della Progettazione Ambientale e recupero sostenibile. La sua ricerca parte dallo studio degli elementi fondanti del landscape design, di cui riscopre un interesse in relazione ai problemi della sostenibilità e del recupero di siti compromessi, studiando soluzioni esecutive innovative, in un confronto analitico tra i dati prestazionali e quelli di “aspetto”.
Antonella Violano, Ricercatore della SUN. Svolge ricerca nel campo dell’innovazione tecnologica, con particolare attenzione sia ai materiali eco-orientati e all’efficienza energetica del patrimonio costruito, che alle tecnologie innovative per la riqualificazione e la gestione dei Beni Culturali e ai Sistemi Innovativi di Comunicazione.
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