Parole chiave:
Ambiente costruito urbano, Interscalarità, Cultura tecnologico-ambientale del progetto
[continua da EWT #10-11]
Il rapporto tra le dimensioni ecologiche, tecnologiche e socio-culturali nella progettazione sostenibile dell’ambiente urbano è stato fin dall’inizio argomento centrale d’indagine della rivista EcoWebTown.
È un ambito che evidentemente costituisce il nucleo centrale delle riflessioni scientifico-progettuali che, in questi anni, si stanno conducendo a livello nazionale e internazionale sulle nuove e prossime sfide da affrontare per il raggiungimento della sostenibilità dell’habitat urbano. Questo dato è stato confermato dalla progressiva diversificazione delle testimonianze provenienti da realtà molto diverse e apparentemente lontane che si sono alternate nei numeri della rivista, facendo emergere un dibattito sulle questioni della sostenibilità urbana che si è dimostrato particolarmente aperto e scevro da rigide perimetrazioni specialistiche o disciplinari.
Uno dei temi emergenti da questo dibattito è certamente costituito dal rapporto tra sostenibilità e innovazione tecnologica che può instaurarsi nei processi di mantenimento, rigenerazione e trasformazione dell’ambiente urbano e dei suoi patrimoni naturali, artificiali, materiali o immateriali.
Su questi aspetti la Redazione di EcoWebTown ha intrapreso dallo scorso numero (EWT 10-11/2015) un approfondimento sulle esperienze sperimentali di ricerca applicata e progettuale in corso nelle scuole di architettura italiane e, in particolare, nell’ambito delle discipline tecnologiche del progetto che, storicamente, hanno posto al centro dei loro studi la centralità della costruzione di rapporti spaziali e qualitativi della città (ma non solo) non tecno-centrici, ma più maturi e responsabili nei confronti delle variabili ambientali, ecologiche, sociali, produttive e culturali.
L’iniziativa è partita da un’osservazione: dai contributi provenienti dai vari gruppi di ricerca tecnologici che operano sui temi della sostenibilità urbana nei vari atenei italiani, si delineava gradualmente un quadro di connessioni, interferenze, convergenze e anche contrapposizioni, talmente articolato che chiedeva, anzi necessitava, di essere raccontano in modo più approfondito e ricostruito nelle sue molteplici declinazioni.
Con questo numero, l’iniziativa intrapresa nel 2015 arriva a un’importante prima verifica, con un numero di esperienze che già permette di tracciare alcune direttrici, certamente non esaustive, di una mappa in fieri della ricerca tecnologica in corso nelle università italiane sul rapporto tra sostenibilità e innovazione tecnologica nel progetto dell’ambiente urbano. Questo secondo contributo che continua quello di apertura presentato nello scorso numero, intende sottolineare alcuni aspetti importanti emergenti dall’avanzamento dell’indagine.
Le riflessioni proposte sulle complesse relazioni che, attraverso il progetto, si instaurano tra sostenibilità e innovazione dell’ambiente urbano, nonostante abbiano assunto una prevedibile diversificazione – non solo per sedi ma anche per singoli raggruppamenti – permettono comunque di far emergere una “posizione tecnologica” comune e riconoscibile.
Sono infatti riscontrabili in tutti i contributi almeno due specificità metodologiche ricorrenti.
La prima fa riferimento a una differente modalità di lettura del sistema urbano e di proiezione delle sue potenzialità di evoluzione.
Il rilevamento delle esigenze degli abitanti e l’analisi delle problematiche insediative e trasformative del sistema urbano tendono a restituire non un quadro fisico dello stato di partenza della città e dei suoi spazi, entro cui prevedere specifiche modificazioni orientate nella direzione della sostenibilità, ma un sistema di relazioni tecnologico-ambientali misurabili nelle loro evoluzioni nel tempo. A tale posizione analitico-interpretativa che guarda la città come sistema organico in divenire, non conseguono risposte tecniche puntuali (nel caso di ricerche di base o applicate) e neanche singole proposte di modificazione (nel caso delle esperienze di ricerca progettuale).
Il campo delle risposte assume la connotazione di un vero e proprio sistema di possibili scenari d’impiego delle risorse naturali, tecniche, economiche, organizzative e anche amministrative e procedurali che possono definire, favorire e determinare le condizioni di sostenibilità delle innovazioni tecnologiche per il raggiungimento della qualità urbana.
In questo senso, le ricerche presentate non si pongono in antitesi a una cultura progettuale organica della città (per esempio delimitando proprie competenze e campi d’interesse in ambiti estremamente specializzati o tecnicistico-ingegneristici) e né cadono in facili generalizzazioni di progettazione totalizzante dell’ambiente urbano (in nessuna esperienza si riscontra la tentazione di muoversi in una omnicomprensiva visione “dal cucchiaio alla città”).
In tutte le esperienze si riconosce una posizione culturale che vede nel processoprogettuale non una sequenza lineare e unidirezionale di azioni tecniche che conducono a un intervento sulla città (o anche a un insieme di interventi) conclusi una volte per tutte, bensì un iter propositivo aperto e finalizzato al governo delle dinamiche fisiche e immateriali di un’architettura più complessa. Un ambiente costruito urbano, formato da edifici, dal sistema degli spazi aperti, dalle risorse naturali, dagli abitanti, dalle realtà produttive, dalle entità amministrative che insieme contribuiscono a modellare quell’entità insediativa che comunemente sintetizziamo attraverso il termine città.
La seconda specificità metodologica emergente è individuabile nell’interscalarità che caratterizza sia le ricerche che affrontano i processi di innovazione delle filiere di realizzazione, mantenimento e rigenerazione della qualità urbana, sia le sperimentazioni progettuali che sviluppano sistemi innovativi di intervento orientati al miglioramento delle prestazioni ecologiche, energetiche ed economiche della città o di alcuni suoi ambiti.
Per quanto riguarda questo secondo aspetto, è riscontrabile una visione della città che va oltre la sua dimensione fisica tradizionale di insieme di manufatti tecnici, intesa come Urbs, conducendo invece a integrare nel rapporto tra sostenibilità e innovazione tecnologica altre due componenti più fluide e invisibili della città: la Civitas e l’Ambiens.
Ne consegue che il nodo sostenibilità-innovazione tecnologica non può essere ricondotto all’elaborazione di singole soluzioni tecniche che operano a una sola scala di intervento e non può limitarsi alla verifica delle prestazioni puntuali di insiemi stratificati di oggetti, prodotti e dispositivi.
La misurabilità della qualità integrata del progetto ne emerge in un’accezione che forse è stata fin troppo elusa da ragionamenti più organici sul rapporto tra innovazione e sostenibilità, persino in ambiti accademici, perché spesso ricondotta a una fuorviante declinazione delle tecnologie a meri apparati strumentali al servizio di una presunta immutabile “forma” dell’architettura e della città.
È solo in questo senso che si possono comprendere le complesse connessioni tecnologiche esistenti nel sistema città e nel suo territorio tra fattori tecnico-economici, socio-comportamentali e bio-fisiologici. Ed è in questa stessa direzione che tutte le esperienze qui presentate testimoniano l’esistenza di linee di ricerca e sperimentazione condotte nell’ambito della progettazione tecnologico-ambientale che declinano il tema sostenibilità-innovazione dell’ambiente urbano andando oltre le tradizionali delimitazioni scalari del progetto e affrontando le complessità della progettazione dell’organismo città valutandone eredità e cambiamenti rispetto a tre sistemi ricorrenti: tecnologico, sociale e ambientale.
Con il sistema tecnologico sono indagate le relazioni fisiche che s’instaurano tra il costruito e il non costruito urbano, focalizzandone i processi d’interazione e variabilità e valutando i gradi di coerenza e sostenibilità delle possibili soluzioni alternative al mutare delle esigenze degli abitanti.
All’interno del sistema sociale sono studiate le dinamiche e le componenti dell’innovazione della città, secondo una filosofia progettuale che guarda all’integrabilità, alla reversibilità e alla variabilità delle prestazioni rispetto alle forme organizzative e comportamentali delle comunità.
Nel sistema ambientale ci si sofferma sulla definizione e il controllo spaziale dei luoghi della città, interpretandone informazioni, dati e flussi riferibili al contesto di intervento, alle sue risorse ed energie.
Entrambi i due aspetti riscontrati evidentemente costituiscono l’eredità metodologica di tipo esigenziale-prestazionale che caratterizza l’apporto delle discipline tecnologiche, sia nella ricerca scientifica e progettuale, sia nelle attività didattico-formative delle scuole di architettura italiane. Infatti, in essa riemergono importanti contributi elaborati nell’ambito della cultura tecnologica dell’architettura che hanno affrontato con grande anticipo alcune fondamentali questioni della sostenibilità del costruire, non solo gli edifici, influenzando profondamente la cultura architettonica e urbanistica italiana (senza enfatizzarne distinzioni disciplinari accademiche) e cercando di riallacciarne il dibattito sui nodi dell’innovazione rispetto al quadro internazionale.
Tra queste eredità, in una sequenza certamente non esaustiva del ben più vasto e articolato apporto sviluppato dalla cultura tecnologica – dagli anni cinquanta – nel dibattito tra innovazione tecnologica, sostenibilità e progetto urbano si possono riconoscere: il rapporto tra azioni costruttive, stili di vita e modellazione del paesaggio urbano (Vittoria, 1957); la necessità di riallacciare relazioni tra i processi d’innovazione e le dinamiche abitative e produttive della città e del territorio (Spadolini, 1969); la necessità di reinterpretate il progetto dell’habitat antropico come occasione per definire un nuovo quadro relazionale tra natura, uomo e tecniche (Boaga e Giuffrè, 1975); la visione integrata e integrativa delle qualità della città come obiettivo prioritario del progetto urbano (Zaffagnini, 1980); l’importanza dell’appropriatezza dei criteri del costruire per ri-configurare le condizioni di abitabilità urbana in modo coerente con i fattori di contesto (Caterina, 1985); l’estensione della cultura manutentiva dalla dimensione edilizia alla scala urbana (Ferracuti, 1994); la centralità della visione sistemica e olistica delle tecnologie per affrontare la complessità e l’instabilità dei sistemi complessi come la città (Ciribini, 1995); l’emergere di una flessibilità nel progetto di recupero urbano in cui si confrontano risorse operative tecniche e spontanee, mantenimenti e sostituzione del sistema città (Di Battista, 2006).
Si evidenzia così una posizione culturale che può definirsi di cultura tecnologico-ambientale del progetto urbano che, contrariamente alle aspettative tecnicistiche diffuse e alla dilagante corsa verso un’architettura a prestazioni sempre più elevate (Emery, 2011) non si sofferma sullo sviluppo del dettaglio tecnico nell’inseguimento di un’innovazione “a prescindere” per costruire la città sostenibile, ma affronta una più difficoltosa sfida: la comprensione delle ragioni tecnologiche dell’innovazione per fare del progetto delle molteplici dimensioni della città un’occasione di cantiere in progress della sostenibilità, in relazione alle risorse e ai mezzi realmente disponibili. [continua]
Riferimenti bibliografici
Caterina, G. (1985),”Tecnologia appropriata e progetto di recupero”, in Architettura e tecnologia appropriata, a cura di, Gangemi, V., pag.249/280, FrancoAngeli, Milano, IT.
Ciribini, G. (1995) Tecnologia e progetto, Celid, Torino, IT.
Di Battista, V., (2006), Ambiente costruito. Un secondo paradigma, Alinea Editrice, Firenze, IT.
Emery, N. (2011), “Distruzione creatrice e metabolismo del costruire. Shumpeter e la città”, in Distruzione e progetto. L’architettura promessa, pp.197-231, Christian Martinotti Edizioni, Milano, IT.
Ferracuti, G. (1994), Tempo qualità manutenzione. Scritti sulla manutenzione edilizia, urbana e ambientale, Alinea Editrice, Firenze, IT.
Giuffrè, R., Boaga, G. (1975), Metodo e Progetto, Officina, Roma, IT.
Spadolini, P.L. (1969), “Circuiti, Dipendenze, Relazioni”, in Design e società, pp. 85-99, Le Monnier, Firenze, IT; ripubblicato come “Civiltà industriale e nuove relazioni nel territorio”, in Gurrieri F., a cura di, 1988, Pierluigi Spadolini. Umanesimo e tecnologia, pp. 260-275, Electa, Milano, IT.
Vittoria, E. (1957), “Una nuova concezione del paesaggio”, in INU, Convegno nazionale di urbanistica sul tema: Difesa e valorizzazione del paesaggio urbano e rurale, pag. 47, INU edizioni, Roma, IT.
Zaffagnini, M. (1980) “Prefazione” in Lombardi E.: “Modelli abitativi e utenza: l’esperienza danese. La lunga strada verso la qualità urbana”, BE-MA Editrice, Milano, IT.