Le città ecologiche e resilienti del futuro chiedono un nuovo sguardo e una rinnovata ecosofia che ne riveli le preziose “riserve di resilienza”, per troppo tempo invisibili agli occhi di chi le ha guardate solo come concentrato della rendita fondiaria o come generatrici di plusvalenze finanziarie. Le cellule resilienti al mutamento (frammenti di paesaggio, lacerti infrastrutturali, quartieri un riciclo funzionale, etc.) permettono alla città di assumere forme più elastiche, meno resistenti all'innovazione e più adattative, le consentono di attivare processi capaci di gestire un numero maggiore di problemi interagenti, di coinvolgere la pluralità degli attori e i variegati arcipelaghi sociali nelle decisioni, e di attuare forme di governance in grado di equilibrare la competizione tra le città entro i sistemi metropolitani e di temperare un sempre più ampio e aspro conflitto tra visioni, soggetti, priorità e risorse. E le riserve di resilienza da cui riattivare un metabolismo urbano più creativo, intelligente ed ecologico si concentrano soprattutto nelle aree sottratte alle tensioni della rendita: le periferie in transizione, i quartieri industriali in ristrutturazione, le aree portuali e ferroviarie in fase di riciclo infrastrutturale, etc.. Luoghi dove – lontano dai centri propulsori del modello urbano compulsivo, consumatore di suolo e di risorse – sono stati preservati valori comunitari, paesaggistici e identitari. Valori che costituiscono una preziosa riserva per ripensare una città capace di assorbire la crisi economica e di adattarsi ai cambiamenti climatici, riprogettando la sua struttura, distribuendo i suoi centri in forme reticolari, riattivando i rapporti con la dimensione peri-urbana, metropolitana e rurale. E’ soprattutto nei nuovi quartieri eco-creativi che può ripartire una città che sappia rimettere in gioco i suoi capitali sociali, territoriali e culturali dopo essere guarita dalla drammatica tossicodipendenza da quella possiamo definire un’urbanistica subprime che ne ha anestetizzato la capacità di immaginare, di progettare, di radicare e di controllare.
La recente esperienza di commissario del concorso “Eco_luoghi” promosso da Mecenate 90, mi ha permesso di avere un quadro ampio e approfondito delle più recenti ricerche applicate alla progettazione dei nuovi insediamenti ecologici e creativi, più resilienti, intelligenti, dialogici e sensibili. Gli esiti hanno mostrato con evidenza che i cicli dell’elasticità e dell’adattamento richiedono una rinnovata flessibilità delle funzioni, una maggiore permeabilità degli spazi ed una feconda adattabilità degli insediamenti, perché questi non vengano più affrontati come problemi puramente concettuali e spaziali, ma debbano essere messi in relazione con il portato sociale, economico e tecnologico che oggi entra a far parte della costruzione della città, diventando temi/strumenti/norme del progetto del nuovo metabolismo urbano.
Dobbiamo riconoscere con maggiore responsabilità la dimensione e la portata degli effetti dell’ecologia applicata ai sistemi insediativi urbani, che si estendono al di là del territorio strettamente urbano. La nuova alleanza tra cicli ecologici rurali e urbani richiedono soluzioni non convenzionali. Un rinnovato approccio olistico – metropolitano e regionale – dimostra la necessità multiscalare di una urbanistica ecologica. Tale approccio richiede che il metabolismo del territorio – non solo funzionale, ma anche sociale e culturale – debba entrare tra i principi cardine della pianificazione e nei conseguenti strumenti progettuali, aiutandola a riconnettere i sistemi agricoli, residenziali, industriali, naturali, culturali e ricreativi perché inizino a collaborare e interagire entro uno scambio di interessi tra diverse situazioni reciprocamente vantaggiose o tra nuove relazioni produttive in grado di determinare una nuova organizzazione dello spazio insediativo.
Nel mio recente libro, Reimagining Urbanism (2013), ho argomentato come una nuova etica della responsabilità e della convergenza degli interessi debba orientare il "secolo urbano" verso la nuova sostenibilità ecologica degli insediamenti, non più vista come frontiera da conquistare per la pianificazione territoriale – come alla fine del secolo scorso – ma come sfida operativa per un nuovo metabolismo urbano che ci richiede di scomporre la sostenibilità degli insediamenti nelle dimensioni rilevanti che la connotano, imponendoci di “reimmaginare l’urbanistica” per progettare e guidare le città nell’era della metamorfosi dei paradigmi di sviluppo e dei conseguenti insediamenti.
L’obiettivo è dinamizzare il territorio promuovendo la diversità delle funzioni nel contesto metropolitano, ottimizzando i consumi delle risorse (materiali e immateriali) e sviluppando le nuove manifatture locali anche attraverso la promozione della transizione al digitale, facilitando lo sviluppo di reti e servizi innovativi. Anche la conservazione delle risorse e l'adattamento ai cambiamenti climatici vengono promossi attraverso l’adozione di una sobrietà energetica, la diversificazione delle fonti energetiche a favore delle energie rinnovabili e di recupero, la conservazione e la valorizzazione della biodiversità, del suolo e degli ambienti naturali reinserendoli nei cicli vitali della città.
Gli eco-quartieri e le eco-città ci chiedono di ampliare la sperimentazione, di estendere le declinazioni territoriali e di approfondire le pratiche, poiché necessitano di comportamenti collettivi strutturali, coerenti e durevoli. L’ecologia urbana, infatti, richiede soprattutto la metamorfosi dello stile di vita delle comunità per generare un equilibrio collettivo nell’ambito di un nuovo ecosistema. La responsabilità della metamorfosi dello sviluppo e l’impegno a re-immaginare l’urbanistica non possono rimanere al livello delle visioni, delle condivisioni e degli indirizzi, ma devono attingere a nuovi paradigmi e definire metodi e strumenti progettuali che costituiscano la trama di una nuova etica della responsabilità per i decisori e l’ordito di una nuova agenda per gli urbanisti. In particolare occorre internalizzare nel progetto urbanistico le nuove sensibilità e i paradigmi della città creativa per l’interpretazione e la valorizzazione dei talenti urbani, le nascenti forme del riciclo in termini di progettazione ecologica della dismissione e di un progetto di suolo non più in termini di consumo, della città intelligente per la revisione dei cicli di acqua-energia-rifiuti e per la gestione delle reti digitali e di mobilità verso una reale sostenibilità, della post-carbon economy come motore dell’innovazione e moltiplicatore degli investimenti, della agricoltura urbana come attivatore di nuovi metabolismi e del retrofitting come modalità di intervento attivo sulla città esistente non più efficiente.
Nella nostra missione di studiosi ed educatori, dobbiamo alimentare una indispensabile metamorfosi dell’urbanistica, nella quale trovino spazio concettuale e strumenti i nuovi temi della progettazione ecologica e della pianificazione intelligente: nuovo cuore pulsante di un progetto della città e del paesaggio che voglia tornare a essere “socialmente rilevante” e non solo tecnicamente efficace.