Romano Guardini scrive, dal 1923 al 1925, per la rivista tedesca Schildgenossen nove lettere ad un amico immaginario in cui, attraverso il resoconto del suo viaggio sulle rive del lago di Como, si interroga sulla progressiva modificazione del rapporto tra uomo e natura in una società sempre più permeata e trasformata dal dominio della tecnica.
In un passaggio della sesta lettera, intitolata Il dominio, descrive la straordinaria bellezza della penisola che separa il lago di Lecco dal lago di Como: "Come sono asserviti all'uomo questi luoghi! Le strade seguono l'ondulazione delle colline, sembrano affrettarsi sui loro pendii, aderirvi, presentirli; esse si prestano alla modellatura della loro movimentazione [...] Come è dominata, qui, la natura! Come la si sa guardare e comprendere. Come ubbidisce alla mano dell'uomo, così istintivamente sapiente [...] Come ubbidisce questa terra alla volontà che la modella e la trasforma - spesso all'infinito - in dimore, in uno spazio umanizzato, pieno di vita, di ritmo, concesso all'uomo!"
Descrivendo questi luoghi, Guardini, contemporaneamente formula una definizione di paesaggio incentrata sul duplice rapporto di dominio e rispetto dell'uomo sulla natura, "quell'intima unione della natura e dell'opera umana" il cui naturale equilibrio non deve essere alterato dai progressivi avanzamenti della tecnica. Quindi un paesaggio che è l'esito dell'opera di antropizzazione dell'uomo, in difesa dalla natura e a protezione della natura.
Le anime del paesaggio, curato da Fabrizio Schiaffonati - che prende spunto da tre lectio magistralis, tenute da Flavio Caroli, Philippe Daverio e Sebastiano Vassalli nell'ambito del Dottorato di ricerca in Progetto e tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali del Politecnico di Milano - restituisce tre momenti di approfondimento e confronto, in grado di elevare il livello critico attinente ad una tematica, quella del paesaggio, di grande attualità, spesso oggetto di banalizzazioni e semplificazioni.
La nozione di paesaggio riconosce una sempre più alta aggettivazione e specificazione all’interno dell’esperienza percettiva della contemporaneità, che risulta sempre più filtrata “da una interpretazione e una costruzione esterna alla sua intrinseca spazialità”. La “natura” diviene “paesaggio” attraverso la costruzione simbolica di una visione astratta contemporaneamente allusiva e illusiva.
La lettura figurativa del paesaggio matura attraverso l’evoluzione del rapporto tra l’uomo e il suo contesto. Esso si concretizza con l’illusione che si imprime sul supporto pittorico e che rimanda all’allusione di un “senso ulteriore”.
La lettura poetica, invece, poggia le sue fondamenta sul carattere allusivo della narrazione, a cui conferisce una forza eccezionale e diversamente raggiungibile.
La visione architettonica, infine, si fa strada all’interno del paesaggio, “sistema articolato che si trasforma e si modifica secondo i criteri di una umanità vivente”, attraverso una propria lettura specifica che risulta concretizzata in entrambe le accezioni di illusività e allusività.
Attraverso queste chiavi interpretative Fabrizio Schiaffonati introduce il pensiero di tre maestri della modernità.
I contributi, concorrono a comprendere maggiormente e ad approfondire, da diversi punti di vista, il significato del termine “paesaggio”, definito dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio “parte del territorio […] il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interpretazioni.
Le anime del paesaggio. Spazi, arte, letteratura, a cura di Fabrizio Schiaffonati, scritti di Flavio Caroli, Philippe Daverio, Sebastiano Vassalli, Interlinea edizioni, Novara 2013