E’ un “paesaggio sublime” quello che Le Corbusier rileva nel 1929 sorvolando il territorio brasiliano modellato dalla geografia: “lo vediamo, l’abbiamo conquistato, l’abbiamo costruito”. Lo sguardo dall’alto registra le forme di una natura tropicale in cui rilievi, insenature e isole fanno da sfondo agli insediamenti umani. Tale sguardo offre da subito alcuni spunti nella elaborazione delle sue proposte progettuali per San Paolo e per Rio de Janeiro, soluzioni formalmente distinte che esprimono però la medesima intenzione, quella di operare un risanamento radicale del contesto urbano. Il disegno dell’infrastruttura si pone a fondamento della nuova visione progettuale: un sistema cardo-decumanico si sovrappone alla città di San Paolo proiettandola nella dimensione estesa del territorio; una lunga serpentina si insinua tra le baie di Rio evitando di intaccare la configurazione della città preesistente. “Quanto più leggero è il tocco, tanto più forte è il controllo” scrive Le Corbusier, facendo espressamente riferimento alla modalità con cui queste megastrutture abitate avrebbero dovuto stabilire il contatto con il terreno. Atterrando letteralmente sul suolo, le nuove forme architettoniche così concepite mettono in atto una vera e propria azione di conquista del luogo dichiaratamente enunciata da Le Corbusier nei suoi scritti e tradotta graficamente in rappresentazioni a volo d’uccello, manifestazione di una prediletta percezione aerea del territorio.
Oggi sono le immagini satellitari ad offrire una visione aerea globale del mondo, e proprio una foto satellitare ha attivato le prime riflessioni su Florianópolis, capitale dello stato di Santa Catarina in Brasile. La grande stampa di una foto zenitale della città brasiliana campeggiava sulla nuda parete di un’aula della Facoltà di Architettura di Pescara, spazio in cui si è svolto, nel novembre del 2012, uno stimolante workshop di progettazione dal titolo “Favelas con Vista”, che aveva come obiettivo prioritario la rigenerazione della città informale. L’attenzione si è rivolta al versante insulare di questa conurbazione metropolitana, e in modo specifico agli insediamenti informali che occupano il fianco occidentale del Mont Serrat e quello orientale di Penitenciaria, rilievi appartenenti al Morro da Cruz, un massiccio di natura granitica disposto in direzione nord-sud ricoperto da una lussureggiante vegetazione.
La proposta progettuale assume questa grande area verde come una preziosa riserva spaziale per la Floripa insulare, un luogo privilegiato, che raggiunge quasi i 300 metri di altezza da cui osservare la città in relazione al territorio e al mare. Pur attribuendo all’impronta geografica del sito, e in modo specifico al Morro da Cruz, il ruolo di figura primaria nella connotazione dell’insediamento urbano, la strategia progettuale rinuncia ad un macro-disegno e cerca di esplorare la micro scala dell’abitare in favela. Ribaltando una concezione tipicamente modernista che ha tentato in più occasioni di promuovere azioni rifondative sui territori d’oltreoceano applicando modelli radicalmente contrapposti alle tradizioni locali, la riflessione progettuale prende le mosse da una ricognizione dello stato di fatto e suggerisce alcune azioni associate alle pratiche dell’abitare.
L’indagine ricognitiva tenta dunque di decifrare l’articolata morfologia delle favelas di Florianópolis, espressione di una edificazione incontrollata che invade le aree urbane più interne, marginali rispetto ai principali tracciati viari. La vista zenitale di tali aree non è stata sufficiente a capire le dinamiche dei fenomeni in atto, per cui si è resa necessaria una esplorazione ravvicinata supportata da fotografie che hanno consentito di cogliere la natura specifica dello spazio aperto, generalmente interstiziale e residuale. Nell’intenzione di comprendere la struttura costitutiva degli insediamenti informali e, nello stesso tempo, di rilevare le criticità dei tessuti degradati e le potenzialità associate alle risorse locali, il lavoro investigativo si è tradotto nella elaborazione di alcune mappe descrittive: mappe dei pieni e dei vuoti, della densità abitativa, della rete connettiva, ma anche mappe delle risorse naturali e del rischio, nello specifico di quello idrogeologico, che hanno fornito occasioni per una discussione interna al gruppo di lavoro.
Avvalendosi delle conoscenze acquisite, la sperimentazione progettuale ha assunto lo spazio vuoto come tema centrale intorno al quale si è messa a punto una proposta rigenerativa per la città informale di Florianópolis. “Liberar espaço” è stato preso come slogan di questa operazione, che punta alla riqualificazione della favela attraverso azioni volte alla realizzazione di spazi vuoti nella compattezza del tessuto edilizio. Liberare spazio è una espressione che acquista una valenza politico-sociale prima ancora che formale, che presuppone una condivisione di intenti e dunque una volontà, da parte degli abitanti, di modificare lo stato esistente al fine di migliorare la qualità della vita in favela. Liberare spazio richiede operazioni di micro-demolizione strategicamente combinate ad operazioni di ricollocazione, da compiersi presumibilmente nell’immediato intorno, di ciò che viene rimosso.
Lo strumento adoperato per esprime l’idea progettuale è stato un modello interattivo volto a mettere in atto un processo trasformativo che richiede la partecipazione degli abitanti del luogo. Piuttosto che offrire una soluzione formale al problema, si è deciso di esplicitare una strategia prefigurando alcune possibili soluzioni. Il modello diventa così uno strumento dialettico che coinvolge gli abitanti nella scelta dei siti in cui mettere in atto la trasformazione. La micro-demolizione condivisa dà inizio al processo rigenerativo supportato da un abaco di probabili configurazioni formali veicolate da esempi architettonici di riferimento, specie di spazi che richiedono, in un momento successivo, un inevitabile adeguamento topologico.
Il modello interattivo descrive dunque lo stato del luogo e nello stesso tempo definisce il supporto su cui operare una riscrittura della favela tramite micro punture urbane. Il modello mette a disposizione degli operatori i materiali da utilizzare nella riconfigurazione dello spazio pubblico entro il tessuto edilizio: tasselli ideogrammatici di spazio aperto e cartoline illustrate di possibili esempi di riferimento sono più che altro espedienti per innescare un dibattito sulla rigenerazione della città informale. Il modello infine richiama la grande risorsa del luogo, quella riserva spaziale a scala geografica sulle cui pendici insistono le favelas del versante insulare di Florianópolis, e propone un dispositivo che tende a connettere, attraverso percorsi interstiziali, i microspazi di nuova formazione con il macrospazio pubblico esistente.
(*) Workshop “Favelas con Vista”, gruppo di lavoro diretto da Luigi Coccia e Emanuele Marcotullio, Scuola di Architettura e Design, Ascoli Piceno.