L’International Project Charrette Vicenza, giunta alla sua quinta edizione, è da considerarsi ormai un appuntamento tradizionale per Università e Istituzioni pubbliche le quali anche se distanti sono invece molto vicine rispetto alle tematiche di ricerca sulla città contemporanea; difatti, il Vicenza Institute of Architecture, per chi oggi si occupa di progetto architettonico e urbano sostenibile, è un luogo eccezionale di studi e di confronto.
Nella prima settimana di novembre 2011, presso l’Istituto vicentinodella University of Florida_School of Architecture Gainesville, si è svolta la Charrette per la favela Cabuçu de Baixio 12 di San Paolo del Brasile. È necessario qui ricordare che gli studenti partecipanti a questa V edizione, provenienti da diversi Atenei, per prendere confidenza con il tema progettuale della Charrette, hanno partecipato attivamente al Convegno Internazionale Rischio e Progetto Urbano tenutosi presso la Facoltà di Architettura di Pescara il 19 e 20 ottobre dello stesso anno. In quella occasione, proprio in vista della Charrette, l’intervento del professor Ruben Otero (Escola da Cidade San Paolo) è stato fondamentale per comprendere la complessità sociale e urbana delle favelas pauliste, in particolare quella di Cabuçu, grazie ai tanti materiali di ricerca sul tema mostrati e poi messi a disposizione dei partecipanti.
Cabuçu de Baixio 12 è una favela a nord di San Paolo molto vicina al confine del Parco Nazionale Serra da Cantarerira ed è attraversata dal torrente Guaraú; ha una consistenza di circa 2000 costruzioni informali adagiate e addensate tra la collina e i bordi del suddetto torrente e della Rua Amália Matarazzo. Circa una metà delle suddette costruzioni ricadono in aree a rischio inondazione e non mancano sul posto segni e testimonianze di distruzione dovuti a frequenti fenomeni di allagamento. Le condizioni igienico-sanitarie e costruttive delle abitazioni sono estreme mentre le infrastrutture e i servizi sono praticamente inesistenti semmai lasciati al libero arbitrio della comunità, salvo qualche timida operazione come il campetto di calcio recentemente realizzato al centro della favela. La struttura urbana originaria è compromessa dalla densificazione di tutti gli interstizi e delle fasce di rispetto; intorno alla favela si trovano inoltre “materiali” diversi e sparsi di una porzione di “città distratta”: sono edifici residenziali a torre, case basse, condomini, capannoni artigianali e industriali, un grande depuratore, una scuola, negozi lungo le strade principali, angoli verdi con residui di una rigogliosa natura autoctona.
Tra i materiali di ricerca messi a disposizione, alcune interviste agli abitanti della favela di Cabuçu fanno emergere una serie di informazioni che dimostrano una loro chiara consapevolezza circa le problematiche esistenti dentro la favela ma anche inaspettate prese di coscienza sulle intrinseche risorse del luogo e delle opportunità non sfruttate. Ad esempio, gli abitanti della favela pur riconoscendo il mal costume di abbandonare spesso rifiuti in strada, sono consapevoli che un quartiere non pulito è causa di inquinamento e di malattie quindi hanno ben chiara dell’importanza della raccolta differenziata dei rifiuti e dei materiali riciclabili anche per un verosimile profitto economico. Poi indicano precise soluzioni per migliorare le loro condizioni come il prevedere luoghi di raccolta dei rifiuti, il costruire fogne, parchi gioco, scuole, servizi, il potenziare l’accesso all’area, il piantumare alberi, ecc..
A partire da queste informazioni, la Charrette si è proposta di conferire una nuova dignità urbana alla favela di Cabuçu in una logica mai assistenzialista ma di miglioramento partecipato della condizione abitativa con una giusta visione multi-temporale. Tutti e tre i lavori progettuali prodotti dalla Charrette, infatti, più che porsi immediatamente questioni di forma, si sono interrogati sulla questione della sostenibilità, sull’ipotesi di riutilizzare i materiali preesistenti, sul rapporto tra architettura e paesaggio, sull’apertura di nuove relazioni tra favela e città.
I tre progetti “Advancing Favelas”, “Ba1rro” e “Urban Capillaries”, qui pubblicati solo in sintesi, individuano sì una serie di criticità ma anche di opportunità: da una parte c’è un insediamento informale denso, esposto a rischi, carente di spazio pubblico, di infrastrutture, di servizi che nell’insieme portano ad accrescere il degrado e l’inquinamento del luogo; dall’altra viene apprezzata la struttura organica della favela, la mobilità interna pedonale, e poi le tante risorse ecologiche non sfruttate oltre quella ricchezza di cultura e di creatività tipica brasiliana. Le strategie progettuali fanno leva sull’idea condivisa di creare corridoi verdi come spazio pubblico: piccole infrastrutture ambientali “appoggiate” al torrente Guaraú che in taluni casi si ramifica in mezzo alla favela facendosi spazio, in altri si snoda sinuosamente intorno a dispositivi di rigenerazione urbana accompagnando il corso d’acqua; in altri ancora assume l’immagine del sistema arterioso, una rete complessa con micro-interventi pubblici nelle centralità della favela. Affinché si generi un circuito che favorisca anche l’occupazione, è prevista in tutti i progetti l’autocostruzione per le nuove case utilizzando materiali locali e semplici tecnologie sostenibili. Vengono poi definiti dei limiti agro-forestali a favore di una possibile economia locale basata sull’agricoltura biologica e viene prestata un’attenzione all’ambiente con la raccolta delle acque piovane, con vasche di fitodepurazione, col riciclaggio dei rifiuti, con sistemi per la produzione di energie rinnovabili.
*Charrette di Vicenza 2011