La nostra società sta vivendo nella fase della più rapida e significativa urbanizzazione nella storia. Nel 2030 più del 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, la maggior parte delle quali si trova nei paesi in via di sviluppo, Asia, Africa e Latino America. I temi cruciali da affrontare sono di risonante attualità, dalla necessità sempre più urgente di ridurre l’impatto delle città sul territorio sia in termini di consumo di suolo, sia in termini di sostenibilità ambientale, alla riflessione altrettanto determinante di trovare nuove modalità di urbanizzazione e di relazione tra fattori sociali ed economici.
Le new towns nella storia delle città del ventesimo secolo hanno radici profonde e una tradizione di quasi un secolo. I due modelli di riferimento più importanti restano Garden City di Ebenezer Howard (sociale progressista, ancora architettonicamente conservativa) e Ville Radieuse di Le Corbusier (funzionale e ordinata). Entrambe propongono due principi fondamentali: il diritto pubblico di regolare e controllare lo sviluppo del territorio urbano e una forte e centralizzata autorità di pianficazione, principi base su cui si fondarono altre città di nuova fondazione nel secondo dopoguerra, prestigiose nuove capitali, da Brasilia a Chandigarth ad Abuja, e nuove città industriali, come Guyana. Il modello delle new towns crollò con il crollo dei principi moderni del funzionalismo, la necessità di concentrare le nuove costruzioni evitando lo sprawl urbano, la sempre più spossata economia mondiale e nuovi modelli di riferimento.
Ciononostante ad oggi alcune circostanze sembrano di base essere cambiate nei paesi in via di sviluppo. Una nuova era di mega-progetti urbani è rifiorita ad opera di investitori privati, politici e pianficatori urbani.
Ciò che velocemente è cambiato è il quadro economico e sociale di riferimento. Frutto della visione “globalizzata” della nuova realtà in cui viviamo, questi nuovi insediamenti non sono solo la semplice conseguenza della crescente urbanizzazione, l’aumento della popolazione e la necessità di concentrare le risorse, ma anche un effetto delle ambizioni delle autorità cittadine a far parte di quella rete globale delle cosiddette “world cities”, determinate dagli stessi fattori che guidano i processi di globalizzazione economica, i flussi internazionali di capitali e la nuova divisione internazionale del lavoro. I nuovi insediamenti, siano essi estensioni di realtà esistenti o grandi quartieri interni al tessuto urbano, sono promossi dalle città come strumento per acquisire vantaggi nella crescente competizione globale, e allo stesso tempo gli stessi sono direttamente fondati dalle reti globali di investitori e developers.
Le new towns assumono quindi una forte vocazione di “sostenibilità”, realizzate con le tecnologie e gli accorgimenti più innovativi, dal disegno urbano alle visioni e gli scenari più futuribili, per promuovere un concept che faccia di esse dei veri e propri modelli di eco-cities, come plausibili alternative alle città esistenti da cui spesso dipendono.
New Towns in Asia, terza edizione del format Urban Ecologies presso la galleria Spaziofmg per l’Architettura di Iris Ceramica e FMG Fabbrica Marmi e Graniti (http://www.irisfmg.it/ http://www.spaziofmg.com/), guarda a paesi come la Cina, la Corea e il Vietnam, con i progetti di Norman Foster, SOM, West8, Zaha Hadid, Ove Arup, Kohn Pedersen Fox Associate, e propone un racconto su alcuni dei loro più conosciuti progetti di eco-cities, mettendone a confronto gli impianti urbani con i più tradizionali e importanti riferimenti nella storia del ventesimo secolo, per comprenderne affinità e risonanze. Allo stesso tempo indaga dati e misure del loro essere eco-compatibili, rileggendo le soluzioni tecniche e tecnologiche proposte e mettendole a confronto, con un apparato selezionato di pubblicazioni sul tema a disposizione del pubblico per tutta la durata della mostra.
Resta provocatoriamente aperta la domanda se tali aspettative di uno sviluppo urbano sostenibile possano essere soddisfatte dai progetti delle nuove eco-cities, o se piuttosto che risolvere, invece aggravino situazioni già esistenti, problematiche e tese per loro stessa natura.