Trentino Alto Adige. Una regione sostenibile a cura di Pino Scaglione, Chiara Rizzi, Stefania Staniscia con Edoardo Zanchini

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Uno, nessuno e centomila “città Nordest”: infrastrutture e scenari. Laura Cipriani* PDF

Si parla molto di “città Nordest”. Sebbene non riconosciuta ufficialmente, è una delle maggiori macro-regioni europee non formalizzate sulla carta. Con oltre 7 milioni di abitanti, un PIL complessivo pari a quello della Repubblica Ceca ed una superficie come quella della Svizzera, città Nordest include Veneto, Friuli, Trentino ed Alto-Adige, estendendosi persino oltre i confini nazionali.
Il rinnovato immaginario di questa macro-città nasce, infatti, non solo da un recupero di vicende storiche lontane o da contingenze geografiche inequivocabili, quanto piuttosto è il frutto di un disegno implicito tracciato dalle infrastrutture, dal loro utilizzo e dalla consapevolezza che i sistemi competitivi del futuro saranno quelli interconnessi da una intelligente organizzazione metropolitana. La crisi del sistema imprenditoriale diffuso del Nordest favorisce la convinzione che la rete, o meglio, la messa in rete delle infrastrutture – fisiche ma anche tecnologiche – sia la chiave per connettere territori, competenze, e soprattutto economie. Lo spostamento, da sempre, ha determinato la forma della città e dei rapporti sociali che in essa si svolgono. Spazio, tempo ed attività economiche sono variabili direttamente proporzionali alle forze di mobilità. Volendo semplificare, potremmo affermare che il disegno degli spazi urbani premoderni – la polis antica, gli antichi villaggi, le città greche, quelle romane o medievali – non sono altro che una traduzione corporea dell’atto del camminare, vale a dire equivalente ad un ambiente scandito da un raggio di azione di due chilometri e mezzo. Altrettanto si può dire della metropoli della rivoluzione industriale che si sviluppa in funzione della velocità di percorrenza del treno, della città fordista che nasce con l’utilizzo dell’automobile o della città della globalizzazione post-fordista che con l’avvento della rivoluzione dei trasporti aerei viene ad estendersi per circa 500 chilometri, ossia per una distanza pari ad un’ora di volo.
I progetti di mobilità attualmente in atto per il Nordest prendono quindi senso solo in un’ottica macro-scalare. Ma cos'è in realtà la città Nordest? A quali confini corrisponde? Quanti Nordest possiamo disegnare od immaginare? Il Nordest della mobilità è per sé stesso un caledoiscopo: cambia a seconda dello sguardo che adottiamo e al tipo di mobilità a cui facciamo riferimento. C’è un’autostrada Nordest che corrisponde ai sistemi dell’A4 e dell’A22 (motorscape); una frammentaria e in pieno fermento metropolitana Nordest che fa capo alle linee ferroviarie costruite o in progetto (metroscape); una aviopolis Nordest composta da una molteplicità di strutture aeroportuali di diverso livello ad oggi ancora non organizzata (airscape); ed infine a questa maglia infrastrutturale fatta di asfalto, ferro ed aria si aggiunge anche il paesaggio della mobilità sull’acqua che include i tanti bacini idrografici – Adige, Brenta-Bacchiglione, Piave, Sile, Bacino Scolante, Livenza, Lemene, Tagliamento, la laguna di Marano e Grado, Isonzo, Slizza e Levante – che per molti secoli sono stati uno dei sistemi primari di mobilità (waterscape). Nonostante città Nordest sia attraversata dagli importanti corridoi comunitari V e I, facendo di quest’area uno dei punti nodali dei grandi scenari della mobilità europea, manca tuttora una visione di insieme. Città Nordest viene ad organizzarsi su di una rete infrastrutturale frammentaria in prevalenza basata su di una viabilità carrabile e solo secondariamente di tipo ferroviario. Due sono i Nordest riconoscibili: da un lato, il sistema infrastrutturale di pianura, organizzato in prevalenza lungo l’autostrada A4; dall’altro, il sistema alpino, che si snoda lungo l’autostrada A22 estendendosi oltre i confini nazionali. Questa suddivisione – sebbene sommaria – nasce dal riconoscimento sia che i bacini attrattivi metropolitani sono in stretta relazione ai sistemi infrastrutturali carrabili e in parte ferroviari, sia che la conformazione fisica del territorio, l’una in pianura, l’altra in ambito alpino sono radicalmente differenti e come tali richiedono una attenzione specifica.

Metrò Nordest
In tempi recenti il Trentino è il capostipite di un rinnovamento del concetto di mobilità.
L’imperante monocultura motorizzata delle regioni alpine, per di più scandita da una mobilità di transito transfrontaliero ad alta percorrenza, e la scarsità dello spazio disponibile del fondovalle, conteso tra agricoltura, infrastrutture e città, hanno favorito una coscienza politica mirata al ripensamento dei sistemi di trasporto.
Il tema è quello più generale della “mobilità sostenibile” perseguito in primis dalla “Convenzione delle Alpi” per integrare domanda pendolare con domanda turistica. In questo contesto nasce il progetto trentino Metroland, una struttura ferroviaria dai caratteri quasi metropolitani che collegherà con tempi di percorrenza rapidi il cuore del Trentino alle aree urbane disperse. L’intento è quello di saldare le valli separate dall’Adige attraverso un percorso di mobilità veloce, un connettore tecnologico che si opponga alla mobilità lenta stabilita dalle leggi morfologiche del paesaggio.
Il progetto, che prevede quattro linee principali (Trento-Malè; Trento-Tione; Trento-Soraga; Trento-Primiero) convergenti sul capoluogo provinciale, decreta Trento come grande nodo accentratore di servizi e competenze. Non poche sono le questioni ambientali ed economiche sollevate dal progetto dal momento che dei 200 chilometri di rete, 170 correrebbero in galleria; l’idea rivoluzionaria risiede però nella visione, nell’immaginare il Trentino come ad una grande area metropolitana dove l’interconnessione permetta di uscire dall’isolamento obbligato determinato dalla struttura del territorio.
A partire da qui, città Nordest sta iniziando un ripensamento di una antica modalità di trasporto in chiave contemporanea. Nel Veneto il progetto di una metropolitana per la metropoli diffusa – Sistema ferroviario regionale – nasce in realtà negli anni Novanta per armonizzare il crescente traffico su gomma con quello ferroviario ma è solo oggi, con la crisi e con la proposta trentina che viene riscoperto.
In Friuli-Venezia Giulia la metropolitana leggera denominata “Adria_A”, è una linea che riutilizza in parte le reti ferroviarie esistenti, e che dovrebbe riuscire a collegare Trieste, Capodistria e Sezana, Gorizia e Nova Gorica, superando confini e frontiere verso l’Est.
Quali scenari dunque per la città Nordest, nel 2050 o nel 2100? Possono le innovazioni o al contrario soprattutto le (d)evoluzioni tecnologiche essere lo stimolo di un ripensamento dei sistemi di mobilità e di produzione di nuovi paesaggi?

* Il ricercatore beneficia del sostegno della Comunità Europea e della Provincia Autonoma di Trento nell’ambito di un’azione Marie Curie (co-funded by Marie Curie Actions). Il lavoro che ha portato a questa pubblicazione ha beneficiato di un finanziamento del Settimo programma quadro della Comunità Europea 7 PQ/2007-2013 e della Provincia Autonoma di Trento nell’ambito della convenzione di sovvenzione n. 226070 (bando “researcher post-doc 2010 Incoming CALL 1” - progetto “Trentino - PCOFUND-GA-2008-226070”).