A chi arriva da Verona, in treno o percorrendo la A22, il paesaggio della Valle dell’Adige appare in progressione come una sorta di forbice chiusa da cornici montane. Lasciando alle spalle la moltitudine urbana della megalopoli padana, la grana dei luoghi cambia profondamente, la natura torna prepotente e sopraffà l’insediamento, i centri urbani sono grumi di case dentro un perimetro definito, spesso sovrastati da un antico castello o una torre. Persino l’autostrada è un segno diritto in questo paesaggio e appare isolata e chiusa tra la natura, i vigneti, i meleti che la accompagnano nel percorso, come l’Adige, il placido e grande fiume che si snoda nel suo letto e da il nome alla valle. Man mano che ci si avvicina verso il cuore del Trentino, nei pressi di Ala, Avio, e poi Rovereto, si scorgono
segni di recenti urbanizzazioni, di centri che hanno sottratto spazio alla natura, che tuttavia rimane sempre imponente.
Vicini a Trento (capoluogo) il paesaggio urbano si fa più denso e fitto, con segni di una intensa espansione urbana, una rete di infrastrutture complessa, una “compressione” e “dilatazione” dovuta all’andamento della valle e alle montagne che la costringono a sinuose modificazioni. La città più grande del Trentino (120.000 abitanti circa) non sfugge alla densa trama che la società moderna ha disegnato sui territori. Trento si distende nella valle, con un’orditura quasi regolare di anonimi quartieri, case e palazzi, e sulla collina, con un’estesa e anomala villettopoli, segni di conquista progressiva di sempre maggiori spazi per l’abitare. Alcune alterazioni irreversibili dei luoghi della città, sono figlie anche qui -in un territorio molto protetto- della generazione di Piani Regolatori, dagli anni ’60 in poi, che hanno costruito città su un foglio orizzontale –piano e collina come unico piano- e disegnato le espansioni sul calcolo raddoppiato della crescita di cittadini da insediare, con nuove strade per servire i nuovi quartieri, verde pubblico qua e là, e un esito figurativo di pezzi di città i diversi corpi separati.
Ed è questa la città che oggi esiste, e questa anche la Trento contemporanea, che tenta, da anni, con una serie di progetti, anche di grandi firme, di avviare oggi un laboratorio urbano di rigenerazione e riqualificazione. Cui si è opposto, nella sua originaria concezione, l’abile Piano Regolatore pensato da Joan Bousquet (ad inizio anni 2000), che tenta di riportare la natura in città – grandi boulevard/paesaggio, la riscoperta del fiume, l’interramento della ferrovia, un programma di architettura e spazio pubblico di qualità- avrebbe potuto attivare, attraverso una visione diversa e condivisa dello sviluppo come processo interno al corpo della città –con attori pubblici e privati- invertendo la negativa tendenza allo sviluppo e all’espansione come unica risposta. In questa direzione, le sole proiezioni di questo Prg sono state le incursioni progettuali di Renzo Piano, oggi, e di Mario Botta (prima, e tuttora con una ingombrante nuova biblioteca universitaria), le quali se da un lato hanno aperto la via all’architettura “griffata” e dato notorietà indiretta al capoluogo, dall’altro non hanno prodotto la diffusione di una prassi estesa del concorso di idee, della qualità urbana e dell’architettura, anche attraverso un ricorso frequente all’approccio competitivo e alla selezione dei progettisti.
Alzando lo sguardo, facendo zapping, un futuro di Trento, anche durante e dopo la crisi economica e urbana, è da ripensare nella valle pulsante, nel recupero creativo e nella rigenerazione delle sue molte zone di periferia, residenziale e industriale, nella scelta
di un policentrismo intelligente, con un sistema di trasporti metropolitani avanzato, che punti al riequilibrio del diffuso sistema insediativo che parte da Rovereto e arriva oggi a Mezzolombardo e oltre. Soprattutto con un rapporto diverso con il secondo centro del Trentino -Rovereto- città del MART, dei Musei e della cultura, e lungo la via dell’acqua e della natura segnata dall’Adige, incorniciata dalle montagne che limitano il fondovalle e dal superbo paesaggio agrario, viticolo in particolare, che stringe in una suggestiva cornice le città e i centri, conferendo unicità a questo contesto.