Trentino Alto Adige. Una regione sostenibile a cura di Pino Scaglione, Chiara Rizzi, Stefania Staniscia con Edoardo Zanchini

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A22 @BZ. Bolzano, l’autostrada ed il piano dei possibili futuri. Thomas Demetz PDF

Il tema del rapporto tra la città di Bolzano e l’autostrada del Brennero presenta diversi gradi di complessità che travalicano gli aspetti puramente funzionali legati al ruolo e all’incidenza di un sistema infrastrutturale continuo. Le caratteristiche del contesto emergono da una modulazione di fattori che vanno dalle caratteristiche geomorfologiche della conca bolzanina, dalla presenza di una rete ramificata di corsi d’acqua intensamente irreggimentati, all’articolazione di coperture vegetazionali ed ai modi d’uso della città.

Bolzano è una città caratterizzata, per usare una delle espressioni favorite di Silvano Bassetti (1), da un regime di scarsità di suoli. Il territorio comunale è collocato alla confluenza di tre diverse vallate delle quali due, Valle Isarco e Valle dell'Adige, di rango alpino. La superficie si sviluppa tra 230 ed oltre 1.600 metri sul livello del mare e dei 52,34 kmq che costituiscono l'estensione del comune, il 49% si colloca al di sotto dei 300 metri di quota, fino al piede della corona di rilievi che chiude per due terzi l'orizzonte della città. Il sistema degli insediamenti occupa circa il 30% dell'area totale giace per massima parte al di sotto di quella soglia altimetrica mentre il resto del fondovalle è utilizzato a scopi agricoli, prevalentemente di pregio, oltre ad essere segnato dagli alvei dei tre corsi d'acqua che dalle vallate scorrono per confluire poi nell'Adige.

Le diverse funzioni sono densamente affiancate tra di loro e riempiono il bacino bolzanino fino ad appoggiarsi ai perimetri basali dei pendii. Quando nel corso degli anni 1960 furono definiti i tracciati dell'autostrada del Brennero l’unico sedime percorribile fu quello dell’argine orientale del fiume Isarco, escludendo l’impiego di gallerie che per la conformazione del territorio avrebbero richiesto lunghezze difficilmente sostenibili per costi di realizzazione e per condizioni di sicurezza. Il tracciato lungo l’argine, all’epoca totalmente incolto costituiva una portante morfologica che si svolgeva attraverso quel sistema degli usi e delle funzioni dei suoli senza incontrare particolari condizioni di conflitto, salvo la collina del Virgolo, uno sperone di roccia che dal monte del Colle arriva a precipitare ad immediato ridosso del fiume. Quel sedime poneva però il vincolo posto dai diversi attraversamenti dell’Isarco, una sequenza di ponti che partiva dalla giacitura storica del ponte verso Aslago, parte della città contenuta dalla concavità meridionale dell’arco formato dai rilievi a partire dal Virgolo, e poi verso sud i ponti che connettevano la città residenziale a quella industriale risultate dalle politiche urbanistiche e di industrializzazione forzata introdotte nel ventennio. La soluzione adottata fu quella della realizzazione di un viadotto urbano, un impalcato in sopraelevata lungo quella che per lungo tempo è stata una tipica terra di nessuno, una terra espulsa dal quotidiano e popolata dall’esclusione, come ad esempio uno spontaneo campo Rom. La percezione che se ne aveva dalla parte residenziale della città, quella attestata sull’argine occidentale dell’Isarco era parziale perché in buona parte occultata da una stratificazione di nastri, vegetazione ripale, il sedime ferroviario oggi dismesso e ricollocato della linea Bolzano-Merano, spazi residuali compressi tra i luoghi dell’abitare e l’eterotopia degli argini fluviali. La sequenza trasversale di spessori territoriali ha prodotto una sorta di comparto composito percettivamente impermeabile e percettivamente assente del quale il fiume costituiva l’ossatura e l’impalcato autostradale ne era solamente uno dei diversi strati e che, annegato in questo pacchetto, era mitigato nei possibili impatti: essendo parte di un sistema che era escluso dalla nozione del quotidiano ne era solidamente espulso a sua volta.

Bolzano e l’autostrada del Brennero
A partire degli anni ’70 del sec. XX il paradigma del corso d’acqua viene interessato da un progressivo mutamento: il sistema fluviale, interpretato in termini prevalentemente idraulico, produttore di rischio e generatore di cesure territoriali ed urbane, nel caso di Bolzano, viene progressivamente riconosciuto quale spazio di espansione per gli usi urbani, prevalentemente ricreativi. Ma soprattutto il tipo di mutamento principale che il recupero di parte dell’area di esondazione del Talvera, il terzo corso d’acqua della piana bolzanina, produce, è dato dal riconoscimento del fatto che i sistemi idraulici in area urbana possono assumere il ruolo di elemento ordinatore piuttosto che delimitatore. L’elemento incontrollabile, potenzialmente caotico, infrastruttura ecosistemica, entra nel disegno della città e la trasformazione dell’area golenale, altamente meandrizzata di questo torrente alpino in giardino pubblico muta l’eterotopia del fiume in quello che finirà per diventare in breve tempo un fattore identitario per la città.

Allo stesso tempo avviene il progressivo riconoscimento del vuoto compreso tra l’impalcato autostradale e l’argine fortemente artificializzato sottostante. Il piano urbano della mobilità del 1990 a firma di Bernhard Winkler programma per Bolzano un sistema di distribuzione veicolare a pettine: gli assi viabilistici di attraversamento vengono espulsi dalla città ed attesati su quella che è fondamentalmente una situazione di marginalità, trasformandola però da una marginalità residuale ad una marginalità funzionalizzata a costi territoriali tutto sommato contenuti. L’argine era già stato oggetto di interventi consistenti e la nuova strada arginale inanella lungo una linea espresse la sequenza delle teste dei diversi ponti esistenti.

E’ con l’elaborazione del Masterplan del comune di Bolzano a partire da metà dello scorso decennio che il tema del rapporto tra città ed autostrada viene messo in discussione. Il Masterplan era nelle intenzioni dell’amministrazione comunale quello strumento che avrebbe definito il quadro complessivo delle strategie di sviluppo della città supplendo al mancato recepimento da parte della normativa urbanistica provinciale di un modello di pianificazione capace di distinguere tra il livello strutturale e il livello operativo del governo del territorio. Il solo strumento del PUC, Piano urbanistico comunale, come sancito dalla Legge urbanistica provinciale vigente, è in buona parte riconducibile alla cosiddetta seconda generazione dell’urbanistica, fatta di azzonamenti monofunzionali sui quali sono stati progressivamente innestati apparati in parte iperregolativi in parte deroganti, al punto da segnare una perdita di parte dei livelli di eccellenza che quell’apparato di norme aveva ottenuto nell’affrontare i meccanismi perequativi e procedure di intervento urbanistico capaci di superare in buona parte l’impasse che la normazione urbanistica nazionale ha subito a cavallo degli anni ‘60 e ‘70, quantomeno fino alla modifica dell’articolo V della Costituzione nel 2001 con la conseguente stagione delle leggi urbanistiche regionali.

Il Masterplan dichiara l’intenzione di volere operare una maggiore ricucitura tra le diverse parti della città ed attribuisce all’impalcato autostradale una particolare vocazione cesoria nel tessuto urbano. Soprattutto perché attestato lungo uno dei margini interni in forte emergenza rispetto alle diverse quote dei piani della città e perché nel frattempo era anche stato riconquistato anche l’argine ovest dell’Isarco, quello prospicente il sedime autostradale che ne diventava la quinta principale in addizione allo spessore dei muri d’argine. Il piano fissa l’orientamento a cercare soluzioni di tracciato alternative che in definitiva non possono che essere in galleria. La riconfigurazione del tratto urbano di A22 solleva numerose questioni e genera altrettanto numerose opportunità. Le questioni riguardano essenzialmente la possibile ricollocazione del sedime: il versante montuoso che domina la parte orientale della città è in parte già percorso da alcuni tunnel stradali del sistema di circonvallazioni dei comuni a sud ed è destinato ad accogliere anche il passante ferroviario previsto da accordi quadro tra amministrazioni provinciale e ferroviaria, passante inquadrato nel sistema di accesso Sud al tunnel di base del Brennero e destinato al trasporto merci.

La dismissione dell’impalcato esistente dovrebbe consentire però principalmente il raggiungimento di due obiettivi: l’espulsione dall’area urbana di un vettore di inquinanti, quando misurazioni dell’Agenzia provinciale all’ambiente registrano in corrispondenza delle intersezioni tra rete urbana ed autostradale le maggiori concentrazioni di benzeni e polveri sottili, per l’addizione degli effetti prodotti dalle diverse infrastrutture. Il secondo obiettivo è quello dell’abbattimento di un’importante barriera paesaggistica, rafforzata dall’incremento degli spessori prodotti dalla posa di misure antirumore.

Le opportunità che un’azione di questa entità possono indurre sono in parte state raccolte in forma di azioni di visioning sulla città ed in parte riconoscibili da processi analoghi. Il Masterplan pone tra le proprie azioni la riconversione della testata nord della zona industriale di Bolzano, un’area ormai fatta di piccoli capannoni, in parte dismessi, operazione resa commercialmente difficile se condotta in un luogo che è segnato e percepito come un altrove. E’ anche espressa l’intenzione di estendere il “parco delle rive”, elemento sempre più ritenuto identitario della città, lungo quanta più parte del sistema fluviale urbano, dotando quel parco di padiglioni ed impianti prevalentemente sportivi e culturali. Poco è detto invece del viadotto, salvo l’indicazione di una possibile demolizione e l’inscatolamento della strada arginale. Alcuni tentativi di declinazione delle possibili trasfromazioni sono state condotte nel laboratorio di urbanistica del corso di laurea in ingegneria edile ed architettura dell’università di Trento e nel corso di un workshop tenuto a Bolzano nel 2009 in collaborazione tra il Master in landscape urbanism di AA, l’università di Trento e l’università di Innsbruck. Diverse e contraddittorie sono state le attenzione e gli esiti emersi dalle due diverse esperienze. I progetti elaborati nel corso del laboratorio di urbanistica hanno affrontato il tema proposto, quello del possibile riuso dell’infrastruttura dismessa e della connessione tra i diversi livelli, ricercando soluzioni che accoglievano compituamente l’ipotesi della ricollocazione dell’autostrada sotto la forte influenza del progetto per la High Line a New York, mentre il workshop con AA ha mostrato che l’effetto barriera era riconducibile alla sola dimensione percettiva e mancavano i presupposti realmente plausibili alla riconfigurazione infrastrutturale. Un attento disegno degli spazi vegetazionali e l’impiego di specie appropriate dovrebbe comunque consentire il raggiungimento degli obiettivi sanciti dal Masterplan. La barriera ben più efficace e ben più difficile da condurre ad un assetto maggiormente favorevole ad una ricucitura dei diversi brani di tessuto andava individuata, coerentemente con gli esiti del workshop, nella ferrovia, posta ad est dell’autostrada e che percorre il quartiere di Aslago-Oltreisarco ad una quota di poco superiore a quella di campagna, costringendo gli assi della viabilità a profondi sottopassi e producendo sequenze di residui spaziali irrisolti ponendo con ciò una sfida ben più complessa al governo dei disequilibri urbani a Bolzano.

Il Masterplan, con la trasformazione in documento amministrativo, ha però in parte diluito il carattere fortemente sperimentale che ne ha caratterizzato la genesi e con ciò pare avere rinunciato a dotarsi di meccanismi automatici capaci di mantenere alto il livello della ricerca sui possibili futuri della città. Questo, almeno, sarebbe stato coerente con lo spirito di Silvano Bassetti che questo strumento ha fortemente voluto e sostenuto.

 

Bibliografia:
Atlas, Rivista dell’Istituto Nazionale dell’Urbanistica dell’Alto Adige, num. 36 “Pianificazione del Traffico a Bolzano”, 2010.
http://www.gemeinde.bozen.it/UploadDocs/9163_Atlas_36.pdf


Comune di Bolzano, “Masterplan”, 2009,
http://www.comune.bolzano.it/urb_context02.jsp?ID_LINK=3543&area=75


Fonti dei dati:
Piano urbanistico comunale di Bolzano, 2012
ASTAT, Provincia autonoma di Bolzano, 2011
Elaborazioni dell’autore

(1) Silvano Bassetti (Cavedago 12.12.1944 – Bolzano 26.04.2008), architetto, assessore all'urbanistica del comune di Bolzano dal 2000 al 2008. In quel ruolo fece di Bolzano un laboratorio di sperimentazione delle prassi urbane: OHA con Avventura Urbana; 4 Scenari con Metrogramma, Ferroplan conclusosi con il concorso per il ridisegno dello scalo ferroviario.