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La città idroproietica - infrastrutture d'acqua per la città ecologica. Cesare Corfone

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Intro

La ricerca propone una nuova generazione d’infrastrutture concepite per raggiungere obiettivi di sostenibilità idrica in contesti urbani: strumenti per la gestione ecologica delle acque - visibile, localizzata e qualitativa - ed occasione di ridefinizione formale e paesaggistica dello spazio costruito. La configurazione infrastrutturale tenderà ad essere plurimodale e multifunzionale coerente con il supporto idrografico, sotterraneo o superficiale, naturale o artificiale, perenne o stagionale, apparentemente statico o in convulso movimento. Il concetto che fa da sfondo alla visione prefigurata è quello di orientamento autopoietico della città ecologica: il “funzionamento idro-poietico” tende a soddisfare all'interno di un sistema il fabbisogno idrico del sistema stesso mediante la riproduzione continua dei fattori che ne presiedono la conservazione e la rigenerazione. La “Città Idropoietica” è una visione fondata sulla potenziale capacità di autoproduzione urbana dell’acqua utile all’agglomerato esplicitata in una durevole capacità di gestione dei cicli urbani delle acque. Le infrastrutture ecologiche dell'acqua si propongono come categorie progettuali della Città Idropoietica il cui obiettivo primario è la risposta integrata ad esigenze di gestione idrica urbana e di conservazione ecologica. Razionalità complessiva delle infrastrutture proposte è il miglioramento della qualità dell’intero ciclo idrico urbano integrato.

Orientamento autopoietico della città ecologica

Le necessità di approvvigionamento idrico delle città hanno dato vita ad un sistema ad alto sfruttamento delle risorse naturali, caratterizzato da un prelievo crescente d'acqua dolce dai corpi idrici naturali e da una restituzione di acque reflue di scarsa qualità. Il ciclo urbano di adduzione e smaltimento tradizionale delle acque riduce le capacità autorigenerative dei corpi idrici, ed ha prodotto un grande squilibrio tra gli insediamenti urbani e l'armatura ambientale che li sostiene. Si aggiungono i sistemi per l'evacuazione delle acque meteoriche dai suoli urbanizzati che, procedendo un costante processo di drenaggio ed espulsione delle acque dalle città, hanno realmente stravolto l’idrologia naturale. Oggi il rapporto con le infrastrutture idrauliche si risolve in una netta disconnessione con gli spazi della città: le acque sono relegate nel sottosuolo, cioè in un universo estraneo alla vita urbana che non consente ai cicli naturali di funzionare correttamente. Tombare il reticolo idrografico naturale comporta diversi problemi: instaurarsi di fenomeni anossici con il conseguente rischio
per la salubrità urbana; incremento della vulnerabilità e del rischio idraulico a causa dell’occlusione; riduzione del ravvenamento delle falde freatiche; riduzione di scambi biologici e di biodiversità; perdita di identità paesaggistica; “urbanalizzazione” (Muñoz, 2008). La sensibilità ecologica contemporanea rivolge la sua attenzione alla corretta gestione delle risorse naturali come materia di costruzione della Città Ecologica, intesa come ecosistema antropico in equilibrio con l'ambiente che lo sostiene. Si presume che “la chiave della soluzione ai problemi globali legati all'acqua, inquinamento e scarsità è trattenere più acqua di pioggia all'interno del terreno, ottenendo una saturazione del ciclo dell'acqua” (Kravcik, 1999). Lo scenario evolutivo del fabbisogno idrico, in combinazione con il quadro globale dei cambiamenti climatici, suggerisce un ripensamento complessivo dei modelli di gestione urbana dell’acqua.

La ricerca “La Città Idropoietica – infrastrutture d'acqua per la città ecologica” propone una nuova generazione d’infrastrutture concepite per raggiungere obiettivi di sostenibilità idrica in contesti urbani: strumenti per la gestione ecologica delle acque ed occasione di ridefinizione formale e paesaggistica dello spazio costruito della città. Si è tentato di costruire un toolkit da mettere a disposizione degli attori della trasformazione affinché possano guardare verso una sintesi qualitativa dell'infrastrutturazione che consegue alla progettazione urbana e all'ingegnerizzazione idraulica. Il concetto che fa da sfondo alla visione prefigurata nella ricerca è quello di orientamento autopoietico della città ecologica. La visione urbana proposta si fonda sul concetto di autopoiesi e sulla potenziale capacità di autoproduzione delle risorse da parte degli agglomerati urbani che le necessitano. L'organizzazione di un grande agglomerato secondo un modello tendente all’autopoiesi migliora il metabolismo urbano e ne riduce l'impronta ecologica: incrementando la circolazione interna di materia ed energia si riducono i flussi e gli scambi con l’ambiente esterno. Il “funzionamento idropoietico” tende a soddisfare all'interno di un sistema il fabbisogno idrico del sistema stesso, mediante la riproduzione continua dei fattori che presiedono alla conservazione ed alla produzione. Proprio come un ecosistema autopoietico, la Città potrà continuamente “generare e specificare la sua propria organizzazione operando la produzione dei suoi propri componenti, in condizioni di continue perturbazioni e di compensazione alle perturbazioni” (Maturana  & Varela 1972).

L’autopoiesi idrica di una città è uno stato ideale in cui si realizza una durevole capacità di autoproduzione ed autogestione dell'acqua necessaria al sostentamento della città stessa. Uno scenario auspicato da costruire progressivamente per successive approssimazioni, in grado di orientare e indirizzare una moltitudine di pratiche inerenti la gestione dell’acqua. La Città Idropoietica può essere intesa come una visione guida da traguardare costantemente in politiche ed azioni di trasformazione urbana. La Città Idropoietica è un agglomerato urbano le cui infrastrutture di gestione del ciclo dell’acqua sono realizzate secondo modalità che si ispirano al funzionamento dei sistemi viventi autorganizzanti e che prevedono la capacità di innescare processi di rigenerazione della risorsa idrica. L'idea che un sistema urbano possa essere un organismo poco idroesigente e che possa diventare parte del ciclo idrologico naturale, in equilibrio con il suo più ampio contesto idrologico, passa attraverso innovative visioni alle quali non corrispondono necessariamente costose tecnologie ingegneristiche. Il modello di funzionamento proposto tende a ridurre l'acqua importata dall'esterno e la contaminazione esportata, riducendo così “l'impronta idrologica urbana”.Ciò che caratterizza l'idropoiesidi una città è la elevata capacità di conservare l’acqua proveniente dall’esterno (ad es. fiumi, sorgenti, falde acquifere, ecc.) e la capacità di auto produzione di ulteriore risorsa idrica, per mezzo della riproduzione ricorsiva degli elementi che presiedono alla formazione di acqua (ad es. ravvenamento degli acquiferi e costruzione di bacini di detenzione delle piogge).

Bioinfrastrutture urbane dell'acqua

Le infrastrutture d'acqua per la città ecologica (IACE) si propongono come nuove categorie progettuali il cui obiettivo primario è la risposta integrata ad esigenze di gestione idrica urbana e di conservazione ecologica. Razionalità complessiva delle infrastrutture proposte è il miglioramento della qualità dei cicli idrici urbani attraverso l’introduzione di processi virtuosi che porterebbero la città ad essere: “sana” - minor livello di contaminazione di suolo, acqua e aria; “leggera” - ridotta impronta ecologica sul contesto geografico di riferimento; “florida” - grande contenuto di naturalità e di qualità paesaggistica; “preziosa” - alto livello di tutela di beni simbolici e culturali. Tali intenti, ambiziosi ma di facile trasmissibilità, presumono un necessario salto di qualità ecologica della progettazione architettonica, urbanistica e paesaggistica, assumendo che “la qualità totale del progetto […] costituisce l'esito del suo modo di integrare le diverse variabili in gioco e la varietà di interventi in programma” (Clementi, 2010). La ricerca è tesa alla sintesi interattiva di due temi urbani tradizionalmente legati all'acqua: l'approvvigionamento idropotabile ed il drenaggio.

Le IACE possono considerarsi bioinfrastrutture utili a dare risposta a questi, e vanno concepite come “protesi biologiche di naturalità artificiale atte a sostituire le parti ambientali mutilate dallo sviluppo urbano o a ripristinare il funzionamento di quelle compromesse” (Angrilli, 2010). La rete infrastrutturale - plurimodale e multifunzionale - coerente con la matrice ecologica e paesaggistica dell’ambiente urbano, è composta di elementi attraverso cui dare forma agli elementi di un nuovo ciclo idrologico urbano, dotati di qualità formali e figurative in grado di contribuire al disegno dello spazio aperto e dello spazio costruito della città. Queste bioinfrastrutture stabiliscono un dialogo creativo con il reticolo idrografico naturale ed antropico, trasformandolo in una rete proattiva capace di ripristinare relazioni biologiche e connessioni funzionali tra le parti urbane.

La rete infrastrutturale per la gestione ecocompatibile delle acque meteoriche urbane può essere affidata a modelli non convenzionali e la più semplice strategia urbana ipotizzabile per il recupero e il riutilizzo delle acque piovane è quella definibile come “stormwater eco-management strategy”, cioè raccolta capillare e localizzata della pioggia: la purificazione, lo stoccaggio ed il riuso dell'acqua raccolta avverrebbe direttamente nei pressi delle aree destinate alla raccolta. Questa strategia è la sovrapposizione di una gestione ecologica della pioggia attraverso lo spazio pubblico (“stormwater features urban strategy”) e gli edifici (“stormwater eco-building strategy”).

Le pratiche per il risparmio e la valorizzazione dell'acqua potabile possono essere oggi ancora affiancate da tecniche di lunga data, come la raccolta della pioggia che offre un approvvigionamento low-cost e notevoli benefici ambientali. All'interno di un edificio residenziale, gli usi ammissibili dell'acqua di pioggia potrebbero coprire circa il 30% delle esigenze idriche e per attività industriali e commerciali le percentuali crescono notevolmente. Gli elementi individuati per un corretto disegno architettonico che voglia sfruttare a pieno le potenzialità ecologiche della pioggia, assecondando i principi della stormwater eco-building strategy sono: green screen, green roof, roof pond, roof spray, rainwater wall, stormwater box, sequential-tiered cleansing systems, intensive green roof. La stormwater features urban strategy è una politica progettuale che tende a superare la tradizionale separatezza tra gestione delle piogge e disegno dello spazio pubblico (irrigazione del verde pubblico e gestione delle water feature con acqua di acquedotto) attraverso il progetto di drenaggio urbano integrato nel disegno dello spazio pubblico. L'acqua di pioggia viene trattenuta all'interno dello spazio aperto ed utilizzata; Ie water features utilizzano acqua di pioggia biopurificata attraverso il potere fitoestrattivo delle piante acquatiche trasformandosi in stormwater features; il verde pubblico è costruito da vegetazione autoctona che non ha bisogno di irrigazione artificiale. Gli elementi strutturanti di questo modello sono comunemente chiamati green infrastructures, soluzioni tecniche che supportano le funzioni naturali del ciclo dell'acqua, il cui approccio tende ad un gestione “localizzata, qualitativa e visibile” (Mazzotta, 2007).

La ricerca individua un duplice sistema classificatorio: morfologico e funzionale. La classificazione morfologica ha lo scopo di aiutare l'approccio formale al progetto delle infrastrutture d'acqua e le suddivide in: “infrastrutture lineari” (canali, trincee, fasce); “infrastrutture puntuali” (filtri, pozzi, cisterne); “infrastrutture areali” (laghi, bacini, aree umide). La classificazione funzionale si muove secondo la prestazione che l'infrastruttura offre: le “infrastrutture di adduzione” captano il ruscellamento, lo rallentano, lo canalizzano; le “infrastrutture di detenzione e ritenzione” ricevono e contengono le acque; le “infrastrutture di filtrazione e sedimentazione” rimuovono sedimenti e filtrano l'acqua; le “infrastrutture di biopurificazione” rimuovono le sostanze contaminati attraverso biotopi fitoestrattivi; le “infrastrutture di percolazione e infiltrazione” restituiscono l'acqua alle falde sotterranee, ristabilendo un alto livello di permeabilità del suolo.

Appurata la possibilità di trasformare il problema del drenaggio, in una grande risorsa urbana ed ambientale, ai fini di una valutazione complessiva di sostenibilità del ciclo urbano, va descritto come rendere ecocompatibile il ciclo idropotabile della Città. È corretto ritenere che è sostenibile una città i cui prelievi sono compatibili con le fonti ed “i cui scarichi sono compatibili con il corpo idrico che li riceve” (Conte, 2009). In altri termini si può considerare “idropoietico” un agglomerato urbano che raggiunge un equilibrio stabile con il suo contesto ambientale al fine di preservare in modo durevole i corpi idrici di cui dispone ed usufruisce. Innanzitutto è importante minimizzare la circolazione impermeabile dell'acqua, evitando di generare veri e propri circuiti recintati artificiali che sostituiscono di fatto i flussi naturali: se l'acqua è prelevata alla sorgente di un fiume e restituita alla foce si tende a generare disfunzioni idrologiche considerevoli. Lunghe infrastrutture di adduzione producono un ciclo artificiale anossico ed impermeabile, che impoverisce la circolazione naturale e quando poi il flusso del refluo rientra nel ciclo naturale attraverso il depuratore, la sua portata è spesso troppo elevata rispetto al corso d'acqua che la riceve e non viene correttamente diluito. Un aspetto importante è la localizzazione idrografica e la distanza tra prelievo e restituzione: prelevare da un bacino idrico e restituire in un altro è sconsigliabile perché si impoverisce il primo (con il rischio di prosciugare la fonte) e si rigonfia un altro (con il rischio di eutrofizzarlo). Prelevare e potabilizzare da una fonte vicina alle utenze consentirà di minimizzare le perdite e ridurre gli sprechi; depurare e restituire in modo localizzato invece consentirà di minimizzare la costruzione di estese reti fognarie, riducendo gli alti costi di costruzione ed i pericolosi rischi di infiltrazione dei reflui non ancora depurati.

Raccolta decentralizzata dei reflui e loro trattamento biologico offrono la possibilità di reimmettere un'acqua sostanzialmente depurata nel suo ciclo naturale, ricostruendo in modo diffuso il flusso minimo vitale dei corpi idrici superficiali, depauperati da un'eccessiva antropizzazione del ciclo. L'alternativa migliore agli attuali sistemi di “depurazione centralizzata convenzionale” è probabilmente lo sviluppo di una possibile “decentralized innovative bio-depuration strategy”, cioè un reticolare sistema di depurazione naturale che permettano di distinguere i reflui in base al loro carico inquinante e recuperare sia l'acqua che i nutrienti. Lo sviluppo di questa strategia porterebbe vantaggi sotto vari profili: depurazione capillare e sicura; riutilizzo locale delle acque e dei nutrienti; reimmissione lenta e decentralizzata dell'acqua nei cicli naturali. La depurazione localizzata innovativa può essere realizzata attraverso un uso capillare di infrastrutture di depurazione naturale come: infrastrutture ad evapotraspirazione o lagunaggio, infrastrutture di fitodepurazione o fitodepurazione a lemna, infrastrutture di fitoestrazione a flusso superficiale o a flusso sommerso, orizzontale e verticale.

Il ciclo idropoietico urbano

Le infrastrutture d'acqua ipotizzate tendono ad assolvere a diverse prestazioni rispondendo a cinque obiettivi primari: ridurre la quantità di input idrico immesso forzosamente nelle aree urbane; migliorare la qualità di output idrico reimmesso nel ciclo naturale dell'acqua; mitigare i rischi di alluvioni e siccità negli agglomerati urbani; ridurre la quantità di acque di dilavamento urbano e migliorarne la qualità; migliorare lo salute ecologica dei corpi idrici relazionati con gli agglomerati urbani. Un primo abbattimento dell’input idrico si realizza mediante la riduzione delle perdite degli acquedotti e la riduzione dei consumi delle utenze finali. Inoltre sarà necessario introdurre politiche che consentano il reperimento di fonti idriche alternative di tipolocale e rinnovabili, che non oltrepassino cioè i coefficienti di rigenerazione naturale. Le fonti alternative di cui la città può disporre sono la pioggia (insieme a nebbia, umidità e neve)che ricade all'interno della stessa area urbana edi reflui (attraverso pratiche di raccolta differenziata, riuso e riciclo) di cui la città sarà costantemente produttrice.

L'utilizzo delle acque reflue come fonte idrica rinnovabile interpreta lo scarto come una risorsa potenziale per la società che lo ha generato e la strategia preposta a tale scopo è la “urban water recycle strategy” (politica di infrastrutturazione che permetta di riciclare l'acqua già utilizzata e depurata): attraverso reti differenziate per il trasporto delle plurime acque urbane, riciclo e riuso ridurranno drasticamente le importazioni di acqua e offriranno la possibilità di attuare anche la “ecological urban rehydration strategy” (politica di reimmissione lenta e diffusa dell’acqua utilizzata - forma evoluta ed ecocompatibile, di irrigazione del verde attrezzato e gestione del livello trofico delle aree urbane). Una volta ridotte le quantità di risorsa naturale immesse nella circolazione idrica antropica, risulterà notevolmente più semplice migliorare la qualità dell'out-put idrico da restituire alla natura, anche soltanto per il minore sforzo imposto agli impianti di depurazione convenzionali esistenti. La “decentralized innovative bio-depuration strategy” oltre a migliorare la qualità dei reflui permette di gestire con maggiore attenzione la “geometria ecologica” del ciclo idrico urbano (proporzione relazionale del ciclo artificiale con quello naturale). Le politiche di gestione della pioggia come fonte idrica alternativa tenderanno a ridurre le quantità di acque piovane da smaltire, poiché una parte di esse, purificata ed immagazzinata diventerà risorsa da reimpiegare. Le tecniche di espulsione dell'ingegneria idraulica moderna cederanno il passo a contemporanee morfologie urbanistiche idropoietiche che permetteranno di gestire al proprio interno grandi quantità di acqueincrementandone la qualità. Innervando le aree urbane attraverso le infrastrutture ecologiche di adduzione non solo sarà possibile dismettere, riconvertire o integrare l'inefficiente rete drenante tradizionale, ma sarà anche possibile gestire l'utilizzo delle fonti idriche alternative, utilizzando le bioinfrastrutture lineari come supporto connettivo e rete di trasporto.

Una porzione non trascurabile della rigenerazione dell'ecologia urbana complessiva avverrà attraverso l'abbattimento del carico contaminante mediante una continua movimentazione delle acque nelle bioinfrastrutture di depurazione, secondo una successione circolare di ritenzione, filtrazione, sedimentazione, depurazione e biopurificazione. La Città Idropoietica sfrutta il processo naturale di biological uptake per contrastare i danni indotti dall’inquinamento diffuso del territorio; tali processi hanno la capacità di rimuovere grandi quantità di nitrati e fosfati (che se immessi nel corpi idrici ne causano l’eutrofizzazione), nutrienti riutilizzabili poi per migliorare la qualità della reidratazione urbana; la riduzione del carico inquinante della Città Idropoietica e la diffusione di organismi fitoestrattivi, svilupperà un circolo virtuoso che potrebbe definirsi come processo di “ribilanciamento trofico” della rete idrografica naturale, cioè il naturale fenomeno di autorigenerazione ecologica dei corpi idrici naturali, questa volta però indotto da azioni antropiche mirate e proattive.

Raggiungere un ottimo stato ecologico dei corpi idrici, sembrerebbe essere anche l'unica strategia realmente durevole per mitigare possibili fenomeni di scarsità della risorsa Fiumi, laghi e falde in buona salute saranno indispensabili durante i periodi di siccità. Le infrastrutture di adduzione ecologica, incrementando la rugosità delle superfici ed ampliando la sezione degli alvei ridurranno la velocità del ruscellamento ed eviteranno le rapide e violente immissioni d'acqua negli alvei dei corpi idrici primari, causandone l’esondazione.

La realizzazione della Città Idropoietica prevede di riportare gradualmente i parametri idrologici complessivi (infiltrazione superficiale, velocità di deflusso superficiale, evapotraspirazione, evaporazione, ritenzione, velocità di percolazione, infiltrazione profonda) vicino a valori naturali. Il riequilibrio dei parametri idrologici ridurrà notevolmente i rischi idraulici dovuti ad eccessivi apporti idrici nel bacino fluviale e a drastiche discese dei livelli piezometrici delle falde freatiche, fenomeni entrambi dovuti all'impermeabilizzazione dei suoli e all'ingegneria idraulica tradizionale. Mantenere l'equilibrio piezometrico delle falde del territorio urbano sarà indispensabile per rinnovare e rigenerare la risorsa locale nonché per ridurre l’importazione d'acqua da fonti lontane.

Morfologia della città idropoietica

Incorporando i concetti di “bioregionalism & biourbanism”, si può dire che l'approccio al genius loci ambientale avverrà secondo una logica stratigrafica relazionale (Williams, 2007). Le ecologie urbane saranno interpretate attraverso le relazioni instaurate tra i grandi involucri terrestri abitati: troposfera, superficie e crosta. La pianificazione degli usi del suolo avverrà secondo la logica relazionale delle conformazioni geografiche. Gli elementi potrebbero essere: figure orografiche, figure idrografiche e tutti gli elementi connessi ai bacini idrografici, figure paesaggistiche, figure ecologiche. Altre variabili da assumere nella progettazione urbana saranno i venti, le precipitazioni, le temperature, la qualità dell'aria. I tradizionali studi sulla composizione geologica del suolo saranno integrati da studi dinamici del sottosuolo, tendenti a comprendere le forme ed i processi che incidono sulla stabilità tettonica ed influenzano i flussi idrografici sotterranei (fondamentali per la rigenerazione autopoietica dell'acqua).

Le IACE contribuiranno a modificare la morfologia ed il funzionamento di un agglomerato, incrementandone la qualità urbana, “effettivamente giudicata come un valore tangibile, in quanto è percepibile nell'esperienza diretta da parte di quanti abitano o usano un determinato spazio” (Clementi, 2010). Il valore aggiunto che le bioinfrastrutture possono offrire alle città attengono a diverse componenti della rigenerazione urbana sono sintetizzabili in: incremento della biodiversità, mitigazione dell'effetto isola di calore, miglioramento della qualità del suolo e dell'aria, risanamento del paesaggio urbano culturale simbolico ed ipogeo, riqualificazione del tessuto edilizio e dello spazio aperto, riduzione del consumo energetico; incremento dell'adattabilità al cambiamento climatico.

La rete urbana delle infrastrutture d’acqua, se concepita secondo i criteri della sostenibilità d'uso delle risorse a disposizione, dell'ibridazione tra artificio e natura e della implementazione delle tecnologie digitali della Città Intelligente, potrebbe rappresentare un elemento determinante per la qualità di configurazione e l’identità stessa delle città. La gestione quotidiana delle portate in ingresso ed uscita dalle reti di adduzione delle fonti rinnovabili e dai tanti piccoli e grandi invasi di detenzione e laminazione urbana delle acque meteoriche sarà effettuata grazie a tecnologie digitali supportate da strumentazione satellitari di previsione meteorologica. Attraverso il telecontrollo, le bioinfrastrutture potranno essere utilizzate come estensione diretta dello spazio pubblico, con funzioni ludiche, culturali e ricreative, secondo una logica - spesso utilizzata per le infrastrutture della mobilità - definibile della “shared urban space strategy”.

La rete bioinfrastrutturale proposta sfrutterebbe il principio dei vasi comunicanti per autobilanciarsi e potrebbe generare morfologie urbane permeabili, connettive, pervasive e tendenzialmente non gerarchica, secondo la logica formale del rizoma. La struttura rizomatica del sistema sarà composta da punti, linee e superfici d'acqua, organizzati in un circolo idrologico, virtualmente senza ingressi e senza uscite, senza inizio e senza fine, coerente con il contesto ecologico del tessuto idrografico. La rete della Città Idropoietica (adduzione, detenzione, ritenzione, filtrazione, sedimentazione, depurazione, stoccaggio, traspirazione, espansione, biopurificazione, lagunaggio, percolazione, infiltrazione) avrà un carattere multiforme e rizomatico costruito da masse d'acqua che tenderanno a disporsi interpretando il naturale funzionamento idrogeologico del territorio.


BIBLIOGRAFIA

- Massimo Angrilli (2010). Infrastrutture verdi e reti della sostenibilità. Urbanistica Informazioni, INU Edizioni.
- Alberto Clementi (2010). Strategie per la qualità urbana. Zongshan Programme, List.
- Giulio Conte (2008). Nuvole e sciacquoni, come usare meglio l'acqua in casa ed in città, Edizioni Ambiente.
- Michal Kravcik (1999). Slovakia Rivers and Dams. Goldman Environmental Prize.
- H. R. Maturana  & F. Varela (1972). Macchine ed esseri viventi. L'autopoiesi e l'organizzazione biologica, Astrolabio Ubaldini.
- Alessandro Mazzotta (2007). L'acqua: materia per l'immagine del paesaggio costruito – indicazioni manualistiche tra sostenibilità e sensibilità. Alinea Editrice.
- Francesc Muñoz (2008). Urbanalización: paisajes comunes, lugares globales, Gustavo Gigli mixta.
- Daniel E. Williams (2007). Sustainable design: ecology architecture and planning, John Wiley & Sons Hoboken.
































































































































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EWT/ EcoWebTown
Magazine of Sustainable Design (Quadrimestrale on line sul progetto di città sostenibile)
Edizione SCUT, Università Chieti-Pescara
Registrazione al tribunale di Pescara n. 9/2011 del 07/04/2011