Dall’eco-quartiere alla città creativa. Dominique Bidou |
Non è sufficiente giustapporre delle case per fare una città, così come un insieme di edifici ad alta qualità ambientale non costituisce un quartiere ad alta qualità ambientale. Non è più sufficiente realizzare un eco-quartiere al fine di rendere ecologica una città.
L’ecologia è la scienza dei sistemi, dei cicli, delle interdipendenze, delle complementarietà. Questa scienza si applica perfettamente alla città, al di là della fauna e della flora, degli habitat, dei flussi di materia. I concetti di ricchezza e produttività ambientali tornano a dare un senso allo sviluppo della città. Noi viviamo oggi in un’epoca storica per l’umanità, un’epoca in cui ha inizio il «tempo del mondo finito», riprendendo l’espressione di P. Valery.
Le semplificazioni che offriva la prospettiva di un’espansione pressoché infinita non sono più ammissibili, e costeranno sempre più in tutti i sensi, sia in termini finanziari che di risorse. La crescita in futuro sarà di natura differente rispetto a quella che abbiamo conosciuto fino ad oggi, e sarà fondata sull’intensificazione dell’uso delle risorse, e non sulla ricerca sistematica di nuove risorse: l’intensificazione al posto dell’espansione. Questa trasformazione si applica alla città, e offre un nuovo orientamento alle pianificazioni e realizzazioni future.
La progettazione degli spazi pubblici riflette questa logica. Essendo connettori dei differenti spazi vitali, essi assicurano mobilità e paesaggio, gestione delle acque pluviali, tempo libero per tutte le età, luoghi d’incontro e di vita sociale, luoghi di scambio e commercio, la localizzazione dei sistemi a rete. Sono molte le funzioni che occorre coniugare al fine di ottenere una città «intensa». Ciascun nuovo elemento, che sia una casa, un servizio, un giardino o un quartiere, deve esaltare l’intensità della città come garanzia della sua sostenibilità, sia nel senso originario del termine, che in termini di sviluppo.
Laddove non sia possibile rendere rapidamente le città interamente sostenibili, dovrà essere possibile rinnovare i quartieri o gestire l’espansione urbana secondo le regole dello sviluppo sostenibile. Questa è l’ipotesi che ha provocato la realizzazione in Europa prima, e in Francia più recentemente, di molti quartieri che racchiudono le migliori qualità ambientali e sociali immaginabili. Si trovano a Londra (Bedzed), Copenhagen (Vesterbro), Stoccolma (Hammerby), Malmö (BO01), Friburgo (Vauban), Hannover (Kronsberg), Helsinki (Vikki) e in molte altre città, specialmente del nord Europa.
Si tratta spesso di vecchie aree industriali o portuali dismesse, sulle quali si è deciso di edificare quartieri completamente nuovi. Alcuni tratti comuni meritano d’essere sottolineati: l’importanza attribuita al trasporto pubblico (con la riduzione degli spazi per la mobilità automobilistica), con le infrastrutture che precedono le edificazioni; una gestione del territorio molto ben definita ed un processo di preparazione molto lungo, evidentemente figlio di una reale maturità, facendo largamente appello al pubblico e agli abitanti potenziali; una valorizzazione a livello internazionale.
Lo sviluppo sostenibile è anche un fatto d’immagine. Sul piano tecnico, la parola sostenibile si traduce essenzialmente in una performance ambientale: riduzione delle movimentazioni di terreno durante la costruzione, ricerca di economizzare l’uso dell’energia e ricorso massivo alle energie rinnovabili (le cosiddette costruzioni “passive”), tecniche sofisticate di raccolta e recupero dei rifiuti domestici, etc. Questa ricerca ha condotto al profondo rinnovamento dei metodi e degli approcci dell’architettura che si prendono carico delle esigenze di economizzare e migliorare l’utilizzo delle risorse1.
L’aspetto sociale è fortemente presente nella ricerca di diversità sociale, funzionale e generazionale, nel sollecitare gli abitanti verso una cittadinanza attiva, e, in alcuni casi, verso una riflessione sul giusto utilizzo delle risorse alimentari. L’obiettivo è di ridurre fortemente l’impronta ecologica, per esempio del 50% in rapporto ad un quartiere ”ordinario”, nel caso di Bedzed. Queste esperienze permettono di testare a scala reale le tecniche e le pratiche innovative. Esse mettono in evidenza i punti sensibili come la localizzazione dei nuovi quartieri rispetto alla città, la loro integrazione, la percezione da parte degli abitanti degli altri quartieri, e la domanda della loro generalizzazione verso un pubblico meno motivato rispetto ai pionieri delle prime realizzazioni. La confusione, frequente, tra i termini “sostenibile” e “ambientale” nasce ugualmente. Ma queste vetrine dimostrano che città di un altro tipo sono possibili e, aprendo delle nuove prospettive, cominciano a diffondersi.
In Francia diverse città si sono impegnate in progetti di quartieri sostenibili o di elevata qualità ambientale. La Grenelle Environnement ha dato slancio e obiettivi a questo movimento, e quindi rafforzato la sua dinamica. Nel 2009 e nel 2011, il Ministero dello Sviluppo Sostenibile ha lanciato gare all’interno delle comunità, e ha premiato gli eco-quartieri più avanzati. Il livello delle ambizioni delle comunità partecipanti era variabile, ma ogni esperienza ha rappresentato un caso particolare.
Non esiste una regola comune, oltre il ricorso a tecniche ambientali performanti per i servizi e le infrastrutture, come anche per l’edificazione (residenziale, terziario). Attualmente è in esame l'idea di una etichetta eco-quartiere, su iniziativa del Ministero dello Sviluppo Sostenibile.
Esiste già una modalità d’approccio, l’HQE Aménagement, ispirato all’approccio dell’Associazione HQE per gli edifici, che è stato proposto alla collettività e ai progettisti dopo il Novembre 2011. Non si tratta di esigere degli alti livelli di performance tecnica, che in realtà sarebbero molto difficili da determinare fuori dal contesto proprio di ciascuna città. In realtà questo approccio offre un piano di lavoro, una organizzazione: da una parte un modo per integrare il quartiere all’insieme della città, dall’altra un modo per integrarlo con ogni nuova costruzione. Si tratta di esigere rigore nella gestione di un progetto che sarà successivamente soggetto a certificazione.
La città sostenibile non può che essere una città creativa. Sicuramente essa deve soddisfare le esigenze di efficienza tecnica: deve essere attenta all’uso di materie prime e di energia, deve trovare le sue risorse vitali, in particolare le sue risorse alimentari, deve essere aperta alla flora e fauna locali e saper ridurre il suo impatto sulla rete delle acque. Deve inoltre permettere ai suoi abitanti, a coloro che lavorano e a coloro che la frequentano, di integrarsi e di poter esprimere il proprio talento.
La qualità non può misurarsi su una scala lineare. Il valore di ogni parametro dipende dall’importanza che esso ricopre, a seconda del “genius loci”. Occorre dare spesso delle indicazioni, dei metodi per permettere a ciascun individuo di potersi valutare personalmente. Occorre fornire un elenco di obiettivi di qualità, come: habitat, attività, tempo libero, paesaggio, biodiversità, mobilità, etc, accompagnati dal metodo di valutazione. L’importanza degli obiettivi inoltre muta al mutare del contesto. Naturalmente vi è una gerarchia tra essi, ma devono essere tutti presenti, e sarà la loro combinazione a dare al quartiere la sua “intensità”. Le principali qualità ricercate, e i principali compiti assegnati ad uno spazio, che determineranno la sua vocazione, non dovranno assolutamente far dimenticare i compiti complementari, la cui assenza potrebbe farsi avvertire fortemente. Il prezzo da pagare per le eventuali dimenticanze copre un ampio spettro che va dal “mal di vivere” tipico dei sobborghi cittadini ai costi esorbitanti – personali e collettivi – da sopportare per la mobilità extraurbana; ai problemi di salute dovuti principalmente all’inquinamento atmosferico delle grandi città e al fenomeno dell’isola di calore urbana.
Ciò significa che la densità non potrà essere incrementata se non dove l’intensità del territorio è elevata.
Gli esempi delle grandi città e di Parigi in particolare evidenziano la loro attrattività, che rappresenta la densità all’interno di un contesto composito, complesso, pieno di contrasti.
Il successo, la riuscita, è frutto di un’abile combinazione, in accordo con lo spirito del tempo, in modo da ottenere il massimo profitto dai movimenti spontanei, dai desideri, dall’offerta di servizi e opportunità. La creatività della città dipende esclusivamente dalla qualità di questa combinazione. Sono proprio i contatti ed i confronti che provocano la scintilla, che provocano incontri o avvicinamenti improbabili, fonti d’innovazione sotto tutte le forme: economica, sociale, artistica, culturale e politica. La qualità di uno spazio dipende dalla nostra capacità a saper valorizzare queste innovazioni, offrendo loro le condizioni più favorevoli. Le possibilità sono particolarmente alte per le grandi metropoli regionali e territoriali, che accolgono funzioni di livello metropolitano, al di là della semplice qualità della vita dei propri residenti. La rapidità di reazione agli eventi, l’attitudine al controllo delle nuove tecnologie, specialmente nell’ambito della comunicazione, la capacità di riconoscere i talenti sono implicite alla gestione che accompagna l’organizzazione del territorio. Una gestione attenta, vicina alla vita locale e agli eventi nazionali e internazionali.
Risparmio nell’uso di risorse ma soprattutto nell’uso dello spazio. L’ecoquartiere è un quartiere denso, ma il riferimento alla densità non è sufficiente. Una densità monotona, fondata su un solo parametro, come ad esempio la popolazione, l’occupazione o il reddito, non è sinonimo di creatività. L’idea di densità include d’altra parte anche l’idea di diversità. Le soglie di densità ammissibili vengono velocemente raggiunte in un territorio a vocazione unica. I quartieri monofunzionali residenziali sono poco graditi agli uomini, così come la monocoltura intensiva è mal sopportata dall’ambiente.
Al contrario, la combinazione di molteplici attività e di interessi diversificati su uno stesso territorio permette d’apprezzare la densità. L’intensità consente la densità.
L’organizzazione dello spazio rappresenta una delle chiavi della creatività, della produttività fisica, materiale, come la capacità d’innovare nella vita culturale e sociale. La specializzazione, il rigetto di alcune attività in periferia, le difficoltà di comunicazione sono altrettanti freni per la creatività. Ovviamente, è necessario prendere le dovute precauzioni. La prossimità non deve diventare promiscuità. Fortunatamente il progresso tecnico e la nostra conoscenza delle organizzazioni umane ci permettono, se lo si vuole davvero, di superare questa contraddizione. Si tratta quindi di buon governo, ingrediente insostituibile per la creatività. L’intelligenza collettiva è un chiaro indicatore dello sviluppo sostenibile.
Un quartiere non può essere sostenibile se non contribuisce esso stesso alla sostenibilità dell’intera città. La città sostenibile è la città creativa, una città diversa nelle sue strutture e nelle sue attività. Ma è anche una città dove ciascun individuo offre il suo contributo alla vita urbana. Un eco-quartiere è un quartiere dove ciascuno può adottare un modo di vita sostenibile. Urbanistica, architettura e governance dovranno muoversi in questa prospettiva.
1 Cf. in particolare su questo tema, il libro di Pierre Lefèvre, Risorse dell’Architettura per una città sostenibile [Ressources de l’architecture pour une ville durable], Edizioni Apogée, 2012
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